Premio Racconti nella Rete 2018 “Cielo irlandese semiterso, fine aprile” di Giovanni Lucchese
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018La voce soffusa si diffonde nel tuo appartamento comunicandoti che è ora di alzarti.
Hai impostato Tono Femminile Numero 26 come sveglia perché il suo timbro dolce e vellutato ti ricorda vagamente quello di tua madre.
Ti ripete che sono le sette e quindici. Lo fa all’infinito, alzandosi ogni volta in modo impercettibile.
Mentre apri gli occhi ti domandi cosa accadrebbe se decidessi di ignorarla e restartene a letto per l’intera giornata.
Non sai se è programmata per spegnersi dopo un po’ oppure alzare sempre di più il suo volume fino a diventare un suono insopportabile che ti sfonderebbe i timpani.
Nel dubbio ti metti a sedere scostando le coperte.
Immediatamente i sensori istallati nella spalliera del letto registrano il tuo movimento e mettono a tacere la voce comunicandole che le tue onde cerebrali corrispondono a quelle di una persona sveglia. Ti è costato un anno di stipendio quel, ma neanche per un minuto hai rimpianto il tuo acquisto.
Dormi ogni notte come un bambino.
Poggi i piedi sul pavimento in ceramica biosensibile che subito stabilizza la sua temperatura simulando l’effetto di un paio di pantofole in morbido velluto.
Ti alzi e ti avvii verso la cucina per fare colazione, godendoti quella sensazione soffice e calda sotto i piedi.
Non appena ti metti in movimento, le cellule fotoelettriche comunicano la velocità di andatura dei tuoi passi al terminale direttivo del tuo appartamento.
Al tuo arrivo trovi il caffè, preparato qualche ora prima e tenuto in caldo da un termoregolatore, già versato nella tazzina appositamente poggiata sul tavolo.
Durante la notte i nanorobot che vegliano sul tuo sonno hanno analizzato l’anidride carbonica emessa dal tuo respiro esaminando metabolismo, colesterolo, trigliceridi, enzimi e diabete e hanno calcolato gli ingredienti e le porzioni più adatte al tuo organismo per il primo pasto.
Accanto al caffè trovi due fette di pane prodotto con biofarina geneticamente modificata spalmate con burro sintetico privo di lattosio e grassi e marmellata al sapore di albicocche senza fruttosio, glucosio né zuccheri aggiunti.
Ti godi l’atmosfera pacifica e rilassata di quella stanza durante i settantadue secondi che impieghi per mandare giù tutto in pochi bocconi.
Dopo aver messo le stoviglie nel lavandino a impulsi sonori provvisto di braccio meccanico che provvederà a sterilizzarle e a riporle nella credenza, ti dirigi verso il bagno per la tua doccia mattutina.
Entri nella stanza illuminata da faretti cromaticamente regolati sul tono di giallo necessario per stimolare la tua serotonina, ti spogli ed entri nella cabina igienica.
Un sensore collegato alla porta a vetri registra il tuo ph attraverso i polpastrelli delle dita che hai usato per aprirla. Subito due spugne motorizzate spalmano sul tuo corpo una miscela detergente preparata sul momento, mentre migliaia di minuscoli fori emettono getti d’acqua a temperatura controllata risciacquando ogni angolo della tua pelle. Finita la detersione, i fori emettono aria calda a intermittenza per asciugare il tuo corpo e i tuoi capelli senza stressarli.
Il tutto avviene in pochi secondi, adori l’efficienza del tuo appartamento. Probabilmente non basterà la tua vita intera per ripagare il mutuo che ogni mese si mangia più della metà del tuo stipendio, ma non ti importa. Con una casa come quella difficilmente avrai bisogno di altro.
Uscendo dalla cabina igienica dai un’occhiata al tuo corpo nudo riflesso nello specchio morfomodificante accanto alla porta.
Ai tuoi occhi viene inviata l’immagine della tua forma perfetta. Spalle larghe, pettorali tonici, addominali scolpiti, gambe da calciatore e dimensioni del pene corrispondenti a quelle di una pornostar.
Tutto impeccabile.
Poco importa che il tuo stato fisico reale sia molto distante dall’immagine che vedi davanti ai tuoi occhi. Quello che conta è l’autostima, lo sapevi bene quando hai acquistato questo oggetto pagandolo un occhio della tua testa.
Torni in camera da letto dove il tuo armadio a sensori umorali ha selezionato l’outfit adatto considerando il periodo dell’anno, le condizioni atmosferiche e il tuo stato d’animo odierno.
Trovi tutto ben disposto sul letto, le grucce robot hanno fatto il loro dovere.
Hanno scelto per te il completo grigio chiaro sfumatura n. 42, camicia bianca, cravatta beige, scarpe nere stringate, mutande bianche in microfibra e calze color antracite in filo di scozia. Avresti scelto una cravatta diversa da quella, ma va bene così.
L’intelligenza artificiale sa meglio di te ciò di cui hai bisogno.
Indossi tutto meccanicamente e in pochi attimi sei pronto.
Hai ancora sette minuti prima che il varco teletrasportatore si apra davanti al tuo divano per farti arrivare in ufficio puntuale come ogni giorno. Sei in anticipo di pochi secondi, le tue tempistiche stanno migliorando.
Vai in soggiorno apprezzando ogni angolo dell’ambiente che ti circonda. Un nido costruito su misura per te, con amore e devozione. Il tuo rifugio.
Dopo essere entrato nello spazio living ampio e confortevole dal quale tra pochi minuti sarai teletrasportato sul posto di lavoro, batti due volte le mani per attivare la finestra virtuale posta dietro al divano.
«Cielo irlandese semiterso, fine aprile» pronunci ad alta voce, e subito lo schermo si accende proiettando l’immagine da te selezionata.
Eccolo lì, il tuo capolavoro. L’oggetto che più ami nella tua casa così perfetta.
Uno schermo al plasma a 14 milioni di pixel, dotato di trasmettitori sonori, simulatore di corrente d’aria e riproduttori olfattivi in grado di creare qualunque aroma, odore o tanfo di qualsiasi ambiente da te selezionato.
Una finestra virtuale su una realtà virtuale, proprio quello che ci vuole per iniziare bene una giornata qualsiasi come questa.
Ti godi l’azzurro intenso di quel cielo, guardi le minuscole nuvole bianco latte scorrere attraversandolo velocemente, perdi il tuo sguardo lungo quel prato verde che sembra non finire mai.
Respiri a pieni polmoni la brezza fresca che ti inebria mentre il vago profumo di lavanda solletica il tuo naso facendoti sorridere.
Hai acceso una terza ipoteca sulla tua casa per comprarti questo modello di finestra che è costato il triplo di quello che avevi prima, ma dopo quello che è successo due anni fa non volevi più correre il rischio.
Per un attimo ti ricordi quello che accadde quando il modello precedente si guastò, interrompendo la trasmissione e trasformandosi in un freddo schermo nero nel quale vedevi riflessa soltanto l’immagine distorta del tuo volto.
Mentre aspettavi l’arrivo dei tecnici che lo avrebbero sostituito, avevi stupidamente cercato di dargli un’occhiata, poggiando le mani sui bordi fissati alla parete in cerca di un pulsante o qualcosa che poteva essersi guastato.
Dopo qualche pressione lo schermo si era improvvisamente staccato dalla sua postazione cadendo a terra e rivelando dietro di lui un pannello di vetro aperto sul mondo reale che c’è fuori dalla tua casa.
Una finestra vera.
Da quell’idiota che sei ti eri sporto, incuriosito da ciò che avresti potuto vedere, malgrado ti fosse stato suggerito decine di volte di non farlo mai.
Pochi secondi, e la tua mente aveva registrato ogni dettaglio di quello spettacolo allucinante che non avresti mai più dimenticato.
Hai visto il cielo grigio protendersi verso la terra quasi stesse per inghiottirla.
Il sole ridotto a un pallido disco giallognolo ormai incapace di penetrare la coltre spessa di nubi tossiche che ricoprono l’intero pianeta perennemente.
Gli altissimi grattacieli, tutti uguali, cupi, cattedrali immense con le finestre murate o ricoperte da pannelli come il tuo.
Le strade in basso fetide, l’asfalto lucido perennemente bagnato dalla pioggia acida che non smette più di cadere.
Le carcasse di animali morti accatastate ovunque, un lugubre cimitero a cielo aperto.
Topi enormi semidivorati dai gatti, a loro volta sbranati dai cani randagi.
Tutti morti, carne marcia e ossa in mostra. Scheletri mescolati tra loro a formare un unico gigantesco cadavere putrefatto.
Hai visto i fari delle auto volanti di ronda illuminare ad intermittenza ogni angolo oscuro di quelle strade rivelando ai tuoi occhi gli ammassi di rifiuti, escrementi e materiale organico seminati ovunque.
Ti sembrava di sentire il tanfo di quell’aria irrespirabile, tanto quella visione era reale e tangibile.
Una parte di te avrebbe voluto voltarsi, ma per qualche motivo a te sconosciuto non sei riuscito a smettere di guardare.
Non ancora soddisfatto da quei particolari raccapriccianti, i tuoi occhi hanno continuato a vagare su quel panorama, fino a coglierne ogni sfumatura. Poi li hai visti.
Hai visto loro.
Gli stolti, gli infedeli, i ribelli.
Menti ottuse e idealiste che fin dal principio hanno rifiutato il progresso anteponendo i loro sciocchi ideali a quelli della Mente Universale che governa ogni cosa.
Persone una volta convinte di essere forti, stabili, spirituali, idealiste.
Credevano di poter fermare lo tsunami tecnologico che ha investito la terra alzando le dita ossute delle loro piccole mani, ma quell’onda immensa li aveva travolti senza pietà.
Li hai visti vagare a centinaia per le strade, luridi scheletri ambulanti vestiti di stracci o completamente nudi.
Ossa e pelle che inneggiavano gridando i loro slogan o che urlavano l’uno in faccia all’altro frasi sconnesse e senza senso.
Li hai osservati gettarsi sulle carcasse degli animali strappando morsi di carne marcia con i denti in cerca di sostentamento, di sopravvivenza.
Ti sei chiesto quanto un essere umano può restare attaccato all’idea di vivere e che valore la vita stessa potesse avere in condizioni come quelle.
Hai visto gli agenti dell’ordine con i volti coperti dalle maschere antigas sbucare da stradine laterali inseguendo i miscredenti con le loro pistole a impulsi fotoelettrici.
Gli sparavano contro a casaccio colpendoli sulle gambe, sul torace e anche in testa.
Cadevano inermi come ramoscelli spezzati.
Alcuni di loro si rialzavano a stento, trascinandosi lungo la strada allo stremo delle forze, altri restavano dov’erano, i loro corpi privi di vita pronti per essere raccolti e trasportati nell’inceneritore comune.
Ti eri chiesto come mai il tuo appartamento fosse sprovvisto di una porta che ti permettesse di uscire sul mondo esterno, e ora la risposta era arrivata.
Hai visto la morte, il caos, la distruzione e la sporcizia ricoprire interamente il tuo pianeta, la speranza abbandonare del tutto ogni cosa.
Ma quella non era casa tua, e non lo sarebbe mai stata.
I neurotrasmettitori a impulsi interrompono il flusso maligno dei tuoi pensieri inviando al tuo cervello l’immagine di una donna nuda distesa sul tuo letto a gambe aperte.
Un nanosecondo di fantapornografia virtuale e la tua mente torna subito al presente.
Grazie a Dio lo schermo funziona bene adesso, questa volta ti sei occupato personalmente di controllare che la saldatura fosse inossidabile.
Anche se ti hanno detto che ormai il mondo è cambiato, che ogni traccia di vita all’esterno è stata cancellata estinguendosi completamente, non vuoi comunque correre il rischio di dover guardare un’altra volta.
Non saresti in grado di sopportarlo. Probabilmente sfonderesti il vetro con la testa e ti lanceresti nel vuoto se fossi costretto ad assistere di nuovo a uno spettacolo come quello.
Mentre ti sistemi la cravatta cancellando ogni traccia di quel ricordo dalla tua mente, senti alle tue spalle il fruscio del varco teletrasportatore aprirsi come ogni mattina alle otto meno cinque in punto.
E’ ora di andare a lavorare, produrre e comportarsi in modo responsabile.
Niente perdite di tempo, la vita costa cara al giorno d’oggi.
La vita costerà cara anche nel futuro evidentemente … non ci libereremo mai! Divertente questo racconto.. ah mi è venuta voglia di vedere il cielo d’Irlanda prima che sia troppo tardi! Bravo
Il futuro apocalittico di cui la tecnologia potrebbe esser causa, rivelandosi al contempo squallida consolatrice, è un tema affascinante, esposto in queste poche righe in maniera geniale, sostenuto da uno stile narrativo maturo, preciso e diretto che colpisce e affonda.
Straordinario il tuo racconto! Potenza visionaria, lirismo, e meravigliosa capacità narrativa.
Mi hai colpito profondamente! Una storia costruita perfettamente in due parti, una prima in positivo e la seconda fatta per esaltarne il contrasto.
Una fotografia in bianco e nero ad altissima risoluzione.
Bravissimo Giovanni!
Grazie di cuore!
Non credo che vorrei vivere in quel mondo, personalmente ho già molti dubbi su quello attuale ma la buona notizia di questo presente è che ci sono racconti belli come questo. Complimenti!
“Semiterso”: anche nello scenario virtuale scelto dal personaggio si cela il pensiero di non meritare una vita piena e di non voler lottare per “essere”. Nel “semi” vi è l’inesorabile rinuncia dell’uomo alla vita, alla luce, alla bellezza, pur di mantenere una pseudo-vita cui aggrapparsi, seppur priva d’amore!
Racconto perfetto quanto inquietante l’oggetto.
Grande Giovanni
Alfonso
????????
Scusami, forse sono stato un po’ contorto.
“inquietante” è riferito allo scenario apocalittico da te descritto egregiamente.
Scenario in cui vive un personaggio “mediocre” che conferma la sua “mediocrità” già nella scelta dello sfondo del “suo” schermo con un cielo “semiterso”, quando avrebbe potuto scegliere un cielo “terso” o pieno di sole.
Rinnovo i complimenti
L’unico limite di questo racconto è la lunghezza.
Giovanni, avrei voluto gustare ancora di più le suggestioni che mi hai trasmesso…
Bravo!
Grazie!
Ho letto il racconto con il fiato spezzato. La storia toglie il respiro, quello di cui si è privato il protagonista nella sua vita ideale. E quel dettaglio della cravatta obbligata che annienta l’iniziativa personale. Di questo racconto vorrei leggere il seguito. Sapere in quale razza d’ufficio lavora quest’uomo, se l’umanità si è estinta. Come procedono le sue giornate fuori della torre d’avorio che uccide il mondo?
Il racconto è scritto davvero molto bene…permette di immaginare tutto alla perfezione, di fare qualche riflessione personale, di chiederci davvero quanto ci stiamo allontanando dalla nostra essenza e soprattutto dove andremo a finire…
Non posso nemmeno immaginare un mondo tecnologco che snatura l’uomo e la natura. Voglio la vita e la morte come ci sono state consegnate. Ma il racconto è molto bello. Bravissimo.!
Quello che mi ha colpito nel tuo racconto è soprattutto il tono femminile n. 26… in fondo il il protagonista cerca nella tecnologia una “eterna” madre che decida per lui cosa è bene fare, cosa guardare, le strade da percorrere. Mi è piaciuto molto il tuo racconto, davvero capace, di porre alcuni interrogativi sulla possibile deriva del progresso tecnologico.
Grazie mile a tutti, sono felice che il racconto vi piaccia!
Mi unisco al coro di complimenti! Il racconto ha toccato molti tasti in me e mi sono anche chiesta se vorrei essere tra quelli che fino all’ultimo hanno lottato per un mondo vero o chiusa dentro una claustrofobica realtà virtuale. Potrebbe benissimo essere il primo capitolo di uno splendido libro. Bravissimo
Un bel racconto con atmosfera da Dick o Orwell. Mi è piaciuto lo staccato delle frasi e la scelta del tu che coinvolge e disturba efficacemente il lettore, trasportandolo e inscatolandolo nel mondo opprimente che hai descritto come una vera prigione fisica e mentale. A leggerlo manca un po’ l’aria, lo stile e il contenuto vanno a segno. Complimenti!
Grazie mille Marco!
Mi era sfuggito il tuo racconto! Che dire? Mi hai fatto venire i brividi. Il nostro pianeta ridotto così, le persone costrette a scegliere tra una “gabbia super tecnologica” e una fine da incubo. Non so dire chi sta peggio. Quello che posso affermare è che il tuo racconto è molto bello, scritto benissimo e ricco di numerosi spunti di riflessione.