Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “La corazza” di Crescenzo Zito

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

La parola era stata la sua armatura sin da piccina, a tre anni aveva stupito tutti con la sua precoce capacità ad articolare frasi che pochi bambini alla sua età riuscivano a esprimere. Era cresciuta sfoggiando la sua attitudine ad argomentare e con questa aveva soggiogato i compagni di gioco e di studio fino a manipolare e abbindolare i colleghi e i professori di università. Molto prima delle compagne era riuscita a raggiungere la meta prefissata e con altrettanta velocità si era liberata dai limiti imposti dai genitori.

Un poco alla volta, come se fosse la conseguenza naturale del vivere, aveva allontanato tutti i conoscenti e i parenti che considerava poco affine al suo sentire. Con la sottigliezza di cui era capace aveva lasciato i partner che riteneva inconsistenti (tutti) dopo averli azzittiti e umiliati, convincendoli che la fine del rapporto amoroso era stata una loro decisione e non la sua che, invece, l’aveva meticolosamente elaborata.

Quel mattino, invece, nel suo appartamento al quarto piano, la tecnica che l’aveva vista vittoriosa in tutte le tappe della sua vita improvvisamente le si era rivolta contro e non si capacitava di questo.

Ottenebrata dall’inventiva colloquiale non aveva preso in considerazione la giovane età dell’interlocutore e la discussione si era subito infiammata per spegnersi improvvisamente sull’ultima frase della donna che solo ora, a posteriori, sa che nulla sarebbe cambiato se fosse rimasta in silenzio; invece nel momento in cui l’aveva pronunciata tutto si era modificato in modo repentino e irrecuperabile.

L’eccesso e la puntigliosità della sua breve dissertazione, superbamente acida, aveva seppellito l’unica persona che amava svisceratamente e ora soffriva.

Non era abituata a una sensazione così devastante e non riusciva in alcun modo a frenare la disperazione in cui era caduta un attimo dopo aver pronunciato quella locuzione conclusiva e che, oltre a schernire il suo amato bersaglio, le avevano fatto prendere piena coscienza dei suoi dannosi meccanismi mentali.

Eppure fino ad allora non si era mai interrogata sul suo atteggiamento, anzi aveva sempre creduto che fosse parte insita in sé e non un perverso meccanismo del suo io che voleva a tutti i costi primeggiare per ostentare questo suo talento che in realtà occultava l’infido serpeggiamento di un senso d’inadeguatezza.

Nel preciso momento in cui le sue belle labbra pronunciarono quell’espressione si rese conto dello spazio vuoto in cui abitava e tutto il suo mondo cadde a pezzi. S’accorse di essere sempre stata adulata e mai amata, tranne che da quel giovane appena irriso e lasciato nel più crudo sgomento.

Angosciata come una spettatrice di un film thriller, guardò avanti a sé e si bloccò. Un tonfo la fece sobbalzare e contemporaneamente abbassò le palpebre, quasi per frenare i suoi nervi tesi. Col cuore in sussulto si voltò per far ritorno alla sua stanza. Percorse il corridoio con la sensazione che si fosse allungato fino all’inverosimile. Camminò in modo automatico e con un’andatura instabile, sollevata dai suoi alti tacchi, li indossava da anni eppure ora rasentava le pareti, quasi per trovare un appoggio in caso venisse meno; infatti, dalla cassa toracica s’alzava una cacofonica e assordante colonna sonora.

Quel vezzo di bloccare gli altri con la sua capacità oratoria era diventata una deleteria abitudine e non solo l’aveva usata con chi non doveva, ma anche sviscerando un pensiero che non condivideva per nulla.

In completa balia del suo assurdo autocompiacimento aveva dimenticato il suo amore per il ragazzo e quella frase, breve e concisa, aveva trafitto quel fragile cervello, sbriciolandolo.

A lei non importava nulla di quella scelta sentimentale e non le davano fastidio i diciotto anni di differenza tra il ragazzo e la sua amata. Eppure era riuscita a ridicolizzarlo con arguzia, nonostante lei sapesse che la confidenza del giovane era stata la conseguenza dell’amore e della fiducia che lui nutriva per lei.

Una improvvisa consapevolezza salì dal profondo, lo stesso concetto ma con parole meno efficaci erano state pronunciate da sua madre quando, venticinque anni prima, lei aveva comunicato di aspettare un figlio dal suo vecchio professore, con una differenza d’età maggiore di quella tra l’amata e il suo ragazzo.

Nascosta nella camera, iniziò a piangere su un passato che faceva capolino da dietro quella mania che l’aveva resa arida e sorda.

  • Mio Dio e ora?

Ora si ritrovava relegata dietro una porta chiusa, a terra e ineluttabilmente sola.

Risentiva la risposta piangente del figlio:

  • La tua lingua sarà il mio harakiri.

Senza sbottonarla strappò via la camicetta e si accovacciò sul pavimento con la schiena appoggiata al letto vuoto, si tolse le scarpe lanciandole lontano e si abbandonò al pianto e ai fremiti.

Era la prima volta che il suo corpo assaporava un’angoscia così profonda, non era abituata perché per tutta la vita aveva occultato le proprie emozioni con quella maniacale abilità.

Aveva vissuto nascosta dentro una corazza di eloquenza che improvvisamente era diventata incandescente.

Aveva sempre sconfitto gli altri ritmando le tattiche mortali con la punta acuminata della lingua, la stessa che iniziò a mordere furiosamente.

Non il dolore, ma il sapore del suo stesso sangue salì dal palato al cervello e la inebriò rendendola consapevole dell’immediato suo agire.

Uscì dalla camera per entrare nella stanza del figlio e, incapace di gestire quella dote, se la staccò con i suoi stessi denti.

Inebetita e sporca di sangue si sporse dal balcone e scaraventò sulla strada, accanto al corpo inerme dell’amato figliolo, la sua lingua.

La corazza

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3 commenti »

  1. Accidenti! Questo racconto è spiazzante. Quindi, il figlio. . . no, non lo dico, mi tengo il dubbio, non voglio levare la sorpresa della lettura a chi leggerà questo racconto dopo di me.

  2. Un racconto senza dubbio insolito tra l’assurdo e il surreale in cui si suggerisce più che esplicitare ciò che si vuol dire. Acquista un certo significato il detto popolare”la parola è d’argento, il silenzio è d’oro” . In ogni caso un racconto che incuriosisce e coinvolge.
    Maddalena

  3. Quanti amici, conoscenti, parenti ecc. nascondono le proprie insicurezze e idiosincrasie dietro il saper parlare?
    Il mio piccolo racconto è la descrizione romanzata di questo comportamento reale.
    Un racconto non è mai realtà, anche se può toccare temi più realistici, perché è frutto della immaginazione dell’autore; non capisco perché lo hai definito tra l’assurdo e il surreale, così come non comprendo appieno il temine “insolito”.

    Sono felice che ti abbia indotto a scrivermi perché ti ha in ogni modo coinvolto e ti ringrazio per l’attenta lettura e per il tempo che mi hai dedicato.

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