Premio Racconti nella Rete 2018 “Il sogno a puntate” di Lino Addis
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018“Qualunque cosa tu stia sognando, interrompila, devo uscire subito!” dissi alzando lievemente il tono della voce. Piero aprì gli occhi di colpo, alzandosi dalla sedia con un atteggiamento di divertito disappunto. ”Che crudeltà signora, mi capitano così di rado sogni così!” Lo guardai fingendo di essere seccata: “Ma che sogni importanti vuoi fare tu!” “Appunto”, disse Piero con aria altrettanto fintamente offesa imboccando il corridoio che portava alle scale per scendere in garage.
Lo attesi sulla porta principale, davanti al vialetto di accesso alla villa. Piero arrivò con la sontuosa berlina scura. Scese, aprì la portiera posteriore destra togliendosi il berretto con la visiera e rimase in attesa con la sua espressione dolente.
Appena seduta, quando Piero riprese il suo posto e partì, aprii il divisorio di vetro e chiesi: “E cosa sognavi di così importante?” Lo sguardo dell’uomo alla guida per un istante lampeggiò nello specchietto retrovisore. “Nulla di interessante.” Il tono era lievemente sostenuto. “Beh! Lei è sicuramente abituata a fare sogni più importanti dei miei e quindi…” “Quindi?” “Quindi non credo possa interessarle quello che sogno io…” “Non fare il permaloso con me! E poi che ne sai se io sogno o meno? Io per esempio, non sogno mai.” “Ma signora…” cominciò con quel tono didattico che qualche volta mi faceva uscire dai gangheri. “Si lo so! Non fare il saputello con me! Tutte le persone sognano, sempre, ogni notte, ma spesso non ricordano nulla.
Risparmiami queste “pillole di scienza”.“Fra l’altro pare che dopo una certa età” proseguì Piero conciliante” sia assolutamente normale non ricordare i sogni” “Ah… è così! Allora io”, e sottolineai il pronome ”IO”, “che ho superato una certa età sarei a posto!” Risi divertita. Piero era il mio autista da circa trent’anni. E da subito direi, aveva mostrato quel lato del carattere che avrebbe fatto imbestialire qualunque altro datore di lavoro, ma che a me piaceva molto: il candido sarcasmo con il quale si rapportava con tutti, senza però alcuna ombra di cattiveria.
Certe volte penso che se non fosse stato assunto dalla mia famiglia, uno così non sarebbe riuscito a lavorare da nessun’altra parte. Dove lo trovi un autista in livrea e berretto che al momento di scendere dalla berlina di rappresentanza nel corso di un temporale da tregenda, invece di scendere a sua volta per ripararti con un ombrello mentre ti apre lo sportello, sta fermo impalato al suo posto e voltandosi lentamente, con aria dispiaciuta, si degna di dirti: “Signora, piove troppo. Non scendo, sarebbe così gentile da fare da sola?” Oppure nel venire a riprenderti dopo una serata di gala, mentre offri il passaggio in auto ad un importante politico che aveva particolarmente alzato il gomito, dopo essersi seduto al posto di guida, ti dice ad alta voce senza voltarsi: “Ma questo s’è bevuto una distilleria…non sente che puzza?!”
Fortunatamente il grand’uomo era talmente ubriaco che non aveva sentito. Mio padre, passato a miglior vita una decina di anni fa, che lo aveva assunto, aveva però tentato più volte di licenziarlo trovando sempre la mia più ferma opposizione. E poiché io ero la figlia maggiore, la prediletta, Piero non fu mai cacciato. Negli ultimi tempi mio padre lo guardava sempre più con sospetto e quando purtroppo le sue facoltà mentali declinarono, era capace di ingaggiare con lui epici duelli verbali al limite del surreale. Piero non faceva una grinza ed era l’unico che si adattava sempre in modo perfetto alle sue strampalate richieste. “Piero!” “Si signore”. “Ho le gambe pesanti. Non ce la faccio a scendere le scale, voglio andare in giardino. Mi devi venire a prendere con l’auto” “ In camera?” chiedeva Piero imperturbabile.” “Certo! Dove se no?” cominciava a sbraitare mio padre.
Ascoltavo sempre più spesso queste conversazioni dietro un angolo del corridoio e non sapevo se ridere o piangere. Piero correva di sotto, si metteva la giacca da chauffeur, calzava il berretto e simulando il suono del motore con la bocca e guidando con le mani un inesistente volante risaliva le scale e dopo avere raggiunto la porta della stanza di mio padre, “parcheggiava” non dimenticando di azionare il freno a mano, con ampio gesto del braccio. Poi “scendeva” dall’auto, apriva un’altra inesistente portiera e togliendosi il berretto attendeva. Mio padre lo guardava esterrefatto, forse colto da un raro momento di lucidità che però rapidamente svaniva e si avvicinava impacciato all’”auto”. Piero lo prendeva a braccetto delicatamente, avviava il “motore” borbottando, innestava la prima e via, piano piano, lo portava in giardino.
Volevo bene a Piero. “Allora questo sogno?” “Sospirò: “Vede signora. Si tratta di un sogno a puntate”. Risi: “Piero! Non prendermi per i fondelli!” “Non mi permetterei mai signora. E’ proprio un sogno a puntate.
Quando lei mi ha svegliato, ero arrivato alla terza puntata. ”E che storia sarebbe? “Vede nella prima puntata ho sognato di trovarmi su una spiaggia stupenda però aveva un colore…un colore direi quasi lilla…” Piero interruppe la frase come spesso faceva per creare suspense. “E quindi?” dissi impaziente come facevo di solito per rovinarla invece, la suspense. “Il fatto è che ero vestito da cavaliere medievale e stavo seguendo una bellissima ragazza con una lunga veste gialla ed un bellissimo strascico che, ogni tanto si voltava verso di me e con gesto aggraziato della mano mi faceva cenno di proseguire il cammino.” “Ah beh, qua la cosa si complica” dissi con un sorriso canzonatorio. E nella seconda puntata ? “Nella seconda puntata seguendo la ragazza sono arrivato in un bosco di colore rosso, veramente sgradevole, attraverso il quale abbiamo camminato per alcune ore.
Cominciavo a preoccuparmi”. “Ci credo” dissi ridendo.”Ma questa tipa dove stava andando?” “Lo stavo scoprendo nella terza puntata, ma poi…” “Ah beh! Poi sono arrivata io la rompi balle… eh già!” Arrivammo a destinazione, lo studio di un amico architetto al quale avevo chiesto di realizzare un progetto di parziale ristrutturazione della grande casa di famiglia. “Fermo li!” dissi a Piero, che stava per scendere per aprirmi la portiera. “Faccio da sola. Ci vediamo fra una mezzora”. L’incontro con l’amico architetto, cui avevo commissionato la ristrutturazione della casa di famiglia e le cui argomentazioni e meticolose presentazioni in genere mi interessavano moltissimo, questa volta mi risultarono decisamente pesanti e noiose.
Non vedevo l’ora di tornare a casa. Arrivai nel parcheggio e vidi Piero seduto al posto di guida con il finestrino aperto che sonnecchiava, l’espressione serena. Lo avevo davanti buona parte del giorno, ma come spesso accade, non cogliamo certi particolari delle persone più vicine a noi. Vidi, come fosse la prima volta i suoi capelli, ormai bianchi e il viso segnato da molte rughe e per un attimo pensai a mio padre, e alle belle scenette con lui. Mi avvicinai. Il finestrino era abbassato. Mi schiarii delicatamente la voce e dissi sorridendo: “Dev’essere molto bello, il seguito del sogno intendo.” Piero aprì solo un occhio e sorrise. “ Si, ora lo è”.
Bravissimo Lino, bello questo racconco, deliziosa la relazione tra i personaggi e molto originale la trama, tra ” sogno e realtà”.
La tua prosa è scorrevole e ti fa arrivare alla fine in un lampo. Complimenti.
Grazie Gianluca Zuccheri. Mi fa piacere tu abbia apprezzato la storia e la caratterizzazione dei personaggi.
Un delicato viaggio tra le relazioni e i sentimenti umani. Vola via con la velocità … di un sogno, muovendo con grazia tra desiderio e volontà, tra ricordi e sorprese. Riesci con semplicità persino a muovere più di un sorriso di complicità in chi legge. Veramente bello e commovente. Complimenti.
Complimenti Lino! Ho letto il tuo racconto con curiosità non sapendo bene dove volesse approdare e ho finito di leggerlo col sorriso contenta di avere letto un’originale storia d’amore … almeno io l’ho sognata così! E io sogno tanto e spesso! Comunque é vero: a volte siamo ciechi e non cogliamo i particolari delle persone che ci stanno più vicine oppure ci rifugiamo nei sogni … il tuo racconto é anche un invito alla riflessione, all’attenzione in un mondo che corre frettolosamente, a volte troppo! Grazie e in bocca al lupo!
Grazie a te Lucia
Impossibile non provare simpatia per il protagonista. Piacevolissimo racconto! Complimenti.
Molte grazie Silvia
Bella alternanza di emozioni. Un racconto da “bere”. Complimenti
Molte grazie Laura
Bravo Lino… Mi è piaciuto il tuo racconto… Ora anch’io sono curiosa e aspetto magari la seconda… E la terza puntata!!
Un bellissimo racconto, mi ha ricordato nella dinamica un celebre film nel quale due mondi apparentemente privi di contatto trovano la vera chiave di “accesso”
. Bravo davvero
Grazie Anna Dalla Mariga. La questione delle puntate mi intriga… Chissa!
Grazie Anna Rosa Perrone. Il contatto morbido o molto più spesso ruvido tra mondi distanti è molto attuale…