Premio Racconti nella Rete 2018 “Il tempo ritrovato” di Aurora Vannucci (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Nel paese di Talamone, a sud della Toscana, le giornate scorrevano tranquille: gli abitanti si conoscevano tutti e non perdevano occasione di scambiare due chiacchiere nei bar o nella piazza principale, dove i bambini, spensierati, giocavano a pallone.
I turisti che si recavano in visita nella zona, additavano da lontano il castello che sorgeva imponente al centro del paese, oppure la famosa spiaggetta di roccia chiamata “Baia delle donne” dove nei tempi passati gli uomini si tuffavano dagli scogli e le donne prendevano indisturbate il sole, lontane da occhi indiscreti. Da lì attendevano il tramonto sul mare, che era imperdibile nelle giornate senza nuvole. Quella sera il sole scendeva lentamente tra le placide onde, tingendo il cielo di infinite sfumature arancioni, in lontananza alcune barche di pescatori venivano dondolate dal mare, che, nel riflesso della sfera infuocata, parevano illuminarsi.
Vittorio ed i suoi amici, come spesso accadeva, ammiravano dal piazzale del castello lo spettacolo che gli offriva la natura, affascinati.
L’ idea di attendere il tramonto da lassù era stata di Valentina, la romantica del gruppo, e gli altri, un po’ titubanti, avevano accettato a fatica, anche per via del commento sprezzante di Pietro: “Che spreco di tempo, dobbiamo finire la partita di pallone!”.
Intanto il sole era sceso del tutto, scambiandosi in parte con l’ oscurità: “Andiamo alla spiaggia?” propose Filippo, e tutti acconsentirono.
Si avviarono e giunsero alla caletta in pochi minuti: Talamone era tutto lì, tutto a misura d’ uomo.
“Potremmo giocare ai pirati!” esclamò Fabio, che era il più fantasioso del gruppo.
Salirono sulla scogliera più grande, che attorniava la spiaggia e i piccoli scogli che sbucavano dall’ acqua cristallina. La luce dell’ imbrunire era sempre più fioca e fra le acque illuminava un oggetto che stancamente ondeggiava, cullato dalle onde.
“E quello che è?” fece Vittorio indicando l’ oggetto con un dito. Era un cofanetto simile ad uno scrigno, verde smeraldo, con alcune decorazioni argentee che riflettevano la fioca luce.
“Si direbbe una scatola… qualcuno riesce a prenderla?” disse Flavio iniziando ad agitarsi.
Sebastiano esclamò: “Ragazzi, siamo troppo in alto, ma la corrente lo porta verso riva”.
“Qualcuno di noi dovrà immergersi, però…” suggerì Alice. “E perché mai? Basterà aspettare che il mare restituisca quello che si era preso!” ribattè Valentina.
I ragazzi scesero cautamente dai massi, senza mai perdere di vista il bauletto galleggiante. Appena giunti sulla riva, Pietro, si tolse scarpe e calze ed entrò in acqua raccogliendo l’ oggetto, mentre gli altri si sporgevano per osservarlo.
“E’ un vecchio bauletto, ma manca la chiave” notò deluso il bambino. Filippo si avvicinò facendosi porgere l’ oggetto: “Pensavo fosse… che mistero!” esclamò rigirando il bauletto e sbiancando di colpo: “G..g… guardate…”.
Tremò indicando il retro dello scrigno che, seppur corroso dal mare, era ben visibile, mentre gli altri tentavano di decifrare le parole incise sul tergo. “E’ un indovinello” fece Vittorio “Temevo che tu avessi letto chissà quale minaccia… non ha neppure molto senso…. “.
Se questo scrigno volete aprir,
allora i miei indizi dovrete seguir
là, dove sui monti, freddo non fa
dove in riva al mare caldo non fa
nel guardarla vi sentirete dei giganti…
“Ma cosa vorrà dire?” rimuginò Flavio. Il gruppetto rifletteva pensieroso e fissava lo scrigno, finchè Alice urlò: “C’e’ una data… in numeri romani… c’e’ scritto 30 gennaio 1550…” lesse tutto d’un fiato “Sono quasi 500 anni fa!” gridò Pietro stupito.
I giovani iniziarono ad agitarsi, ci fu un gran brusio, tutti commentavano ed esprimevano le proprie opinioni: “Noi non sappiamo nulla dei fatti avvenuti in quell’ epoca, cosa faremo? “E se lasciassimo perdere restituendo lo scrigno al mare?” “Sembra qualcosa che riguarda la Terra….” finchè Valentina, che era la più studiosa del gruppo, con enorme stupore, fece un’ osservazione: “Ma… Vittorio…. come hai fatto a leggere quello che sta scritto sul bauletto? Non è italiano, sembra volgare fiorentino… è illeggibile!”
Si voltarono verso Vittorio, il quale rimase perplesso e rispose: “Io… io non so… ma riesco a leggerlo! E credo anche che la risposta dell’ indovinello sia… una mappa!”
Tutti lo guardarono stupiti ed ammirati, eccetto Flavio che chiese: “Come fanno delle chiavi a trovarsi dentro una mappa? Poi, visto a quando risale lo scrigno, forse sono carte antiche, esposte in qualche museo a Firenze o giù di lì… non lo apriremo mai!”
Le sue furono solo parole al vento perché Valentina, con gli occhi che le brillavano, farfugliò: “Mio padre… ha una mappa… l’ ha acquistata all’ asta qui in paese, non una ma alcune mappe antiche, da mettere nel suo bar… forse anche quella che stiamo cercando è lì…”
“Sei geniale!” esclamò Filippo saltellando sul posto per l’ eccitazione.
”Mmmm…. Ma dov’erano quelle cartine quando lui le ha comprate?”chiese Flavio diffidente.
“In un baule” rispose prontamente la ragazza “Un vecchio baule polveroso… sta su, da qualche parte, nella nostra soffitta. Papà ha preso le mappe ma del baule non sapeva che farsene. Ma che t’ importa?”
“Forse la chiave è li, nel fondo del baule, sotto le carte geografiche”.
Nel frattempo Vittorio si rigirava la scatola fra le mani. Sembrava gli fosse sempre appartenuta, qualcosa di conosciuto, di famigliare. Non riusciva a distogliere lo sguardo, quello scrigno faceva, chissà perché, quasi parte di lui. Cercava fra le parole, che solo lui riusciva a decifrare, qualcosa che gli svelasse la sua affinità con quell’ arnese inanimato. Il bauletto per lui era una sorta di amico ritrovato, un vecchio ricordo che gli riaffiorava nella mente, qualcosa che già conosceva.
Perso in quell’oggetto aveva trascurato il discorso dei compagni di giochi che, sempre più emozionati, elargivano ipotesi: “Andiamo a casa mia, dubito che mamma ci sia, aveva una cena con le amiche. Saliamo in soffitta e vediamo, tu che ne dici Seb?”
Sebastiano era il fratello gemello di Valentina, anche se i due erano diversi sia nell’ aspetto che nel carattere. Valentina era una persona decisa, intraprendente, socievole, indipendente e romantica mentre il fratello era serioso, scrupoloso e sempre alla ricerca della perfezione.
Sebastiano annuì, perciò si diressero tutti verso la casa dei gemelli. Una volta entrati (Valentina aveva preso la chiave che mamma teneva nella cassetta delle lettere), percorsero eccitati i gradini che li separavano dalla soffitta.
Vittorio rimase meravigliato dalla quantità indefinita di polvere presente nella stanza, probabilmente abbandonata da tempo. Anche se tutti i suppellettili erano accatastati uno sopra l’ altro, senza un ordine preciso, i sette trovarono subito ciò che stavano cercando.
Filippo aprì il baule con mani tremanti, era decisamente il più impressionabile della compagnia.
Sul fondo della cassapanca, in un angolo, c’era una piccola chiave arrugginita, e lui si fece scappare un gemito. “Passatemi la scatola” fece Vittorio solennemente, sollevando la chiave al cielo.
Era un momento importante per svelare il mistero. Il ragazzo inserì la chiave delicatamente, fece due piccoli movimenti a sinistra e la serratura… schioccò!
Dentro la scatola c’era un misterioso… “Un diario?” esclamarono tutti osservando quell’ insieme di pergamene rilegate da una copertina rigida.
Vittorio invece, chissà perché, vide esattamente quello che era certo di trovare, e lo prese fra le mani, stringendolo a se, fra lo stupore generale.
La fodera era nera lucida, nonostante la polvere, le pergamene erano ben conservate, nonostante il tempo, solo le pagine erano parecchio ingiallite.
Due parole, a caratteri corsivi, color oro porpora… Vittorio non ebbe problemi ad interpretarle “Federico Musaleschi” e a seguire la solita data “30 gennaio 1550”.
“Leggi, leggi, ti prego” mormorava Flavio con gli occhi fuori dalle orbite.
Vittorio sfogliò avidamente quei fogli di pergamena, che ad ogni pagina parevano sgretolarsi: “Che calligrafia ordinata! Impossibile replicarla… un corsivo perfetto!” commentò.
“E’ sempre volgare fiorentino…. Vittorio, che c’e’ scritto?” fece Valentina sbirciando le pagine.
“Dunque…. 30 gennaio 1550 – Il cielo quel mattino era nuvoloso, nuvole nere che non facevano presagire nulla di buono. Io me ne stavo seduto sul mio trono rosso ed attendevo una visita. Finalmente arrivò: Gregorio Persico era giunto a palazzo. Tutti dicevano che era un grande mago, ma io lo volevo vedere all’ opera, non ero certo della sua credibilità: “Le stelle ci illustreranno il vostro destino, mio giovane nobile fanciullo” disse lui. Fandonie, erano solo fandonie. “Vuole mettere in dubbio la credibilità delle stelle?” gridò lui furente “La profezia enuncia…. “ si fermò, qualche pessima sorpresa era in agguato. Continuò con voce ancora più profonda e decisa: “La profezia vuole che essi arriveranno d’ oltremare, deruberanno i suoi averi, deporteranno i suoi uomini e ne faranno schiavi, lei urlerà ogni notte, nelle viscere di questo castello….”
Calò il silenzio, i giovani si guardarono riflettendo su quelle parole “Quando arriveranno chi?” chiese Alice. Ma la pagina successiva era sgualcita dal tempo… poi si era fatto davvero tardi, era l’ ora di ritornare.
I ragazzi si salutarono per raggiungere le loro abitazioni, Vittorio si autonominò custode del bauletto e del suo contenuto.
Quella notte fece un sogno particolare: un grido lacerante seguito da pianti, gemiti, ed urla soffocate. Poi un rumore di monete, che tintinnavano sonoramente. Delle figure avvolte nella nebbia, di cui si intravedevano solo i contorni: “Abbiate pietà delle nostre genti, prendete il tesoro, lasciate gli uomini alle loro terre… abbiate pietà…”
Qualcuno sguainò una spada e proferì dei vocaboli in lingua incomprensibile, arabo forse. Rimise l’ arma nel fodero, incatenò l’ uomo che gridava, mentre le altre figure ghignavano e discutevano in quell’ idioma ignoto.
Vittorio si svegliò con il cuore in gola: nel silenzio della notte un grido penetrante sferzò l’ aria. Preso dal panico si bloccò nel letto, paralizzato. Da dove proveniva quel grido disumano?
Dalla casa di Filippo, suo vicino di casa, oppure no… no…. non era possibile: “Musaleschi” sussurrò il ragazzo.
Appiccicò il muso alla finestra nel tentativo di captare la provenienza dei suoni. Possibile che li sentisse solo lui? Sgattaiolò verso la camera della sua sorellina, che dormiva beatamente, ignara della voce. Anche i suoi genitori russavano, incuranti del fatto che il figlio stesse attraversando un momento di difficoltà: “Sono impazzito? Solo io lo sento…. “ si bloccò. Un nuovo rumore di… catene! “Forse sto ancora sognando?” si chiese Vittorio. Era sicuro che il giovane maltrattato nel sogno fosse Federico Musaleschi, ma gli altri chi erano? Erano aiutanti del mago? Tornò a letto impastato di sonno e si riaddormentò, senza percepire altri lamenti.
Il giorno seguente cercò di parlarne ai suoi amici , che però, non parevano particolarmente interessati alla questione e lo interrompevano spesso, cambiando argomento.
In paese di tanto in tanto Vittorio cercava di ascoltare ma nulla, nessun grido anomalo. Quando il gruppo decise di avviarsi verso il castello per giocare a “Dama e Cavalieri”, il giovane udì nuovamente quei lamenti lancinanti: “Federico Musaleschi… Solimano… fame… timore… rabbia”
“L’ ho sentito!” esclamò Vittorio “Solimano? Ma chi è? Un assassino? Oh forse… il carceriere di Federico?”
Tutti gli altri lo guardarono spaventati “Chi è Solimano? Che hai udito esattamente?” chiese Filippo allarmato: “Secondo me hai sbagliato, non conosco nessuno di nome Solimano!” sentenziò Pietro “E poi, dove hai sentito questo nome?”
“Qui, lo giuro!” rispose Vittorio
“Ma no, nessuno gridava parole ai quattro venti… e siamo soli qui!”sbottò Fabio.
“E se non ci fosse… ma invece fosse… invisibile?” fece ancora Vittorio “Il nome precedente a Solimano era Musaleschi!”
“Tu dici che potrebbe essere un fantasma?” squittì Alice con gli occhi sgranati
“Alice, non ci interessa chi ha pronunciato quei nomi ma chi sono Federico Musaleschi e Solimano” spiegò Pietro “E forse una soluzione ci può essere….”.
Valentina esclamò:”Andiamo al castello, li troveremo la chiave del mistero!”
Più si avvicinavano alla fortezza e più i sussurri aumentavano di volume, anche se Vittorio sembrava l’ unico ad accorgersene. Visto che tutti gli altri non sentivano nulla la comitiva decise di tornare indietro, aspettando un momento più opportuno.
Quella notte il povero Vittorio fu di nuovo tormentato dall’ incubo: le urla erano sempre più forti, interrotte solo dallo sbattere continuo delle catene, si potevano intravedere meglio i personaggi ma lui non li conosceva, la testa del ragazzo stava per esplodere.
L’ indomani al solito incontro con gli amici Filippo esordì con una frase chiarificatrice: “Pirati. Ecco chi erano! Sono andato con Sebastiano e Valentina a fare una ricerca alla biblioteca comunale ed abbiamo scoperto che un tal Federico era stato incatenato dai pirati barbareschi, che si erano impossessati del castello di Talamone. Il libro narrava anche di un ferocissimo corsaro, Solimano, che aveva fatto diverse scorribande nelle fortezze toscane e liguri…” spiegò all’ attento gruppetto.
Vittorio non sapeva se raccontare o meno del suo nuovo sogno, ma una cosa era certa: quella notte sarebbe andato al castello, non poteva continuare con questi incubi!
Passarono la giornata a giocare a carte e a pallone, ma i pensieri del ragazzo erano tutti concentrati su Federico. Giunta la mezzanotte, si calò dalla finestra di camera sua, e si avvicinò lentamente alla fortezza. Come sospettava, essendo terminato l’ orario di apertura, la porta era chiusa.
“Ehi tu, che ci fai li?” sentì una voce alle sue spalle, una voce famigliare “Flavio?” esclamò.
Davanti a lui si apriva un bizzarro corteo: Flavio aveva un borsone marrone con attrezzi di ogni genere, i gemelli si riparavano il capo con una padella ed una scodella, Filippo aveva un mantello nero per mimetizzarsi nell’ oscurità, Pietro una mazza da baseball raccattata chissà dove ed infine Alice, che teneva in mano una manciata di sassi.
Filippo si espresse: “Abbiamo avuto tutti la stessa idea e ci siamo incontrati lungo il cammino. All’ appello mancavi solo tu, forse perché ci avevi preceduti!” “Che aspettiamo? Entriamo!” incitò Valentina. “La porta è chiusa” fece Vittorio. Era un vecchio portone di legno che faticava ad esser serrato, i battenti, inarcati dall’ umidità e dalla salsedine del mare, erano tenuti assieme da un vecchio lucchetto.
Dal borsone di Flavio uscirono un paio di tenaglie, Filippo e Flavio fecero forza sulla catena del lucchetto che in pochi minuti si aprì, cadendo al suolo.
“Che vandali” rise Sebastiano che, essendo un tipo serioso, quella sera doveva essere proprio di buon umore.
“Tieni la mazza da baseball, Flavio, servirà più a te che a me” disse Pietro. L’ altro, appassionato di manganelli e similari, guardò l’ oggetto con aria sognante.
Vittorio, Sebastiano, Valentina e Flavio varcarono la porta del castello, gli altri tre rimasero fuori rannicchiati di guardia, coprendosi con il mantello nero di Filippo, per non dare nell’ occhio.
Ogni tanto Pietro usciva a controllare, ma quella notte in giro non c’era proprio nessuno.
Il gruppetto era capeggiato da Vittorio, l’ unico a sentire le grida di Federico. Flavio aveva preso due torce dalla sua magica borsa, Vittorio si accorse solo allora di essersi dimenticato a casa la scatola con le pergamene. Le urla si fecero sempre più potenti, finchè… “Oh, di qui non si passa, è chiuso!” bisbigliò il giovane.
“No, è un’altra porta!” esclamò Flavio “Dovremo scassinare anche questa?”
“Eh se…. “ Vittorio aveva lasciato a casa lo scrigno ma non la chiave, che teneva sempre con sè. La estrasse dalle sue tasche e Valentina con un sorriso illuminò la serratura.
“Combacia con quella della scatola” esclamò.
Vittorio inserì dolcemente la chiave e, senza nemmeno girarla, l’ uscio magicamente si aprì.
“Ragazzi, non mi seguite?” disse entrando.
“Ehmm… Vittorio, è giusto che sia tu ad andare. Solo tu senti le voci e sogni Federico Musaleschi, insomma… tu sei quello legato a lui… se poi la nostra presenza non fosse gradita….”.
I gemelli annuirono. Vittorio fece due passi oltre la porta ed una strana sensazione lo pervase.. si sentiva… a casa. Conosceva quella stanza, conosceva quell’ odore. Chiuse la porta alle sue spalle, a tutela degli amici, ed avanzò. Era buio, e la torcia che gli aveva consegnato Flavio era provvidenziale. Scese delle tortuose scale e giunse in una sala da cui proveniva una luce fioca e le urla aumentavano, ma non provava nessuna paura.
Gridò insulsamente: “Bastaaaaaa!” e come per magia i lamenti si affievolirono, fino a sparire.
Poi, nel silenzio, sentì un rumore, il solito tintinnio di catene.
“Entra!” ordinò una voce autoritaria “Entra e raggiungimi”. Vittorio s’ incamminò cautamente.
Nella stanza, illuminata solo da alcuni mozziconi di candele, c’era un giovane uomo incatenato, con abiti regali ma sgualciti.
Aveva i contorni sfocati, Vittorio nella sua testa immaginò che altro non poteva essere se non un fantasma. “Lei è Federico?” chiese di getto.
L’ uomo si voltò, era pallido, con due enormi occhi verde smeraldo. I capelli erano biondi, di una lunghezza media, con un ciuffo ribelle che gli copriva l’ occhio destro. Era magro, anzi, magrissimo, e sembrava essere in punto di morte.
Aveva un’ aria talmente stanca che cancellava i suoi lineamenti fanciulleschi. Avrà avuto sedici o diciassette anni, ma, in quelle condizioni, ne dimostrava molti di più.
La sua voce era decisa e lo sguardo determinato, anche se doveva essere incatenato dall’ eternità.
“Ti aspettavo, Vittorio… finalmente il mio erede legittimo è arrivato… non mi sorprendo che a scoprire i miei appunti sia stato proprio tu, il mio pronipote. Solo a te potevano essere diretti!”
“Che cosa?” chiese Vittorio con sguardo incredulo “Tu saresti…chi?”
L’ altro riprese “E’ la curiosità che caratterizza la nostra famiglia, è lei che ti ha spinto a prendere i miei appunti, la nostra sete di conoscenza!”
“Quindi… tu saresti veramente un mio avo?”
“Esattamente! Come puoi vedere ho passato il resto dei miei giorni in questi luridi sotterranei. Ti sei documentato sulla mia storia?”
“Si, so alcune cose di te” rispose il ragazzo “Ma devi ancora chiarirmi un punto… perché io ti sento? Perché io ho saputo leggere i tuoi scritti in volgare fiorentino? Io non conosco quella lingua…”
“Chiaramente tu sei un mio discendente, sono io a guidarti nella lettura dei miei scritti, sono io a voler farmi sentire solo da te! Tu mi somigli, tu hai il mio stesso carattere….”
“Ma che urli? Che ti lamenti? Ormai sei morto e sono passati centinaia di anni….”
“Hai mai ascoltato le mie parole? Quello che ti dicevo in sogno?” fece il nobile Federico.
Vittorio si sentì improvvisamente imbarazzato perché, preso dal tenore delle urla e dalla disperazione in cui il suo avo gli appariva in sogno, non aveva mai fatto caso alle sue parole.
Al fantasma non sfuggì la sua espressione: “Lo immaginavo. Voi giovani moderni sentite senza ascoltare e guardate senza osservare. Ecco quello che ti dicevo: Canaglie, luride canaglie! Avete preso il mio castello, i miei beni, i miei averi, i miei uomini, il mio tesoro!! Ma lo so, un giorno un animo buono mi troverà, comprenderà la mia storia e vendicherà le vostre malefatte!”
“Qual’ era il tuo tesoro?” chiese Vittorio sempre più incuriosito
“In questo momento ha un posto d’ onore sul tuo comodino!” rispose Federico
“Le pergamene? Il tuo manoscritto?”
“Già, quello racchiude in sé i miei sogni, i miei desideri, le mie paure, i miei peccati… ma soprattutto dei valori positivi quali l’ onore, l’ amicizia e l’ amore… tu hai letto solo la prima pagina vero? Perché non hai continuato?”
“Io ho letto… ma poi ho pensato a risolvere il mistero… era sgualcito e… volevo capire chi… ma come mai il tuo manoscritto era in mare?” chiese Vittorio cercando una scappatoia ad una risposta che non riusciva a trovare.
“Credo che i corsari, considerandolo solo un insieme di vecchie pergamene, lo abbiano gettato a mare. Ma non doveva rimanere nelle loro mani, non erano degni della sua lettura. Io, negli anni in cui ho amministrato le mie terre, non ho mai usato violenza ed ho sempre avuto rispetto per tutti, dal nobile cavaliere al misero schiavo… la vedi la gente di Talamone? Ecco, la mia gente, è questa gente. I pirati barbareschi erano senza scrupoli, armati di spade affilatissime, catapulte e cannoni… hanno distrutto tutto, hanno preso i miei uomini come prigionieri e mi hanno lasciato qui a morire, incatenato nel mio castello. I tuoi concittadini pensano che il palazzo sia sempre stato così ma gli assalitori lo hanno abbattuto e solo successivamente ne è stato costruito uno nuovo. Ora sai molte cose di me… hai altre domande?” disse abbassando lievemente il volto affaticato anche solo dal pronunciare quelle parole.
“Va bene, d’ accordo. Ma perché quel manoscritto ti sta così a cuore?”
“Parla di me, della mia vita, sono le mie riflessioni, è un trattato sui valori che ho sempre rispettato durante il mio dominio. Non sono mai stato un tiranno, non ho mai usato crudeltà sul mio popolo…. Ti svelo un segreto: solo un animo puro, generoso, curioso, buono, modesto, intraprendente e rispettoso avrebbe potuto udire la mia voce e leggere le mie parole. Se il mio tesoro fosse stato avvicinato dalla persona sbagliata, il mare l’ avrebbe riportato con se. Sono morto per mano di corsari malvagi, e sono dovuto rimanere qui finchè un uomo giusto, come sei tu, non fosse venuto a salvarmi… Ora tu hai un compito, segui i miei insegnamenti, adoperati perché Talamone resti sempre il luogo meraviglioso che è… e fai in modo che i miei scritti svelino a tutti quella parte di storia che era andata perduta!”
“Come devo fare?“ disse Vittorio, ma il fantasma per la prima volta sorrise, schioccò le dita e sparì.
Era stata una visione? Il giovane si sentì d’ improvviso molto più forte e sereno di prima, lasciò la fortezza e tornò dai suoi amici raccontando della vita di quel nobile e dei misteri legati al manoscritto, ma non disse di essere un suo pronipote, e nemmeno dei valori che Federico gli aveva rammentato.
Il giorno seguente, senza essere visto, incastrò lo scrigno e il suo contenuto fra le rocce, alla base del castello, dove spesso passavano i volontari che si occupavano di tenere aperta e visitabile la fortezza: sapeva che qualcuno lo avrebbe trovato e che, con il loro aiuto, la volontà di Federico si sarebbe realizzata.
La sua vita era tornata quella di prima, nessun sogno, nessun lamento, nessuna voce. Ora Vittorio si sentiva migliore, come se lo spirito del suo avo liberato dal castello, vegliasse per sempre su di lui e sugli abitanti di questa “perla” incastonata nel mezzo del mare.
“Dedicato a Talamone ed a tutti i Paesi della nostra penisola dove il tempo scorre lento, gli usci sono aperti e si respira serenità” Aurora
Se mi è consentito lancio un appello. Aurora ha 12 anni e scrive moltissimo. Ho letto storie profonde e stilisticamente perfette in questo concorso e quindi, se avete 5 minuti da perdere nella lettura di questo racconto, vi invito a lasciare il vostro commento, anche negativo, perché per lei sarebbe comunque un’ occasione di crescita e uno spunto per migliorarsi. Ringrazio fin d’ora chi vorrà aiutarla e lasciare un’ impronta in quello che spero sarà il suo lungo cammino.
Sei la sua mamma?
Per essere stato scritto da una ragazzina di dodici anni, ritengo che il racconto sia notevole. Sono un’insegnante e, secondo la mia esperienza, non sono molti i ragazzini che sanno scrivere così, a quest’età.
Quindi, Aurora, ti faccio i miei complimenti e ti auguro di proseguire per quest’avventura, di non mollare, perché la perseveranza ti porterà sempre più lontano 🙂
Grazie! Si ha 12 anni e ha già pubblicato 2 libri e una raccolta di racconti. Questo di solito non è il suo genere, ma è rimasta molto colpita la scorsa estate da Talamone, tanto che quando è tornata dalla vacanza ha voluto dedicargli un racconto. Lei solitamente scrive storie di ragazzi, scuola, amicizia, sport, bullismo. Adesso però aspettiamo critiche costruttive!
Carissima Aurora, il tuo racconto mi ha fatto ricordare il primo film che ho visto al cinema, quando ancora tu non eri nata: i Goonies! Chiedi alla tua mamma se lo conosce. Un gruppo di amici, pirati, la ricerca di un tesoro. Complimenti per come scrivi e per la fantasia. Soprattutto per i valori che vuoi trasmettere con la tua narrazione.
Non l’ ho mai visto, e neanche la mamma. Grazie per il commento positivo, si è vero, quando scrivo cerco sempre di trasmettere valori positivi e anche quando leggo mi piacciono i racconti e i libri che li trasmettono. Nelle antologie di alcuni concorsi a cui ho partecipato ho letto storie veramente belle di ragazzi di qualche anno più grandi di me, ma spesso ricche di negatività e sofferenza. Una volta di sei racconti finalisti il mio era l’ unico non “noire” se si dice così. Peccato, perché vuol dire che anche nei giovani c’è spesso sofferenza.
Bravissima Aurora!
Ma quanto scrivi.. e lo fai benissimo! E fai anche benissimo a coltivare questa tua dote, un vero dono, ma già lo saprai…
A me hai ricordato le avventure de “La banda dei cinque”, un telefilm che mi piaceva moltissimo da bambina. La sigla invitava ad aggregarsi ai protagonisti e io lo desideravo tanto. Ecco, come di nuovo bambina, ho desiderato unirmi ai tuoi ragazzi, davvero, sai?! Per vivere l’emozionante avventura che hai raccontato.
Comunque, al di là dei ricordi che evochi, tu sei tu e hai già la tua impronta e il tuo stile.
Complimenti ancora Aurora e in bocca al lupo!
Grazie sig.ra Marcella, scrivo tanto, soprattutto in estate perchè durante l’ anno scolastico fra scuola e sport il tempo che resta è poco. D’ inverno scrivo qualche racconto, d’ estate scrivo libri. Ho avuto la fortuna di riuscire a pubblicare tutti e due i libri che ho scritto, spero di riuscire ancora a scriverne altri, vedremo la prossima estate. Mi piacerebbe dire “crepi il lupo” ma non lo faccio mai. Adoro i lupi e da quando ho scoperto che mamma lupa porta i cuccioli in bocca per salvarli dai pericoli non dico più “crepi il lupo”. Grazie ancora.
Aurora complimenti! Hai scritto un racconto di avventura e mistero (per ragazzi più che per bambini?) che mostra una capacità ben superiore alla tua età, cosa possiamo dirti? Leggendolo straripa della impazienza, curiosità e impetuosità positiva della tua età, come è giusto. La dedica finale e’ molto bella. Vai avanti, le tue parole sono già ricche, e sarà il tempo ad arricchirle ancora. Continua a far sentire la tua voce!
Adelisa Corbetta
Ciao Aurora, complimenti per la tua capacità di scrivere, specie se rapportata alla tua giovanissima età. Vorrei dirti che le tue modalità espressive mi sembrano più vicine agli adulti piuttosto che ai bambini. Grazie per aver letto il mio racconto.
Grazie, anzitutto, del tuo commento al mio racconto. Prima di scrivere un pensiero sul tuo, ti confido un particolare sul mio. Se hai notato esso si divide in due parti. Ho iniziato a scrivere il racconto una notte in cui desideravo descrivere con una storia un mio innamoramento. La seconda parte l’ho scritta qualche tempo dopo quando la storia d’amore finì. Tutto questo lo so io che l’ho scritto. In realtà, si può intendere come una bella storia per bambini, ma anche gli adulti hanno da pensare.
All’inizio del tuo racconto misterioso non si coglie subito l’età dei protagonisti: dopo un po’ scrivi “ragazzi”, ancora dopo “il bambino”, poi “i giovani”. A me sembra un racconto per ragazzi; comunque, ti consiglio nella rilettura di stare attenta a questi particolari. Considerando la tua età, svelata dalla tua mamma, se no non si sarebbe capita, meriti solo complimenti. Vedrai che, osservando la realtà in cui viviamo, continuerai a scrivere senz’altro cose interessanti, sfruttando la fantasia di cui dimostri una notevole capacità. La lingua italiana è ricca di parole che non utilizziamo più. Il mio consiglio è di utilizzare molto un dizionario dei sinonimi. Ciao.
Grazie, Aurora usa molto il dizionario dei sinonimi ma lo fa solo per non ripetere un termine, perché non ama le ripetizioni, se non quelle che fa volontariamente per rafforzare un concetto. La sua considerazione è più che corretta, ma bisogna considerare che a 12 anni le parole bambino, ragazzo, giovane, fanciullo hanno una valenza diversa che nell’ adulto… Per lei la differenza è ancora minima, tale da intercambiare un termine con l’ altro.
Caspita Aurora, come dicevano le maestre ai miei figli quando erano particolarmente soddisfatte, sei proprio una “bomba”! Brava per la fantasia, brava per le descrizioni, brava per il richiamo ai valori che non devono andare persi. Ti mando un bacio
Fino ad ora ho tralasciato di proposito la lettura dei racconti per bambini. Tempo permettendo, me li voglio gustare tutti assieme e ho voluto iniziare dal tuo. So già che hai 12 anni e questo mi ha incuriosito tantissimo. Sei bravissima, la fantasia non ti manca e scrivi molto bene. Considerando la tua giovane età, hai tantissimo tempo per coltivare questa tua passione e sono sicura che andrai lontano. Viva il lupo.
Cara Aurora, concordo in pieno con i commenti precedenti. Sei davvero bravissima. Scrivi bene e il racconto è coinvolgente. Spero che continuando a coltivare la tua passione per la scrittura e la lettura tu possa avere tante soddisfazioni. Complimenti! E un saluto anche alla tua mamma.