Premio Racconti nella Rete 2018 “Zelda” di Stefania Maruelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Non aveva mai visto tante bottiglie vuote su un solo tavolo, eppure tutti sembravano sobri. Se un tempo la cosa lo avrebbe divertito, ora si chiedeva come avevano potuto arrivare a quel punto, che fiumi di alcol non producevano più nessuna ebrezza, e men che meno poesia, in nessuno di loro. Dopo aver controllato una per una le bottiglie, sì, erano vuote, superò il tavolo e si diresse al bancone. Si accasciò sullo sgabello di cuoio e ordinò un altro gin senza ghiaccio, come se questa accortezza bastasse a farlo sembrare acqua.
Lo sanno tutti che è gin, Scott.
Si voltò di scatto al suono della sua voce. Lei non c’era.
Ma come potrei essere qui, caro.
Si girò, la cercò nel gruppetto che ballava in mezzo alla sala. Abiti in seta, collane di perle, risate, ma nessuna farfalla vestita di piume. Nessuna chioma di miele. No, lei non c’era. Sbottonò il primo bottone della camicia, allentò il cravattino e bevve, in un unico sorso, il suo ottavo bicchiere di gin. Si sentì finalmente meglio. Prese il taccuino di cuoio, sfogliò con foga le prime pagine scarabocchiate e quando arrivò a quella che stava cercando prese la matita da dietro l’orecchio e fece per scrivere. Sotto il titolo in alto a destra, solo la pagina vuota. Si accese una sigaretta.
Non sai da dove iniziare, vero tesoro?
Trasalì. Fece cadere il bicchiere vuoto, ne ordinò un altro, questa volta con ghiaccio.
Zelda?
Scolò anche questo, il nono bicchiere, in un unico famelico sorso. L’alcool, anziché sciogliere i pensieri, iniziò a restituirgli lucidità. Lei non c’è e non può esserci, torna in te Francis. Lei è in Svizzera, tra laghi di silenzio e sonni di quiete. Ci sei solo tu qui, adesso, davanti a questa pagina bianca.
Scott, amore, mi senti?
Chiuse gli occhi, cercò di rallentare i battiti e placare i demoni.
Zelda, anima mia, mio tesoro. Dove hai nascosto i tuoi diari?
Una risata di gufo gli risuonò nell’orecchio, e poi in un sussurro: Scott, tesoro, hai bruciato tutto. Erano solo sciocchezze da donna, sogni puerili di una mente malata. Sono parole tue, ricordi?
Si passò una mano tra i capelli, bagnò le labbra nel decimo bicchiere, doppio, grazie.
Zelda, Zelda ti prego, aiutami.
La risata di gufo, ancora.
Ma io non so scrivere Scott, non sono proprio capace. Lo hai detto, tu, tesoro. E poi qui non mi lasciano scrivere né dipingere né danzare. Nessun oggetto contundente, nemmeno poesie. Solo tanto, troppo riposo.
Spense la sigaretta, sgranchì il collo, ora così pesante. Sentì qualcosa sfiorargli il pugno che teneva stretta la matita e poi un alito caldo nell’orecchio. Il pugno si aprì e la mano si mosse sulla pagina come diceva la voce. Negli anni più vulnerabili della giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente. La mano cadde e liberò la matita, Scott sorrise, gli occhi acquosi di alcol.
Grazie Zelda.
Prese il bicchiere e lo vuotò, lasciò sul bancone dei soldi, troppi. Si alzò, la cercò con lo sguardo, lei non c’era. Rilesse quel che aveva scritto, chiuse il taccuino e barcollando uscì dal locale.
Uuuuu! Non avevo capito subito, poi ho collegato tutto! Brava! Anzi…. grande! 🙂
Brava Stefania, mi piace molto anche quest’altro tuo racconto.
Bel racconto, così come lo stile e la qualità della scrittura. Breve quanto efficace.
Unica piccola nota ma è una sciocchezza (che a questo punto mi domando se non sia stata il frutto di una scelta precisa): non dimenticare le caporali per separare il parlato dalla voce narrante.
Complimenti in ogni caso!