Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Caffé corretto” di Mauro Mattiolo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Silvio aveva fretta. Era venerdì mattina, faceva freddo, era febbraio e che altro? Aveva meno di mezz’ora e poi gli ambulanti sarebbero passati lì davanti. Se la serranda del Ramo fosse stata abbassata, il gruppo avrebbe proseguito e addio a otto caffè e brioche. Quella mattina era diversa. Fuori dal Ramo c’era un uomo distinto sulla sessantina. Mai visto prima. Fumava appoggiato con i gomiti al corrimano, fissando il pigro traffico di Via Italia, dando le spalle alla frenesia di Silvio. Quando era arrivato il signore era già lì. Aveva domandato a che ora aprisse il locale e Silvio aveva proposto al cliente di entrare al caldo. Il signore aveva declinato con eleganza. Proprio per il candore della risposta, Silvio aveva decuplicato le sue forze e alle sette e cinque fece accomodare lo straniero. Il signore ordinò un cappuccio e brioche alla crema. Chiese il permesso di accomodarsi ad uno dei sette tavolini, e rimase in silenzio a guardare il locale. Mentre Silvio montava il latte, gli fece i complimenti per il locale, osservò i libri in vendita e quando si accorse che l’ordinazione era pronta si sedette.

– Ancora complimenti… ma vendete anche libri?-

– Si. Quasi tutti classici, e comunque quelli che a noi piacciono. –

– Avete per caso il “Giulio Cesare” di Shakespeare?-

– No. Mi spiace… di Shakespeare abbiamo “Amleto”. –

– Peccato. Comunque ho visto “Il Giovane Olden”. Ne avevo una copia, ma chissà che fine ha fatto. Immagino che anche lei sia un lettore. Ha mai smarrito un libro che ritiene fondamentale? –

L’irruzione degli ambulanti lasciò che l’interrogativo rimanesse tale. L’uomo fece colazione e Sivlio badò ai clienti.

Poco dopo le otto, un giovanotto, di quelli che non hanno tempo da perdere, entrò al Ramo d’Oro. Ignorò Silvio, e portò il suo essere impacchettato in un completo da ottocento euro al tavolo di Gianni.

– Buon giorno Gianni, come stai?- Disse sedendosi.

– Bene grazie. Allora a che ora hai il volo?-

– Nel primo pomeriggio, scusa… mi porta un decaffeinato macchiato? –

– Glielo porto subito.-

– Non ero mai stato in questo locale, bello.-

– Si. E’ un bel locale. Francesco hai con te il contratto?-

– Si. E’ qui.- disse mostrando la ventiquattrore, con l’enfasi del mago che estrae il coniglio.

– Buttalo.-

– Come?-

– Buttalo. Brucialo, fanne ciò che vuoi. Se desideri incornicialo e appendilo in taverna.-

– Scusa Gianni, non capisco. I Coreani hanno rinunciato? Non comprano più?-

– Devi portare questo contratto.- Così facendo Gianni mise sul tavolo il documento. Questo venne rapito dalle affusolate dita di Francesco. Lesse avidamente. Strozzò un gemito, gli occhi da febbrili diventarono rabbiosi. Intuì il godimento di Gianni. Cercò la freddezza interiore per attaccare quel vecchio che rideva di lui. Silvio portò il caffè. Altri secondi di studio reciproco. Silvio percepì la tensione che stava montando e si congedò con un diplomatico – Ecco a lei.-

– Gianni, proprio non capisco. Dopo mesi di trattative. Sai quanto ci ho lavorato. Sai benissimo che abbiamo bisogno di questa vendita, siamo prossimi alla bancarotta… Cristo. Proprio non capisco.-

– Cosa c’è di complicato? Devi portare questo contratto.-

– Ma mi prendi per il culo? Questo… questa è carta straccia. Vuoi che vada fin dall’altra parte del mondo per farmi ridire in faccia. Per mortificarmi proponendo il prezzo pieno invece che lo sconto che avevo così duramente contrattato.-

– No. Voglio che tu venda i miei prodotti al giusto prezzo. Se hai tuoi amici Coreani non sta bene, cazzi loro.-

– Non so cosa dire, mi sembra una follia. Cosa faremo con le banche? E gli azionisti?-

– L’altro giorno, davanti a tutti i dipendenti hai tenuto un discorso sulle capacità di affrontare le avversità. Cosa che hai ripetuto all’infinito? Ah, giusto ripetevi: con dinamismo e coraggio. Dinamismo e coraggio cazzo. Ma no, il pezzo ad effetto è stato quando ci hai pregato, ma a me e sembrato ordinato, di tirar fuori le palle. Ricordi? Beh, mi chiedevo quando esattamente tu hai affrontato le avversità? Quando hai tirato fuori le palle? Quando sei stato veramente nella merda? Quando? Forse alle medie quando hai risposto giusto alla maestra? Quando hai sposato la mia ricca figlia? Quando? Dimmi. Ah! Giusto, oggi pensi di tirar fuori le palle! Regalando un prodotto di qualità, svilendo il lavoro di persone che non hanno il tuo conto in banca, ma che mi hanno dato il cuore. E cosa mi dici di fare? Di sputare in faccia a quegli uomini e donne leali, perché il mio arrivista genero teme di fare una figuraccia?-

– Sono gli affari! Se vuoi stare nel mercato devi adeguarti al mercato. E se proprio ci tieni a saperlo, se non fosse per me questa società sarebbe già fallita da un pezzo.-

– Sono sicuro che tu hai già fatto tutti i tuoi progetti. E quindi ti dico che le accetto.-

– Cosa?-

– Le tue dimissioni.-

– Cosa?-

– Ma scusami, aver le palle e tutto il resto? Ti ho appena fatto capire che non ti ritengo all’altezza del tuo incarico. Ti dico che sei un essere spregevole, e tu, che sei quello con la schiena dritta, subisci in silenzio? Cosa difendi il tuo posto in Consiglio? Pensi di averlo ancora? Vedi, se almeno oggi avessi avuto un comportamento dignitoso… se mi avessi detto: non posso accettare questa marea di stronzate e quindi mi dimetto. Io ti avrei ammirato, non amato, rimani comunque uno stronzo. Forse avrei cercato di farti desistere. Ma… basta. Sono vecchio e non mi va di continuare questa discussione. Sei licenziato. E già che ci sei vattene da casa mia.-

– Cosa? Come? Ma…-

– Sei licenziato e devi andare via dalla casa in cui io ti ospito, super boy.-

– Ma e Marianna e noi.. insomma. Ma io non capisco cosa, perché? –

– Non ti ho detto che devi lasciare mia figlia. Non ho detto questo.-

– Ascolta forse sono stato un po’ stronzo ultimamente e…-

– Ultimamente?! Ragazzo mio sei un fenomeno. Un vero portento. Adesso tu con tutte le qualità nascoste dalle tue enormi palle, esci dal locale, ti cerchi casa e lavoro e sparisci dalla mia vita. Se vuoi, chiedi a Marianna di accompagnarti in questa nuova mirabolante avventura. E’ tutto. Il caffè lo pago io, buona giornata.-

Francesco si alzò ostentando calma. Prese la ventiquattrore e fece per andare. L’orgoglio lo fece fermare a mezza strada, si girò e disse:

– Entro sei mesi ti vedrò strisciare.- Gianni con un mezzo sorriso rispose:

– Ci hai preso a metà… addio.- Francesco confuso uscì dal locale.

I Simple Minds con “Don’t you forget by me” salvavano l’atmosfera, i presenti avevano assistito a quel battibecco e ora fissavano Gianni.

– Mi scusi per l’accaduto.-

– Non si preoccupi.- Rispose Silvio con un sorriso solidale. Gianni si avvicinò al bancone e mostrò il pacchetto di sigarette dicendo che usciva a fumare. Guardando i libri in vetrina a Gianni venne una idea. Assaporando la sigaretta l’idea si trasformò in progetto. Quando finì di fumare aveva per le mani un grande piano.

Prima il piacere, chiamò la sua segretaria.

– Buon giorno Signor Rivalta.-

– Buon giorno Clara, è già in ufficio?-

– Si, Signor Rivalta.-

– Bene. Appena arriva Macchi me lo mandi qui al Ramo d’Oro.-

– Certamente Sig. Rivalta.-

– Le devo fare i complimenti per avermi consigliato questo locale.-

– Ma s’immagini…-

– Clara, un’altra cosa. Il Dottor Greggi non lavora più con noi. Prepari tutti documenti necessari… la buona uscita e il resto. Blocchi anche la carte di credito e il finanziamento. Gentilmente si faccia portare anche l’auto. E’ tutto chiaro?-

– Si. Tutto chiaro.-

– Torno in ufficio stasera, mi lasci tutto quello che serve sulla mia scrivania.-

– Non si preoccupi. Ehm signor Rivalta, lei sta bene?-

Dolce e leale Clara. Era lei che aveva fissato tutti gli appuntamenti importanti della sua vita, compreso l’ultimo dal neurologo. Sempre lei lo aveva sostenuto con discreta determinazione. Tra loro non c’era mai stato nulla di scabroso. Erano due professionisti che si ammiravano. Gianni si sentì scaldare il cuore.

– Non si preoccupi Clara, sto bene. Non mi sono mai sentito meglio. Grazie, grazie davvero.-

Prima di rientrare al Ramo, Gianni prese comprò tre libri. Silvio si complimentò per le scelte.

– Oh e adesso chi è? Scusami Silvio.- Gli era arrivato un messaggio, e aveva mostrato il telefono a Silvio.

– Non ti preoccupare Gianni.-

[ Ho sentito Francesco ke succede? ]

Gianni sollevò gli occhi al celo. Tipico di Marianna e di una generazione immatura cavarsela da dietro un monitor. Stette al gioco dei messaggi e la invitò a raggiungerlo al Ramo.

Alle nove il locale si riempì e per le due ore successive fu un viavai continuo. Era arrivata in forze a Silvio una simpatica ragazza che faceva la spola tra i tavoli e il bancone. Non si udiva più la musica soffocata dal chiacchiericcio generale.

Il giovane Macchi arrivò con la prima ondata di clienti. Rifiutò con gentilezza il caffè, ringraziò per l’opportunità e partì per Seoul con la leggerezza dei suoi venticinque anni.

Manuel Rivalta incrociò Macchi, ignorò il “Buon giorno” del giovane, salutò il padre e si accomodò. Silvio fu subito da loro. Il ragazzo ordinò un cappuccino e brioche, Gianni prese un succo al pompelmo e ne comandò uno anche per il figlio. Silvio ringraziò e si mise all’opera.

– Ma papà non mi piace il pompelmo.-

– Fidati ho una sorpresa per te. Anzi ne ho più d’una. Ecco, è per te. – Così dicendo pose sul tavolo “Amleto” di Shakespeare.

– Ah… l’Amleto.-

– Si. E’ un regalo per te.-

– Ma l’ho già letto. –

– Come? –

– L’ho letto al liceo. Ci ho fatto anche una tesina.-

– Ma io non capisco. –

Manuel rispose con stizza, scandendo le parole:

– L’ho-già-letto! – Gianni attese un paio di secondi e disse:

– Fammi capire bene. Per te leggere vuol dire comprendere un testo e confrontarlo con il proprio io, oppure significa scaccolarsi mentre guardi una parola dietro l’altra? Fammi finire! Hai asserito di aver scritto una tesina; di cosa trattava? –

– Dell’Amleto. –

Gianni ebbe l’impulso di tirargli un pugno, ma la cameriera aveva portato la colazione. Manuel accortosi della rabbia che covava il padre, cercò di recuperare:

– La tesina parlava della presunta pazzia di Amleto. Appariva dissennato ma era lucidissimo nel suo intento vendicativo.-

– Esatto Manuel. Ma ora dimmi. Secondo te, cosa avrebbe fatto Amleto se avesse scoperto l’intento omicida dello zio? –

– Beh, avrebbe tentato di impedirlo. –

– Con quale stato d’animo? –

– Ma non so… con veemenza probabilmente. –

– Sono d’accordo. Avrebbe reagito con rabbia. Tutto per amore per il padre. Per amore verso il padre o per il re? –

– Per il padre, sono certo.-

– Già, proprio così. Allora il libro l’accetti? –

– Lo prendo, lo prendo grazie. –

– Non c’è di che… hai per caso sentito Francesco stamattina? –

– No. –

– L’ho licenziato. –

– Come? Perché? –

– Perché negli ultimi mesi ha fatto accordi sottobanco con i Coreani. Ha favorito la scalata al nostro gruppo. Sostanzialmente avrebbe regalato l’azienda in cambio di un ruolo primario nella nuova società. –

– Ma come fai a saperlo? Cioè Francesco… insomma non me lo sarei proprio immaginato. –

– Lo so perché non sono un coglione. Vecchio si, ma non rincoglionito, per il momento. Tu al marketing non hai avuto sentore di nulla? –

– No. Assolutamente no. E’ un fulmine a ciel sereno! –

– Ma non stavi lavorando assieme a lui per il nuovo logo? Tutte quelle sere in ufficio, voi due soli soletti. Pure alle cene con i Coreani sei stato… –

– Si. Si è vero. Però… io. –

– Però tu cosa? Non ti sei accorto di nulla? –

– No papà, te lo giuro! –

– Da quando in qua hai avuto bisogno di giurare? Vuoi dirmi qualcosa ma non hai il coraggio? Su forza, fai come Amleto almeno una volta nella vita. Dimostrami di averlo letto. Dimostrami di averlo fatto tuo. Non ti chiedo tesine e riferimenti storiografici, ti chiedo di essere un figlio. Di essere mio figlio! –

– E’ che sono scioccato, tutto qua.- Manuel parlò a capo chino. Gianni attese che il figlio lo guardasse negli occhi, non lo fece.

– Capisco, non angosciarti. E’ arrivato il momento della seconda sorpresa.- Gianni prese dalla borsa un contenitore ermetico di plastica per alimenti. Messo sul tavolo disse:

– Queste sono erbe e fiori delle Alpi.- Prese un cucchiaio del composto botanico e lo mise nel succo di Manuel.

– Li vedi i petali blu? Se ne conoscono le proprietà dall’inizio dei tempi. Dato che sei giovane abbondiamo. – Gianni versò altri due cucchiai, mescolò energeticamente e glielo porse.

– Bevi tutto d’un fiato, vedrai che stasera non sarai più la stessa persona. –

Il ragazzo obbedì.

– Ah… come è aspro. Mi si è attaccato un petalo al palato.-

– Toh! Bevi un po’ del mio. – Mentre Manuel beveva, Gianni continuò:

– Effettivamente sapevo che alcuni se lo erano fatti versare nell’orecchio. Mi pareva poco pratico.- Manuel si asciugò le labbra con il dorso della mano.

– Senti papà, volevo parlarti del nuovo sito. Avrei da proporti una nuova idea. –

– Nuovo sito, nuova idea. Sbaglio o è quasi un anno che tu e il tuo “Creative Team” siete dietro a questa faccenda? –

– Si papà, ma vedi le nuove frontiere della comunicazione cambiano repentinamente e noi… –

– E noi siamo indietro. Da un anno. Senti ora ho da fare. Se domani sarai in grado, portami le tue nuove proposte. Adesso scusami ma devo fare una telefonata importante. Ciao. A domani, ciao. – Manuel si rabbuiò, salutò il padre e uscì dal locale.

Gianni chiamò Clara pregandola di avvisare i membri del consiglio del licenziamento di Francesco e di convocare una seduta straordinaria. Poi chiamò la moglie invitandola di raggiungerla al Ramo per il pranzo. Finite le telefonate adocchiò la Gazzetta dello Sport abbandonata su un tavolo. Non ricordava l’ultima volta che si era concesso un passatempo così futile. Alzò lo sguardo, il locale era in stasi. Silvio e la sua aiutante chiacchieravano con alcuni clienti al banco. Le persone ai tavoli facevano lo stesso. Nessuno badò a lui o alla Gazzetta, così fece quello che doveva fare. S’immerse nella lettura. Arrivato alla pagina della pallavolo femminile, si era soffermato sulla foto di una ragazza che in volo plastico era protesa a prendere la palla. Il volto di lei era determinato a sfidare la gravità per tutto il tempo necessario. Ammirato dalla grazia dell’atleta, ne cercò il nome nella didascalia. Non ci riuscì. Nel locale irruppe sua figlia, con ampie falcate, sottolineate dai tacchi che picchiavano crudi il pavimento in legno, arrivò a lui. Gettò la borsetta Louis Vitton che atterrò tra il quotidiano sportivo e il bordo del tavolo. Con le mani ai fianchi del suo impermeabile e dietro occhiali neri vertiginosi sbottò:

– Ma cosa stai facendo? Cosa cazzo combini? –

– Buon giorno Marianna. Perché non ti siedi e smetti di dare spettacolo?- Mentre lei si toglieva impermeabile e occhiali, Gianni ripiegò la Gazzetta salutando con mestizia la pallavolista. Appena seduta Marianna provò a parlare, il padre la stoppò:

– Cosa prendi? –

– Come? Cosa? Uh… un decaffeinato macchiato. –

Gianni richiamò l’attenzione di Silvio con un gesto cortese. Giunto Silvio, Gianni ordinò il decaffeinato e aggiunse due succhi al pompelmo. Silvio li lasciò soli.

– Ma io non voglio nessun succo… – Protestò Marianna.

-Fidati, sarà una sorpresa. –

– Di sorprese per oggi ne ho già avute abbastanza. E detesto il succo al pompelmo. –

– Come desideri mia cara. – Gianni cambiò il succo con un bicchiere d’acqua, fatta la nuova ordinazione padre e figlia stettero alcuni istanti a fissarsi.

– Papà mi vuoi spiegare? –

– C’è poco da spiegare, tuo marito è un ladro. –

– Ma cosa dici… io, io non ci posso credere. E come ti sei permesso di dirgli di lasciare casa mia? Con che diritto. Francesco si ammazza di lavoro. Non abbiamo avuto un incremento di fatturato grazie a lui? –

– No. –

– No cosa? –

– Non è grazie a lui che abbiamo aumentato il fatturato.-

– Ma che cosa dici? –

– Fai silenzio un attimo. Fammi parlare.-

Arrivarono le ordinazioni, ma Gianni proseguì come se nulla fosse.

– Non ho tempo da sprecare. Ho preso una decisione e tale rimane. Per tua informazione la casa in cui vivi l’ho pagata io. In tutti questi anni non hai nemmeno sibilato un “grazie”. –

Marianna arrossì, a lui fece male. Cambiò tono:

– Bevi il caffè prima che si freddi. –

Marianna bevve. Rimasero in silenzio il tempo di un caffè.

– Ecco a te. – Così dicendo Gianni le diede “Jane Eire” della Bronte.

– Per me? Grazie. – Entrambi s’accorsero di quanto suonasse meccanicamente falso il ringraziamento. Gianni li tolse dall’imbarazzo:

– Figurati. Lo conosci? –

– Ho visto il film, credo. Boh… o forse mi confondo. Senti papà ho la testa che mi scoppia. Devo sapere ti prego. Francesco non sarà il miglior uomo di questo mondo ma… ma è mio marito. Non so cosa ha fatto, forse non vi siete spiegati. Potrebbe anche essere. Tu sei così testardo, lui è così fiero… da una piccolezza viene fuori un dramma. Senti vieni a cena da noi stasera così parlate. Vi spiegate… no? Dai cosa dici? –

– Dico che dovresti leggerlo. Leggilo il prima possibile. –

– Ma io ti sto parlando del mio matrimonio, della mia vita e tu straparli d’un libro? –

– Stiamo dicendo la stessa cosa. I libri siamo noi, sono la nostra vita, o meglio la vita che scegliamo di avere. Gli egoisti e gli sciocchi non lo comprendono. –

– Mi stai dando dell’egoista?-

– E sciocca. –

– Ora basta! Non sono venuta a farmi insultare.-

– Non ti sto insultando, faccio delle considerazioni. Sono tuo padre. Hai idea dell’amore che ho provato per te? Se tuo padre ti dice che è importante che tu abbia letto questo libro, solo una sciocca egoista ignorerebbe questo grido di dolore.-

Gianni prese in mano il libro mostrando la copertina alla figlia e disse:

– Jane Eire è la persona che ogni essere umano ambisce a diventare. Così grande da essere fonte d’ispirazione. Ma tu non potrai nemmeno interrogarti su chi sei, dato che al massimo vedi dei film che non ricordi. Quello che mi atterrisce è che a te non importa. Contano le cazzate dei tuoi amici, conta quanto riesci a impressionarli. Cazzo… tu e tuo marito avete girato il mondo, per fare le cose che fate a Milano. Sono stanco Marianna. Ho preso la mia decisione, Francesco è fuori dalla società e da casa mia, tu fa quello che vuoi.-

– Papà ti prego… – Marianna non riuscì a proseguire, paralizzata con gli occhi lucidi e mani sulle labbra a implorare la grazia. Gianni preso dallo sconforto disse:

– Ascoltami, facciamo così: domani sera verrò a cena da voi –

– Bravo! Grazie, così noi, insieme vi parlate e sono sicura tornerà tutto come prima.-

– Staremo a vedere. Ora però devi bere un tonico alle erbe, vedrai che dopo non avrai più da preoccuparti di nulla.- Gianni versò tre cucchiai di petali blu e foglie nel bicchiere d’acqua, mescolò il tutto e lo diede alla figlia.

– Mamma mia papà, è imbevibile.-

– Coraggio, non fare la difficile.-

– Finito… ho uno sgradevole sapore in bocca.-

Gianni diede alla figlia una bustina di miele.

– Prendi, addolcisciti la bocca. Cambiando discorso, prima ero qui con tuo fratello e parlavamo di Amleto. Tu sai come è stato ucciso il padre di Amleto? –

Marianna rispose con la bocca impastata da fiori e miele

– No. Però fammi vedere.- Prese lo smartphone, ma Gianni la fermò.

– Lascia stare, lascia stare. Anche tuo fratello non lo sapeva, ma non importa. Ormai non importa più. Marianna è meglio che tu vada, adesso devo lavorare.-

– Si, certo. Allora ci vediamo domani sera… facciamo alle otto. –

– Alle otto va benissimo. Ciao. –

– Ciao papà. –

Attese chela figlia fosse andata per correre in bagno a vomitare. Si prese tutto il tempo necessario e ripresosi, tornò in sala. Si fermò al bancone, Silvio stava facendo un caffè a un cliente.

– Silvio sai come muore il padre di Amleto?-

– Viene avvelenato, mi sembra che il fratello gli versi del veleno nell’orecchio mentre dorme. –

– Giusto, ma sai anche quale veleno? –

– No questo non lo so… –

– Nemmeno io, ho provato a cercarlo, ma niente. Però ho scoperto l’aconito. E’ una pianta che cresce sulle alpi. E’ pure bella, se l’incontri sul tuo cammino ti vien voglia di coglierla e allora sono problemi.-

A Gianni squillò il cellulare, si scusò con Silvio e rispose.

– Sig. Rivalta, sono Clara. Ho organizzato la seduta del consiglio per martedì prossimo, le può andare bene? –

– Si, non ci sono problemi. Altro?-

– Non direi, ah suo figlio è andato a casa, non si sentiva bene. Deve essere l’influenza che c’è in giro. –

– Probabile, la saluto Clara. –

– Buona giornata Sig. Rivalta. –

Gianni si rimise al tavolo, che nel frattempo era stato sparecchiato, ordinò un caffè e controllò la sua agenda.

Poco dopo le undici arrivarono due artigiani, simpatici e con un tono di voce alto avevano preso la scena al bancone. Tra Campari e birre discutevano con pepe di donne, calcio e tasse. Contemporaneamente. Il discorso non andava a finire da nessuna parte. Probabilmente l’indomani avrebbero ripetuto il copione. E così via per l’eternità. Ma non è questa l’umana esistenza? Mosche impazzite che sbattano contro la finestra chiusa, quando lì accanto c’è quella aperta. L’arrivo di Angela distolse dalla riflessione Gianni. C’era da vedere chi tra i due era la mosca e chi il vetro.

– Ciao. –

– Ciao Angela. Hai avuto difficoltà a trovare il locale? –

– No, con il navigatore… – S’interruppe per togliere la giacca Monclair e sistemarsi la sciarpa di seta.

– Ti vedo un po’ giù è successo qualcosa? –

– No, Gianni non è nulla. –

– Hai fame?-

– Non molta, prendo un toast e una tisana calda.- Gianni fece da cameriere e ordinò quanto richiesto dalla moglie. Lui optò per un panino e birra. Tornando al tavolo osservò la moglie. Era una bella donna, tutto sommato. Vicina ai sessanta, aveva combattuto il tempo con piccoli interventi chirurgici. Poi aveva deciso che doveva rifarsi le labbra e il risultato era stato grottesco. Quindi si, tutto sommato era ancora una bella donna.

Parlarono del nulla fin quando non arrivò il pranzo a quel punto Gianni disse:

– Questo è un regalo per te. – Diede alla moglie una copia de “Il Conte di Montecristo”. Angela rispose con aria interrogativa.

– Un libro? –

– Si, hai ragione. In realtà non è per te, è per il tuo amico… Marco. Il tuo Personal Trainer. –

Angela non riuscì a nascondere la sorpresa. Gianni proseguì:

– Non ti preoccupare, so di voi da un paio di mesi. Ho fatto le mie belle ricerche e l’altro ieri sono andato a casa sua. O meglio, sono andato a casa di sua madre, e gli ho detto: ti scopi mia moglie, quindi mia moglie è una troia e le puttane si pagano. –

Gianni diede il tempo alla moglie per elaborare il concetto. Riprese:

– Ho scoperto che vi vedete con frequenza settimanale da un paio di anni. Quindi ho pensato a cento incontri. Si, si lo so, che sono di più. Quei week end per Fitness Mania o gli stage in montagna non gli ho contati. Dopotutto Marco è un buon cliente, bisogna riconoscerlo. Si merita uno sconto. Per cui gli dico: cento incontri a cinquanta Euro fanno cinquemila Euro che mi devi. Lui a quel punto si è arrabbiato. Giuro. Dovevi vederlo, così mi è venuto il dubbio che lui si fosse innamorato di una puttana. Sai che sono un dannato romantico, mi spiaceva per lui. E allora gli dico che non immaginavo che si fosse innamorato, e che questo cambia tutto. Anzi, sento di dovermi comportare nella maniera corretta. Sono confuso e gli chiedo cosa fare. Se lui ti ama, e intende comportarsi in maniera responsabile, anch’io lo farò: consegnando al suo datore di lavoro e ai carabinieri le prove del suo operato. Sicuramente perderà il lavoro, e probabilmente finirà in galera. E’ un bel birichino il tuo Marco, con tutti gli steroidi che vende sottobanco. Se invece è andato a puttane… ci ha pensato per un po’, quattro… no, ci ha pensato per ben cinque secondi. Purtroppo lui non aveva quella somma, così siamo andati da sua madre, gli abbiamo raccontato tutto e lei mi ha fatto l’assegno. Siamo rimasti d’accordo che le prossime volte ti paga direttamente. Oh ma ti vedo turbata, bevi la tisana che ti scalda.-

– Sei un mostro, un bastardo! –

– Lo sapevo, sei arrabbiata, effettivamente cinquanta sono pochi… –

– Vaffanculo… voglio il divorzio. –

– Marco ha disdetto per questa settimana, vero? E’ per questo che sei turbata?-

– Me ne vado, non ti devo dire nulla. –

– Ma te ne vai così? Finisci almeno il toast e bevi la tisana. Perché adesso ti spiego cosa accadrà a noi e ti pentirai di non averlo saputo adesso. Brava, rimetti il culo sulla sedia.-

– Allora che mi devi dire? –

– Finisci di mangiare e bere e lo saprai.-

Angela beve e mangia con rabbia. Alla fine guarda il marito e apre le braccia come a dire “ allora vecchio? Parla”. Gianni accontenta la moglie.

– Da circa un minuto la tua carta di credito personale è stata bloccata, il conto cointestato lo chiuso. Ho annullato le assicurazioni e fondi a tuo favore. In sostanza ti rimangono i soldi che hai sul tuo conto. Prima di pensare al divorzio dovrai affrontare un processo per appropriazione indebita. Hai usato la carta di credito della società per fare regali al tuo amante. Vedi avevo desiderato ucciderti per quello che hai fatto, ma non potevi cavartela così facilmente. Così amore mio a te la scelta.-

Gianni gli mette sotto al naso dei documenti.

– Firmando rinunci a tutto. Ti tieni i soldi che hai sul conto e lasci casa mia. Se non firmi, faccio partire immediatamente la denuncia. Qui c’è la penna.-

Angela era un vulcano che stava per esplodere, tentennò, sbuffò, lo maledisse ma cedette. Uscì dal locale trattenendo le lacrime. Gianni si gustò il panino, pagò e salutò Silvio.

Mauro il socio di Silvio era arrivato per dargli il cambio, s’informò:

– Allora com’è andata oggi? –

– Bene, tutto nella norma.-

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4 commenti »

  1. Bello bello bello, pur nella sua drammaticità. L’ho letto in un soffio, col cuore in gola per la curiosità di sapere come andava a finire. Ben costruiti i dialoghi, che di solito sono le parti più difficili e poco credibili. Inoltre ho apprezzato moltissimo il continuo riferimento ai libri (da appassionata lettrice). Cosa dire? Ottimo lavoro. Solo un piccolo appunto che vuole essere un invito a migliorare il testo: ci sono alcuni refusi da correggere per rendere il tuo racconto perfetto. Con stima, Anna.

  2. Grazie Anna, molto gentile. Refusi e pastrocchi vari sono la mia croce perenne…

  3. Anche a me Mauro il tuo racconto è piaciuto molto. Non è poi così breve ma sono rimasta incollata al testo fra curiosità ed emozione ed il tempo è volato. Dialoghi diretti di grande impatto, racconto pieno di contenuti che spaziano dal lavoro, alla letteratura passando alle difficili relazioni familiari… Fra un caffè e l’altro… Aspettando che arrivi il conto!!! Bravissimo

  4. Grazie per le tue parole Anna,

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