Premio Racconti nella Rete 2018 “Bastardo silente” di Sandra Poli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018La mostra fotografica era allestita nella sala maggiore dell’edificio. Laura trovava tutte le foto molto belle, suggestive, ognuna brillava per un particolare. Finchè… le apparve come quando ad un angolo ci si trova davanti una persona inaspettata. L’istinto fu quello di tirare dritto, invece non poté fare a meno di guardare quella foto che conosceva benissimo. L’arcobaleno sul lago ripreso come se ci fosse sempre stato. Andrea aveva fermato la macchina quando aveva visto quello scenario post temporale in cui aveva riconosciuto una foto. Appena scattata gliel’aveva mostrata e lei aveva constatato che era l’ennesima foto venuta in maniera eccellente.
– Te l’ho detto più volte che dovresti organizzare una personale. –
– Non è facile organizzare una personale, bisogna trovare il luogo adatto, poi ci vuole chi te l’organizza. Poi ci sono tanti che fanno foto meglio delle mie. –
– Le tue sono senza dubbio tra le più belle. –
A lei piaceva esprimere apprezzamenti sulle sue foto, commentarle, trovare parole nuove ogni volta per descrivere le emozioni che suscitavano. Sapeva che Andrea cercava soddisfazione ed era ben contenta di dargliela e di sostenere il suo narcisismo.
Il lago era immerso nella campagna, non era molto ampio, ma aveva delle insenature suggestive. Loro vi andavano spesso a passeggiare, soprattutto quando volevano stare soli. Un giorno era uscita di casa e aveva visto Andrea aspettarla nel parcheggio di fronte. E, come altre volte, stava fissando il telefono molto assorto.
“Da un po’ di tempo spippola continuamente sul telefono. Forse pubblica le sue foto in qualche sito. Mah.”
Era quello che gli aveva chiesto appena entrata in macchina.
– Da un po’ di tempo spippoli continuamente il telefono.-
– Eh, cerco qualche pagina sui social dove inserire le foto. Se me le pubblicano mi faccio un po’ di pubblicità. –
In quel momento una campanellina avvisava dell’arrivo di un messaggio. Quando erano scesi di macchina Andrea aveva guardato il telefono e lo aveva rimesso in tasca con gesti quasi furtivi. Poi era iniziata la passeggiata.
– Sabato si potrebbe andare a cena sul mare, è ancora buona la stagione. – disse Laura.
– No, sabato ho già un impegno. –
– Cosa devi fare? –
– Vado a Grosseto, una rimpatriata con gli amici di vecchia data. –
– Non me lo avevi detto. –
– Mi hanno avvisato stamani. –
– Potresti portarci anche me. –
– Di solito… alle rimpatriate non si portano le fidanzate. –
– Magari ci sarà qualcuno che la porta, non sarete tutti uomini. –
– E invece siamo tutti uomini. –
– E… farai sicuramente tardi. –
– Eh, una rimpatriata un po’ dura, non si va a letto alle dieci. –
L’allusione, molto evidente, era al fatto che lei, spesso e volentieri, stanca della giornata, alle dieci era già a letto. Ma non se ne curò e cercò di saperne di più.
– E dove andate? –
– Mi stai facendo il terzo grado? –
– Scusa se voglio sapere dove vai. Quando esco con le amiche sai sempre tutto, dove vado, con chi vado, cosa faccio, sai anche cosa mangio. –
– Ti ho mai impedito qualcosa? –
– Nemmeno io ti impedisco niente, però, se ti chiedo dove vai e con chi, penso che tu me lo possa dire. Stiamo insieme o no? –
Si rese conto che aveva accentuato il suo tono spazientito, ma da troppo tempo i suoi dubbi, che ancora non sapeva se ritenere fondati, avevano bisogno di risposte.
– Allora, si va a Grosseto, dove non lo so perché non so dove hanno prenotato. E’ tutta gente che non conosci, sono appassionati di fotografia che ho conosciuto nei vari corsi dove sono andato. Non so nemmeno chi c’è e quanti saremo perché, a parte me e pochi altri, non so chi hanno chiamato. –
Forse era stato uno sbaglio essere sospettosa. In fondo, Andrea non le aveva mai dato motivo di nutrire dubbi e poi era anche bello fidarsi di una persona: voleva dire che c’era reciproca complicità e massima stima.
– Mi dispiace, non volevo essere sospettosa. –
Il tono della sua voce era basso, anche lei si rese conto che era troppo basso.
– Devi stare tranquilla, te l’ho detto più volte, con me devi stare tranquilla. –
In effetti glielo aveva detto più volte di stare tranquilla e lei gli credeva, anzi, si imponeva di credergli, ma di questo se ne accorgeva solo ora.
Si rese conto che non la finiva di fissare la foto del lago e passò oltre. Ma non riuscì più a osservare le altre foto: il lago con l’arcobaleno le aveva fatto riaffiorare tutti i ricordi più ansiosi, le numerose domande rimaste senza risposta che, a distanza di tempo, non riusciva ad abbandonare.
Quello stesso giorno al lago…
– Bah, c’è Cristina con la bimba. – disse Andrea.
– Ci mancava. Ma cosa ci fa qui? –
– Forse quello che ci facciamo noi. Perché, ti dà noia? –
– Se non sbaglio è la seconda volta che si trova per caso dove siamo noi. Era anche all’apericena della settimana scorsa. Sembra che sappia dove andiamo. –
– Ma sarà un caso. Poi, poverina, è sempre sola. –
– Potrebbe trovarsi un fidanzato invece che seguire le altre coppie. –
Nello sguardo di Andrea era balenato un lampo di disapprovazione che, nel giro di una frazione di secondo, si era trasformato in un lampo di compiacimento come se lui approvasse quello che aveva detto. La cosa l’aveva confortata, ma…
– Ciaooooo…. – aveva urlato Cristina con quella voce odiosamente stridula. Stava cercando di calmare la bimba che, come al solito, strillava.
E, come altre volte, aveva osservato Andrea precipitarsi su quella bambina disperata come se andasse a salvare una persona in pericolo.
– Giulia, poverina! Cosa hai fatto? –
Ad Andrea piacevano i bambini, soprattutto quella di Cristina che strillava una volta al secondo. Lasciò che si scambiassero due parole sulla mocciosa che, a quanto capì, aveva preso uno spavento per una farfalla che le si era posata sulla mano. Esitò se restare in disparte o partecipare, poi fu costretta ad avvicinarsi vedendo che Andrea non aveva intenzione di allontanarsi tanto presto.
– Fate una passeggiata? – domandò Cristina.
Prima ancora che Andrea aprisse bocca, lei colse la palla al balzo.
– Sì, siamo venuti qua per stare soli. –
Fu felice di leggere la delusione negli occhi di Cristina, ma il suo sguardo tornò subito radioso quando lo rivolse verso Andrea: a Laura non sfuggì il gesto di lui che agitò la mano come a dire “lascia perdere”.
– Andiamo, Giulia, si fa un altro pezzettino. – disse Cristina.
Finalmente tornarono ad essere soli.
– Non dovevi essere così scostante. Non lo meritava. –
– Non è sempre stato il posto dove veniamo per stare soli? –
– Se troviamo qualcuno con cui scambiare due parole non ci vedo niente di male a intrattenersi un pochino. –
– Tu con lei ti intrattieni abbastanza. L’altra sera all’apericena sei stato un’ora a trattenerla. E poi tutti quei complimenti a quella mocciosa… –
– Sei gelosa anche di quella bimba? –
– Non è certo tua figlia per fare tutte quelle moine. –
– Ma dico, come ragioni? Cristina è una persona perbene, ha perso il marito dopo pochi mesi che era nata la bimba, lo faccio anche per darle un po’ di conforto. Voglio dire, non è un avanzo di galera. Poi è un’amica di infanzia e io voglio bene anche alla bimba. E poi comunque… –
Andrea aveva proseguito facendola abilmente passare dalla parte del torto e lei non aveva avuto argomenti validi a cui appoggiarsi. Se analizzava bene i fatti non aveva in mano niente di concreto per insinuare che Andrea e Cristina… però… quel continuo smanettare il telefono, quello sguardo che aveva visto spesso deviare in molte direzioni….
Ritornò a rivedere quella foto. Chissà se l’aveva fatta ammirare anche a lei magari spiegandole in quale circostanza era stata scattata?
“Bastardo”. pensò mordendosi la bocca.
Bastardo perché quelle sensazioni nocive basate solo sul suo istinto non erano del tutto infondate. Ma, invece di ascoltarle, le aveva sopite, si era detta che doveva smetterla di fissarsi su cose non vere, Andrea era suo e le voleva bene e Cristina era solo un’amica.
“Sono stata un’ingenua.” ammise con rabbia “Però lui è stato un bastardo.”
Nei giorni successivi non avevano più parlato di Cristina e non gli aveva chiesto niente della cena di rimpatriata. Sembrava che la situazione fosse tornata alla normalità e che non fosse andato perso niente del loro affetto. Aveva deciso di farsi più bella così si era presa una giornata intera dalla parrucchiera per farsi le meches blu notte. Non aveva pazienza di aspettare ore prima di essere pronta, ma era tanto che pensava a un nuovo look ed era giusto coccolarsi un po’. Anche Andrea lo avrebbe notato. In attesa che le meches si fissassero, entrò una cliente.
– Buonasera, Idria. – la salutò la parrucchiera.
“La mamma di Cristina.” pensò Laura.
Non si conoscevano direttamente, forse Idria non sapeva chi era lei. Questo la riempiva di gioia: era una che sproloquiava di tutto quello che aveva in casa e fuori casa, magari avrebbe detto qualcosa su Cristina.
– Come va, Idria? – chiese la parrucchiera mentre la sistemava al lavaggio.
– Domani ho la riunione del condominio, sono già nervosa. –
Una buona mezz’ora a parlare dei problemi di vicinato dell’una e dell’altra. Dentro di sé sperava che la parrucchiera le chiedesse di Cristina, ma, purtroppo, anche il tempo stava per scadere: Idria doveva fare solo la piega e aveva quasi finito, mentre lei ne aveva per altre due ore.
– Idria, viene Cristina a prenderla? – finalmente la parrucchiera aveva fatto il nome di Cristina.
– No, Cristina è con la bimba al parco. –
Mentre Idria stava pagando, entrò un’altra cliente.
– Bada, c’è Rosella.
– O Idria, cara, non sei venuta a giocare a carte sabato? –
– No, sabato dovevo tenere la bimba perché lei era a una cena. Ma stasera vengo. –
– Mi sa che ti toccherà spesso tenerla, vero? –
– Oh, speriamo, guarda… io ci spero. E’ tanto bravo questo ragazzo. Anche con la bimba. Ieri sera le insegnava a fare le fotografie. –
Fu come se si aprisse un sipario. La cena di sabato, la rimpatriata con gli amici, avrebbe dovuto pensarci. E quello spippolare il telefono, i messaggi, lo scambio di sguardi. Perché non si era svegliata prima invece di sperare di sbagliarsi?
“Sono stata proprio una stupida. Ma lui è stato un bastardo.”
Tutte quelle aspettative, quel dedicarsi intensamente, assecondare, dare affetto. Tutto vanificato, sciupato, perduto. Tutto finito. Nella maniera più ignobile, senza spiegazioni, solo con il silenzio, i sotterfugi, il non detto. Aveva impiegato del tempo per mettere bene a fuoco quello che aveva sentito. Uscita dal negozio non lo aveva chiamato nemmeno per dirgli che aveva un nuovo look. Avrebbe atteso che fosse lui a farsi avanti, prima o poi sarebbe venuto a darle una spiegazione. Ma Andrea non si era più fatto sentire.
Aveva guardato quella foto anche troppo. Era venuto il momento di seppellire il passato insieme a quel bastardo silente.
Mi è piaciuto molto. Scrivi molto bene, complimenti.
Grazie infinite Anna
Complimenti, Sandra, l’ho letto proprio volentieri. Sei molto brava a registrare i dettagli in modo naturale.