Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Big Vibes and The Rolipops” di Elena Coppi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

“Cari amici vicini e lontani, buonasera, ovunque voi siate.” Leggerezza e libertà, creatività, musica, notizie, bollettino meteorologico e voci. Ecco l’essenza della radio appena nata negli anni venti. Ma anche un privilegio per pochi, per quel pubblico colto o amante del focolare familiare. La radio era vedere la nonna e le zie sgranare il rosario sulle note di musiche classiche di maestri dell’Ottocento, mentre le nostre piccole orecchie custodivano gelosamente tali immagini.

Nonna raccontava che i radioamatori, quelli meno curiosi a parere suo, erano più interessati alla nuova tecnologia che alle vibrazioni delle parole e della musica. Dopotutto, come oggi. Chi manda le onde, quelle parole intonate da accenti impostati e quelle note musicali che arrivano dall’esperienza, è apparentemente senza un volto. Ma non per questo una persona smette di respirare, quindi di ascoltare, semplicemente perché non vede l’aria o non percepisce un corpo. E le radio clandestine che contrastavano la censura del regime negli anni quaranta durante la guerra delle onde? Che storia, ragazzi. L’annunciatore aveva giusto il tempo di scorrere velocemente il foglio prima di dare sfogo alla lettura di messaggi di vitale importanza.

Significava alzare il volume della vita in diretta, ritrovandosi spiazzati a scoprire che dietro a suoni si celava tanta distruzione e voglia di rivincita. Faccio ora un salto temporale, ricollegandomi alla voglia di rivincita degli anni Cinquanta e Sessanta, quella che in campo musicale creò brani amati e interpretati da big del mondo della musica, omaggiando magistralmente poeti e incantando il pubblico con versioni strumentali indimenticabili. Sto parlando di Modena, terra di cibo motori e cantanti dal calibro internazionale. Cantanti per cui è riduttivo chiamarli cantanti. Cantautori e tenori che oggi sono anche web celebrity, pur nel loro ricordo. Rock, pop, lirica e Ghirlandeina, uniti in uno stretto abbraccio, vestiti in frac e a braccia aperte. Uniti per perpetuare quel dono speciale, la voce, “squillante negli acuti e ricca nel mezzo, dal fraseggio chiaro e timbro limpido”, proprio come il suono emesso dalla nostra storica torre campanaria. Si sa, un tempo le campane erano i punti di riferimento della vita familiare, dell’amore, del timore di Dio, dei cori, dello scandire del nostro tempo contadino. Le campane, quelle suonate da mani generose e umane – per intenderci magnanime – hanno costruito ponti e non muri.

La vocazione per il canto non è roba per tutti, ma può diventare una passione da condividere e da insegnare. Quando la voce è estesa, piena e capace, the big vibes raggiungono non solo scale e palcoscenici internazionali, ma ricevono riscontri popolari che vanno a confermare la genuinità del tenore emiliano. Avete capito di chi sto parlando, Pavarotti the big Luciano: se il richiamo è grande, grandi sono le vibrazioni. Grande come il suo debutto da poeta scapigliato, dallo sguardo rapito da quella gelida manina di grande fama. La sua voce estesa di tenore chiaro, unica per morbidezza, lucentezza e perfezione tecnica, unita ad innate doti comunicative, gli spalanca le porte dei più grandi teatri mondiali.

Il 17 febbraio 1972, esattamente un anno prima che io nascessi, al Metropolitan Opera di New York, interpreta “La Figlia del Reggimento” di Donizetti ed entra nella storia come una leggenda: diventa il Re con il do di petto. Il pubblico va in brodo di giuggiole, il tenore riceve gli onori come un generale vittorioso. Gli anni ottanta e Novanta lo vedono impegnato in successi nazionali e oltreoceano, fino a quando, insieme a Placido Domingo e José Carreras, il maestro dà vita a “I Tre Tenori”, lasciando scie di applausi ovunque. Poi è il momento del rimarchevole concerto a Hyde Park di Londra, trasmesso in mondovisione. Il successo dell’evento britannico trova il bis al Central Park di New York nel 1993, dove approda una folla di mezzo milione di spettatori che sa cosa aspettarsi da quella magnifica occasione. La popolarità diventa planetaria, ma il Maestro rimane l’amico di sempre, quello umile e genuino nella sua schiettezza emiliana. Anche dopo quei “buuuu” maliziosi e astiosi ricevuti alla Scala di Milano durante la rappresentazione del Don Carlo di Verdi. Lui, Lucianone, come lo chiamavano in tanti, da buon modenese – e permettetemi di dire da buon emiliano – sapeva incassare e rialzarsi con semplicità e tenacia. E che dire del “Pavarotti & Friends”, dove ha invitato artisti di fama mondiale del pop e del rock con lo scopo meritevole di raccogliere fondi a favore di organizzazioni umanitarie internazionali.

Il suo canto affettuoso e tenero, trionfale, malinconico, fragile, sorridente è stato un grande richiamo di folle dalle orecchie agiate e meno agiate, di vip e non vip, di gente come me che ha saputo trovare la bellezza in un’arte apparentemente elitaria. “Vincerò”, l’urlo intonato e maestoso che ha salutato il tenore nel suo lungo viaggio, ci ha accompagnati per anni in trasferte, teatri, pubblicità in televisione. La grande musica è entrata nelle case di tutti, non solo degli intenditori, soprattutto ha raggiunto quei giovani scettici del connubio tra ROck LIrica e POP. Se invece di essere una speaker radiofonica fossi stata una “friends singer”, avrei chiamato la mia big band The Rolipops. Sarebbe stato un onore ricevere influssi da più generi musicali che, fino a quel momento, stavano viaggiando su binari paralleli. Ho sentito che un critico del New York Times, non ricordo in questo momento il nome, disse che “Dio baciò le sue corde vocali” quando Luciano nacque. E io aggiungo che l’Ave Maria di Schubert faceva da sfondo alla sua venuta al mondo. Credenti o non credenti, sta di fatto che qualcuno o qualcosa ha comunque provveduto a trasmettergli un dono singolare. Ma il dono diventa speciale se sei in grado di riconoscerlo e condividerlo, proprio come fece Luciano con tanti cantanti del panorama musicale italiano ed estero.

In questo decimo anniversario dalla sua scomparsa, in una notte di fine estate, tutti lo vogliamo ricordare per quello che ha saputo dare alla nostra terra: riconoscenze, genuinità e fama. La musica leggera ha imparato da quella lirica, viceversa la lirica ha saputo cogliere particolari tonalità da quella leggera. Uno scambio che vede ancora diversi artisti impegnati in questa sfida che, tanti anni fa, non sembrava possibile. Non voglio soffermarmi sulle notizie da rotocalco, quelle personali, quelle che hanno seguito il suo divorzio dalla prima moglie Adua Veroni – dalla cui unione nacquero le figlie Lorenza Cristina e Giuliana – e il matrimonio con la giovane, all’epoca sua assistente, Nicoletta Mantovani. Non ci importa chi fu complice o nemico di tali accadimenti. Qui siamo interessati alla belle vibrazioni, quelle per cui i posti a teatro erano sold-out, quelle in cui le piazze cantavano all’unisono col maestro, quelle per cui i giornali scrivevano articoli pieni di entusiasmo.

Vi leggo ora quello che il futuro Premio Nobel per la Letteratura, Eugenio Montale, disse al debutto di Pavarotti alla Scala avvenuto il 9 dicembre 1965 con il «Rigoletto»: «Dotato di notevoli qualità è anche il duca di Mantova nella persona del giovane e non ancora celebre Luciano Pavarotti. È attore disinvolto e dispone di una voce assai gradevole ed estesa anche nel registro acuto: il solo, peraltro, che dà qualche incertezza a un tenore come lui, capace di pizzicare il re bemolle». Dal momento in cui viene “Scoperto a Londra tenore italiano. Si chiama Pavarotti”, la fama non ha dubbi. Il tenore disinvolto ha portato Modena in giro per il mondo e, per questo, i modenesi ringraziano con affetto. Quei modenesi che erano presenti alla messa da Requiem di Giuseppe Verdi in Duomo per ricordarlo in questo anniversario, dove i violini hanno accompagnato delicatamente il coro con brividi da pelle d’oca. La voce va interpretata, non solo mostrata sui palchi, ecco spiegata la benevolenza nei confronti di Pavarotti da parte del popolo, che ha riempito Piazza Grande in un abbraccio virtuale. D’importanza secondaria il luogo dell’evento mediatico in ricordo di questa voce, l’Arena di Verona, peraltro meravigliosa: seduti in platea o sulla gradinata non numerata poco importa, noi portiamo Modena nel cuore che rimane la città della grande storia di Luciano. Quello che rende un modenese orgoglioso dei frutti della sua terra è la volontà, anche in tempi difficili, di portare avanti le proprie origini modellandole sulla scia dei gusti del tempo attuale. Nonostante siano passati dieci anni dalla sua scomparsa, the big Luciano ha continuato ad entrare nelle case delle nuove generazioni, regalando sogni canori che, forse, non sono così impossibili. Ve lo sareste mai aspettato di vedere uniti amici come i Queen, Jon Bon Jovi, George Michael, Stevie Wonder, James Brown, Zucchero, Bob Geldof, Sting, Eric Clapton, Brian May, Mike Oldfield e Suzanne Vega sullo stesso palco del Pavarotti & Friends? Con i miti della nostra infanzia e della maturità dei nostri genitori!

E se qualcuno di voi in ascolto ancora non conosce il nostro tenore modenese, beh, è invitato oggi 27 ottobre 2017 alle ore 18 a presentarsi davanti al Teatro Comunale dove la statua in bronzo di Big Luciano sarà inaugurata nella sua figura in piedi, a grandezza naturale, mentre sorride e apre le braccia tenendo il foulard nella mano sinistra nel suo tipico atteggiamento di saluto al pubblico al termine delle esibizioni. Nessun dorma, please, davanti a cotanta bellezza, perché sarà la storica Corale Rossini ad aprire l’inaugurazione con l’esecuzione della Ghirlandeina. Oggi hashtag #ModenaAmoreMio con la Lambruscolonga, piena di itinerari gastronomici, tour musicali, con il centro città illuminato a festa…tanto di Modena incluso il ritorno di big Luciano in questo giorno autunnale che tutto colora tranne che di grigio. Per ora, in diretta da Piazza Roma dalla Rubrica Web Big Vibes and the Rolipops è tutto. Rimanete sintonizzati sulle note di Caruso del duetto Pavarotti-Dalla e, mi raccomando, vi aspetto domani alla stessa ora con un altro bel pezzo di storia modenese”.

Loading

18 commenti »

  1. Ciao Elena,
    anche nel tuo racconto c’è tanta musica. Soprattutto c’è la voce del grande Pavarotti e un suo ricordo. Interessante la struttura che hai dato al testo, come se fosse il lungo monologo di una speaker radiofonica. In bocca al lupo!

  2. Elena, proprio così. La voce alla radio è sintonizzata sulla storia di Pavarotti che va oltre l’Emilia. Oltreoceano tramite le big vibes. Crepi il lupo!
    Buon concorso anche a te.

  3. Racconto che rompe gli schemi e non si lascia imbrigliare in una classificazione: un po’ storia della radio, un po’ cronaca, un po’ omaggio a una icona della musica, un po’ blog, e un sottofondo di forte legame con la città. Una rubrica da seguire. 🙂

  4. Marco, togo quello che hai scritto. Mi colpisce molto l’idea che hai colto di non sentirmi “imbrigliata” in nessuno schema, ma di sentire la libertà delle parole in un fluire che segue le proprie aspirazioni. Grazie veramente.

  5. Ciao Elena, ho letto il tuo racconto “tendendo l’orecchio”, immaginando di sentire queste parole uscire da una radio, perché ha proprio il ritmo e i toni di una trasmissione radiofonica, magari di quelle che parlano di buona musica la sera, quando si è soli e ci si rilassa finalmente dagli affanni della giornata. Complimenti per l’originalità e grazie per averci parlato del maestro, che merita di essere ricordato!

  6. Silvia, grazie a te per avere letto il mio racconto “tendendo l’orecchio”. E’ la rubrica a fine giornata, quando le persone hanno voglia di ascoltare più che di parlare, quando aumenta la voglia di rilassarci e ascoltare qualche bella storia. Grazie!

  7. Sono daccordo con quanto già scritto. Racconto originalissimo, fuori dagli schemi. Devo dire che mi piace molto come hai impostato la narrazione iniziando con la storia della radio, che dagli anni venti ha catturato, con la sua voce, a volte ufficiale, a volte clandestina, l’attenzione di varie generazioni. La radio, essendo priva di immagini, ti costringe ad ascoltare con attenzione, nel più assoluto silenzio, quasi mistico. E’ così che ho ascoltato il tuo ricordo dedicato al Maestro. Complimenti Elena.

  8. Pasqualina, wow grazie. Mi fa molto piacere ricevere un tuo commento. Da emiliana ho voluto parlare del Maestro, figura internazionale che ha portato in giro un nuovo concetto di musica. Ho voluto farlo attraverso la radio che, come hai ben detto, ti porta ad ascoltarla nel più assoluto silenzio e a porre attenzione ad ogni parola. Grazie ancora.

  9. Elena, wow, brava e originalissima! In effetti, la immagino in notturna, questa diretta radio. E riservata a chi ha voglia di prepararsi a sognare con note alate, dopo aver ascoltato una piccola storia, come una favola… con quel tono di voce giusto che accarezza. Sono rimasta sintonizzata anch’io fino alla fine… per non perdermi lo spettacolo “lì dove il mare luccica”!

  10. Ma è fantastica l’idea di narrare attraverso le frequenze della radiotrasmissione! Mi è piaciuto moltissimo questo inno vibrante al Maestro, all’Emilia e perché no, all’Italia. Un ricordo che è un ripasso doveroso, un viaggio nel gusto e nei sentimenti e ovviamente nella musica. Grazie per questo brano letterario e musicale insieme, Elena, grazie davvero.

  11. Un racconto da ascoltare oltre che da leggere. Sei stata molto brava a riprodurre il parlato frenetico di una trasmissione radiofonica. Bello il legame che hai descritto tra presente e passato. Forse la radio, come i libri, è qualcosa di intramontabile che non si può sostituire.

  12. Ester, grazie a te per non avere cambiato canale! 😉

  13. Marcella, wow a te e alle tue parole sentite. Mi sono arrivate dritte dritte al cuore. Grazie ancora!

  14. Ivana, bello quello che hai scritto! La radio affascina come le storie scritte nei libri. La voce narrante fa fluire parole da ricordi, storie del passato e prodotti del presente. Un flusso continuo di bellezza! Grazie davvero.

  15. Ciao Elena, davvero originale il tuo scritto – in effetti, è difficile incasellarlo in un genere, come ha rilevato Marco.
    A me ha fatto venire in mente un brano di Finardi che amo molto, La radio.
    Grazie!

  16. Patrizia, grazie. Bello il testo della canzone di Finardi, grazie per avercelo ricordato. Ho voluto “non appartenere” ad un genere per lasciare libera la mente. Non sempre è necessario incasellare la scrittura in un genere predefinito, che ne dici?
    In bocca al lupo!

  17. Cara Elena, bello questo tuo omaggio al principe della lirica! Originale l’argomento e, come è stato notato, originale l’articolazione, di grande vivacità giornalistica. Da amante della musica, e ovviamente della bella scrittura, non posso che apprezzare.

  18. Giada cara, grazie per avere continuato a leggere i racconti anche dopo il termine del concorso. Ti ringrazio molto e anche tu, nel modo di esprimerti, lasci trasparire una precisa ma delicata cura che hai nei confronti della parola scritta e non solo. In bocca al lupo per le tue passioni!

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.