Premio Racconti nella Rete 2018 “Ricominciare” di Mariella Di Mauro
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Momenti difficili i nostri! Nonostante i tempi per le donne siano migliorati parecchio, le violenze, le sopraffazioni, gli abusi non smettono di essere notizie quotidiane. La donna oggi è allo sbaraglio, libera di mostrarsi bella, accattivante, volgare, dolce, brava, arrivista … troppo, spesso, per un uomo che, non potendola più sottomettere, le usa violenza: fisica o psicologica. Camilla quel giorno era veramente pensierosa, troppe brutte notizie la mattina quando sentiva il telegiornale in tv prima di andare a lavorare.
Anche lei da un po’ di tempo si sentiva ossessionata da queste paure, e questo le faceva tornare in mente molti episodi di bambina, quando a Pisteno, il paesino vicino Catania dove era cresciuta, ancora certe cose si bisbigliavano, sia nella vita di tutti i giorni che in televisione. Ai piccini non si facevano certi discorsi, semplicemente si proibivano loro tante cose, anche se i cortili e le strade erano pieni di ragazzi che giocavano ma sotto gli occhi di tutti: mamme, zie, nonni, artigiani che lavoravano in strada o nei cortili comuni delle abitazioni, in mezzo alla gente che non si vergognava a sedersi davanti l’uscio di casa o a lavare nella pila comune con l’acqua, spesso, presa dalla cisterna. Certo i fattacci brutti e sporchi accadevano anche allora, erano meno numerosi e, alcune volte, occultati per vergogna. Vergogna, molte volte, mal riposta, dove il più debole, dopo, veniva accusato e soccombeva due volte.
Quando Camilla era piccola successe un fatto veramente brutto, venne alla luce solo perché una donna, che andava a servizi, si rese conto di qualcosa di strano. Il tutto accadde fuori dal centro storico, era fine estate, e le strade di una frazione marinara, Scaletta, erano meno affollate di gente e di ragazzi, rimanevano solo gli abitanti del posto e qualche “villeggiante” che rimaneva a godersi il mare qualche giorno in più. Quella mattina, Melina, dopo aver lavato le stanze della casa dell’avvocato Marletta e famiglia, si apprestava a pulire le scale e la terrazza, ambedue si trovavano affacciate sul bel mare blu e calmo come solo a settembre si può ammirare. Spazzando per prima le scale, le piaceva soffermarsi a guardare il mare e gli scogli circostanti, spesso così caotici per le grida dei bambini e delle mamme che li invitavano a uscire dall’acqua perché avevano le labbra viola, o i più grandi che litigavano, scherzosamente, tirandosi secchiellate di acqua.
Quella mattina non c’era nessuno né in spiaggia, tra gli scogli, e neppure nella casa dell’avvocato Marletta, così avvertì il lieve rumore della barca, portata con i remi, che usciva dall’insenatura dietro la casa. Melina vide Angelo, il fidanzato di Teresa, la figlia della signora della casa alla fine dell’insenatura, abitanti del luogo, sulla barca che remava e teneva un’andatura veloce e lo sguardo rivolto fisso in avanti, sembrava stranamente assorto e diverso, Melina non conosceva il termine truce ma probabilmente Angelo le apparve così. Ma la cosa che le sembrò più strana era che, quasi rannicchiata nella barca, ci fosse Pinuccia, la sorella più piccola di Teresa. – Ma che ci fa quella bambina con Angelo da sola? E dove andranno?- pensò Melina. Subito dopo squillò il telefono e lei, mollata scopa e paletta andò a rispondere. Era la signora che era salita a Pisteno e le diceva di non cucinare il pollo perché aveva trovato dell’ottimo pesce da fare fritto: sogliole. Quando Melina tornò al suo lavoro, si era già dimenticata di ciò che l’aveva incuriosita e riprese alla svelta il suo lavoro per avere poi il tempo di preparare il pesce. – Anche a me fa piacere mangiare il pesce al posto del pollo – pensava. E finito le scale passò alla terrazza, arrivata al balcone sul mare, abbagliata dal luccichio del sole sull’acqua, intravide nuovamente la barca con Angelo a bordo che remava e ritornava a casa.
Si stupì della cosa, ricordandosi che era uscito non oltre dieci minuti prima e, cosa assai più astrusa, era solo, Pinuccia non c’era più. Questa cosa fece sobbalzare Melina, era strano, c’era qualcosa che non andava e che le aveva messo una forte agitazione. Non sapeva cosa fare, guardò in mare e dietro la casa, ma la barca era scomparsa. Allora pensò di scendere giù le scale e di andare a cercarlo per chiedergli dov’era la bambina, ma si incrociò con l’avvocato e la moglie di ritorno i quali si resero conto subito della sua agitazione. La ragazza voleva parlare ma vide uscire Angelo dalla casa e cominciò a gridare per chiamarlo. – Angelo torna qui, dov’è Pinuccia? Dove l’hai lasciata? Angelo! – Ma lui salì sulla sua bicicletta e in modo fulmineo scomparve.
Allibiti i signori Marletta cercarono di calmarla per capire cosa fosse accaduto. In preda a qualcosa che neppure lei sapeva cosa fosse, Melina raccontò di aver visto Angelo uscire in barca con Pinuccia e di aver fatto ritorno poco dopo da solo. L’avvocato e la moglie si resero conto anche loro che c’era qualcosa di grave sotto, bussarono con forza in casa dei vicini ma nessuno rispose. Allora, correndo, andarono verso la casa della sorella della signora Grazia dove erano sicuri di trovarla. La scorsero sulla porta che, assieme alla figlia Teresa, si stavano congedando per rincasare. – Signora, scusi, dov’è Pinuccia?- – A casa – rispose la signora senza capire la domanda e i loro volti travisati. – Corra signora, apra la casa, presto, corra. – Non capiva la signora, ma il fatto che l’avvocato e la moglie fossero così preoccupati la portarono a correre per la discesa a perdifiato: ma aperta la porta trovarono la casa, inspiegabilmente, vuota. – Dove è andata? Sa che non deve muoversi da casa!- diceva la madre. – Dobbiamo cercarla, chiamiamo gente!- gridò Melina. Così, in men che non si dica, si sparse la voce e un gruppetto di persone si mise a scandagliare la scogliera del paese, e, dopo poco tempo – E’ qui, correte, correte- Accorsero tutti, da lontano videro una cosina, riversa per terra, le gambine aperte e un fiotto di sangue tra di esse usciva, e aveva fatto una pozzanghera rossa che aveva tinto anche l’acqua del mare di un colore violento. La scena era terribile e tutti si resero conto di quello che era accaduto. Teresa era rimasta lontana, livida in volto e ripeteva – Bugiardi e invidiosi, mi volete rovinare! – La madre aiutata da altri la portò dal medico del paese, non voleva perdere tempo a portarla in ospedale, diceva. Poi, arrivati dal dott. Sciuto congedò tutti e si chiuse nello studio del medico.
Fortunatamente non era grave, erano arrivati in tempo, bastarono pochi punti di sutura e l’emorragia fu arrestata. Il medico consigliò alla signora Grazia di portarla in ospedale, ma lei rifiutò categoricamente di farlo, sapeva cosa voleva dire l’ospedale: denuncia, causa, rovina, vergogna, e presa in braccio la piccola Pinuccia la riportò a casa sprangando furiosamente porta e finestre. In paese, naturalmente, piccolo borgo, le voci cominciarono a girare vorticosamente. Nel frattempo, Angelo, era dovuto improvvisamente partire perché il fratello di suo padre, residente a Napoli, si era sentito male e lui era salito a dargli aiuto e conforto. I primi giorni, la gente del paese, i vicini, compreso l’avvocato Marletta con la moglie, bussarono a quella porta per avere notizie, ma inutilmente. – Pinuccia sta meglio, non abbiamo tempo di ricevere visite. – era questa la risposta della signora Grazia. Ogni volta che uno di loro metteva il naso fuori dalla porta c’era qualcuno che si avvicinava per sapere, ma tutti avevano la bocca cucita. Poi, dietro le continue insistenze, la signora Grazia disse che Melina si era sicuramente sbagliata e aveva scambiato un ragazzaccio, un delinquente, per Angelo.
Ma anche l’avvocato Marletta e la moglie lo avevano visto scappare con la bicicletta! Già, era stato uno scandalo, non tanto il fatto pur gravissimo della violenza sulla bambina, quanto la copertura che la famiglia tentò fare con tutte le forze per la vergogna di quanto accaduto e per non perdere il bel partito che rappresentava Angelo, il fidanzatino di Teresa. Provarono infine a insinuare che la colpa era stata di Pinuccia che, a soli sette anni, aveva provocato e circuito il povero Angelo! Povera piccola, proprio per la sua giovane età oltraggiata, denigrata, fatta diventare da vittima aggressore. Umiliata e violentata due volte e, cosa ancor più tragica, senza possibilità di potersi difendere, proprio perché così piccola. Alla fine, l’intera famiglia, compresa quella di Angelo, naturalmente, decisero di andare via e cambiare drasticamente residenza.
Un vuoto rimase nella comunità, oscuro e torbido, che per diversi anni segnò pesantemente il piccolo borgo, impedendo a qualsiasi bambina di rimanere sola a casa. Poi…poi il tempo sana tutte le ferite e piano piano nella piccola frazione di Scaletta si tornò alla normalità. Di Pinuccia e degli altri non si seppe mai più nulla. Aveva i brividi Camilla a quei pensieri. Chissà come era cresciuta la bambina, come avrà affrontato il mondo lontana dal luogo in cui era nata. Poi pensò che forse andarsene aveva rappresentato per tutti l’occasione per dimenticare e ricominciare una vita che rimanendo lì, magari, soprattutto per Pinuccia, non avrebbero potuto.
Questo racconto è tratto da un evento realmente accaduto e che io poi, naturalmente, ho romanzato
In poche righe riesci a condensare l’atmosfera tipica di quei tempi lontani, in un tipico borgo marinaro siciliano, la tragedia della bambina, la vergogna e la rabbia e il desiderio di protezione dei suoi genitori
Sei grande!
Grazie Filippa. sei molto gentile
L’autrice racconta un episodio di violenza avvenuto in un contesto spazio – temporale ove il sentimento di vergogna, l’omertà e una mentalità maschilista dominavano il senso di giustizia e il rispetto delle donne e, in particolare, dei bambini. Una realtà molto triste quella raccontata, descritta dall’autrice con un approccio meticoloso ed un linguaggio estremamente lineare che si prestano bene ad esibire la quotidianità di quegli ambienti, costituita da persone che, anziché sostenere le vittime di certi reati, preferiscono reagire con il silenzio o addirittura cercando di costruire ragionamenti nell’intento di giustificare ciò che risulta oggettivamente ingiustificabile. L’autrice, con successo, é stata in grado anche di evidenziare le ferite psicologiche di chi subisce violenze di questa natura: il senso di inadeguatezza, la paura e l’insicurezza sono degli stati emotivi che le vittime porteranno con sé per il resto della loro vita.
G
Grazie Sebastian. Hai colto esattamente una delle cose che volevo comunicare e cioè di come , spesso, le povere vittime sono violentate due volte: dall’agressore e dalla gente che magari asserisce di amarle.
Questo e’ il commento del mio amico Mario. Non è facile descrivere con cura storie vere; è più facile inventarle.
Brava!
Grazie Mario
Ho letto. Il racconto mi è piaciuto, anche perché ripropone una tematica, purtroppo, attuale. Ciao.
Questo il commento dell’avv. GAMBINO
Grazie
Bel romanzo! Scorrevole e coinvolgente. Racconta con sguardo attento e delicato un dramma celato e oltraggiato dall’omertà tipica dell’epoca. Con linguaggio tenero e leggero, ma al contempo diretto e penetrante riesce a mettere a nudo i meccanismi che la società utilizza per ignorare e occultare le violenze. Davvero piacevole.
Grazie Nunziata.
Leggendo questo racconto è molto difficile trattenere le lacrime. Non è facile affrontare un tema così delicato e purtroppo attuale. Il racconto è molto accurato, intenso, a tratti anche crudele, ma traspare tutto l’orrore del dramma di una povera creatura innocente, bistrattata dalla famiglia e dalla comunità. Quello che la scrittrice ha sapientemente tevidenziato ? l’assurdità di un modo di pensare dove le apparenze e il denaro contano più del senso di giustizia.
Vero Antonella, spesso il denaro prende il posto dei sentimenti. Grazie
Pinuccia ha l’età di mia figlia,e di molte “Pinucce” che purtroppo si portano dentro la doppia violenza subita, soprattutto quella usata dalla famiglia. Toccante e precisa la narrazione, non si può fare a meno di condividere il dolore di quella piccina, silenziosa per tutta la durata del racconto.
Grazie Silvia. Hai evidenziato ciò a cui io nonavevo fatto caso:Pinuccia è una protagonista muta.
Ti ringrazio Mariella per questo racconto perché non hai parlato esclusivamente di un terribile abuso ma di una doppia violenza. Non saprei quale potrebbe pesare di più a questa bambina e alla ragazza e la donna che sarà, se quella sessuale o quella della famiglia. Io credo che alcune persone in una sola vita muoiano molte volte e portino nel cuore lutti e ferite a cui è davvero difficile sopravvivere. Ecco i supereroi per me sono tutti coloro che ci riescono e che trovano il coraggio di andare avanti e magari di… Ricominciare. Bravissima. Grazie
Hai ragione Anna certe persone nella vuta muoiono tante volte e noinon lo sappiamo e..magari..le giudichiamo. Grazie per il tuo rapporto.
Bellissimo racconto, ricco di dettagli e particolari che catapultano in quel paesino, in mezzo a quelli che sanno e tacciono, come accadeva e, come purtroppo, ancora accade. La storia è narrata da un terzo, vista da fuori. Nessuno della famiglia infatti l’ avrebbe mai resa pubblica, pur venendone a conoscenza. Brava, una riflessione in più su certi argomenti non basta mail.
Grazie Aurora Vannucci. Ogni commento arricchisce un racconto.