Premio Racconti nella Rete 2018 “La ragazza nella bottiglia” di Ivana Librici (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Lei
Un rumore sordo, un colpo attutito dall’acqua, risuonò nel silenzio più totale. Quanto tempo era passato nella quiete? Il secondo colpo le fece aprire gli occhi. Le palpebre sembravano sigillate, ci volle un po’ di sforzo per aprirle. L’ambiente era quello di sempre: buio, silenzioso, dolce. Da che si ricordava aveva sempre vissuto lì, da sola. Il tempo scorreva tranquillo e monotono ma lei non sembrava percepirlo. Semplicemente viveva, respirava l’acqua salata, si nutriva delle piccole alghe attaccate alle pereti dell’antro e di altre minuscole creature marine, si riposava, dormiva. Viveva in uno stato tra il sonno e la veglia, fluttuando nell’acqua.
I colpi non cessavano. Delle martellate sorde ma decise e costanti scandivano il tempo come i rintocchi di un orologio. La creatura si stava abituando al nuovo suono quando i colpi diventarono più forti e vicini. La paura cominciò a impossessarsi di lei quando vide, per la prima volta in vita sua, uno spiraglio di luce. Un raggio, lungo e affilato come una spada, entrò nell’antro. Era paurosa ma bella allo stesso tempo quella lama gialla puntellata di minuscoli granelli di polvere. Istintivamente si scansò, come se il raggio potesse tagliarla.
La parete della grotta si sgretolava sempre più man mano che i colpi continuavano. Il raggio di luce non era più un cono sottile. Le martellate ormai stavano ingrandendo il buco. La creatura si era rifugiata nell’angolo più lontano dell’antro e osservava sgomenta la scena. Non aveva mai assistito a nulla di simile. La paura si univa a una grande curiosità.
Cominciò a intravvedere il pugnale che scavava la parete di corallo. Dietro, una confusione di mani e di movimenti.
Ma la paura e la curiosità si impossessarono anche di chi spaccava la parete. Il ragazzo guardò dentro la grotta e vide la creatura. Era una ragazza a prima vista come tutte le altre. Ma la sua pelle e i suoi capelli erano trasparenti, si distinguevano dal resto dell’acqua in cui erano immersi perché sembravano più densi, di una consistenza diversa. Era anche più lucida dell’acqua stessa e il suo corpo aveva i riflessi delle squame dei pesci.
Il ragazzo allungò il braccio per toccarla ma lei si ritrasse e lo vide andare via.
Una volta sola cominciò a guardare l’antro, che era stato per lungo tempo la sua dimora, investito dalla luce. Non aveva mai visto i pori del corallo, i suoi colori, le insenature della grotta, la polvere delle pareti spaccate che ondeggiava nell’acqua. In un attimo fu fuori dall’antro. La sorpresa delle nuove scoperte non era nulla di fronte allo spettacolo che si trovò dinnanzi. La vastità del mare, il suo blu mai visto prima, i pesci che lo popolavano, le distese di rocce e alghe che creavano un paesaggio colorato, tutto era nuovo e meraviglioso.
La creatura sentì nuovamente un martellio, uno scandire di colpi, questa volta familiare, risuonare dentro di lei. Il suo cuore non aveva mai pulsato così forte e i suoi battiti le ricordarono i colpi del pugnale del ragazzo e il suo recente incontro. Lo stupore cedette il passo alla paura. Istintivamente sapeva che doveva nascondersi. La roccia era l’elemento a lei più familiare e lì andò a cercarsi un rifugio. Un’insenatura che creava un antro ben più piccolo del suo le sembrò il luogo ideale dove rintanarsi. L’anfratto era così stretto che dovette rannicchiarsi per entrarvi. La parte superiore della testa spuntava fuori e i suoi capelli, liberi tra le onde, ondeggiavano come i tentacoli di una medusa. Da lì poteva guardare il mondo esterno.
Lui
Pochi metri ancora. Conosceva bene quella sensazione: i polmoni stanno per scoppiare, la vista si annebbia, il pensiero abbandona la mente. Il corpo si protende verso la superficie e, infine, l’aria. Tante volte era rimasto in immersione più del dovuto per cercare i polpi o per raccogliere le conchiglie più belle. Aveva sempre amato il mare; fin da bambino passava ore e ore in acqua a esplorare i fondali. Ricordava la gioia con cui ricevette in dono dal nonno la sua prima maschera. La ragazza che vide era dunque fatta dell’elemento che amava. Non poteva temere la sua presenza. I fondali pullulavano di creature dalle fogge incredibili e lei era una di queste. Ciò che lo spaventava un po’ era la sua commistione di umano e marino, memore di un tempo mitico in cui i confini tra i regni del creato erano fluidi.
Si tuffò di nuovo e tornò nella grotta ma la ragazza non c’era più. Una volta in superficie vide suo nonno che agitava le braccia per farlo tornare a riva. Era ora di tornare a casa.
Quando tornò al mare, l’indomani, si immerse varie volte per cercarla. Usò lo stesso metodo che impiegava per catturare i polpi: individuava un punto di riferimento sulla riva, come una casa, un albero o un ombrellone, e un altro punto perpendicolare, due coordinate che gli facevano trovare il luogo esatto in cui aveva avvistato l’animale. Ma purtroppo della ragazza non c’era traccia. Fece ancora un tuffo, l’ultimo tentativo. Le mani del ragazzo si aggrappavano alle rocce del fondale come granchi. Il pugnale penzolava dal collo e la sua lama risplendeva come uno specchio al sole ad ogni movimento del corpo. Due occhi tondi e vigili erano fissi sul balletto del riflesso. Un anemone, o forse una medusa, ondeggiava poco lontano.
Fu un attimo. Gli occhi del ragazzo vagarono per l’ennesima volta su quei tentacoli ondeggianti che guardava senza vedere. Poi un lampo. Un bagliore illuminò gli occhi nascosti dai tentacoli e lui finalmente vide.
La ragazza fatta d’acqua, come avrebbero fatto molte altre creature marine, non si era allontanata molto dalla sua grotta. Lui si avvicinò, con il suo istinto da predatore afferrò saldamente la sommità del suo capo e, come aveva fatto molte volte con i polpi, la catturò.
Insieme
Quando mise la ragazza dentro al suo secchio rimase stupito. Aveva temuto che fosse troppo grande per starci, invece lei si adattò alla perfezione al recipiente. Diventò più piccola ma perse i contorni del suo corpo. Rimase solo la forma della testa, il suo bel viso e i capelli ondeggianti a ricordare le sue precedenti fattezze.
Il ragazzo, temendo che il nonno lo rimproverasse e gli dicesse di liberare la creatura, la travasò in una bottiglia vuota che nascose nel suo zaino.
Una volta a casa, nella sua cameretta, la osservò meglio. Dentro la bottiglia era scomparsa anche parte del suo capo, rimasero solo i capelli e gli occhi, che galleggiavano come due biglie colorate. La guardava, era sempre molto bella. Anche lei lo guardava ma il ragazzo non riusciva a capire bene cosa esprimessero i suoi occhi senza la cornice del volto.
Più tardi il ragazzo raggiunse il nonno che era seduto in poltrona a leggere il giornale. Si sedette sulla poltrona di fronte con un’aria un po’ triste.
– Che succede? – gli domandò il nonno quando si accorse che suo nipote lo fissava in silenzio.
– Devo farti vedere una cosa, nonno. – gli rispose.
Lo condusse in camera sua e gli mostrò la bottiglia. Ormai c’erano solo i due occhi, due splendide pietre preziose, che fluttuavano lì dentro.
– Che creatura è mai questa? – esclamò il nonno.
– È una ragazza, – rispose lui – l’ho trovata in mare, dentro una grotta. Ma si sta dissolvendo pian piano. Non so perché. –
Il nonno si grattò il mento, perplesso, mentre gli pareva che il contorno degli occhi andasse sfumando.
– Vieni. Mi è venuta un’idea.
Il nonno prese la bottiglia e si incamminò verso il bagno. Mise il tappo alla vasca e aprì il rubinetto. Quando ci fu abbastanza acqua, versò il contenuto della bottiglia. Come per incanto vide gli occhi che ripresero all’istante la forma che stavano perdendo. Dopo pochi secondi iniziarono a spuntare le radici dei capelli.
– Si sta riformando. Cosa vuol dire? – disse il ragazzo.
– Ha bisogno di più spazio per vivere.
Intanto i suoi capelli crescevano, quasi a vista d’occhio, e iniziarono a spuntare le labbra e la punta del naso. Il ragazzo era contento, ma allo stesso tempo anche un po’ dispiaciuto perché sapeva cosa gli avrebbe detto il nonno.
– La dobbiamo liberare.
– Ma io non voglio lasciarla andare via, la perderei. Ti prego, nonno, fammela tenere. – provò a protestare il ragazzo.
– La perderesti comunque. – gli rispose.
La ricerca della felicità
Era quasi sera quando il ragazzo e il nonno arrivarono alla spiaggia. Il giovane stringeva tra le mani la bottiglia in cui avevano messo di nuovo la ragazza. Tolse il tappo ma non si decideva a liberarla.
– Forza, lasciala andare. Come fai con i pesci o i granchi che non si possono mangiare. – lo incitò il nonno.
– In mare aperto sarà più felice – aggiunse.
– Ma sarò meno felice io. – insinuò il nipote.
Il nonno sospirò mentre guardava il viso della ragazza che perdeva i suoi contorni.
– La felicità non si può catturare. Se la vuoi fermare, lei scompare.
Il ragazzo allora vuotò la bottiglia sulla battigia e la ragazza scivolò via tra i flutti. Si intravvide il suo corpo che riprendeva i contorni e che, sinuoso, nuotava verso il largo.
– Se la vuoi rivedere sai dove trovarla. – disse il nonno per consolarlo.
– Scherzi? – rispose il nipote – Il mare è enorme. Chissà dove andrà a nascondersi.
Il nonno mise una mano sulla sua spalla e, insieme, si avviarono verso casa. E disse, infine:
– Dipende da te, da dove la andrai a cercare.
Ivana, questa tua creatura è molto affascinante. Mi piace l’idea che, come l’acqua di cui è fatta, quasi non abbia forma, e prenda quella dello spazio che la contiene. E quello che più di tutto mi affascina è che mi sembra anche pregna di un significato metaforico. Correggimi se sbaglio. Perchè in Lei vedo l’essenza della felicità, questo bisogno di volerla prendere a tutti i costi, nonostante sappia essere così sfuggente, impossibile da stringere tra le mani e perfino difficile da riconoscere, da individuare. Ho colto questo e ho anche trovato la lettura del tuo racconto molto piacevole. Brava!
Ivana,
che bello leggerti di nuovo!
Dopo aver letto i (e goduto dei) tuoi racconti mi sono convinto che il tuo elemento naturale sia l’acqua; e riesci a sguazzarci con uno stile evocativo e morbido, che accarezza il lettore con il velo della salsedine, con il rollio delle onde, con il misterioso fascino della risacca.
In questo contesto, la storia gira a meraviglia: due “creature” a confronto, diversamente prigioniere dei propri destini, che navigano a vista in cerca di risposte nello sconfinato oceano dell’anima, troppo esteso ed imbizzarrito per essere imbrigliato in una grotta o relegato in una bottiglia.
Emozionante e vero l’ultimo passaggio, con il faro dell’altruismo che rischiara la via del ragazzo con la convinzione che, talvolta, la serenità risiede nella felicità altrui.
Basta saperne godere.
Bravissima.
Bentornata! E con una nuova pesca miracolosa: il vecchio titolo starebbe benissimo anche al nuovo racconto, e anche qui c’è un percorso di consapevolezza nel pescatore, che nel frattempo è pure ringiovanito! Il racconto mi è piaciuto, e ho trovato straordinaria la parte descrittiva iniziale per immagini e atmosfera, complimenti davvero. Sai una cosa? Io ci ho visto un racconto per bambini: ha il fantastico, l’atmosfera fiabesca, una bella sirenetta e un messaggio positivo sul rispetto della liberta’, della diversità e anche della natura. Brava!
Caro Ivana, bellissimo il tuo racconto ! Lorenzo ha sicuramente ragione nel dire che l’acqua è il tuo elemento.
Diventa la lente che ingrandisce e definisce il mondo delle sensazioni e avvolge tutto in una riflessione originale.
…e poi quante suggestioni letterarie! Sicuramente il fascino della sirena e la figura di Odisseo (il nonno?) ,il limite tra amore e possesso e ancora una volta emerge la suggestione di de Saint-Exupèry, il discorso con la volpe sul senso dell’ amore.
Tutto questo arricchisce la narrazione che nello stesso tempo è estremamente originale.Straordinaria la relazione inversamente proporzionale tra il possesso e la compressione anche fisica dell’ oggetto desiderato.
Mi piace moltissimo la struttura in tre blocchi che richiama ai cambi di prospettiva e definisce dei coprotagonisti complementari.
Infine Ivana tu scrivi magnificamente e leggerti genera sempre piacevolezza,stupore e meraviglia.
Carissimi, grazie per i vostri generosi e preziosi commenti!
Carola, hai colto proprio quello che volevo dire, l’acqua come metafora di una felicità dalle innumerevoli forme che possiamo scoprire ovunque ma che non si può catturare. Mi dà una grande gioia sapere che ti sia arrivata questa idea. Grazie ancora per aver letto il mio racconto a aver voluto commentarlo.
Bentrovato Lorenzo, sono felice di leggere un tuo commento. Come l’anno scorso è sempre un piacere leggere le tue interpretazioni, anche nel commentare oltre che nei tuoi racconti sai essere molto poetico. Hai ragione: nell’elemento acquatico mi sento sicuramente a mio agio, da brava ligure! Grazie ancora!
Bentornato anche a te, Marco! Ebbene sì, anche questa è una storia di pesca, dopo il cefalo dell’anno scorso sono passata a una sirena!! Ti ringrazio anche per il tuo suggerimento: ti confesso che ero partita con l’idea di inserire questo racconto nella sezione per bambini perché lo avevo pensato come racconto fantasy per ragazzi, poi ho pensato che forse non fosse adatto. Se qualche altro partecipante volesse darmi la sua opinione a proposito ne sarei felice e magari lo farei spostare di sezione.
Caro Gianluca, sei troppo buono! I riferimenti intertestuali che proponi sono molto suggestivi e te ne ringrazio tanto, a Saint-Exupèry ad esempio non avevo pensato ed è bello scoprire nessi inaspettati grazie a chi legge.
Bellissimo racconto e bellissima favola. Come nelle favole c’è il lieto fine e ne sono contenta, perchè la trovo tremendamente attuale e quello che troppo spesso succede al giorno d’oggi è tutto fuorchè lieto fine. Che differenza c’è nel tenere una donna dentro una bottiglia portandola alla sua inevitabile dissolvenza o tenerla rinchiusa dentro casa o semplicemente dentro la propria testa, come un oggetto di esclusiva proprietà da ammirare o comandare a proprio piacimento? Tutto questo non porta forse la donna all’annientamento totale della sua personalità, della sua dignità? Vedo in questo racconto una metafora efficacissima per il potenziale educativo che contiene, sia per grandi che per bambini. A mio parere ci sta benissimo in entrambe le sezioni. Ivana, ti faccio i miei complimenti.
Ciao Ivana! Piacere di fare la tua conoscenza.
Bellissima la metafora contenuta in questo racconto. Bellissima e originale. La prima cosa che ho pensato, mano mano che andavo avanti con la lettura è che, da insegnante di scuola primaria, che potrei leggerlo ai miei alunni e che, quindi, l’avrei visto bene nella sezione per bambini. Leggendo, poi, il commento di Marco, ho visto che non sono stata la sola a pensarlo. Ci sarebbe da fare un bel lavoro con gli alunni, prendendo spunto da questo tuo racconto 🙂
Complimenti!
Oddio, scusami per la forma pessima con cui ho formulato il mio commento, sono cotta stasera.
Ivana carissima, che bello ritrovarti!
Che sia un Fantasy non c’è dubbio, un racconto fantasioso e fantastico.
Qualche tempo fa, scherzando con Marco, parlavamo del tuffo in Racconti, della temperatura dell’acqua, delle nostre “creature”. E ora arriva la tua creatura, acquosa e solubile, indefinita eppure estremamente vivida.
Solo quando si accende la luce della consapevolezza, si risveglia da un torpore di vita limitata, e finalmente vede la bellezza del mondo che la circonda e nulla potrà più essere come prima.
Molto significativo, secondo me, l’alternarsi tra curiosità e paura, termini ribaditi più volte, perché l’ignoto genera panico, il nuovo genera timore, e lei si ritrae nuovamente. Solo presa per i capelli (il loro fluttuare è molto suggestivo), uscirà ancora alla luce, ma non è quello il modo, il modo è lasciare la zona comfort spontaneamente e liberamente.
Anche secondo me efficace la separazione in blocchi, la caratterizzazione dei personaggi, insomma la tua scrittura.
Come gli altri credo sia perfetto anche per i bambini, e ha ragione Pasqualina che possa stare bene in entrambe le sezioni.
Bravissima Ivana.
Ti abbraccio.
Grazie anche a voi per i vostri commenti!
Pasqualina, sono contenta che tu abbia apprezzato il mio racconto. Sicuramente è difficile trovare un equilibrio tra amare e voler possedere ma bisogna provarci perché il posseso, non solo fisico ma anche mentale come dici giustamente, porta all’annientamento della persona amata e di conseguenza alla sua inevitabile perdita. Grazie ancora!
Antonella, mi fa davvero piacere quello che dici a proposito dei tuoi alunni. Credo che il parere di un’insegnante che è a contatto con i bambini tutti i giorni sia preziosissimo e mi conforta molto, perché scrivere per loro è piuttosto difficile. Bisogna trovare un linguaggio che sia adatto e comprensibile ma che non sia infantilizzato. Grazie per averlo letto e commentato.
Bentrovata Marcella, sono felice di leggere un tuo commento. Come l’anno scorso, riveli la capacità di scavare in quello che proviamo a scrivere e di leggerci significati e sfumature che forse ci sono ma che hanno bisogno di una lettrice attenta e sensibile per poter affiorare. Comunque ci penso ancora un po’ e poi magari faccio spostare il racconto di sezione. Nel frattempo mi sono andata a leggere i vostri racconti, quest’anno sono un po’ indietro con la lettura del sito, e vi lascerò presto un mio commento!
A presto!
Carola mi ha tolto le parole di bocca. Brava Ivana!
Grazie mille, Elena!
Ciao Ivana, brava! Come è giusto ciò che hai scritto. La felicità non nasce dal possesso. L’amore non è possesso. Leggendo il tuo racconto ho pensato al film “la forma dell’acqua”. Alla fine il narratore conclude con un frammento di poesia che dice “… incapace di percepire la tua forma, ti ritrovo tutto intorno a me…”. Scusa se lo cito, ma mi ha colpito molto così come le tue ultime parole… chi vuole, sa dove cercare e dove trovare… Grazie!
Perdersi nel mare, perdersi nel buio per poi trovare la luce, tra fantasia e suspense si muove questo racconto che coinvolge e rassicura con la saggezza del nonno che ricorda al giovane pieno di entusiasmo in cerca dell’amore di saperlo riconoscere quando arriva e questa volta sembra averlo trovato davvero. Molto piacevole.
Il possesso non è amore, l’ amore è libertà! Questo fantasy è stupendo, non ho altre parole da poter aggiungere… solo i complimenti
Cara Ester, grazie per il tuo commento! Hai proprio ragione ad aver citato il film “La forma dell’acqua” che ha in effetti parecchie analogie con il tema che ho trattato. D’altra parte la figura della sirena, seppur trasfigurata, è un vero e proprio topos e nel proporlo c’è sempre il rischio di ripetere qualcosa che è già stato detto o fatto. Un caro saluto.
Grazie Maddalena per aver letto e commentato il mio racconto, sono contenta che sia riuscito a coinvolerti.
Cara Aurora, grazie! Sono davvero felice che ti sia piaciuto.
Carissima Ivana, anch’io la penso come i tanti che ti hanno suggerito di concorrere nella sezione dedicata ai ragazzi. L’ho pensato immediatamente dopo averti letto e sono anche andata a rileggermi il tuo dell’anno scorso, che mi piace molto, anche più di questo, per il finale aperto e per quella sensazione di indeterminatezza che a volte si ha di fronte alla vita per come si svolge.
Questo è tutta un’altra storia: bellissimo, ma chiuso in una logica ferrea eppure lieve, come solo un nonno può “illustrare” a un nipote. Perfetto per i ragazzi.
Lei è una creatura liquida e fantastica alla quale potresti pensare, un giorno se vorrai, di dedicare più spazio: alle sue sensazioni mentre si vede ridurre in cattività, al suo sollievo quando rientra nel suo elemento. Forse ti sei lasciata condurre la mano dalla necessità di chiuderlo nel modo che hai fatto, più probabilmente il limite dei caratteri impostoci ha deciso per te del ritmo e dell’impostazione che hai dato. Una cosa mi pare certa: lei – per come ce l’hai presentata – è uno straordinario personaggio.
Grazie Simona per il tuo commento e anche per aver “ripescato” il mio racconto dell’anno scorso! Provvederò a spostare questo di sezione, come era in effetti nelle mie intenzioni iniziali. Devo dirti che sono d’accordo con te sul fatto che il personaggio della ragazza richiederebbe di essere sviluppato meglio e questo probabilmente si sente nella lettura. Infatti ero partita con un’idea ben più ambiziosa, ossia di scrivere un romanzo fantasy, ma poi, un po’ per mancanza di tempo un po’ per pigrizia, ho scritto solo un inizio a cui ho aggiunto la parte finale per farne un racconto. Grazie ancora!
Che bello. Mi sono immaginata l’intero film di animazione da vedere accanto a mio figlio incantato, compresa la lacrima finale 😉
La fragilità della bellezza,la felicità che è un attimo fugace che non puoi trattenere, il fluire dell’acqua, un liquido amniotico che nutre e crea forme di vita e di gioia.
Complimenti Ivana, un bellissimo racconto per grandi e piccini!
Grazie Elena e Elisa! Scusate il ritardo con cui vi rispondo!
Elena, sarebbe davvero un sogno vedere questa storia animata, magari!
Elisa, sono contenta che tu abbia parlato di liquido amniotico perché avevo immaginato la prima parte come una sorta di nascita, in cui la grotta è una sorta di utero. Grazie!
Una fiaba delicata e con un bel messaggio. Mi sono letteralmente “immersa” nel mare della lettura….bravissima
Ci è piaciuto molto. Un linguaggio semplice, diretto, molto adatto ai bambini, con un finale carico di insegnamenti di vita. Da leggere nelle scuole. Brava!
Un racconto profondo e cristallino. E che bella la parte della metamorfosi! Complimenti, spero di poter leggere ancora altri tuoi racconti.
Come sono vivide le immagini che descrivi!
Molto bella anche la struttura e la cura che hai adoperato per il racconto, e il finale in cui il nonno spiega il “segreto” della felicità al nipote è un qualcosa che dovrebbe far riflettere anche gli adulti.
Trovo sia molto difficile scrivere per i bambini e ancora di più essere semplici senza risultare banali, e questo racconto è tutto fuorché banale.
Complimenti.
Una fiaba per tutti, adulti e bambini. E che bella la lezione del nonno! Racconto delicato, dove il profumo e i colori del mare e del suo mondo sommerso si sentono e si vedono. Davvero brava!
Un racconto poetico.
Grazie, Ivana.
Un grande ringraziamento collettivo a LauraBi, il duo Les Ubu, Michele Capece, Vincenzo Spinelli, Caterina Ivardo e Patrizia Ferraris.
Grazie a tutti per le vostre belle parole. Sono per me di incoraggiamento.
Anch’io voglio ringraziare tutti i partecipanti. Per le vostre storie e le emozioni che mi avete regalato, per i vostri commenti che mi hanno dato nuovi punti di vista, per aver voluto condividere parole e pensieri.