Premio Racconti nella Rete 2018 “L’amore dal Cozzo alla Circonvallazione” di Cristina Cortese
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018I social network e le nuove tecnologie in generale hanno cambiato il modo di conoscere ed approcciarsi con gli altri. Oggigiorno, il rifiuto di una richiesta di amicizia su Facebook viene vissuto come offesa personale. Ma io non capisco. Se mi incontri per strada a stento mi riconosci e devo sentirmi costretta ad aggiungerti alla mia cerchia di amici virtuali solo per farti togliere lo sfizio di venire a spulciare il mio profilo? Siamo sinceri su, spesso lo scopo è solo quello di andare a controllare si chiddu si fici zitu o che fine abbia fatto quella nostra ex compagna di scuola ca si facìa la sperta. Che poi lo “spulciamento” dei profili si sgama facilmente. Se metti un like ad una mia foto pubblicata quasi due anni fa, sta a significare che sei lì davanti al tuo computer a guardartele tutte. Ma d’altro canto lo sappiamo benissimo che se siamo iscritti su Facebook l’ultimo diritto per cui possiamo lottare è quello alla privacy. Dall’altro lato, non possiamo negare l’utilità dei social network quando vogliamo avere un contatto con qualche amico o parente lontano.
E per quanto riguarda l’amore? Davvero si può conoscere l’anima gemella grazie al Web?
Con l’evoluzione tecnologica e gli smartphone di ultima generazione è possibile scaricare sul proprio telefono cellulare qualsiasi tipo di applicazione. La tecnologia viene incontro anche ai single del pianeta per facilitare loro l’approccio con il sesso opposto. Proprio così, con un semplice click è possibile scaricare diverse App, per la precisione quelle che rientrano nella cosiddetta categoria “chat, flirt, incontri”. Per chi di voi stesse spudoratamente fingendo di non sapere di cosa stia parlando, ve lo spiegherò brevemente. Una di queste applicazioni l’ho scaricata, così non dovrete farlo voi. Ho creato un profilo personale, ho inserito i miei dati anagrafici e un’immagine del profilo (come su Facebook). La scelta della foto è fondamentale. Possibilmente un bel primo piano con gli occhiali da sole che danno “più carisma e sintomatico mistero”, cantava Battiato. Fatto ciò, sarà possibile iniziare a sfogliare una miriade di fotografie. La sensazione è quella di avere in mano il catalogo dell’Ikea, o il compianto Postal Market.
Tutti in cerca di nuove conoscenze. Le chiamo conoscenze, perché parlare di amicizie sarebbe un insulto alla mia e alla vostra intelligenza. Io la chiamerei anche voglia di vedere facce nuove. Soprattutto per chi vive in piccole città.
A questo punto come si procede? Sopra ogni volto incombe la fatidica domanda: «Ti piace lui?», con due possibilità di risposta: una x, in caso di risposta negativa, e un cuore, se la risposta è positiva. Spesso mi sono ritrovata a scartare una persona in una frazione di secondo, del resto se nessuno ha mai decantato il carismatico e misterioso slip bianco, ci sarà pure un motivo.
Se riesco a superare lo choc iniziale provocato dalla foto di lui sdraiato su uno scoglio, continuo a guardare anche le altre. Dallo sconcerto passo allo stupore nel constatare che in ogni foto sembra una persona diversa e nell’istante in cui sto valutando di scartarlo, mi risuonano nella mente le parole di zia Nellina: «Bedda mè, si ti vo fari zita un occhio l’ha chiudiri». E la saggezza dei suoi anni mi convince a chiudere un occhio.
Ora sarebbe il caso di intraprendere una conversazione, quella standard per rompere il ghiaccio è la seguente:
Io: «Piacere Cristina»
Lui: «Piacere Ignazio»
Io: «Di dove sei?»
Lui: «Licata, tu?»
Io: «Ribera»
Lui: «Vengo spesso a Ribera ma non ti o mai visto. Quanti anni ai?»
Io: «32»
Lui: «Non li dimostri. Dammi il tuo numero»
Per non notare le carenze, o meglio voragini grammaticali, li dovrei chiudere entrambi gli occhi. Ma le difficoltà linguistiche vengono compensate dall’intraprendenza del ragazzo. Con un abile dribbling riesco a superare lo scoglio dello scambio dei numeri di telefono. Ma la prova successiva che sto per affrontare rischia di farmi intraprendere una strada senza via d’uscita. «Ma che ne pensi se un giorno di questi faccio un salto lì e ci vediamo?» chiede lui. Certo, se ti ritrovi un’applicazione del genere sul cellulare non è perché stai cercando un “amico di penna” con cui intraprendere una innocente relazione epistolare. «Possiamo vederci al bar per un caffè» rispondo. Brava, un caffè in un posto affollato nell’ora di punta, si può fare. Per un istante dimentico di vivere a Ribera, non mettendo in conto che sedersi in un bar con un “forestiero” significa tornare a casa e trovare mio padre che esclama: «Mi dissiru che ti hanno visto con uno». Ci dissiru.
Ma torniamo al caffè. Per precauzione la mia amica dovrà ricevere un SMS con su scritto: «Sembra tranquillo». E poi chi lo sa come finirà. Magari quel caffè mi cambierà la vita o magari non vedrò l’ora di andarmene e tornarmene a casa. E lì penserò a quanto era facile innamorarsi da bambini. Quando le più belle storie d’amore nascevano con spontaneità e sincerità.
Con il tempo ho cercato di capire se la mia singletudine fosse causa mia o sono i maschietti tecchia comu voli Dio? Sono io a sbagliare o su li masculi ca un capiscinu nenti?
Quante volte mi sono ritrovata sdraiata sul divano di casa della mia amica, con lei pronta ad iniziare la classica seduta di psicanalisi. Seduta che inizia con la sottoscritta che dice: «Sai certe volte cosa penso?» e che finisce con il più tragico degli interrogativi: «Perché non mi vuole nessuno?»
Probabilmente avrei bisogno di uno psicologo e l’ho capito nel momento in cui una bambina di otto anni mi ha detto: «Sei vecchia, come mai non sei ancora sposata?»
Ad oggi, sono riuscita ad individuare tre tipologie di uomini. La prima, ormai in via d’estinzione, è quella dell’uomo intraprendente che trova sempre il modo di farsi avanti e che non ha paura di dire all’amico: «Compà quella mi ha dato pacco». La seconda tipologia è quella dell’uomo tuttu cunfunnutu. L’uomo che va subito nel pallone, per intenderci. Nella terza tipologia, la più popolata, faccio rientrare gli addummisciuti. Quelli che nemmeno se gli lanci un petardo in mezzo le gambe si svegliano. L’uomo a cui vorresti urlare: «Oh addivigliati! L’hai capito che mi piaci?»
Invito gli uomini ad un esame di coscienza. È innegabile il ribaltamento dei ruoli, dato che se non è la donna a farsi avanti, putemu stari frischi. Le nostre nonne direbbero: «Munnu vutatu».
E a proposito delle nostre nonne, non era molto più semplice per loro?
Il futuro marito glielo portavano fino a casa. Consegna a domicilio entro 48 ore dal momento in cui lu sinsali parlava con le famiglie e organizzava il matrimonio. L’amore arrivava dopo, col passare del tempo. Certo, una volta recapitato non potevi rispedirlo indietro. Al giorno d’oggi, invece, servirebbe l’opzione del reso gratuito entro 30 giorni.
Trenta giorni sono più che sufficienti per capire se un uomo è quello giusto per te. A volte bastano pochi secondi per realizzare che non c’è futuro, giusto quei secondi che passano dalla mia domanda: «Che fai stasera?», alla sua risposta: «Usciamo, ma non corriamo perché non mi sento pronto per una relazione stabile».
Ma quando te l’ho chiesta? Se l’immagine che hai di me è quella di una trentenne disperata in cerca di marito sei proprio fuori strada. Ci sono quei segnali inequivocabili che ti fanno capire che non è strada che spercia. La storia non ha futuro se nella stessa sera vengono pronunciate queste tre frasi: 1) Non esistono più le mezze stagioni; 2) Si stava meglio quando si stava peggio; 3) Ccà semu, e lu Papa a Roma.
Se poi durante la cena trovi più interessante giocare con la mollica del pane o addirittura pensi che se avessi tra le mani la cera del Galbanino ti faresti delle unghie da sogno, allora ti do un consiglio: «Levaci manu».
Per par condicio è d’obbligo analizzare l’universo femminile in tutte le sue contraddizioni. Del resto, se da decenni sentiamo dire che è impossibile decifrare la mente femminile, un fondo di verità deve pur esserci. Ti addormenti accanto a quella che credi essere la donna più dolce del mondo e ti risvegli accanto ad una sull’orlo di una crisi di nervi.
Ci lamentiamo tanto di non riuscire a trovare l’uomo giusto. Ma noi come siamo? Ci complichiamo troppo la vita? Dipende dal tipo di donna.
a) La disfattista: ad ogni nome di uomo libero che potrebbe essere un probabile fidanzato risponde: «ma chi avi di beddu?».
b) La romantica: il suo uomo ideale deve ricoprirla costantemente di attenzioni. La donna alla quale, in parole povere, bisogna cantare: «Ti vedo scritta su tutti i muri, ogni canzone mi parla di te» (mannaggia a Jovanotti).
c) La delusa: per lei gli uomini sono tutti uguali e non riuscirà a fidarsi più di nessuno.
d) L’eterna insoddisfatta: sempre alla ricerca della perfezione in un uomo (poi un ti lamintari si resti sula).
e) L’accademica della crusca: esclude qualsiasi legame con l’uomo che sbaglia i congiuntivi.
f) La stratega: mette in atto il suo piano per attirare nella rete la sua preda. Piano che generalmente consiste in: «Ho fatto il primo passo e gli ho mandato un messaggio. Se gli interesso adesso deve essere lui a cercarmi». Ma se lui rientra nella categoria degli addummisciuti (vedi sopra), questa strategia non darà mai i suoi frutti.
g) L’ambasciatrice del “prendi una donna trattala male”: predilige le storie complicate con uomini che la fanno soffrire.
h) La dermatologa: se un uomo non le piace a pelle, non c’è nulla da fare.
i) La stilista: molto attenta al modo di vestire degli uomini.
j) L’odontoiatra: la prima cosa che guarda in un uomo è il sorriso (ma a cu la vò cuntari?)
k) L’estetista: evita gli uomini che non hanno mani curate, quelli che si depilano, e quelli troppo pelosi.
l) La possessiva: messaggi e telefonate no stop. Se il fidanzato è sotto la doccia e non risponde, in tre minuti si ritrova le teste di cuoio che fanno irruzione in casa.
Per quanto mi riguarda io sono la sostenitrice del “No, lo conosco da troppo tempo, sarebbe come mettermi con mio fratello”.
Il che significa escludere circa il 75% degli uomini liberi.
Applausi! Hai un bel modo di raccontare. L’ironia non ti manca 🙂
Mi è piaciuto molto: ironico, veritiero! Quasi un articolo da blogger, con quel pepe dato dalle frasi “chiave” in dialetto! Complimenti!
Grazie ad entrambe, mi fa piacere sapere di strappare qualche sorriso!
Un bel racconto, immediato e sottile. iConcordo con le altre commentatrici l’ironia non ti manca!
Complimenti
Bel racconto, il moderno del web si mischia al passato del dialetto… alla fine tecnologia o non tecnologia l’ universo femminile è sempre lo stesso… scrivi molto rapido e immediato, zero spazio al pensiero, con un sapore di cronaca… piacevole la lettura, ironico mi sembra quasi limitativo, io ci vedo di più.
Grazie mille! L’ironia nello scrivere non sarebbe la stessa senza le espressioni dialettali le quali “tradotte” in italiano perderebbero di significato.