Premio letterario Racconti nella Rete 2018 “Evasione” di Nicola Antonio Samà
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Sigaro in bocca a ciminiera, il primo della giornata dopo la colazione, se ne stava seduta in rilassamento nella hall dell’albergo, nei dieci minuti che precedevano l’inizio delle sue attività termali sull’isola. Frequentava da anni quell’ambiente semplice e familiare, dopo essere stata ospite di un hotel lussuoso, quando era più giovane e sciccosa. Di quel passato aveva voluto mantenere, quasi per scaramanzia, lo stesso numero di camera, la 102, quella con il balconcino. L’albergatore, gran signore, lo sapeva e volentieri accontentava quella garbata e riservata cliente.
Quella mattina aveva aderito all’invito del gruppo che intendeva rimanere fuori tutto il giorno, pranzo al sacco. Per la verità non ne era entusiasta, avendo ormai una certa età e non amando il divertimento ad ogni costo, soprattutto se richiedeva uno sforzo fisico. Ma quelle simpatiche persone erano riuscite a coinvolgerla in quel giro che sapeva un po’ di goliardico.
Amministrava la giustizia in città e quell’isola rappresentava per lei un rifugio ideale per ritemprarsi. Difficilmente, però, derogava alle sue regole, che prevedevano esclusivamente eventi rilassanti.
Dunque, quella mattina partì con lo zainetto, panino, acqua, frutta e un libro. Immancabili i sigari.
Il giro comprendeva dei tratti in pulmino, una sosta su una spiaggia, passeggiate nei centri storici di due o tre paesini.
Tutto filò liscio, o quasi. Era senz’altro soddisfatta e contenta di quell’esperienza non prevista, gli amici erano gradevoli, ma alla fine avvertiva una stanchezza non usuale per lei.
Nell’ultimo paesino girovagò, perdendo i contatti con il gruppo. Si sentiva strana oltre che affaticata. Si sedette su una panchina per riposarsi e attendere gli amici.
Si addormentò, riuscì a sognare. Si rivedeva giovane in quell’isola con gli amici di sempre, in un’atmosfera da favola. Uno dei ragazzi la prendeva in braccio e la gettava in acqua, tra le risate di tutti. Dopo un po’ passeggiava con lui mano nella mano sulla spiaggia deserta, al tramonto…
Il clacson di un’auto la risvegliò. Rimase per un po’ intontita, guardò l’orologio. Era tardi, bisognava tornare in hotel. Prese l’autobus lì vicino come sempre e scese come sempre alla fermata prima dell’hotel; faceva solitamente a piedi l’ultimo tratto.
Entrò che non c’era nessuno alla reception, prese la chiave della 102 e salì in camera. Era troppo stanca, lasciò i vestiti sulla sedia, prima di cadere su un letto più morbido del solito. Non desiderava altro che addormentarsi presto. Così fu e dormì un sonno piacevole e profondo fino al mattino.
Si svegliò alle 7, lei era un orologio perfetto.
Si guardò intorno e si stropicciò gli occhi incredula. I mobili erano diversi, gli arredi, le suppellettili, tutto era diverso.
Si alzò senza far rumore, aprì l’armadio: era vuoto!
Quella non era la sua camera.
In un attimo si rivestì e, prima di rendersi conto dell’errore, scese nella hall. Nemmeno in quel momento c’era nessuno alla reception. Posò la chiave e furtivamente uscì. Era un po’ stravolta, sudava freddo, ma non se ne curava, bisognava correre via.
Aveva già capito tutto, ma si voltò ugualmente indietro e vide l’hotel della sua giovinezza.
Aveva dormito nella stanza di allora e stentava a capire perché. Non voleva pensarci, ora. Aveva bisogno di un caffè, due caffè.
Rientrò nel suo albergo, passò dritto davanti all’albergatore attonito e si diresse nella sala ristorante. Erano tutti lì per la colazione e la guardarono esterrefatti. Neanche il simpatico e confidenziale cameriere, solitamente pronto alla battuta, riuscì a proferire parola.
Lei si recò al suo tavolo e, con la più grande naturalezza, disse: “Scusate, ho fatto un’evasione!”