Premio Racconti per Corti 2018 “E fùlet” di Loretta Molari
Categoria: Premio Racconti per Corti 20181914 Romagna. Dintorni di Poggio Berni
E’ notte ma ci si vede come di giorno, il chiarore della luna piena illumina lassù sul crinale del pendio la sagoma di un vecchio casolare. Silenzio intorno, non un rumore, non un lume, solo i versi degli uccelli notturni rompono di tanto in tanto la quiete assoluta.
Siamo a novembre. Fa freddo, le scuri delle finestre della casa sono chiuse, la porta è sprangata dall’interno; anche quella della stalla e gli animali dormono tranquilli e ignari.
Sembra una notte come le altre.
Presto, prestissimo, ancora nel buio, la famiglia si sveglierà, i campi attendono la semina.
Ora sogni inquieti aleggiano sui letti, i venti di guerra si sono fatti più minacciosi, reali, negli ultimi giorni gli uomini di casa ne hanno ragionato prima di coricarsi e i giovani sono ormai rassegnati alla chiamata, i sospiri e le orazioni delle donne non serviranno.
All’improvviso il rumore arriva secco come la mitraglia, martellante “ta-ta-ta-ta…” Ma sono passi, passi di zoccoli pesanti, dalla soglia sprangata veloci su per la scala “ta-ta-ta-ta” battenti sul pavimento consumato di mattoni rossi “ta-ta-ta-ta” via nel corridoio che porta alle camere da letto che vi si affacciano in fila, porte che si aprono da sole, piagnucolio di bimbi impauriti, bisbigli di madri: “sta bon burdel, sta bon…” (1)
La corsa degli zoccoli continua sino alla porta in fondo che si apre, i passi raggiungono un letto, la coperta è tirata via scoprendo il corpo infagottato e raggomitolato di una giovane, gli zoccoli si arrestano, silenzio per alcuni secondi, poi di nuovo “ta-ta-ta-ta” riprendono all’inverso il correre, scendono le scale, entrano in cucina e allora un altro rumore si aggiunge; stoviglie frantumate a terra ancora e ancora e ancora, poi via di nuovo, gli zoccoli sulla soglia, poi più nulla.
Dagli abitanti della casa nessuna reazione. E’ di nuovo il sonno, il silenzio, la quiete.
La prima donna che si alza nel buio accende un lume e scende in cucina, tranquilla, non vi è ansia o timore in lei, non si aspetta di trovare cocci e disordine, e infatti tutto è a posto, i piatti nella credenza, la brocca sull’acquaio. Con gesti consumati accende il fuoco nel camino, di lì a poco la cucina si affolla, uomini e donne, un latte caldo e un tozzo di pane. Poche parole pacate sottovoce: “Avit sinti, l’è vneud cl’aczident de fùlet” (2)
E’ solo constatazione, nessuna meraviglia. E’ la normalità della casa. Poi, stretti nei panni pesanti, via alla stalla a prendere i buoi e la semente.
Lo hanno chiamato “il folletto”: lui ama questa casa e la giovane che ogni volta riaccomoda la coperta appena lui si allontana. O forse odia questa casa e la giovane ne evoca un’altra tanto disperatamente amata.
(1) Sta buono bambino sta buono
(2) Avete sentito, è venuto quell’accidente del folletto
I vecchi raccontano che quando erano bambini, “lui” c’era già, viene dalla secolare “arvura” (1) sul dietro della casa, perché dicono che a uno di quei rami un uomo si è impiccato, in una notte senza luna per un amore impossibile verso una cognata.
Chissà, forse quell’uomo portava gli zoccoli quella notte! Quell’uomo che, alla resa dei conti, dopo una lotta cieca e furente, in una cucina devastata, lasciava a terra il corpo senza vita di un fratello accoltellato. Poi disperato, una corsa fuori, nel buio, fino alla quercia a spegnare quella vita ormai inutile e orrenda a se stesso.
Da allora, riferendosi alla casa dicevano “u si vòid e u si sint” (2) e negli anni a venire a volte la notte, si rinnovava l’eco di quella tragedia.
Mio padre, mio zio, bambini e mia nonna abitarono quella casa e furono testimoni rassegnati e pazienti di quella presenza: “e fùlet”.
Mi ha ricordato certi racconti delle “veglie” intorno al fuoco. Storie tramandate dal sapore antico. Mi sono piaciute anche le descrizioni, molto efficaci. Una bella dote narrativa,complimenti!
Bellissimo racconto di vita contadina e di antiche credenze. Attraverso la tua scrittura hai saputo creare la giusta atmosfera. Complimenti!
grazie sono molto felice di questa esperienza. Sto facendo un viaggio a ritroso nella memoria. Voglio lasciare ai miei nipoti traccia delle loro radici .
Un bellissimo racconto che narra la capacità contadina di convivenza con antiche tragedie. Mi è piaciuto il ritmo tipicamente da corto e la tua capacità di trasmettere in chi le legge immagini, suoni , emozioni. Complimenti
Tutta la mia cultura infantile letteraria è intrisa di racconti ‘gotici’ a cominciare dal paurosissimo ‘Novelle della nonna’ di Emma Perodi, incubo delle mie notti da bambina.Per non parlare poi delle fiabe tradizionali, fino al più moderno e amato Mario Soldati.Il tuo racconto, mi ha ricordato tutto ciò, non sfigurerebbe in alcuna delle sovracitate opere.Mi chiedo perché concorra nei racconti per corti, mi sembrerebbe più adatto all’altra.sezione. Per ora uno dei miei preferiti.
Brava Loretta, erano queste le storie che mi piacevano da bambino e il tuo racconto mi ha riportato indietro nel tempo. Complimenti.
Un racconto per ricordare, molto bello. Pensavo fosse un racconto di guerra ed invece é una tragica storia d’amore che sopravvive attraverso il folletto … brava anche nell’aver inserito espressioni dialettali che arricchiscono il testo di originalità. Complimenti!
Tradizioni popolari e contadine che ci appartengono, credenze e storie che fanno parte delle tradizioni orali. Immagino tanti bambini accovacciati a cerchio mentre ti ascoltano raccontare questo aneddoto. Brava.
Le premesse non mantenute, la sorpresa di leggere una storia d’amore e non di guerra; la presenza del sovrannaturale che si lega inscindibilmente al territorio. Bellissimo racconto molto evocativo. La scelta di mettere delle note per tradurre le espressioni dialettali non mi convince, pero’; secondo me toglie un po’ della magia.