Premio Racconti nella Rete 2018 “Canyon” di Francesca Bonelli Morescalchi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018
Ho sempre fatto l’errore di credermi speciale. La presunzione mi ha accompagnata per tutta la vita.
Ero convinta che sarei morta da vecchia, serena, nel sonno. Dopo aver spremuto tutte le arance a disposizione.
Invece sono qua, come tanti. Come tutti.
Guardo la flebo che lacrima lenta come un solfeggio. Un metronomo che batte il tempo che manca. Perché lo so. Ogni oscillazione sono attimi sottratti alla mia vita.
Mi sento un residuo. Come quel pezzo di stracotto che avanza sempre, il culaccino che viene riposto pietosamente in frigo. Qualcuno lo mangerà, prima o poi.
Nella stanza siamo in tre. Non ho nemmeno il lusso di finire i miei giorni in pace da sola, senza rotture di coglioni.
Quella accanto a me è giovane e non fa altro che piangere. E quell’altra è una vecchia di merda che dorme sempre, e quando non dorme canta Faccetta Nera per delle mezzore intere.
Io sono nel mezzo, per età e posizione del letto.
Ieri il medico ha mentito. Gliel’ho letto in quegli occhi strizzati da gufo mancato. Parlava di terapie, con quell’insopportabile tono di incoraggiamento.
L’ho capito da un pezzo, di essere terminale. Ma li lascio recitare, li guardo fingere, camuffarsi, guadagnarsi la ribalta e la pagnotta quotidiana. Bisogna pur dargli soddisfazione. Se non lo fanno i pazienti, chi deve farlo?
Se un giorno di questi mi gira, faccio come Monicelli. Con il culo che ho, rimbalzo sul tettuccio del reparto sotto al nostro e non mi faccio nemmeno un graffio. Oppure mi strappo tutto, tubi, flebo, catetere, sperando di estinguermi alla svelta. Un ciocco senza più tizzoni. Mi figuro già Faccetta Nera che fa la spia all’infermiera, quella grossa col fiato di salame. La Piagnona no, non ne sarebbe capace. Non se ne accorgerebbe nemmeno, quella cretina.
E io che volevo andarmene circondata dai nipoti. Con la faccia morbida disegnata come un canyon e i capelli sale e pepe. Invece sono qua. Con queste due moribonde che mi stanno accanto. Gesù in mezzo ai ladroni.
Già mi sento i commenti della gente del quartiere. Ma come? E’ morta la toscana? Poverina. Era giovane. Era una brava ragazza. Era tanto buona, era tanto cara. Come se uno da morto diventasse automaticamente migliore. Una bella persona. Invece sono cinica, dico tante parolacce, mi sta sul cazzo la gente del quartiere e odio l’ipocrisia che qua regna sovrana.
Sai che? Alla faccia di queste due stronze ai lati. Mi organizzo un funerale col botto. Voglio una bara rosso fuoco. Con sopra tanto di quel peperoncino da sfondare il coperchio. E dentro la bara ci voglio una bottiglia di Brunello. Come prefiche chiamo i miei amici, quelli che la sera fanno le Drag Queen al Divina. Che il trucco gli sgoccioli sfatto sulla faccia imbellettata.
Dalla finestra vedo un brandello di sole e penso che sia tutto surreale. Ecco Fiato Puzzolente. E’ venuta ad attaccarmi la morfina. Mi scambio un’occhiata di intesa con l’altro infermiere. Non c’è voluto molto, per convincerlo. Un sostanzioso assegno e il silenzio dei miei familiari. Chiama Fiato Puzzolente, le chiede di aiutarlo con un paziente, che a me ci pensa lui. La cicciona se ne va, finalmente.
Si avvicina zoccolando con i Crocs gialli. Mi sorride e armeggia con la flebo.
« Grazie.» Dico con le labbra, senza emettere la voce.
« Dolce viaggio, tesoro.»
Sospiro, rilassando i muscoli. Il mio viso si solca come un canyon, i miei capelli si fanno d’argento e, intorno a me, si assiepa un allegro cicaleccio di nipoti.
Anche questo è bello.
Questo racconto mi è piaciuto più del precedente. Hai trattato un tema difficile con un linguaggio “immediato” senza lasciare tempo neanche ad una lacrima. Penso che il personaggio meriti da parte tua “più tempo”: viene voglia di conoscerla dal “principio”. Brava davvero
Il punto di vista con cui tratti questo tema spinoso comporta da parte di chi legge una forte empatia, nonostante la protagonista mostri un carattere”arrogante”, arrabbiato, anche se a ragione… Ma arrabbiata più con la vita che non sarà o con la morte che gliela impedirà? Mi ha colpito molto la descrizione delle compagne di stanza, molto realistica rispetto a certe situazioni in cui la malattia ti costringe a vivere. Complimenti, anche per la capacità di variare nei temi trattati da un racconto all’altro!
Il personaggio è un po’ velenosetto 😉 grazie mille.
O Francesca, mi è piaciuta questa storia, Ho apprezzato moltissimo il linguaggio, lo stile essenziale e diretto, i pensieri della protagonista. Sarebbe stato un bel racconto anche se fosse rimasto, come dire, “incompiuto”, senza il colpo di scena finale (occhio, questo non vuol dire che non l’abbia apprezzato). Brava.