Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2018 “La scossa” di Liz Caloi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2018

La Marinella ha fatto le valigie una volta, poi due, poi tre, poi quattro, e poi ancora un sacco di volte, con suo nonno come voce fuori campo a mugugnare che saso che rugola no fa mucio, sasso che rotola non construisce niente.

La Marinella è partita con Elton John nelle cuffie a cantare Goodbye Yellow Brick Road mentre il treno rosso la portava verso un Nord meno bianco e nero, con più gradi di latitudine e notti molto, molto più corte. La mamma della marinella piange ancora quando ascolta Goodbye Yellow Brick Road.

Poi la Marinella un giorno, nella landa nordica della piattitudine, ha trova una collinetta. E niente, la Marinella detesta correre, perchè le dolgono le anche, le ginocchia, le caviglie e pure il naso, ma su per la collina si è messa a correre come inseguita da mastini. E quando arriva in cima, la radio del bar Alla Collinetta, dove vecchi dell’Est stanno seduti a fumare sigari russi, trasmette Born To Run, e la Marinella corre giù dalla collina, con Bruce Springsteen le urla nelle orecchie che siamo nati per correre, baby. E’ corsa a casa a finire la tesi, e a consegnarla, e a ballare sui tavoli della cucina come in Hair.

Ma quando ha finito la tesi e ballato sui tavoli della cucina, la Marinella sale un’altra volta in cima alla collinetta, osserva i tetti multiformi e multicolori della città dai mille cuori, e si pone un paio di domande che non sto a riportare perchè, a pensarci bene, sono faccenda privata. E mentre si canticchia tra se e sè il ritornello di Show Me The Place, si ricorda che Leonard Cohen ha detto che  c’è una breccia in ogni cosa, e quello è proprio il punto da cui una lama di luce entra. E la lama di luce c’era davvero, perchè la Marinella ha una email nella sua posta elettronica che le offre un lavoro in un posto sommerso dai libri, in un paese ancora più nordico e ancora più sommerso dai libri. E niente, la Marinella guarda i tetti ancora per un po’, poi scende dalla collina e torna alla sua casa blu, perchè comincia a fare freddo e buio, e nella grande città è meglio non stare in giro da soli nel buio.

E adesso che la Marinella sta correndo sul marciapiede di un villaggio ancora più a Nord, con ancora più gradi di latitudine, e con notti ancora più corte, c’è questo ragazzo troppo alto per camminare diritto e con un paio di occhiali sbilenchi sul naso che la fa correre ancora più forte, e la musica che la Marinella sta ascoltando dalle cuffie, A Real Hero, se la sta cantando anche lei a squarciagola, mentre i passanti impauriti si girano a guardarla per una frazione di secondo. La Marinella corre per raggiungere la fine della strada, poi la fine del campo, poi la fine della collina, poi la fine del fiume, e poi si ferma, perchè pensa di aver visto il ragazzo con gli occhiali sbilenchi sul naso venirle incontro, ma no, è soltanto un altro passante senza occhiali o altezza.

Signorina, tutto bene? Le porto un bicchiere di acqua? Le domanda l’infermiera con i capelli rosso fiamma porgendole un fazzoletto di carta dimensioni paracadute. La Marinella, che sta ancora cercando di asciugarsi le lacrime appena le escono dagli occhi, ma che sembra far fatica a smettere di sussultare, non risponde, così l’infermiera resta lì con lei due minuti, e le chiede, Cos’è successo bambina? La Marinella ha una politica molto semplice quando si tratta di divulgazione di informazioni personali – assolutamente no. E così, mentre l’infermiera rossa le tiene il polso e le misura la pressione, la Marinella sussulta, Ragazzo—Scozia lasciati—arrampicare sola—frattura—sola—sola qui. E l’infermiera la abbraccia e le dice, Eh lo so, la vita è dura. Le chiamano un taxi e lei zoppica con le stampelle dalla sala d’attesa dell’ospedale fino alla macchina grigia che parte silenziosa nella notte. La radio notturna trasmette Morrissey, che le perfora la forza d’animo con Everyday Is Like Sunday, cantando di giorni grigi come domeniche sulla spiaggia durante sagre di paese dove si vincono vassoi di plastica. Signorina, le chiede il tassista preoccupato, tutto bene? Signorina perchè piangi?

La Marinella cammina, non troppo veloce, sulla Collina del Cinghiale, sperando che di cinghiali proprio non ce ne siano. Arriva in cima contenta, non sente più male. Si accorge che ha sete, anzi che ha la gola riarsa, e scende veloce per entrare nel primo supermercato. Le luci al neon la abbagliano. Cerca l’acqua, la Marinella. Fagioli. Cereali. Colla. Calze. Reparto sbagliato, torna indietro. Fagioli. Formaggi. Yogurt. Succhi di frutta. Acqua. Acqua minerale, naturale, bottiglia piccola. Una canzone rimbomba quieta negli angoli alti del supermercato, We Have Everything, come una voce dalla galassia che chiede di essere liberata dalle preoccupazioni, che dice di aver tutto nell’ aver trovato tutto nell’avere niente. La Marinella esce con la sua acqua e cammina veloce verso casa, a passi lunghi, guardando verso l’alto.

La Marinella è di nuovo sul treno rosso, che dopo dodici ore si ferma nella città da dove è partita sette anni prima. I bagagli della Marinella pesano il doppio di sette anni fa. Qualcuno fa a pezzi con la fisarmonica Ocj Cjornie sul marciapiede della stazione, dove il papà della Marinella la aspetta con il berretto fraccato sulla fronte nella bora della sera. Dai che te le porto io le valigie, dice il papà della Marinella, cavalleresco come sempre. A casa, la mamma della Marinella sta ascoltando il CD che la Marinella le ha preparato qualche tempo fa, Goodbye Yellow Brick Road, A Real Hero, Show Me The Place, Born To Run, We Have Everything, e altre canzoni che la mamma della Marinella ha ascoltato a ripetizione per mesi e mesi. La Marinella appoggia la valigia più pesante sul tappeto in salotto ed estrae due sciarpe di tartan, una sul rosso, l’altra sul verde. Le appoggia sul cuscino in camera da letto, dove la porta-finestra è aperta di fronte al prato che si arrampica su per il monte che si arrampica verso la luna. Tutto è fermo ad ascoltarla, e la Marinella si siede sul bordo scomodo della porta finestra, canticchiando qualcosa che non sa neanche lei cos’è.

 

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4 commenti »

  1. ..Che Brava ! Veramente complimenti mi ha colpito questa storia che viaggia in parallelo con la musica. Scritta benissimo con una prosa semplice e incisiva a metà tra il parlato e lo scritto. La tua Marinella non dice quasi nulla direttamente, ma la sua vita scorre veloce e carica di emozione davanti al lettore.
    La sensazione finale è quella di una vita vista al finestrino dove colori sentimenti e emozioni si mischiano insieme in un meravigioso paesaggio.

  2. Bel racconto, sono convinta la “Marinela” tornerà a correre ed arrampicarsi verso la Luna.

  3. Idea fantastica. Mi permetto di comunicarti il disagio nel leggere “la Marinella”, con l’introduzione dell’articolo l’hai allontanata, non ho provato empatia per la protagonista. L’articolo davanti al nome ci stava per un comprimario non per Marinella, suona meglio non trovi?
    Una vita condensata per immagini e canzoni niente male.

  4. Liz, mi è piaciuta la tua scrittura, forma e contenuto sono perfettamente appaiati. Il racconto colpisce per la velocità e il ritmo delle frasi, che come gli eventi, i personaggi e il paesaggio scorrono attorno alla protagonista che ne è il centro, con un continuo e veloce panning fotografico. Complimenti per come hai strutturato, reso, e anche musicato la storia.

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