Premio Racconti nella Rete 2010 “Ogni mattina” di Debora Pevarelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010
E’ l’alba, tra qualche minuto il sole busserà alla porta e, come suo solito, passerà attraverso il suo vetro preferito, quello blu, che ricorda il colore del mare. Esiterà per un attimo sul tappeto d’entrata e, come un gentiluomo, lascerà passare la padrona di casa. Lentamente, scalino per scalino, inizierà a salire, seguendo Maria fin su al primo piano. Attende con rispetto dietro di lei, perchè lei possa mostrargli la strada. Fa attenzione, perché la vecchiaia l’ha resa lenta e barcollante, e per aiutarla illumina i suoi passi incerti. Sono anni che Maria lo aspetta tutte le mattine. Lui è il suo vecchio e caro amico che, generosamente, arriva per regalarle un po’ di gioia. Lui sa tutto, ha sempre saputo tutto ed è per questo che non l’ha mai lasciata, che non l’ha mai delusa. Ha ascoltato il pianto del suo cuore in silenzio e, con pazienza, ha visto le sue lacrime trasformarsi in rughe.
Come tutti i vecchi, anche Maria dorme poco e male, per via dei ricordi. Si materializzano nella sua stanza e, come bambini, cominciano a saltellare sul letto, riempiendo il vuoto di voci. Poi, esausti, si stendono vicino a lei e le sussurrano all’orecchio ciò che se n’è andato via per sempre, le raccontano di quando la felicità faceva parte del suo mondo.
Si addormenta così, con le immagini della sua vita dentro agli occhi. Vorrebbe abbandonarsi in quel suo mare, lasciarsi andare alla deriva, ma un’onda di angoscia la riporta sempre indietro.
E’ la grigia realtà che la sveglia al mattino. Si alza a fatica dal letto e, indossando la sua vestaglia, si dirige in cucina al buio. Dalla finestra guarda il viale là in fondo illuminarsi con i colori tenui del giorno. Il suo amico sta arrivando lentamente, ma puntuale, come sempre.
Eccolo al cancello, sta per entrare dalla vetrata e lei è pronta sulle scale. A passi incerti sale, vede la sua ombra staccarsi da lei e, come se la prendesse per mano, la guida verso il piano superiore. Ci siamo, la porta dello studio è chiusa. Maria esita un istante sul pianerottolo, l’emozione le sta chiudendo la gola e la sua mano trema sulla maniglia. Apre la porta, si sposta un attimo, quel tanto per farlo passare. Lui entra con reverenza per riempire di luce quella stanza nera. Ed ecco che il miracolo si compie.
Un sorriso felice si illumina sulla parete di fronte e saluta con due occhi blu come il mare. In quel viso c’è tutta la vita del mondo, c’è la speranza dei giorni che verranno, c’è la felicità. Maria abbassa lo sguardo, un momento, per abituarsi al giorno e, quando alza il viso verso la parete, dolci lacrime scendono tra le rughe. Il cuore batte forte nel petto e nelle tempie, ma con meraviglia, ogni mattina, guarda il viso di sua figlia felice. Il sole si gira un istante e, soddisfatto per ciò che vede, vola via dalla finestra. Maria si siede sulla poltrona, guarda quel sorriso intensamente per non dimenticare, la sua mente torna indietro a quando la casa aveva i suoi colori e i suoi profumi e le parla di ciò che è successo, di ciò che succede e che succederà. Quel ritratto, in fondo, è tutto ciò che le rimane di lei. Un rito che dura da dieci anni, un modo per fare uscire il dolore un poco alla volta, piano, senza rumore, per non soffocare. Cominciare la giornata così, perché il tempo che scorre possa avere un senso, per dare voce ad un silenzio senza fine.
Un semplice appuntamento che Maria non ha mai disdetto. Come quel giorno di tanto tempo fa, quando lei le disse: “Ci vediamo stasera, mamma!”. Ma quel “stasera” non arrivò mai, una stupida curva bagnata se lo portò via in un secondo e, in un secondo, Maria rimase sola ad aspettare la sua luce.
E’ una storia delicata, emozionante, che tocca il cuore. Profondamente.
Bravissima!