Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “L’evoluzione silenziosa” di Elena Miglioli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

– Mamma, mi prude il collo con questi coralli appiccicati addosso. Ho sognato che mi ricoprivano tutto, intrecciandosi con le alghe. Ero un arcobaleno.

– Amore, le statue non sentono prurito…

– Credimi, mamma! Sento anche questo pesce che mi sta solleticando il naso. Vorrei nuotare insieme a lui: giuro che un giorno diventerò un bambino vero!

– Siamo qui da anni, Luis. Non è mai capitato che qualcuno della nostra comunità si tramutasse in essere umano. E poi chi li ha visti mai gli uomini, i pesci, le alghe, i cavallucci marini? Abbiamo sempre gli occhi chiusi. Possiamo solo percepire, immaginare, fantasticare. Ricordare. La nostra sorte è di abitare i fondali del mare finché dureremo. Stare qui raccolti come una costellazione silenziosa che punteggia il buio. Però dentro il nostro involucro di calcestruzzo hanno messo un cuore, il pensiero e la memoria.

– Memoria di cosa, mamma? A me ricordare costa fatica.

– Di chi ci ha preceduto nella storia. Delle civiltà sommerse. Soprattutto abbiamo memoria della vita dei nostri corrispondenti umani, quelli che si muovono lassù, oltre la superficie dell’acqua. Viviamo nei loro sogni e loro nei nostri.

– Chi sono i nostri corrispondenti umani?

– I cittadini di Puerto Sueños, un paese non distante da qui. Tra loro c’è un Luis in carne e ossa. Sua madre Lola, identica a me. Con Miguel, il piccolo che dorme qui, nel mio ventre, in attesa di venire al mondo. E centinaia di altre anime che si muovono, respirano, amano.

– Adesso ho capito! Ecco chi è quel bambino che vedo sempre correre sulla spiaggia: il mio gemello umano Luis. Ha una borsa che riempie di conchiglie. Le scambia con un amico invisibile. Parla con lui. Forse è a me che si rivolge? Io provo a rispondergli, lo chiamo, ma la mia bocca non si muove…il mio corpo immobile resta impalato nella sabbia.

– I nostri desideri sono in gabbia, piccolo. Anch’io volgo sempre lo sguardo verso l’alto, a quella linea ondulata che ci separa dall’altro mondo. Invece i miei occhi non si aprono. Come i tuoi, come quelli dei compaesani che si affollano in questo fazzoletto di fondale. Vorrei stare sdraiato sul ponte del peschereccio Santa Maria, lanciato a inseguire la luna che invita a bordo i pesci più grossi con gridolini da sirena. Fumare un sigaro ascoltando il respiro dell’alta marea. Quanti sogni sommersi! Allora non mi resta che suggerire all’altro Gonzalo in quale direzione condurre la barca per concludere la battuta a reti piene.

– E come ci riesci, Gonzalo?

– Spingo il cuore e il pensiero più che posso, come fossero timoni o remi. Questione di allenamento.

– Potresti usare la stessa tecnica e iniziare a credere di essere il Gonzalo del Santa Maria: diventeresti un pescatore pure tu. Ce ne andremmo insieme su su su a incontrare il cielo, e il sole, e le stelle, e quella luna sirena che canta ai pesci. Porteremmo con noi anche mamma, che deve partorire.

– Luis, smettila! Non disturbare Gonzalo, risparmiagli queste fantasie.

– Lascialo fare, Lola. L’hai detto tu stessa: ci è dato solo di abitare i sogni. Le speranze dei bambini sono dirompenti. Possono aprire rotte impensabili.

– Vedi, Gonzalo mi capisce. Un giorno sarò io a farmi rincorrere dalle onde che bagnano Puerto Sueños. Giocherò con Luis. Sulla terra ferma. Conoscerò anche quella bambina. Quella che ho intravisto…dove? Quando? Non mi è chiaro. Mi osservava impaurita. Sono riuscito appena a socchiudere gli occhi. I miei ricordi restano ingarbugliati. So solo che non c’era acqua attorno a me.

 

Li aveva plasmati studiando di nascosto gli abitanti del borgo di pescatori schiaffeggiato dalle onde del Mar dei Caraibi. Una riproduzione meticolosa e fedele: donne, uomini, giovani, anziani, bambini. Il pescatore, l’oste, la madre, la suora. Un popolo di sculture mute che sembravano possedere un’anima. Daniel ne aveva scolpito ogni minimo particolare. La smorfia caratteristica, la ruga più nascosta del volto. L’emozione fissata in gesti o espressioni di mirabile realismo. Aveva modellato, tornito, inciso con le sue mani sicure l’impasto nel laboratorio giù alla marina. Le finestre spalancate lasciavano entrare sputi di sabbia e salsedine che si mescolavano con il calcestruzzo. E già segnavano il destino di quelle creature quasi umane. Pronte un giorno per essere sprofondate giù, nel ventre gorgogliante delle acque. Secondo il progetto di Daniel quelle opere d’arte ancorate sul fondale avrebbero generato una barriera corallina artificiale. Per mettere in salvo quella naturale, minacciata dall’inquinamento. Nel tempo le sculture sarebbero state rivestite dagli organismi marini. Una straordinaria metamorfosi. Un’evoluzione silenziosa.

“Zio, guarda qui, mi hai fatto le guance troppo gonfie”, osservava con finta stizza Camila, la nipote di Daniel, riconoscendosi nel volto di una coetanea del gruppo scultoreo. Lui rideva. Poi chiudeva gli occhi. E come un cieco, le accarezza tastoni il volto, passandoglielo con le dita bianche di malta e indugiando su certi punti per prendere coscienza di ogni dettaglio.

– Insomma, così mi sporchi tutta! Perché chiudi gli occhi?

– Perché la statua di Camila avrà gli occhi chiusi. Così come le altre statue del Puerto Sueños subacqueo. Mi sto immedesimando.

– Zio, se le crei con tanta passione finiranno per diventare le persone che rappresentano.

– Può darsi. Gli artisti hanno poteri misteriosi.

– È vero. Papà dice sempre che sei magico…deve avere ragione. Una sera io e lui siamo scesi qui al laboratorio. Avevi lasciato la porta aperta, ma non eri al lavoro. Così papà è uscito a cercarti e io per un attimo ho assistito a una scena incredibile! Non so spiegare bene cosa sia accaduto. Alla fine ho preso paura e sono scappata.

Era andata così. Una luna annoiata sbuffava allungando il suo fiato luminoso dentro la stanza. D’un tratto colpiva un girotondo di sculture che sembravano ondeggiare, come mosse dalle correnti. Al centro un bambino in calcestruzzo con il viso rivolto in direzione di Camila, ferma sulla soglia, riusciva con uno sforzo inaudito ad aprire a malapena gli occhi. La bambina si dava alla fuga.

– Camila, Camila…anche i bambini hanno un potere misterioso: guardano la realtà con il cuore. Io desidero che le mie statue facciano altrettanto. Vuoi aiutarmi in questo compito?

– Ci proverò, anche se non sarò brava come te.

– Preparerai l’impasto insieme a me.

– E poi?

– E poi…vieni qui, te lo dico sottovoce. È una confidenza.

– Sì, sì…d’accordo. Ci sto. Ma quelle statue resteranno negli abissi per sempre?

– Fino a quando la natura lo vorrà. Si stringeranno l’una all’altra per portare a termine la loro missione.

– Sculture con una missione?… Affascinante: è una favola? Quale missione?

– Ospiteranno sui loro corpi coralli, alghe, spugne, anemoni per essere trasformati dal mare. Assumeranno mille colori. Piedi, gambe, braccia, capelli muteranno forma e sostanza.

– Curioso. Però mi spiace un po’. La povera Camila del mare, con la bocca cucita per l’eternità. Così taciturna non mi somiglierà davvero. E quel bambino laggiù…per un attimo mi ha vista, ne sono sicura. Voleva parlarmi. Io, da codarda, me ne sono andata. Sembrava vivo. È la fotocopia di Luis. Non mi piace, Luis. Burbero, dispettoso, mi tira sempre la treccia. Ma con questa storia lo stupirò e finalmente giocherà con me.

– Luis è innamorato di te, per questo ti maltratta…

– Uffa, zio, non prendermi in giro!

 

Pe il santo patrono, il mare ululava come un lupo affamato gonfiandosi a ridosso della costa di Puerto Sueños. Luis, sfidando il pericolo, aveva raggiunto di nascosto il suo rifugio preferito, Cala delle Lampare. La sera non era più rincasato. La madre Lola aveva iniziato a cercarlo ovunque, chiedendo aiuto ai compaesani e ai poliziotti. La giornata si era conclusa nella disperazione: nessuna traccia dello scomparso.

L’indomani, la bonaccia aveva permesso alle ricerche di proseguite a tappeto. Alle Lampare erano approdati tronchi d’albero, cumuli di sargassum, oggetti trasportati dalla furia della burrasca. Lola camminava ossessivamente in mezzo a quel pandemonio. Non osava voltarsi verso la distesa d’acqua che il giorno prima sembrava indiavolata.

Di lì a poco ebbe un sussulto inciampando nella borsa di Luis con la collezione di conchiglie sparse per terra. Poi, a qualche metro di distanza scorse il bambino disteso sulla sabbia. Era fradicio, pallido come un cencio. Gli si chinò sopra con l’angoscia che le chiudeva la gola e lo prese fra le braccia, piangendo. Lui si risvegliò lentamente da un sonno profondo, tremando come una foglia.

– Luis, Luis, sei vivo! Parlami, ti scongiuro…cosa ti è successo? Dove eri finito? Avevamo temuto il peggio!

– M-am-ma, per-do-nami…non so…non ri-cordo…

Luis balbettò a stento qualche frase sconclusionata. La madre lo fece alzare con delicatezza e lo riaccompagnò a casa. Evitò di rimproverarlo per quella fuga dissennata, vedendolo troppo provato. Inoltre aveva assistito a un evento prodigioso. La donna pensò che doveva essere stata la mano di Miguel, il santo protettore, a tenere il figlio al sicuro. Così, quando Luis riprese le forze, organizzò una festa per il suo ritrovamento.

 

Quella mattina, nel giardino dell’abitazione addobbato con l’aiuto delle sorelle e delle vicine, si era radunato mezzo Puerto Sueños. C’era anche Camila, accompagnata dallo zio Daniel. Luis se ne stava solo in un cantuccio. Camila lo osservò a lungo prima di prendere coraggio e raggiungerlo.

Notò che il bambino si sentiva a disagio. Era ancora spaventato per la brutta avventura che gli era capitata? Poteva essere il momento giusto per offrirgli compagnia. Magari stavolta non l’avrebbe respinta come suo solito. Il bambino per giunta, senza abbandonare il posto che aveva scelto per isolarsi dalla folla chiassosa, la stava invitando con certi sorrisi irresistibili.

– Ciao, Luis, come stai?

– Be-be-ne, grazie. Vuoi giocare con me?

Camila non credeva alle sue orecchie. Luis non la canzonava. Gli era successo qualcosa. Sembrava diverso. Era schivo, parlava in modo strampalato. Eppure con un tono dolce come lo spicchio di cocco che lei gli aveva portato dalla tavola imbandita. Anzi, la sua voce faceva pensare al rumore rassicurante della risacca. Aveva perso l’arroganza. E poi quegli occhi strani…addormentati…Camila stava diventando ansiosa.

– Tu non sei Luis!

– Cosa dici? Sssshttt, zitta!

– Ci deve essere un errore.

– Parla piano, ti scongiuro. Se mi giuri che lo tieni per te, ti racconto un segreto. Però non devi dirlo a Lola, mia madre. Ne soffrirebbe troppo.

– Dov’è Luis?

– Non lo so, non lo so davvero…sognavo da tempo di incontrarlo, ma non ci sono riuscito. Immagino che la tempesta…

Camila, sconvolta, ebbe la tentazione di allontanarsi. Ma Luis la chiamò di nuovo per nome con quella voce suadente. Lei si chinò, prese una conchiglia e la portò all’orecchio: ecco a cosa somigliava davvero la voce di Luis. Alla musica che proveniva dalla conchiglia. Una calamita. Tanto che la ragazzina fu costretta a tornare verso di lui. Trattenendo le lacrime lo strinse forte a sé e gli chiese scusa.

Quando si staccò dalla presa lo sguardo le cadde sul colletto della camicia del bambino. Da sotto la stoffa spuntava un rametto di corallo. Camila si sciolse allora in una risata fragorosa e fece per levarglielo. Ma il rametto restava attaccato al collo di Luis. Cresceva sulla sua pelle, come fosse peluria.

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

Il racconto è liberamente ispirato all’installazione dell’artista britannico Jason de Caires Taylor La Evolucion Silenciosa (2009). L’opera scultorea fa parte del Museo Subacuático de Arte (MUSA) ed è sommersa nel mare dei Caraibi Messicani, Penisola dello Yucatan, Parco Marino Nazionale di Cancun. Oltre 450 tra figure umane a grandezza naturale e oggetti, realizzati in calcestruzzo. Al materiale con il quale sono realizzate le sculture, ecocompatibile, attecchiscono molluschi, invertebrati, spugne, alghe e anemoni creando suggestivi effetti scultorei e colori. L’arte si coniuga così con i valori ambientali, nella misura in cui lo scultore si è posto l’obiettivo di creare una barriera corallina artificiale per contrastare l’inesorabile sgretolamento di quella naturale.

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20 commenti »

  1. La curiosità ti cattura già dalle prime righe, il tema è originale , e viene svolto con stile fluido e ritmo incalzante .
    Potrebbe essere il primo di una raccolta di racconti a tema : “il sogno delle pietre”

  2. Ho speso bene il mio tempo, leggendo un delicato accento di un vasto e fantasioso mondo espressivo interiore. Oggi Kairos ha fatto capolino…

  3. Racconto molto originale e denso… di vita. Ho apprezzato molto l’originalità del tema e la sensibilità con il quale è stato trattato.
    Il finale a sorpresa è riuscito a commuovermi.

  4. Grazie bernymm!
    Farò tesoro anche della tua proposta per il titolo di una raccolta di racconti. Chissà quante pietre sognano…quelle di questa opera scultorea lo fanno sicuramente!

  5. Grazie Marek!
    Sono onorata di avere addirittura contribuito per qualche minuto di lettura al ‘tempo giusto e opportuno’ in cui accade qualcosa di significativo. Non mi aspettavo tanto!

  6. Grazie, Maddalena, per la sensibilità nell’apprezzare la sensibilità. E poi quando un lettore si commuove è il regalo più bello!

  7. Ho piacevolmente interpretato questo racconto, a tratti malinconico, come una delicata metafora dell’inesauribile desiderio dell’uomo di spingersi oltre i confini, apparentemente invalicabili, che gli vengono imposti. Molto emozionante il finale.

  8. Le statue sott’acqua, plasmate dalle magiche mani di un artista, hanno vita propria. Non sono solo copie esatte di persone reali, ma esse stesse esistono nell’affrontare il loro destino. Sembra come se ogni abitante del luogo vivesse anche in un’altra dimensione. Brava Elena, mi piace molto.

  9. Grazie davvero Harleen, sono soprattutto contenta che il testo emozioni.

  10. Grazie del tuo bel commento Pasqualina. Mi è piaciuto anche il tuo racconto, molto intenso davvero. E poi mi hai fatto pensare a quante persone hanno sacrificato la loro vita nelle miniere…

  11. Molto bello … dalla prima all’ultima frase. Descrizioni curate che insieme all’originalita’ del racconto ti fanno immaginare i personaggi ed il finale. Molto Brava Elena!

  12. Grazie del commento Anna!
    Nel tuo racconto è molto tenero e commovente il rapporto tra il nonno e il bambino. Suggestiva la teoria della reincarnazione, anche se difficile da accettare in tanti casi come quello della malattia…Hai scelto un tema coraggioso, complimenti e in bocca al lupo!

  13. Racconto davvero originale. Scritto molto bene. Barava

  14. Ciao LauraBi,
    grazie mille!
    Entrambi i tuoi racconti molto appassionanti e appassionati. Brava!

  15. Iniziando a leggere mi è subito venuta in mente l’opera d’arte a cui ti riferisci, di cui avevo letto una volta. Bello pensare che quelle statue abbiano un animo umano! Hai inventato una storia affascinante e originale. Mi è piaciuta molto!

  16. Grazie Silvia!
    Ho letto anche il tuo, davvero toccante e hai saputo trattare molto bene un tema delicato.
    In bocca al lupo.

  17. Una bella storia scritta con delicatezza e con una prosa attenta e morbida. Interessante anche il riferimento reale e artistico da cui prende spunto. Un esempio di come il punto di arrivo del lavoro di uno diventa il punto di partenza di un’altra.

  18. Grazie del bel commento, Marco. Questa opera d’arte mi ha commossa, le statue sembrano vive…da qui l’ispirazione!
    In bocca al lupo per il tuo racconto.

  19. Elena, nel leggerti ho percepito gentilezza, profondità, delicatezza, sogno, cura, protezione, trasparenza dell’animo. Interessante connubio di arte, natura e fantasia. Un testo quasi musicale, non so come dire, dove le note di fondo sono quelle del silenzio del mare. Brava.

  20. Elena,
    il tuo commento e’ bellissimo. Ti ringrazio tanto per la sensibilità con cui mi hai letta e raccontata. Soprattutto per l’idea della musica che, verissimo, ispira sempre ciò che scrivo. E del mare, che è il direttore d’orchestra…

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