Premio Racconti nella Rete 2018 “La gabbia” di Pasqualina Moro
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Caterina andava da una stanza all’altra raccogliendo le sue cose da mettere in valigia. Aiutata da Maria, piegava i vestiti, le bluse e ne faceva un mucchio sul letto così da vedere quanto spazio avrebbero occupato.
-Questo ve lo prendete signò?
Sorrise nel vedere il primo vestito che si era cucita dopo il matrimonio.
-Prendilo, te lo regalo, dopo la gravidanza non tornerò più così magra. A te starà benissimo.
Nel profondo sguardo della ragazza si alternarono luci e ombre, bagliori luminosi per la gioia improvvisa e ombre malinconiche e fugaci, figlie di un perenne disagio familiare.
Caterina aveva conosciuto la ragazzina due anni prima. Si era da poco sposata con Pietro e dal paese si era trasferita nella cittadina mineraria. Era lì da appena un mese, quando la sirena della miniera di carbone aveva squarciato il silenzio notturno. Non l’aveva mai sentita prima e per un attimo il suo cuore si era fermato; il terribile e prolungato fischio raggiungeva ogni angolo della città. Sgretolò il suo cuore, il cervello, poi lo stomaco e le viscere, come se le onde sonore avvertissero la necessità di farsi largo dentro di lei occupando ogni minuscolo angolo del suo corpo e annientando tutti i sentimenti, i pensieri e i movimenti.
Le urla disperate delle donne e dei bambini che si erano riversati nelle strade riuscirono a scuoterla e afferrato lo scialle, uscì mischiandosi alle numerose e inquiete ombre che correvano su per il versante fino all’ingresso della miniera. Il suono della sirena era presagio di morte e chiamava tutti a raccolta. In cima alla collina, il vocio delle donne e dei bambini si placò all’improvviso, lasciando spazio a quello dei minatori che organizzavano freneticamente i soccorsi. Gruppi di quattro uomini, provvisti di lampade a petrolio, caschi con le luci frontali e picconi, entravano a turno nella gabbia che li avrebbe portati in galleria a duecento metri di profondità, dove si era verificato il crollo. Ogni ora si davano il cambio, bisognava sbrigarsi perché la riserva d’aria, là sotto, sarebbe finita presto. Scomparivano accompagnati dagli sguardi speranzosi delle donne che sottovoce affidavano le loro preghiere alla madonna che, in quanto donna, speravano si muovesse a compassione. Caterina era come inebetita, non riusciva neanche a pregare. Era la prima volta che suo marito rischiava la vita e lei si guardava attorno impaurita. Le sembrava di essere dentro una bolla d’aria, perché le giungevano, come echi lontani, le voci concitate dei minatori che si preparavano a scendere e di quelli che risalivano esausti. Ogni cambio di squadra era una lacerante delusione per le donne che aspettavano di riabbracciare i propri cari intrappolati là sotto, e passarono ore prima di veder comparire i primi minatori strappati alle viscere della terra. Aleggiava intorno alla miniera un sentimento di reciproca solidarietà ma, nel momento in cui si avvertiva il cigolio della gabbia che risaliva in superficie, ordini e preghiere ammutolivano lasciando spazio, in ognuno dei presenti, alla silenziosa ed egoistica speranza di veder comparire il proprio caro.
L’uscita degli operai sani e salvi, fu accolta da applausi e dal sollievo generale; in un primo momento era stato difficile per tutti individuare lineamenti familiari in quei volti anneriti dal carbone. Furono gli stessi minatori ad avvicinarsi ai rispettivi parenti. Caterina, in un mare di lacrime, si gettò fra le braccia di Pietro. L’urlo di disperazione di una donna che andava di qua e di là cercando suo figlio, strappò tutti alla gioia del ritrovarsi. La gabbia risalì ancora una volta con un sinistro cigolio, riportando in superficie il giovanissimo minatore ormai privo di vita. La squadra di soccorso lo consegnò alle amorevoli braccia di sua madre, in un silenzio di desolazione e quasi di colpevolezza, come se ognuno di loro avvertisse il peso della responsabilità per non essere riuscito a salvarlo. Maria allora quindicenne se ne stava in piedi, un po’ in disparte, e girava lo sguardo smarrito dall’esanime corpo del fratello alla mamma che lo accarezzava con vani movimenti accompagnati da urla atroci. Caterina si era avvicinata alla ragazza, le aveva messo un braccio intorno alle spalle e non l’aveva più ritirato.
Credo che tutti noi partecipiamo a “Racconti nella rete” con la speranza di vincere, ma ritengo che oltre a questo obbiettivo, ce ne sia un altro altrettanto importante. Facendo parte di una comunità che legge e commenta si impara tantissimo. I commenti positivi fanno sempre piacere ma sono utili anche le critiche costruttive perchè ci aiutano a migliorare. Al contrario, il non ricevere neanche un commento è deludente, tante visualizzazioni e nessuno che ritenga di poter esprimere un giudizio! Mi sembra di essere invisibile e credo che si sentano tali anche gli altri che ricevono lo stesso trattamento. Grazie a tutti.
Pasqualina,
ti rispondo da ex partecipante: non preoccuparti i commenti arriveranno.
Di solito (o almeno durante le ultime due edizioni) i primi mesi sono stati piuttosto “dormienti”, “di studio” oserei dire; vedrai che da gennaio la situazione si movimenterà parecchio!
Venendo al racconto, mi è piaciuta la scelta di tratteggiare il rapporto di Caterina e Maria facendo leva su di un evento tragico, che, descritto con prosa lucida ed una calibrata economia di parole, riesce a stringerle in un rapporto più forte della disperazione.
Interessante e per nulla scontata, inoltre, l’ambientazione in miniera, che fa sentire al lettore il peso del rischio delle condizioni lavorative che e fa apparire ancor più intenso il “raggio di luce” che unirà a vita le protagoniste.
Complimenti.
Grazie a Lorenzo per le rassicurazioni e per il commento. Anche se giunge dopo richiesta è pur sempre gradito.
Ciao Pasqualina, innanzitutto fidati della lungimiranza e esperienza di Lorenzo.
Spero davvero che, come quando si è in trepida attesa di una chiamata e appena si sposta l’attenzione il telefono squilla, così possano arrivare i commenti e i complimenti al tuo bellissimo racconto.
Mi hai coinvolta profondamente, portandomi dentro, sopra e sotto terra, attraverso le forti immagini fatte parola e poi emozione.
Brava Pasqualina, anche per la tua sincerità e schiettezza.
Vedrai che ci sarà chi, come te, desidera vivere questa esperienza come un confronto, però io trovo legittima e doverosamente rispettabile anche una scelta diversa.
In bocca al lupo per tutto.
Ciao Marcella, ti ringrazio tantissimo per la tua premura e soprattutto per le belle parole che hai riservato al mio racconto. Grazie davvero.
Come essere li. Molto brava Pasqualina. Non una parola di troppo né una di meno. Ci hai veramente dato l’opportunità di immaginare alla perfezione un avvenimento e delle persone a noi così lontano magari e soprattutto di sentirli vicini, tutti, almeno per qualche istante.
Ti ringrazio Anna per le belle parole,
Un bel racconto che rivendica “altri giorni” per Caterina e Maria. Complimenti
Una storia intensa, ambientata neanche troppo nel passato. Hai condensato in poche righe tanti temi: la solidarietà di una comunità, la vicinanza e il legame fra due donne diverse avvicinate da un evento tragico, la dignità e la sofferenza di un lavoro pericoloso e ingrato. L’atmosfera di paura, sollievo, speranza e dolore è resa molto bene, e nell’immagine della madre che accoglie il figlio c’è la pietà di una deposizione. Il sinistro cigolio della gabbia rimane nelle ossa.
Racconto delicato e tenerissimo, pur descrivendo una tragedia. Mi piace il finale, inaspettato. Pensavo, e mi dicevo che sarebbe stato scontato, che fosse il marito di Caterina a morire e invece… mi hai spiazzato. Complimenti anche per l’ambientazione e quel senso di attesa che permea tutta la narrazione.
Pasqualina, brava! Un racconto così vero, così cronaca e fotografia spietata di un qualcosa più volte accaduto. Fino all’ultimo ho sperato nel miracolo… Tutti salvi. Tutti…
Un racconto dai tratti concreti, materici. Dove anche l’aria rivela una pesantezza non naturale, imprigionata, come i minatori, sotto il peso dell’attesa. Mi piace la simmetria che si instaura tra il dolore della comunità, condiviso da tutti, e la scelta di Caterina, così intima da non essere rivelata da alcuna parola, ma non per questo meno vibrante e meno potente. Complimenti Pasqualina.
Pasqualina, sono d’accordo con Antonella, anch’io trovo una grande tenerezza nel tuo racconto, nonostante l’atmosfera claustrofobica di questa gabbia che, come una roulette russa, decide della vita delle persone. Ma a guardare bene non è solo la fatalità o il caso che si è portato via una vita, ma l’ingiustizia di un lavoro che nessuno dovrebbe fare. Tematica questa che è ancora attuale. Molto efficace la tua narrazione e notevole la tua capacità di condensare tutto in poche righe.
Chiedo scusa in anticipo, ma vorrei chiedere se qualcuno di voi ha voglia di commentare il mio precedente racconto del 2015 “Coincidenze”, che non aveva riscosso molto successo. In ogni caso grazie a tutti.
Ritiro la richiesta. Per il refuso non merito di essere presa in considerazione. Però ci tengo a precisare che si tratta solo di distrazione.
Se non lo meriti per il refuso lo meriti per la simpatia e l’autoironia:D
Figurati, Pasqualina cara, si capisce bene che è una svista 🙂
Pasqualina, sei troppo forte!
Appena posso leggerò molto volentieri il tuo racconto per darti la mia opinione.
A presto.
Pasqualina, il tuo racconto è di una tenera semplicità e tragica realtà. L’ho letto con una sensazione di disarmo difronte al dolore. In bocca al lupo!
Lorenzo, Elena, Marcella, Antonella, Ivana, Girolamo, Ester, Marco, Anna Rosa, Anna, ringrazio tutti per aver commentato i miei racconti. Sono rimasta piacevolmente sorpresa per la vostra disponibilità e simpatia. A tutti voi un grande in bocca al lupo.
Giungo tardi a commentare il tuo racconto per dirti che condivido molto di quello che ti è stato detto. Il tuo è un racconto dolce e le tue parole sono riuscite davvero a trascinarmi lì, tra la folla spaventata. Davvero, mi sono sentita accanto a tutte loro, sei riuscita a farmi vedere la miniera e a farmi sentire l’angoscia delle donne in attesa. Brava!
Cara Pasqualina, mi sto rendendo conto che il tuo racconto mi era sfuggito. Anche l’anno scorso mi accorsi di non aver letto e commentato molti racconti validi. Ho parenti che conoscono la realtà della miniera. La gabbia, quella trappola, quella realtà claustrofobica, che nel finale chiude il respiro e ce lo strappa, come lo ha strappato alla giovane vittima. La gioia di tutti i sopravvissuti si interrompe, la scena è vivida, riesco a figurarmela… Loro sono vivi, ma quel corpo ricorda anche che i rischi sono tanti e continui e potrebbe toccare a loro, prima o poi… Molto bello e intenso, complimenti.
Il dolore che inebetisce e disarma. Parole che suonerebbero inutili sostituite da quel braccio intorno alle spalle… Un racconto bello e struggente.
Carola, Silvia e Margherita vi ringrazio tantissimo.
Cara Pasqualina, leggendo il tuo intenso racconto mi sono chiesto quale fosse la mia gabbia, quale fosse la tua, non ho risposte..
ma continuò a rifletterci e per questo ti ringrazio, le parole servono forse a farci intravedere qualcosa, lo vedo in lontananza grazie alla tua storia.
Caro Gianluca, credo che tutti abbiamo la nostra gabbia e quello che noi possiamo fare è cercare di viverla al meglio. Ti ringrazio per il commento e per le riflessioni.
Far piangere di lunedì mattina alle nove quando tutti sono arrabbiati non è da tutti. Bello, complimenti, secondo me fa quello che deve fare.
In risposta a Elena Marrassini
Grazie di cuore Elena.
Bellissimo cara Pasqualina questo tuo racconto costruito per immagini sincopate che fanno esplodere emozioni limpide di fronte a esperienze fondamentali come quelle del terno al lotto della vita e della morte: perché io, perché tu? Non c’è una risposta, ovviamente, ma solo il senso di colpa di chi è sfuggito alla sorte, come bene tu sottolinei nel tuo racconto. E come unica via d’uscita la compassione di quel braccio teso a proteggere che chiude il tuo racconto breve, ma perfettamente concluso.
Per quanto riguarda il tuo commento alla circostanza di aver registrato molte letture al tuo racconto, ma pochi commenti e al tuo rammarico relativamente a questo, la penso un po’ come Marcella: il bello di questo concorso è che permette a tutti di leggere di tutto ed eventualmente commentare, ma il commento – per quanto ci possa fare piacere riceverlo – deve essere una scelta di chi lo può esprimere e non un’imposizione. E le nostre scelte a volte sono dettate semplicemente dal fatto che il tempo ci è tiranno, se posso usare una banalità o, semplicemente, dal fatto che un racconto, letto del tutto casualmente, può non incontrare i nostri gusti o toccare le nostre corde.
Per quanto riguarda il tuo un grande in bocca al Lupo!
In risposta a Simona Faccani
Ti ringrazio per il tuo commento, l’ho apprezzato tantissimo.
Per quanto riguarda il mio appello iniziale, ci tengo a precisare che non voleva essere un’imposizione per nessuno ma un garbato invito. Se così non è stato, se avete avuto un’impressione diversa, me ne scuso e, ovviamente, rispetto tutti coloro che non la pensano come me.
Il racconto mi ha suscitato il ricordo di gioventù di vecchi TG in bianco e nero di tragedie sul lavoro che purtroppo, con dinamiche diverse, anche oggi continuano a ripetersi, nonostante tutti gli anni che sono passati. Hai reso molto bene l’attesa angosciosa dei familiari e mi chiedo, per pura curiosità, se queste sensazioni, descritte da te così bene, corrispondono a qualche vissuto familiare, ad esperienze in qualche modo a te vicine. Complimenti!
In risposta a Akhenaton
Ti ringrazio per il commento e sì, mio padre ha fatto il minatore per dieci anni, prima che io nascessi. Ho respirato polvere di carbone attraverso i suoi racconti. E’ stato fortunato perchè l’ha sempre scampata ai numerosi incidenti nelle viscere della terra, ma ha irrimediabilmente perso la sua battaglia contro la silicosi.
Bel racconto Pasqualina, immagini nitide e buon ritmo. Complimenti.
Brava Pasqualina una storia profonda proprio come una miniera, che sa di sudore, di lavoro e di sacrificio.
Il corpo esamine del giovane minatore deposto tra le braccia desolate della madre mi ha fatto pensare alla Pietà.
Compmimenti!
Bel racconto, Pasqualina, perché non lo sviluppi?
Sembra l’incipit di un romanzo.
Mi sembra che meriterebbe più respiro…
Pasqualina, prima di tutto ti ringrazio dell’accurato commento al mio racconto. Sei una lettrice attenta e dallo sguardo acuto. Quanto al tuo racconto mi complimento per il tema. Il lavoro in miniera è fortemente impresso nella storia dei nostri migranti italiani ma, in certe zone del territorio – il Piemonte, ad esempio – è parte anche della storia locale di una nazione che voleva essere grande. Ma la miniera era una gabbia per topi…E io nel tuo racconto l’ho sentita, come ho percepito la distanza tra i dannati nelle profondità e coloro che stanno in superficie. Un bel tema veramente, una prosa limpida. Grazie
Grazie Germana, rinnovo i complimenti per il tuo racconto. In bocca al lupo.
Come Patrizia Ferraris penso che il tuo racconto possa essere sviluppato. Delicato e tenero. Complimenti
Grazie Luca per aver letto il mio racconto.
Bel racconto, Pasqualina, ho apprezzato molto le descrizioni e le scene ahimè “tangibili” che hai evocato. Un racconto sulla solidarietà femminile, e sui primari istinti d’amore dell’uomo, sentimenti “viscerali” proprio come la miniera. complimenti.
Le mie congratulazioni a tutti i vincitori. Agli altri un arrivederci al prossimo anno.
Grazie per questo bel racconto sulle miniere. Io da siciliana in territorio di miniere sento molto vicino l’argomento. Potrebbe anche essere l’inizio di un romanzo. Molto ben scritto
Vicende come queste narrate ne sono capitate e si spera non ne capitino più. E´ un lavoro come un altro, queste sono le parole di chi è sopravvissuto a questo duro impiego, scelto da chi voleva dar da mangiare alla propria famiglia. L’autrice ha narrato uno stralcio di verità cruda, verità che altrimenti – in molti casi – rischierebbe di rimanere sepolta nel silenzio del tempo. Complimenti all’autrice.