Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Personaggi storici” di Adelisa Corbetta

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Oggi la zia era fuori; sarebbe venuta Maria, la vicina, a fare i compiti con Anna. La donna abitava poco distante: bastava uscire dal  cancello, percorrere pochi metri sull’acciottolato della strada, salire tre gradini e bussare forte con un grosso battente di ghisa. Lei compariva alla finestra e poi la porta si apriva, con affettuose esclamazioni. Anna ci andava a volte di venerdì, perché Maria tagliava le patate a bastoncino e lasciava che fosse lei a friggerle; al momento più adatto, ne piluccava qualcuna ed erano  buone. Più che a casa.

Arrivata, tolto lo scialletto, si era  seduta al grande tavolo della cucina, lei a capotavola e la piccola alla sua destra; avevano cominciato: “Oggi ti faccio io da maestra,va bene?” La bambina era scontenta, ma non poteva scegliere: sua madre insegnava a Milano e di trasferirsi neanche a parlarne:  questioni di graduatorie, Ada non capiva, aspettava di rivederla il sabato.

Con la zia, per i compiti, si faceva così : svuotavano la cartella e distendevano un gran foglio di carta da pacco, tutta liscia e odorosa come la tabaccheria che la vendeva assieme a   profumi e borotalco. Quella tovaglia color ocra, un po’ rigida e un po’ spigolosa che aveva agli inizi dell’uso solo i segni delle piegature, si riempiva, col passare dei giorni, di macchie, piccoli disegni ed esperimenti di ortografia: a volte, nel dubbio sull’uso delle doppie o dell’acca, era necessario scrivere due o tre volte la stessa parola, per scegliere quella giusta, che avesse l’aspetto piu’ familiare e corretto. Così non si consultava il Nuovissimo Melzi di marocchino rosso,  con gli angoli neri, tre pagine sgualcite e sporgenti e una coloratissima tabella delle bandiere di tutto il mondo, subito dopo l’inizio della lettera bi. Volta per volta la grande superficie riceveva altre scritte: la prova del nove per l’esattezza delle operazioni; un profilo, una greca, una barca.

Se si rovesciava il bottiglino dell’inchiostro, poco male: la carta da pacco veniva sostituita con fogli di giornale, fino al nuovo acquisto. L’importante era che rimanesse quel tanto per terminare il compito e che  non si sporcasse il quaderno.

Quel giorno l’esercizio era sui digrammi: pensare e scrivere parole con gi – elle e ricordarsi che per le persone valeva solo Gigliola: non era difficile.

La nonna leggeva il giornale con un paio di lenti tonde e montate in oro, perfette per lei da quando il figlio aveva trovato e portato a casa quel paio di occhiali. C’era spazio, all’altro capo del tavolo; lei non pensava che a cucinare, leggere e fare tutti contenti, pensava la nipote.

Anna intingeva il pennino, scriveva e andava avanti senza l’aiuto di Maria che aveva pensato ad altro, così le sembrava.

“Venti parole, ho finito”.

“Vai fuori, fai quattro salti e poi ritorna che leggiamo”.

Era uscita sulla piazzola di cemento, aveva staccato un grappolo dal pergolato, si era seduta a piluccare gli acini più grossi;  a terra un fitto movimento di formiche rosse; poco lontano la gatta si rotolava dentro qualche calda chiazza di sole,  impolverandosi  tutta.

“Vieni Mina, vuoi un po’ d’uva?”

Gettato il graspo, Anna rientrò.

Maria si era appisolata, ma si ricompose subito per l’esercizio di lettura: un bambino, giocando in un prato, aveva cominciato a colpire uno strano oggetto di metallo; la bomba era esplosa colpendolo ad una gamba; per questo “ bisognava essere molto attenti e allontanarsi da un qualcosa di sconosciuto”. Roba così, Anna non ne aveva mai vista e pensò che le cose che incontrava erano tutte normali: qualche sasso con la forma speciale, barattoli vuoti, un giocattolo rotto…

D’un tratto Maria aveva preso la penna e scritto pigramente il suo nome e cognome, vicino ai tanti ghirigori. La bambina lesse: ”Maria Maggiolo. Loro come si chiamano?” Proprio di fronte c’era un quadro e in basso una scritta: i fondatori dell’unità italiana. Cinque personaggi a mezzo busto, su uno sfondo di cielo turchese, guardavano verso  un posto lontano: in alto, Vittorio Emanuele II, il petto decorato da sei medaglie, i grandi baffi a manubrio di bicicletta e la lunga barba. Un po’ a sinistra, il generale Cialdini.  Al di sotto il conte di Cavour. A destra del re c’era Garibaldi, con un berretto di velluto rosso e un piccolo nodo verde sul bottone della camicia, anch’essa rossa. Più in giù, Mazzini meditava, calvo, serio, vestito di scuro. Tralci di alloro lucido circondavano i mezzi busti e le rispettive fasce bianche, con i nomi.

“Scrivi come si chiama quello che sta più in alto” fece Anna.

“Ma loro sono vissuti tanto tempo fa. Ti piacciono?”

“Sì, il generale è il più bello, sembra un principe. E poi, nel quadro, ci sono tanti colori. Dai, Maria, scrivi un nome, quello che ti piace”.

“Scrivo Benito Mussolini. Guarda: so fare la firma”. Dopo un breve grattare sul foglio, era comparsa una parola dove la bambina vedeva le tre punte aguzze della maiuscola e, poco più in là, due esse, in fondo la i col puntino.

“Chi è Mussolini?”.

“Non c’è più, è morto. Era un uomo importante, un personaggio storico, come quelli del quadro”.

 

Nel frattempo si era rannuvolato e cominciava a cadere qualche goccia; la nonna s’era messa a incidere delle castagne con un coltellino, prendendole  dal grembiule; ai vetri comparve la zia.

“Ciao Maria, ho fatto tutto: il dottore, la ricetta e lo sciroppo. Grazie mille”. “Allora io posso andare, arrivederci”. “ No, aspetta,  eccoti sei uova. Anna ha finito?”

“Sì, è stata brava. Guarda anche tu il compito e grazie per il pacchetto.”

La vicina chiuse piano, lasciando entrare un po’ d’aria fredda mista a pioggia ; Mina  s’intrufolo’ con un guizzo.

“Com’è andato il pomeriggio? Hai fatto merenda?”

“Ho mangiato l’uva, sono stata fuori con la gattina, ho letto e poi abbiamo parlato dei personaggi storici”.

“Come?”.

“Sì, quelli del quadro e anche di Mussolini. Maria ha detto che era importante e sa fare la sua firma. Ma zia, per diventare importanti bisogna essere morti?”

“No, è necessario fare bene le cose: imparare, studiare, lavorare, anche mangiare e dormire”.

“Allora io sono importante. Sono storica. E Mina? “

“Anche. Quando lei ruba una bistecca e io vado dal macellaio e ne pago un’altra, lui poi userà i soldi per comprare di nuovo e così si va avanti, tutti siamo collegati e bisogna che ogni anello della catena funzioni bene. Insieme si forma una rete. Anche Mina fa succedere qualcosa”.

“Però lei non sa parlare, non capisce tutto. Mussolini che cosa ha fatto?”

“Ha comandato l’Italia per tanti anni, ma non erano bei tempi . Non si poteva  parlare con tranquillità e per questo tanta gente ha preferito morire. Brutta storia, finita con una guerra e con la sua morte”.

“Ne ho passate due, di guerre” borbottò la nonna.

“Ah, ecco perché nei prati ci sono ancora le bombe!”

“Sì, come lo sai?”

“L’ho letto oggi sul libro. Non voglio starci io nella storia, e Mina nemmeno”.

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2 commenti »

  1. Dolce e scorrevole. Complimenti!

  2. Generazioni diverse, culture diverse, interpretazioni diverse e il tempo, che pare avere uno scorrere diverso per ogni personaggio. Tutti attorno al grande tavolo che è la vita: complimenti, bel racconto!

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