Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2010 “Fertilizzante per rose” di Monica Bartolini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

Antonio non credeva ai suoi occhi: la spia dell’alternatore accesa e la macchina inesorabilmente bloccata in mezzo alla campagna!

Pensò subito di chiamare Franco, il vicino di casa e amico fidato per farsi venire a recuperare, quando si accorse che il cellulare non aveva segnale in quella posizione.

In un attimo la sua mente offuscata dall’ira gli mandò le immagini di tutte le catastrofi concatenate al suo ritardo in tribunale: era più che certo che il boss lo avrebbe ucciso, se non fosse arrivato in tempo a discutere la causa per risarcimento danni della Enterprise Inc., il primo vero colosso dell’editoria che lo Studio si era assicurato nell’ultimo anno.

Aveva scelto quella strada così poco trafficata proprio per non far tardi e invece…

Non gli restava che scendere dalla vettura e incamminarsi alla ricerca di un telefono o un passaggio.

La strada era resa particolarmente viscida dalla brina del mattino e dovette ammettere che le sue belle Tod’s di nappa chiara si adattavano meglio al parquet dell’ufficio che a quella marcia forzata a bordo strada.

Dopo neanche cento metri, appena dietro una curva, scorse una villetta color ocra con una bella recinzione di ferro battuto.

Il cancello sulla strada era socchiuso: pensò che quello fosse il primo colpo di fortuna del giorno.

Nessuno rispose  al campanello del cancello, ma ciò, invece di farlo desistere, in quel frangente quasi lo incoraggiò ad entrare.

L’ulteriore incoraggiamento a proseguire fu costituito dal fatto che non c’erano cani da guardia famelici e ringhianti a sbarrargli la strada.

Percorse lentamente il vialetto di ghiaia in direzione della porta d’ingresso, rapito dalla colorazione dei fiori piantati nei grandi vasi di cotto che delimitavano tutto il patio.

Ma la sua attenzione fu catturata da un roseto fantastico che aveva avvolto un piccolo gazebo, proprio al centro del prato.

Gli venne quasi da ridere ripensando a quanto aveva inutilmente speso per cercare di creare una spalletta di rose addossata alla facciata della sua casa. Il vivaista l’aveva fatta semplice e sua moglie si era dimostrata entusiasta all’idea di poter avere una facciata fiorita in poco tempo e con poco sforzo.

Però le rose non crescevano in altezza, anzi, quasi non crescevano affatto, e un secondo vivaista, chiamato a consulto al capezzale dei poveri fiori quasi spelacchiati, concluse che il loro terreno non era adatto al prosperare di un roseto, perché inesorabilmente scarso di azoto e potassio.

Neanche robuste dosi di fertilizzante avevano compiuto il miracolo, così che la tanto agognata spalletta di rose aveva lasciato ben presto posto a tre bouganville rosse, che gli facevano dannare l’anima quando si spogliavano dai fiori secchi.

E invece, a pochi chilometri da casa sua esisteva una meraviglia siffatta!

Doveva ricordarsi di chiedere alla padrona di casa che tipo di fertilizzante avesse mai utilizzato…

Suonò alla porta, sicuro che si sarebbe trovato di fronte il pollice verde, artefice di quello splendore e invece nessuno rispose al campanello. Anzi, la porta si schiuse per un colpo di vento: magari la signora era da qualche parte in giardino a curare le sue belle piante e uscendo aveva lasciato la porta socchiusa, oppure era al piano di sopra e sbadatamente l’aveva lasciata aperta.

Spinto da una curiosità irrefrenabile sospinse l’uscio ed entrò chiedendo permesso.

Nessuno rispose ancora.

Una volta all’interno ebbe l’impressione netta di trovarsi in un luogo fuori dal tempo: tutto il mobilio aveva un sapore antico e l’atmosfera che aleggiava lì dentro era quasi stagnante.         

L’aspetto moderno dell’esterno della costruzione strideva grandemente con le tendine di pizzo che ornavano tutti i vetri delle finestre, con i mobili di legno massello coperti di grandi centri e tovaglie ad uncinetto, con i quadri dalle cornici dorate e con le lampade liberty dai vetri colorati.

Appesa sul camino troneggiava una foto color seppia che raffigurava una giovane donna dai capelli raccolti in una crocchia, seduta in poltrona con due graziose bimbe sulle ginocchia.

La foto era una di quelle pose scattate dai fotografi negli anni ’20 o ’30, non avrebbe saputo datarla bene; ma il fatto che non ci fosse anche un baffuto signore a completare il quartetto gli fece pensare quasi istintivamente al periodo della seconda guerra mondiale.

Era una casa tutta al femminile, dove nessun oggetto in vista sembrava potesse essere mai appartenuto ad un uomo.

Un piccolo vassoio con due tazze da tè decorate a motivi floreali era poggiato su un tavolinetto circolare vicino alla dormeuse davanti al camino: la teiera fumava accanto ad un piattino colmo di biscotti talmente invitanti che gli fecero venire l’acquolina in bocca, ricordandogli che era partito da casa a stomaco vuoto.

Un fruscio proveniente dal portico lo fece voltare di scatto, ma il nuovo entrato non lo degnò neanche di uno sguardo, dirigendosi verso un pouf ai piedi della dormeuse per andarsi ad accoccolare con regale grazia felina.

Ebbe un attimo di sgomento quando realizzò che in quella stanza non c’era neanche un telefono: ma dove era capitato?

Chiamò ancora a gran voce sperando di attirare finalmente l’attenzione della padrona di casa.

Il perfetto silenzio che seguì lo gettò quasi nel panico: cercò di stare calmo e raccogliere le idee.

Che fare?

Forse la cosa più sensata sarebbe stata girare i tacchi e andarsene da quella strana casa, ma aveva davvero urgenza di avvisare l’amico che venisse a prenderlo prima possibile.

Mentre si muoveva a grandi passi per quel salottino, cercando di colmare la sua irrequietezza, fu colpito da un particolare che non aveva notato prima: intorno al tavolo da pranzo c’era una sola sedia e anche la poltrona, in verità, era solitaria davanti al camino.

Da che razza di misoginia era colpita la padrona di quella casa? Va bene vivere da soli, ma addirittura spogliare il tavolo di tutte le sedie!

Allora perché preparare il tè per due persone se non si vuole accogliere un ospite in casa?

Un brivido freddo gli corse lungo la schiena e un vago disagio si incominciò a dipingere sul volto.

Quando ormai si era risolto ad uscire, sentì una vocina alle sue spalle che gli intimò di non muoversi. Si girò lentamente e si trovò dinanzi un vecchio revolver a tamburo puntato contro di lui, impugnato dalle abili mani di una signora paffutella.

La sorpresa sul volto di Antonio si tramutò presto in paura vera quando vide spuntare da dietro lo stipite della porta la canna di un fucile da caccia e la ruota di una sedia a rotelle.

Non riusciva più a proferire parola.

Non riusciva a liberare la propria mente dall’ottundimento che la attanagliava.

Si ricordò che la porta dietro di sé era aperta e pensò che la soluzione migliore fosse scappare e ripercorrere il vialetto in discesa per raggiungere la strada principale.

Sentì lo sparo ma non il dolore.

Ammirò con stupore lo sbocciare sulla sua camicia bianca di una rosa rosso carminio, dello stesso colore di quelle del gazebo.

Che bello, però, andarsene in quel giardino rigoglioso, curato, fertilizzato…

 

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13 commenti »

  1. Bel racconto. In poche battute mi ha riportato alla mente uno di quei corti di Hitchcock, con il colpo di scena finale che davvero non ti aspettavi. O, più semplicemente, l’immagine del ragno che, dopo aver tessuto la tela, attende con pazienza le sue vittime. Complimenti.

  2. Il destino è un giocatore bizzarro, ti apparecchia la tavola e ti invita a cena …con un finale a sorpresa non sempre lieto. Una piccola immersione nel mistero. Racconto scorrevole e ricco di particolari, ti cattura immediatamente trascinandoti nella storia che si fa via via sempre più inquietante. Brava, come sempre.

  3. Racconto deciso e fluente, misterioso, avvincente, enigmatico e coinvolgente, davvero apprezzabile. Brava Monica!

  4. Sei unica e, fino alla fine, ci trai tutti in inganno!!!!!!
    Nina

  5. Monica, se continui così diventerai la Migliore!
    I particolari delle tue descrizioni sono davvero unici e imprevedibili!
    Avanti tutta!

  6. Sembra quasi di respirare l’immobilità della casa che attende paziente nuovi visitatori.
    Delicato ma deciso nel finale a sorpresa. L’ambientazione potrebbe servire per una breve fiction? Basta trovare le rose rigogliose….
    Stupefacente come al solito, non deludi mai, continua così!!

  7. Una strada desolata come ce ne sono tante….poi il racconto si arricchisce di particolari via via sempre più angoscianti……è solo un’impressione o comincio ad avere paura??? La descrizione di quella casa apparentemente in attesa di qualcuno dove si percepisce da subito una presenza inquietante e poi ….. il finale a sorpresa!!!!!! Mamma mia Monica, da brivido….. con te le emozioni non mancano mai!!!!

  8. Il bello dei racconti è che in un breve lasso di tempo, si crea una complicità tra chi scrive e chi legge. O meglio, la fantasia e la creatività di chi scrive, si uniscono a quelle del lettore. E qui sta la forza del tuo racconto. Basta leggere solo poche righe per immergersi completamente nello scenario che tu hai introdotto. Tutto il contorno poi, senza rendermene conto, l’ho immaginato anch’io, accompagnato dalla scorrevolezza delle parole, fino alla scoperta del mistero finale. Complimenti anche da parte mia.

  9. La storia è interessante e coinvolgente, la scrittura scorrevole ma mai banale. Meraviglia, ansia e paura, sono le sensazioni che il lettore, grazie a Monica, vive insieme ad “Antonio”, fino alla conclusione finale che è decisamente originale.
    Un abbraccio e al prossimo capolavoro!

  10. Mai cominciare a leggere “monica” quando si è attesi ad un appuntamento! Perché inevitabilmente il respiro si affievolisce, le palpebre seguono veloci la linea delle parole una dopo l’altra, ignare di essere state rapite.
    Solo quando riemetti il primo profondo respiro ti accorgi: E’ finito. E tu sei in ritardo.

  11. Coinvolgente e sorprendente: riassumo in sole due parole le tante sensazioni provate leggendo il racconto. Complimenti alla scrittrice!

  12. Anche questa volta un racconto da leggere tutto d’un fiato. Un racconto breve, ma così ricco di particolari da proiettarci direttamente nella scena, respirarne l’atmosfera vagamente surreale e viverla non soltanto da spettatori.
    Sei grande!!

  13. Nell’iconografia tradizionale la MORTE prende le sembianze di uno scheletro avvolto in un manto nero con una falce in mano.
    Nel corso dei secoli l’uomo ha sempre combattuto la Signora in Nero, attraverso la magia, la scaramanzia la fede e la preghiera.
    In tempi più recenti c’è chi l’ha cantata come Roberto Vecchioni in Samarcanda.
    Monica Bartolini invece camaleonticamente la traveste; in un vortice di curiosità si arriva alla fine del racconto dimenticando come ci si è entrati.
    Eppure segnali subdoli sono narrati fin dall’inizio; fiori appassiti, suppellettili e foto antiche, la singola sedia, ad indicare l’attesa di un solo ospite .
    Antonio viene prima rapito da una inaspettata contingenza, per poi varcare la porta spazio-tempo.
    Si esce dal racconto prima disorientati, poi mestamente rassegnati.

    LA MORTE E’ L’UNICO APPUNTAMENTO DOVE L’UOMO NON ARRIVA MAI IN RITARDO

    Antonio de Spirito

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