Premio Racconti nella Rete 2018 “Ma chi va niscennu di dintra” di Cristina Cortese
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Al momento di una partenza sono diversi gli aspetti che ci accomunano. Tanto per cominciare la preparazione della valigia. Nostra mamma già una settimana prima della partenza ci impone di non mettere le cose che dobbiamo portare in viaggio, altrimenti non si asciugano in tempo. Il giorno prima mettiamo tutto sul letto. Facciamo un veloce calcolo mentale: minimo tre cambi al giorno, qualcosa di elegante per la sera, qualcosa di pesante se c’è freddo, tre o quattro paia di scarpe, il fon, la piastra. E per finire 15 paia di mutande per quattro giorni. Chi ha visto The Terminal converrà con me che bisogna essere sempre pronti a tutto.
I giorni che precedono la partenza sono sempre ricchi di emozioni e soprattutto di speranze. I single sperano di fare colpo su qualcuno e le coppie sposate vogliono dimostrare che ci si può divertire anche con la prole a seguito. Ma ad ogni rientro a casa i single sono delusi e le famiglie pensano ca natr’annu l’addevu resta dintra.
Resta il fatto che basta poco per divertirsi. Io mi diverto sempre. Mi diverto quando sono in stazione, impalata a fissare il tabellone luminoso aspettando che spunti il numero del binario, cosa che avviene sempre tre minuti prima della partenza, quando sono al terzo binario e il mio treno parte dal numero 23. Mi diverto. Mi diverto se alla fine della tragica corsa l’obliteratrice è rotta e devo tornare indietro. Mi diverto quando per usufruire dei bagni devo pagare un euro (accussì si fannu li sordi). Mi diverte il pensiero che mentre sto passando i controlli in aeroporto mi svuotino la borsa e trovino salsiccia e formaggi. Mi diverto quando si aspettano quei due che hanno passato i controlli ma poi si fanno chiamare tre volte per l’imbarco immediato. Ma unni si vannu a impirtusari? Me li immagino in una realtà parallela circondati da calzini spaiati, accendini e forcine per i capelli.
Mi diverto quando sull’aereo le cappelliere sono piene e imbarcano i bagagli. Mi diverto anche quando il comandante in volo annuncia che stiamo per incontrare una brutta perturbazione. No stronzate, questo non mi diverte affatto.
Ma la cosa che mi diverte di più è che ogni volta che metto piede in un aeroporto mi innamoro. Ricordate la pubblicità del cornetto Algida con quei due che si incontravano sulle scale mobili in direzione opposta e in sottofondo la canzone di Frou Frou “It’s good to be in love”? Già, è bello essere innamorati. Soprattutto quando tutto esiste solo nella tua testa e puoi essere l’indiscussa vincitrice dell’Oscar come migliore attrice protagonista dei tuoi film mentali. Ma non distraiamoci. Siamo al punto che lui mi chiede di controllargli la valigia perché deve andare in bagno. E già lo sento mio. La fase successiva prevede che io metta in campo le mie doti investigative, perché quello che importa scoprire è dove sia diretto l’uomo della mia vita. Dalla carta di imbarco che stringe tra le mani cerco, con destrezza, di riuscire a leggere l’aeroporto di destinazione. Non mi ritengo così fortunata da riuscire a leggere il cognome dell’uomo, niente da fare. Non riesco a leggere nulla. Abbasso gli occhi tre secondi per controllare l’ora, li rialzo e lui non c’è più. Mi giro intorno come una madre che ha perso di vista il proprio figlio. Era qua proprio un attimo fa! Dove si è andato a cacciare? Come ogni film che si rispetti rimetto il finale nelle mani del destino. Almeno saprò con chi prendermela se non lo dovessi ritrovare sul mio stesso aereo.
Cosa ben diversa è quando si parte per andare a studiare fuori. Il giovane pieno di speranze lascia la sua terra per intraprendere gli studi universitari. Quel giovane che a 18 anni non vede l’ora di andarsene dalla sua città e il meno giovane che a 35 anni pagherebbe per tornare. Essendo partita e dopo anni ritornata mi permetto di darvi alcuni consigli per sopravvivere in una città che non avrà nulla a che vedere con la vostra di origine. Vi ritroverete a dover riflettere prima di parlare, per essere sicuri di stare formulando la frase correttamente in italiano. Cercate di non fare un uso spropositato di oh oh. Se vi dicono “non ti peritare” non si riferiscono alle vostre attività intestinali, ma di non esitare nel compiere un’azione.
Se vi chiedono: «Com’è?» non rispondete «Cosa?», perché vi hanno appena chiesto come state. Ricordate che “avi ca ni canuscemu” non si traduce con “ave che ci conosciamo”. Impartite, il prima possibile, lezioni di siciliano ai vostri coinquilini, perché sono loro che devono adeguarsi a voi. Se entrate in un negozio per cercare una fasciacolla la commessa vi risponderà che il negozio ne è sprovvisto, questo perché si dice sciarpa. Imparate presto a gestire le vostre finanze, vi renderete conto che i soldi non vi basteranno mai. Sappiate che se vi invitano ad un compleanno in pizzeria, dovrete pagare la vostra pizza, quella del festeggiato e in più, ovviamente, il regalo. Scordatevi di riuscire a trovare la salsiccia come quella siciliana. Adesso vi sembrerà assurdo, ma fidatevi che sentirete la mancanza del finocchietto ‘ngranato.
Sentirete nuovi vocaboli e non è italiano “stretto”. Se volete evitare doppi sensi imbarazzanti dal fruttivendolo toscano non chiedete le fave, ma i baccelli.
Scoprirete che se stendi bene non c’è bisogno di stirare. Vi ritroverete a maledire l’inventore delle lenzuola con gli angoli, anche se vostra mamma vi direbbe ca su megliu lordi ca senza stirati.
Al supermercato non togliete il ciuffo dell’ananas per diminuire il peso e quindi pagare meno. Quando vi approccerete con la lavatrice ricordate che i colorati stingono e i maglioni di lana è meglio lavarli a mano, o almeno ricordate di non centrifugarli. Non cercate la zucchina di rascari non la troverete. Cercate di abituarvi presto al nuovo clima. Se parlate al telefono con vostra madre evitate di dire in presenza di altre persone che cadono uccelli nudi.
Ricordate che: accia = sedano; capuliato = carne macinata; giuggiulena = sesamo; lanna = latta; cuppinu = mestolo; scumera = schiumarola; malafigura = brutta figura.
Se accusate qualcuno dicendogli che ha il carbone bagnato, dovete essere sicuri di saper spiegare quello che avete appena affermato.
Tornerete a casa per le feste, possibilmente con un linguaggio più raffinato, ma questa magia si spezzerà non appena i vostri amici vi diranno di parlari giustu.
Ed ogni partenza sarà sempre più difficile, mentre sarà sempre più bello ritornare nella vostra terra. Con i suoi pregi e i suoi difetti.
Mi son divertita assai 😀
Mi piace questo tuo modo di raccontare sempre giocoso. I tuoi “rimandi” dialettali hanno il sapore delle cose più vere, quelle che nascono “dentro” è hanno un significato che va oltre le parole. Brava
Divertente, ironico, veloce! Lo confesso: dal titolo mi aspettavo una storia con sospettose vecchine vestite di nero sulle porte del paesino e invece è un manuale di viaggio e di sopravvivenza dal ritmo vivace in cui si susseguono immagini e situazioni brillanti in una struttura che non rispetta gli schemi classici del racconto. Le frasi in dialetto sono gioielli incastonati nella trama, che da discendente di due famiglie siciliane ho apprezzato in pieno. Brava!