Premio Racconti per Corti 2018 “Come le Winx” di Anna Sambo
Categoria: Premio Racconti per Corti 2018Bosco, esterno giorno.
Minù inciampa con la Nike sulla radice, “Cazzo cazzo! E poi ho fame.” Si allaccia la scarpa, “Accidenti, è rovinata, come cavolo faccio a camminare adesso?”, le toglie entrambe e infila le ballerine nere di vernice “Non è il massimo in questo cazzo di bosco, almeno ci fosse un sentiero, niente!”.
Lancia le Nike dietro il cespuglio, sfila lo zaino, si siede sulla radice, estrae la Kinder brioss e la fa fuori in due bocconi. Si pulisce la bocca con le mani.
La casa è di fronte a lei, nel bel mezzo del bosco, bianca, una staccionata di legno e fiori rossi alle finestre.
Entra, c’è luce di mattino nella casa, i raggi del sole sul tavolo.
Casa 1, interno giorno.
Mamma è in cucina, davanti al fornello e fa il minestrone, papà in poltrona guarda la tv e beve birra.
«Sono qua», dice, scalzando le ballerine che finiscono vicino all’armadietto d’ingresso.
«Mangi?», le dice lei.
«Non ho fame», risponde Minù correndo in camera.
I rami del vecchio faggio battono sui vetri, si è alzato il vento.
Col vento è meglio non partire, nel vento si perdono le tracce e i lupi possono annusare.
Casa 1, interno notte.
Si alza dal letto, sente i respiri regolari di mamma e papà, dormono. Scende le scale. Sono le quattro.
Estrae la lama dal rasoio di papà, non deve far rumore.
Sul lavandino bianco le gocce di sangue come macchie d’inchiostro, basta non pensarci. Il dolore è lieve, appena più di una puntura di spillo, la ferita: una x sopra il polso destro. È fatta, è stata brava.
Ha freddo, copre i tagli con la garza, domani vi annoderà sopra il foulard rosso, dovrà ricordarsene, ma ora va a letto perché è stanca.
Casa 1, interno giorno.
«Devi fare colazione», dice mamma.
«Sì», risponde Minù e addenta la focaccia, infila lo zaino ed esce.
Bosco, esterno giorno
Getta la focaccia tra le foglie di acacia e scavalca gli arbusti spinosi più in là, conosce la strada.
Arriva sul sentiero e si ferma a guardare lo scuolabus giallo oltre i castagni, i ragazzi salgono rumorosi. Il pulmino parte.
Minù si volta e cammina.
La radura è illuminata dai raggi del mezzogiorno, il laghetto riluccica e le anatre galleggiano sospese.
Si siede sulla panchina, prende il cellulare e fotografa le anatre, una è ferita sulla testa, fotografa la ferita.
Cammina sulla strada asfaltata oltre la radura, poche auto sfrecciano a destra.
Casa 2 interno giorno
Entra dal garage, sale le scale che portano al primo piano della villetta.
«Sono arrivata!», grida dalle scale.
«Tesoro, vieni, è pronto.», dice mamma.
Minù appoggia lo zainetto sul divano di pelle bianca e lancia il giubbetto di jeans sulla poltrona.
«Papà?»
«Non torna oggi, pranza fuori», dice la donna in tubino rosso, e appoggia il piatto sul marmo della penisola.
«Hai fame vero? Ho preparato anche insalata e pomodori, ne vuoi?», mamma si volta a prendere l’insalatiera, «Com’è andata oggi?»
«Bene»
«Cosa avete fatto?»
«Niente».
Casa 2 interno notte
Mamma e papà sono a cena fuori, può muoversi senza timore.
Apre il rubinetto della vasca, aspetta che si riempia fino al bordo, accende l’idromassaggio, lo spegne.
Si siede nella vasca, appoggia la lametta sulla panca. Finalmente si decide e la lama affonda sull’avambraccio disegnando una linea parallela alla vena viola, il dolore è forte.
Un respiro profondo e sparisce con la testa nella vasca trattenendo il fiato, la ferita pulsa, colorando l’acqua di rosa.
Conta fino a cento, fino a duecento, trecento, e cinquecento. È fatta, può bastare.
Bosco, esterno giorno
Piove.
Minù infila il k-way, mette il cappuccio e va.
Nella radura le anatre hanno abbandonato il laghetto, sulla riva la carcassa dell’anatra ferita.
Guarda le scarpe infangate, saltella dentro una pozzanghera, prende il cellulare e fotografa i piedi nell’acqua melmosa, le scarpe colorate di marrone, come foglie d’autunno.
Ritrova la strada asfaltata, cammina. Cammina per ore, e ogni tanto fotografa le auto che rallentano quando si avvicinano.
Casa 3 interno giorno
Entra nel palazzo, sale in ascensore.
Suona il campanello, mamma apre.
«Ho scordato le chiavi», dice.
«Sei sempre la solita», risponde la donna.
La tavola è apparecchiata per tre, Minù va in camera e torna, si siede.
«Mangiamo», dice papà.
«Oggi devo studiare», dice Minù.
Casa 3 interno notte
Minù controlla i tagli sulle braccia. Le avvicina alla luce gialla della lampada sul comodino.
«Minù, spegni e dormi», grida la voce della madre dalla stanza accanto, papà russa.
Aspetta di sentir russare anche la mamma, intanto guarda la foto sulla scrivania e loro tre che salutano con la mano dalla barca.
È l’ora. Scende dal letto, infila le ciabatte ma poi le lascia lì.
Va in cucina, gira la manopola del fornello e avvicina il viso guardando l’orologio. Tre minuti: respira. Le gira la testa. È stata brava.
Bosco, esterno giorno.
Si siede sotto il castagno, incrocia le gambe e appoggia la nuca al tronco, chiude gli occhi.
Una nuvola nasconde il sole e Minù apre gli occhi per vederla.
Muove la testa per guardare i raggi che filtrano tra le foglie dell’albero, chiude gli occhi per la luce accecante.
Rimane ferma, immobile come un piccolo Budda di giada.
Sente un calpestio di foglie, forse uno scoiattolo. Ma no.
C’è una ragazza in piedi davanti a lei, la sovrasta, ma è piccola come lei.
«Ciao», le dice, e Minù si alza intorpidita, «Chi sei?», chiede alla ragazza che ora ha la sua statura.
«Lila»
«Io mi chiamo Minù».
Le ragazze si prendono per mano.
Casa 4, interno giorno.
«Siete arrivate, finalmente!», dice mamma mentre le ragazze corrono in camera, «Venite, che si raffredda».
Mangiano la pasta in silenzio, nella piccola cucina.
«Questo fine settimana sarete da papà», ricorda la mamma.
Casa 4, interno notte.
«Pensi che torneranno insieme?», chiede Lila.
«Dormi», risponde Minù.
Bosco, esterno giorno.
«Sto cazzo di bosco», dice Minù, «Tutti i giorni è la stessa storia, vorrei vivere in un altro posto»
«Vieni con me», dice Lila prendendole la mano, «C’è una scorciatoia»
«Fico!», dice Minù, «Siamo già qui», e indica la strada asfaltata deserta.
«Dove andiamo?», chiede.
«Lontano», risponde l’altra.
Le ragazze camminano sull’asfalto, lo stesso passo, le stesse scarpe da ginnastica slacciate, le braccia fasciate da foulard colorati.
«L’hai mai fatto prima?»
«No, non ancora», risponde Minù aprendo le braccia, «Ma ora ci sei tu, finalmente», e chiude gli occhi mentre lo sferragliare del treno diventa sempre più vicino.
«Ora!», grida Lila.
E si abbassano sulle rotaie un attimo prima. Non bisogna muovere nemmeno un dito.
Casa 5, interno notte.
Entrano nel grattacielo e salgono in ascensore.
L’appartamento è all’ultimo piano, i minuti sono lunghi.
È buio.
«Non c’è nessuno», dice Lila.
«Solo io e te», dice Minù.
Le ragazze si mostrano le braccia ferite, un unico cuore.
Si raccontano i compiti, ridono del loro coraggio, un solo cervello.
Tagliano un altro lembo di pelle per mischiare il sangue, amiche per sempre, un solo corpo.
Indossano la stessa camicia bianca e si prendono per mano, un’unica anima.
Scavalcano la ringhiera del poggiolo, prima Lila, Minù dopo.
«Voleremo?», chiede stringendo la mano più forte.
«Sì, come le Winx», dice Lila, e sorride.
La narrazione e la scelta stilistica sono notevoli, soprattutto su un argomento tanto delicato.
Grazie Nadia, il tuo commento è, per me, un bellissimo complimento. Ho cercato di descrivere i fatti in maniera quasi neutra, rendendo la voce narrante estranea e poco empatica, e per questo motivo ho scelto la divisione in sequenze-scatole, come le diverse case-famiglie in cui la protagonista Minù entra senza trovare conforto alla sua disperazione. Naturalmente è un racconto surreale e la ragazzina diventa l’emblema dell’adolescente vittima di una società incapace di ascoltare i suoi veri bisogni.
A me era piaciuto moltissimo già alla prima lettura.Ora l’ho riletto con calma e mi piace ancor di più.Penso che andrebbe bene anche nella sezione racconti.Intenso, sardonico e drammatico. Proprio brava.
Grazie mille, cara Laura. Ricambio i complimenti poichè ho letto alcuni tuoi racconti e li ho trovati molto interessanti.
Grazie Anna, per aver letto i miei racconti.Ormai ,almeno qui, non puoi leggerne altri, in quanto non posso più partecipare, (purtroppo , aggiungo).Tu sì però, almeno fino alla vittoria, che ti auguro di cuore.
Grazie Laura per il sostegno e per le belle parole. A presto.
Una sola pecca: finisce nel momento in cui sono completamente preso… complimenti.
Grazie Mauro per il tuo commento, per me è un gran complimento sapere di essere riuscita a catturare l’attenzione del lettore nonostante la scrittura didascalica e poco accattivante. Volevo, infatti, che a parlare non fosse la mia voce ma la drammaticità degli avvenimenti e il tuo parere mi conferma che forse ci sono riuscita. Grazie ancora e a presto.
Bello e sospeso, una miscela di reale e fantastico che colpisce, mi sono piaciuti i lampi improvvisi dei colori che attraversano lo stile asciutto. Un racconto sulla estraneità e la ricerca di un vuoto da riempire, dolce e disperato. Brava Anna.