Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Il salto di Clara” di Ester Arena

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Clara, sprofondata nella poltrona, guarda la televisione abbracciata al suo orso di peluche. Cerca di non fare caso a Luca, il papà, che le si è avvicinato, soppesando nella mano una manciata di spiccioli, mentre nell’altra ha lo scontrino della spesa, ma il tintinnio delle monete la distrae dai cartoni.

“Clara”

“Sì, papi?”

“Hai contato il resto, quando hai comprato il pane?”

Clara diventa subito rossa, vorrebbe dirgli “Certo, papà”, ma non è brava con le bugie, così resta zitta.

“Mancano 50 centesimi. Li hai presi tu?”

“No, no”, si affretta a rispondere questa volta.

“Allora non hai controllato”

“Davide mi dà sempre il resto giusto”, prova a dire.

“Quindi, è vero che non hai controllato”

“Mi sono dimenticata.”

“Ti sei dimenticata?”

“Cioè, non ci ho pensato, ero sicura.”

“Di cosa Clara?”

“Davide è sempre attento…”

“E tu? Tu sei una bambina stupida, stupida, stupida, quando fai così. Quante volte devo ripeterti che non devi fidarti di nessuno? Devi fidarti solo di te stessa e a volte non basta nemmeno quello a salvarti.”

Clara ripete sottovoce le parole di Luca.

Sei una bambina stupida, stupida, stupida.”

Ha sbagliato ed è solo colpa sua se ora il papà sta alzando il tono di voce. Non le piace quando lo fa, perché si trasforma. Cambia il colore degli occhi, diventa rosso in volto e le labbra si tendono fino a essere linee sottili.

“Ci sono i mostri là fuori, Clara. Possibile che tu non riesca a capirlo? La notte bussano alle porte delle case, vogliono entrare, e tu continui a fidarti della gente senza ragionare.”

“Scusa, papi, non lo faccio più, mi sono scordata, non ti arrabbiare per favore, non voglio sentire ancora di quei mostri.”

Mentre lo dice, si tappa le orecchie con le mani, tira su con il naso e comincia a piangere, ma in silenzio. Papà le ha insegnato che non bisogna mai far vedere la propria debolezza, perché c’è chi se ne approfitta. E Clara vuole dimostrargli che ora ha proprio capito tutto, anche questo.

Passa qualche minuto, i cartoni sono finiti e c’è la pubblicità, Luca spegne il televisore.

“Aspetta papà.”

“Cazzate, sono tutte cazzate. Nemmeno alla pubblicità devi credere. Sono tutte balle, per far spendere soldi ai creduloni.”

Clara fa cenno di sì con la testa. Vorrebbe dirgli, però, che alle volte la pubblicità le piace, perché lì ci sono le mamme che sorridono e preparano la colazione per tutti. Ma adesso non è il caso e resta immobile, sprofondata nella poltrona. Se potesse, eviterebbe anche di respirare, mentre stringe più forte il suo orso di peluche. Papà cammina avanti e indietro per la sala, alternando passi lunghi a corti. Quando è contrariato, molto contrariato, fa così.

“Clara, vieni, ora facciamo un gioco.”

“Che gioco?”

“Uno di quelli di coraggio.”

“Infilziamo di nuovo i vermi?”

“No.”

L’orso cade sul pavimento, mentre Luca la prende in braccio e le dà un bacio sulla guancia. Clara gli stringe le braccia al collo.

“Abbiamo fatto pace, papà?”

“Tesoro, mica abbiamo litigato. Voglio solo che tu stia attenta, perché non posso esserti sempre accanto.”

Quando non la rimprovera o non parla dei mostri, papà ha la voce dolce e tra le sue braccia sente un calore diverso, accogliente, più forte di quando lei abbraccia l’orso.

“Sì, sì, ho capito, che gioco facciamo, papi?”

Anche la voce di Clara è mutata, è tornata allegra e guarda di nuovo il suo papi con il sorriso negli occhi.

“Ti fidi di me?”

“Sì.”

“Sei sicura?”

“Sì, papi.”

“Allora vedrai che ci divertiremo anche questa volta.”

La camera da letto di Clara è una stanza grande. Ci sono due letti perché, quando sta male, Luca dorme con lei, i comodini con le lampade, la scrivania, una poltroncina accanto alla finestra, il trumeau con la specchiera, un armadio a muro per i suoi abiti e un armadio più basso, due metri per due, per i suoi giochi e i suoi libri.

“Mettiti in piedi sulle mie spalle e sali sull’armadio.”

“Papi, ma è pulito. Maria ha spolverato anche lì sopra, quando abbiamo scelto i giochi per la lotteria della parrocchia.”

“No, tesoro, non devi salire per quello.”

“Per cosa, allora?”

“Sali e te lo spiego.”

“Però è alto.”

“No, non è alto.”

“Un po’ sì.”

Clara è in piedi sulle spalle di Luca, aggrappata alle sue mani come un’acrobata. Ha imparato al mare come si fa.

Dai Clara, stai dritta, che ti faccio fare il tuffo con la capriola.

Davvero? E come?

Tu non ti preoccupare, devi solo fare come ti dico, senza pensare, senza avere paura.

Il tuffo era riuscito. Le braccia di Luca l’avevano sorretta e guidata, e lei non aveva avuto paura.

Sono stata brava, papi? Sono andata su su e poi giù giù.

Sei la mia campionessa, amore!

Si capiva che papà era contento, tanto, perché le sorrideva, la abbracciava e la schizzava con l’acqua facendo finta di essere un motoscafo. Al mare, quei mostri che diceva lui non c’erano andati. Però, anche se il suo papà sa tutto e le cose le riescono sempre se le fa come dice lui, adesso Clara non è tanto convinta di voler salire sull’armadio e si muove scomposta.

“Sali Clara, che sennò perdiamo l’equilibrio e ci facciamo male tutti e due.”

“Ma che faccio poi?”

“Poi scendi.”

“Come scendo? Non c’è la scala. Che gioco è?”

“E’ un gioco di coraggio, ti ho detto.”

Di nuovo quel tono che non le piace. E’ meglio che si sbrighi. Così si siede sopra l’armadio e aspetta. Guarda in basso. Il pavimento sembra lontano, più lontano del mare. Il papà un po’ meno, perché è alto unoeottanta.

“Brava Clara, ora per tornare giù, devi solo saltare.”

“Non sono capace a fare questo salto.”

“C’è il materasso a terra e devi saltare venendo verso di me, così ti prendo prima che tocchi terra.”

“E se non mi prendi?”

“Come non ti prendo? Pensi che non sono capace?”

“No, penso – se – non – mi – prendi.”

“Ti fidi di me?”

“Sì, papi.”

“E allora buttati.”

“E se non mi prendi?”

“Clara, allora non ti fidi di papà?”

“E’ alto da qui. Non è come al mare.

“Non è alto. Vorrà dire che se impari, potrai arrampicarti sull’albero di nonna.”

Clara si dondola col corpo, seduta sull’armadio. Le sembra più facile saltare dal ramo dell’albero, che non da lì.

Non vorrebbe, però, deludere di nuovo papà. Fino alla faccenda del resto della spesa non lo aveva mai fatto, nemmeno quella volta con i vermi che le facevano veramente schifo.

Bleah, sono scivolosi e si muovono. Vogliono scappare.

Prendine uno per volta.

E poi?

E poi cerca di non schiacciarlo tra le dita.

Non posso, papi, non ci riesco e mi viene anche il vomito.

Che vuol dire che non ci riesci? E’ facile, guarda.

Clara aveva guardato il viso allegro di Luca, poi le sue mani e poi le sue dita che tenevano il verme con delicatezza.

Vedi? Non succede nulla, mica morde.

Sì papi, ma è viscido, mi fa schifo.

Clara, non fare la bambina piccola. Prendine uno.

Alla fine, Clara aveva avvicinato le sue piccole dita ai vermi nella ciotola, ma quelli sgusciavano dalla sua presa.

Vedi? Non si fanno prendere, scappano.

Stringi, Clara, stringi un po’ di più e vedrai che uno lo riesci a tenere.

Clara aveva chiuso gli occhi e aveva stretto un po’ di più fino a sentire tra le sue dita una cosa della consistenza di una delle sue caccole di quando era raffreddata.

Brava! Ora metti l’amo.

Mentre infilzava il verme, le era venuto da piangere. Aveva pensato ai mostri che vengono da fuori, che ti prendono senza che tu te ne accorga. Si era sentita uno di quei mostri e aveva immaginato la paura del verme, ma non lo aveva detto a Luca, le avrebbe risposto che quello era solo un verme e che lei era una bambina piccola. Così, anche quella volta papi era stato contento.

“Allora? Se non salti, resti lì, io ho da fare, mica posso aspettare all’infinito che ti decidi.”

“Perché devo farlo? Non mi piace questo gioco di coraggio. Non mi piace farlo qui.”

“Beh, le cose si fanno dove si può. Se non piovesse potremmo andare in giardino e provare dal muretto. Ma lì non ci sarebbe nemmeno il materasso per terra. Perciò mi sembra più facile, no?”

“Non lo so.”

“Ci sono io, ti prendo, te l’ho detto, non ti fidi?”

“Sì, papà”

“Allora buttati.”

Clara si accovaccia a mo’ di ragnetto per darsi la spinta, poi tentenna, si siede di nuovo, ma poi si rialza. Deve solo pensare che è un po’ come il tuffo al mare. Guarda il suo papà, se dice che la prende è così, è l’unico a fare sempre quello che dice.

“Papi, ma tu mi prendi?”

“Certo tesoro.”

Clara guarda in basso, poi guarda il papà, gli sorride, sospira e poi salta sicura di finire tra le sue braccia, prima di atterrare sul materasso.

Ma, nell’attimo in cui è ancora sospesa, si accorge che il colore degli occhi di papà è cambiato. Ha il volto rosso e le labbra tese come linee sottili come uno dei mostri che dice lui.

“Devi fidarti solo di te stessa…”

Sente che le sussurra così, papi, mentre si sposta indietro.

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42 commenti »

  1. Scritto molto bene, ma spietato: sono stata male tutto il tempo, sarà che immaginavo il finale. Mi sono venuti in mente i miei figli e ho pensato a quanto sia importante per loro trovare la sicurezza in un mio abbraccio. Questo padre che ce l’ha con il mondo (forse per una madre che non c’è più?) e che vuole trasmettere diffidenza, a modo suo… Spietato perché vero, purtroppo, perché nella realtà ci sono più abbracci mancati di quanto si creda. Mi hai fatto saltare dall’armadio insieme a Clara: complimenti!

  2. Tremendo! Un racconto che si fa sentire dentro, che provoca brividi fin dall’inizio. Che c’è qualcosa che non va si percepisce fin dalle prime battute. La figura del padre, ogni sua parola, ogni suo gesto colpiscono allo stomaco. Confesso che dopo un po’ ho rallentato il ritmo della lettura, intimorita da questo uomo, quasi a posticipare quello che di brutto poteva fare alla bambina. Questo secondo me è un merito. Sei riuscita a trasmettere esattamente lo stato d’animo di Clara, sono finita dentro questa bambina bisognosa di affetto e soprattutto desiderosa di vivere la sua infanzia in modo più libero e istintivo. Complimenti!

  3. Brava bravissima. Bellissima la caratterizzazione dei personaggi e perfetto il loro linguaggio e i dialoghi. La fragilità unita alla fiducia e alla dipendenza affettiva da mani sbagliate generano una situazione insostenibile. E tanto più perché ad ogni passo, fino alla fine, hai mantenuto una via di uscita che continua a rimanere possibile. Hai creato un’atmosfera disturbante in maniera magistrale.

  4. Perfetto! Fin da subito un senso di angoscia che sale insieme all’empatia per Clara e in fondo anche per questo papà così sbagliato. Non una parola di troppo, ma il passato emerge dai dialoghi serrati e dai flash back tutti al punto giusto, facendo immaginare un perché… e lasciando aperta una porta sul domani

  5. Silvia, Carola, Marco… grazie!

    Una lezione, quella di Luca, che vorrebbe essere una lezione di vita e per la vita. Ma l’amore, a volte, è malato e non riconosce i confini. Nell’assurdo, tutto è utile per diventare grandi… fare un tuffo, infilzare i vermi e chissà quante altre cose, anche quel salto.
    Fidarsi, affidarsi, i bambini non sanno fare altro. Ed è così che imparano che i mostri sono fuori, ma non solo…
    Triste cronaca quotidiana…

  6. Accidenti Clara! Atroce. Leggevo e pensavo No no, fa’ che non sia quello che credo, camera da letto, ecco, lo sapevo, è stupro, che orrore. E invece no, non è lo stupro che intendevo, ma in un certo senso è atroce uguale quello che metti in scena con scrittura affilata e incalzante. Mi è piaciuto molto. Complimenti!

  7. Ester 😀

  8. Copio e incollo dai commenti precedenti: spietato, tremendo, disturbante, atroce, perfetto!
    Se Racconti fosse una stanza, la tua scrittura sarebbe lassù, sull’armadio, insieme alla bambina. E come io ho visto Clara, ne sono certa, atterrare in piedi senza sfracellarsi sul pavimento, così tu TATAN! sei piombata tra noi. Che botto hai fatto! Bravissima Ester.

  9. Condivido tutti i precedenti commenti. Racconto incalzante, tremendo, che all’inizio lascia presupporre una terribile violenza fisica, Invece si tratta di violenza psicologica. Perchè è questo che fà sulla sua bambina: una tremenda violenza alla quale, nella sua mente malata, attribuisce un compito educativo che in realtà non potrà mai avere. Racconto bellissimo, fatto di dialoghi che trasmettono, con estrema chiarezza, lo stato d’animo di entrambi. Complimenti Ester.

  10. Bravissima Ester! Molto bella la tua rivisitazione di un antica storia ebraica, la tua versione è ricca di molti spunti attuali come quello del “ mostro” e del complesso rapporto tra genitori e figli e ne scaturisce un racconto originale di grande tensione emotiva e scritto,come tuo solito, benissimo.
    Mi permetto di suggerire, se già non lo conosci il breve saggio di James Hillman: “Puer aeternus: tradimento e perdono”.
    Ancora complimenti !!

  11. Claudia, Antonella, Marcella…. grazie anche a voi!
    All’immaginazione, alla speranza, al desiderio o alla rassegnazione di ognuno di noi è affidata la vera fine di questa storia….

  12. Pasqualina, Gianluca, grazie davvero!
    Gianluca, ho colto al volo il tuo suggerimento.
    Più è grande è l’amore, maggiore è la possibilità di essere traditi… e dopo l’offesa si diventa “adulti”… buoni? cattivi? dipende da come si reagisce. Imparare a trasformare in opportunità anche il negativo. Una lezione da seguire ogni giorno… per non dimenticarla

  13. Ester, sai scandagliare gli abissi del torbido, creare suspance e affondare la lama proprio quando si spera in un finale diverso. Efficacissimo il dialogo sono stata male come quando si sta leggendo un horror psicologico dove non c’è speranza. Bravissima

  14. Maria Giulia, wow, grazie! Riuscire a catturare il lettore così che viva il dramma raccontato come fosse vero… sostanzialmente il sogno di tutti noi!

  15. Un racconto intenso e coinvolgente che prende il lettore alla bocca dello stomaco e non lo molla fino alla fine. Molto bello ed emblematico il fotogramma finale che immortala il salto a mezz’aria. Crea un perfetto equilibrio tra possibile tragedia e salvezza e sta a chi legge decidere da che parte delle due sponde Clara cadrà. Brava Ester!

  16. Grazie Ivana, in effetti è così… tutto è sempre ancora possibile…

  17. Ester, un noir psicologico che accoglie l’horror con un garbo disarmante. Ho avuto paura, ho chiuso gli occhi sull’ultima frase per paura di vedere quello che si avvertiva sin dall’inizio. Un racconto che scombussola al pensiero che possano esistere storie reali simili nel significato. Complimenti e in bocca al lupo!

  18. Grazie, Elena e… crepi! o viva! il lupo per tutti noi!

  19. L’ ho letto tutto d’un fiato, fino alla fine… pensavo ad una violenza fisica di altro genere… Invece è una violenza psicologica e forse anche di più… una bambina a cui il padre insegna a non fidarsi di nessuno, neanche degli affetti più cari. Voglio sperare che la piccola si schianti sul materasso e che nella vita che il padre le vuol preparare possa trovare almeno un secondo materasso su cui cadere.

  20. Grazie Aurora… In effetti, la speranza è che ci sia sempre un materasso ad attutire le nostre cadute… Poi, col tempo, si impara che non c’è materasso migliore di noi stessi!

  21. Bello il racconto! Uno dei tuoi migliori. Emerge la personalità di un padre mostro e la delicatezza di una bambina in bilico tra la propria paura e la voglia di non deludere il proprio genitore. Magari ci fossero sempre materassi ad attenuare le nostre cadute. Complimenti Ester!

  22. Magari Alex, magari… Grazie!

  23. Davvero spietato, fa stare male, quindi è scritto bene, molto bene, complimenti.

  24. Ester, il tuo bellissimo racconto mi era sfuggito… Ho provato tanta pena per la piccola protagonista. Bravissima!!!

  25. Elena, Margherita, grazie!

  26. Ho i brividi Ester!Ho temuto di ogni durante la narrazione ed il finale è all’altezza di un vero noir!
    Il volo di Clara è l’archetipo di tutti i salti nel vuoto di certezze.
    Davvero brava!

  27. Un racconto perfetto. La violenza, l’innocenza e il ritmo che ti spinge proprio li’ dove non vuoi arrivare, alla fine. Chapeau.

  28. Elisa, Laura vi ringrazio tantissimo.

  29. Terribile, spietato…un lato d’ombra che mina la fiducia di base e l’identità nascente di una bimba…

  30. Cara Ester l’ho letto, come tutti coloro che mi hanno preceduta, restando attaccata ai tuoi abili giri di dialogo fino alla fine. Non ho pensato per un solo istante ad una violenza di tipo fisico: quella che qui si inscena arriva con il suono delle monetine che sbattono nell’incavo di una mano ed è un rumore già sinistro.
    Sono convinta che il racconto riesce tanto disturbante perché gira attorno al tema della fiducia, più o meno ben riposta, dell’affidamento che ciascun essere umano compie nei confronti del suo prossimo più prossimo, genitore, fratello, amante che sia e affonda nella nostra parte più segreta agganciandoci con il suo suono ipnotico: “Ti fidi di me?” ripete il padre alla sua piccola e la vince e non potrebbe andare diversamente, perché troppo forte è il richiamo dell’amore. Lei si fida e sbaglia, appunto.

    Però devo dar ragione a Gianluca Zuccheri, perché, in effetti, il tema della fiducia, dell’amore, porta con sé inevitabilmente l’altro lato della medaglia, che è il tema del tradimento, della caduta, ma anche della possibile rinascita. Trovo purtroppo che il padre del racconto si allontani un poco dal serafico cinismo dell’archetipo ebraico e sfiori le nebbie della paranoia.

    Ma lei si chiama Clara come chiara, la luminosa, colei che ha la luce. E’ un nome perfetto per questa piccola eroina che conquista e che troverà il modo per salvarsi. No?

  31. Silvia, Simona, ringrazio tanto anche voi.
    Fidarsi e affidarsi. Amore e deviazione. Diventare “adulti” è perdere la visione dell’incanto, la purezza del pensiero. Ma è così che si impara a vivere e a salvarsi… da soli.
    Simona… Ho riletto il tuo racconto dello scorso anno. Bello e terribile anche quello.

  32. Mi hai fatto star male, ma brava Ester! Questi vermi ricorrenti nei tuoi racconti … In questo caso il verme è quel padre che sta compiendo sotto i nostri occhi un disastro dal punto di vista educativo con il rischio di distruggere per sempre la figlia e i suoi rapporti futuri con gli esseri umani e con la società.

  33. Questo racconto è pugno nello stomaco. Nonostante il senso d’angoscia che sentivo montarmi dentro è stato impossibile non essere trascinata fino alla fine. Questa è proprio una di quelle storie che ti resta addosso e a cui non puoi fare a meno di ripensare. Davvero bravissima, complimenti!

  34. Ho avuto la nausea per tutto il tempo, mentre leggevo il tuo racconto, Ester: segno che lo hai scritto benissimo.
    Anch’io, come Gianluca, ho pensato al saggio di Hillman, quando il padre propone a Clara il salto (e ho pensato “meno male che magari è “solo” quello, e non è un incesto”).
    Brava: è un racconto davvero disturbante, che costringe a pensare.

  35. Freddo, spietato, preciso come una lama di coltello. Complimenti per la scrittura e per la capacità di mantenere la suspance fino alla fine.

  36. Akhenaton, Francesca,Patrizia, Gloria, ringrazio anche voi, tantissimo!

  37. Qursto racconto e’ potente e terribile. La paura si insinua nel lettore piano piano, lo attanaglia, lo inghiottisce come sabbie mobili. Scritto divinamente. Quella che descrivi e’ più di una violenza e fa riflettere parecchio. Complimenti, mi hai letteralmente strappato il cuore.

  38. Cara LauraBi, con terribile ritardo, ma ti ringrazio davvero tanto!

  39. Cara Ester, inauguro questa stagione del concorso proprio leggendo il tuo racconto, che è davvero un gioiello. Nonostante la conclusione “spietata” sia chiara sin dall’inizio, riesci a tessere un’atmosfera di ambiguità intorno alla figura del padre, intrisa di sadismo e di egoismo, che rende in realtà impossibile prevedere con precisione il finale. Brava!

  40. Cara Giada, grazie! Grande onore essere stata la tua prima lettura!

  41. Ester, il tuo è un racconto che tiene il lettore per tutto il tempo sopra l’armadio e in procinto di saltare, in bilico fra il desiderio di fidarsi e una razionale e dolorosa paura. Mi è piaciuto tantissimo.

  42. Grazie Paola, credo che ognuno di noi si sia trovato almeno una volta su quell’armadio…

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