Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “La Scatola Blu” di Anita Pulvirenti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Ogni anno, il quindici di maggio, Rosalia riapre la scatola.

È blu, senza scritte, senza decori e con una minuscola etichetta sbiadita. Un’etichetta che riporta la parola “Varie”. Il resto dell’anno la scatola blu se ne resta chiusa nello sgabuzzino in mezzo ad altre scatole di vari colori. Tutte in cartone, il coperchio ben calcato ché non entri la polvere a poggiarsi sui segreti che deve custodire. Sulle altre scatole ci sono nomi: Marta e Giacomo, per esempio, i figli ormai grandi di Rosalia. La prima rossa, l’altra verde. Ce n’è una con il suo nome, perfino, e un’altra col nome di suo marito. C’è la scatola delle bollette, grigia perché quando l’apre non è mai molto allegra e quella con la scritta “Banca”, gialla come la bile che le risale dalla cistifellea quando le scrivono che deve pagare.

Nella scatola bianca conserva i ferri e la lana, le spagnolette e tutta la roba per rammendare, mentre in quella nera ci sono i documenti che non sa dove mettere. Le scatole stanno ai lati dello scaffale di ferro, per tenere ferme le altre cose nel mezzo. Qualche libro di scuola dei ragazzi, qualche busta con le lampadine e i fili elettrici, un paio di sacchi con i vestiti da bambini che non si decide a regalare e, nel ripiano più basso, il baule del corredo chiuso col catenaccio. Nello sgabuzzino la scatola sta dietro nel ripiano più alto, nascosta da quella degli attrezzi e dal trapano che suo marito non ha usato mai. Bisogna sapere che è lì dietro ma anche a trovarla per caso, la scritta sull’etichetta scoraggerebbe chiunque. Che vuol dire “varie”? Quali cose possono essere catalogate con questa parola tanto generica? A chi può interessare il contenuto di una scatola così impersonale?

La scatola, difatti, se ne resta per un anno intero a prendere polvere dietro chiodi e martello e a tutti sta bene così. Forse il marito di Rosalia e i suoi figli, qualche volta, si sono posti il problema di non conoscerne il contenuto ma nulla li ha spinti ad aprirla. Ogni anno, il quindici di maggio, Rosalia riapre la scatola.

Sposta gli attrezzi col cuore che palpita forte e nel tragitto dallo stanzino alla camera da letto, le lacrime sono già scivolate fino al mento.

Rosalia la poggia per terra. Ha una pezza in mano, bagnata ma non troppo altrimenti il cartone si impregna di umidità e diventa molliccio. A Rosalia non piace vedere le macchie sbiadite sul coperchio con i bordi irregolari ma oramai sono lì, dal ‘97 e non se ne andranno più. Aveva lasciato per sbaglio la scatola in corridoio e qualcuno ci era inciampato con l’ombrello ancora gocciolante. Nel ‘97 tutto il cielo doveva aver congiurato contro di lei, perché non si era mai visto un’acquazzone del genere a metà maggio.

Rosalia si siede sul letto, la scatola sulle gambe e solleva il coperchio tenendo chiusi gli occhi. Non socchiusi o con le palpebre appena serrate, no. Rosalia strizza gli occhi così forte che le lacrime incastrate fra le ciglia iniziano a farle male, strofinano e bruciano. Tira un sospiro profondo, poi posa con cura il coperchio sulla trapunta.

È mattina, suo marito è a lavoro e questa è l’ora in cui si è seduto alla scrivania, ha letto le email e di certo starà bevendo il caffè della macchinetta imprecando come ogni giorno che è solo acqua sporca e che farebbe bene a prendersi una moka e un fornellino da campeggio. La segretaria gli porterà il giornale e lo pregherà di non lamentarsi ogni santo giorno della stessa cosa. Glielo dice anche Rosalia durante la telefonata delle nove meno un quarto: “Ma perché non te lo prendi al bar?” e lui sbufferà che non ha tempo da perdere, deve lavorare. Oggi gli telefonerà più tardi, perché è il 15 di maggio. Chissà se lui questo lo ha mai notato.

I figli oramai non vivono più in casa con loro e in questo giorno dell’anno Rosalia avverte ancora più forte la nostalgia. Davanti alla scatola blu tutto si amplifica e i sentimenti si fanno vividi, li potrebbe toccare se allungasse le mani verso le pareti della stanza che le sembrano spugnose, tanto sono gonfie delle sue lacrime di mezzo maggio.

Il primo oggetto che vede aprendo la scatola è una lettera. La leggerà per ultima, la posa accanto, sul coperchio, per non dimenticarsene e perché non scivoli fra le pieghe della coperta. Non può rischiare che suo marito la trovi, litigherebbero e lei piangerebbe. Anche se lacrime gliene sono rimaste poche negli occhi asciutti e salati di pianto.

Non c’è posto nella sua vita perfetta per questa scatola dimenticata. Suo marito la rimprovera e dice che lo fa per lei, perché non sopporta di vederla soffrire.

Il primo oggetto che salta fuori è una coperta di uncinetto fatta a mano. L’ha realizzata la nonna di Rosalia ma non sapeva che sarebbe stata usata precocemente per avvolgerci il frutto della colpa. Quarantatré anni fa.

Era una ragazzina Rosalia, in quel torrido Agosto del ‘73. C’erano i giostrai in paese, c’era caldo e tanta voglia di innamorarsi. Le gonne corte, i capelli lunghi e lei appena sedicenne si abbandonò all’abbraccio caldissimo di quel militare in congedo. Nemmeno il nome gli aveva chiesto, che ne sapeva che l’amore non esiste senza una porta a cui andare a bussare dopo nove mesi? C’erano le giostre e a Rosalia girava la testa. Ubriaca di estate e farfalle nello stomaco, ancora oggi si tiene una mano sul ventre a ripensare a quel pomeriggio. Chiusi, nel camper dietro l’otto volante, sudati in penombra con quel ragazzo le era sembrato di spiccare il volo. L’avrebbe portata via dal paese, dai pettegolezzi, avrebbero girato il mondo e viaggiato insieme verso il futuro. Mentre stringe la copertina azzurra, Rosalia ripensa al risveglio del giorno dopo, a quando aveva stretto il lenzuolo fra le gambe e si era maledetta per tanta ingenuità. Di lui in paese non c’era più traccia, nessuno che lo conoscesse, sembrava che se lo fosse immaginato. E ci avrebbe creduto anche lei che era stata un’allucinazione, se non avesse notato presto quella protuberanza del ventre che non la smetteva di gonfiarsi, mese dopo mese.

Rosalia bacia la copertina che sua nonna non avrebbe ricamato, se soltanto avesse immaginato, e la posa di fianco.

Nella scatola ci sono due braccialetti. l’unica prova che la memoria funziona davvero. Quel quindici di maggio, le suore le poggiarono sul seno un fagotto azzurro e lei disse che voleva chiamarlo Pietro. La suora le aveva sorriso. “Non ti ci affezionare” aveva detto sua madre, che il bambino non lo voleva nemmeno guardare. Almeno le parlava ancora, non si era chiusa nel silenzio brutale di suo padre che si comportava come se lei non esistesse più. Le avesse urlato che era una poco di buono, avrebbe provato a spiegargli che l’aveva imbrogliata l’amore, ma lui taceva e anche lei doveva stare zitta. Quello era il giorno in cui tutto iniziava e tutto finiva, non le era stato chiaro fino a quando la suora non le aveva tolto dalle braccia il bambino. “Mi raccomando” aveva aggiunto sua madre mentre la suora andava via di spalle, “la madre non vuole essere nominata”. Rosalia aveva capito in quel momento che tutto iniziava e insieme finiva. “Un giorno capirai” aveva concluso sua madre, affacciandosi alla finestra. La ferì che non avesse il coraggio di guardarla mentre decideva di lei e del suo bambino.

Nessuno le aveva detto che sarebbe andata così. Non durante la gestazione, nemmeno durante il viaggio in pullman verso la casa delle suore e nemmeno nei giorni in cui aveva aspettato di partorire, passeggiando a lungo nel chiostro per indurre le doglie.

Rosalia poggia i braccialetti di fianco, sulla copertina, e prende il foglio ingiallito dal fondo della scatola. Il certificato di nascita di suo figlio. Quel bambino che per lei si chiama Pietro. Lo dice a voce alta, tanto è da sola, forse lui sentirà che lo pensa ancora, anche se non ha mai avuto il coraggio di cercarlo. Per non fare torto al suo caro marito, che l’ha amata e voluta nonostante le voci di paese, che l’ha portata al nord per sottrarla all’onta, al silenzio di suo padre, al pensiero ossessivo di quel bambino. Suo marito non merita tanta ingratitudine, per questo appena giunti a casa nuova Rosalia ha riposto i ricordi e l’amore di madre in una scatola blu nello sgabuzzino.

Il certificato di nascita porta il segno del tempo e del dolore di Rosalia. Chissà se lo sai che hai una madre qui che ti pensa. “Il 15 maggio 1974 è nato un bambino di sesso maschile. A detto bambino, che non mi viene presentato ma della nascita sono certo, il sottoscritto dà nome Pietro e cognome…” Rosalia non riesce a decifrare la grafia in quel preciso punto ma è felice che la suora l’abbia accontentata. È soltanto per curiosità perché sa per certo che quando un bambino viene adottato prende il cognome della nuova famiglia. Ma se lo incontrasse un giorno, lo stringerebbe forte chiamandolo Pietro. “Il bambino viene da me inviato all’Istituto di assistenza materna e infantile” eccetera eccetera. Rosalia sospira sempre a queste parole, perché mettono la distanza fra lei e suo figlio, definitivamente. Aveva provato a rifiutarsi di firmarlo, ma sua madre aveva firmato per lei e la cosa finì lì. Iniziava e finiva insieme, per sempre. E per lei cominciava il tormento.

Non c’era altro nella scatola, eppure tutto quel che mancava, quarantatré anni di Pietro, è lì nell’assenza, nel vuoto di una vita che Rosalia non ha visto crescere. Che ha soltanto immaginato, ogni 15 maggio da allora in poi.

Ripone gli oggetti in ordine e con cura, rimane soltanto una busta poggiata sul coperchio, è una lettera. La vorrebbe spedire a quel programma in TV dove provano a cercare le persone scomparse. L’ha scritta cinque anni fa e non ha ancora trovato il coraggio di spedirla. Sa di non avere un tempo infinito davanti, che prima o poi morirà ma ha paura che Pietro non la voglia conoscere, che non sappia neppure di essere stato adottato e dovrebbe prima parlarne con suo marito e dirlo a Marta e a Giacomo, che di avere un mezzo fratello non sanno niente. Se poi la invitassero in trasmissione lo saprebbero anche i vicini e i colleghi d’ufficio e no, non è ancora pronta per questo.

Rosalia si alza, ma prima di riporre la scatola blu nello sgabuzzino, si siede al tavolo in cucina e scrive una lettera. Una frase lunga un foglio in cui racconta ai suoi figli di Pietro, di cosa è accaduto quarantatré anni fa e li supplica di perdonarla. Ma l’ultima preghiera è di cercarlo loro per lei, se le mancasse il coraggio in vita, di trovarlo e dirgli che lo amava e lo pensava tutti i giorni, non soltanto il quindici di maggio.

Rosalia riapre la scatola, mette la lettera per i figli e chiede a Dio che gliela faccia trovare prima che passi un altro anno o che le dia il coraggio di spedirla a Marta, la più sensibile dei due. E poi è madre anche lei, forse capirebbe.

D’altronde, della sua vita Rosalia non ha mai deciso niente.

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35 commenti »

  1. Ciao, Anita! Ho trovato il tuo racconto molto delicato ed intimista, un po’alla Gozzano.Penso che questi ‘segreti’ abbiano fatto parte della storia culturale di molte donne, nel passato(anche nn troppo lontano! .Unico appunto, forse perché Son donna, avevo capito subito prima di leggere la storia che nella scatola blu, doveva esserci il….ed infatti!

  2. Grazie Laura, sono felicissima dell’accostamento perché adoro Gozzano e mi fa molto piacere che il mio racconto ti abbia fatto pensare a lui. Hai anche intuito la mia propensione per le tematiche femminili: la donna è sempre al centro della mia scrittura. Grazie ancora, anche per il consiglio di svelare meno all’inizio. Ne farò tesoro per il futuro.

  3. Un racconto molto delicato che rappresenta pienamente il sentimento che lega (o comunque dovrebbe legare) una madre al proprio figlio, sempre e comunque. Si percepisce il rimpianto insieme alla trepidazione nell’aprire durante il rito annuale la scatola blu, che non contiene esclusivamente oggetti, ma tutto ciò che avrebbe potuto e dovuto essere.
    Mi è piaciuto molto. Complimenti!

  4. Silvia grazie dell’analisi attenta, sono felice che il racconto ti abbia colpito. Proprio l’immobilità di Rosalia è al centro, la sua incapacità di modificare il corso degli eventi anche se non può dimenticare e si ritaglia quel momento tutto suo, una volta all’anno. Chissà che un giorno non suoni un postino a recapitarle la lettera che lei non ha il coraggio di spedire…
    Grazie ancora, davvero.

  5. Davvero molto bello.
    Complimenti!

  6. Grazie Alessandra, sei molto gentile e sono felice che il mio racconto ti sia piaciuto!

  7. Mi è piaciuto da morire. Le scatole colorate come immagine di una vita monotona e schematica. Poi quella blu con dentro l’assenza del figlio che Rosalia non ha potuto crescere. Emozioni e sentimenti che crescono piano e non sono mai “urlati”. Un congegno perfetto questo racconto, anche dal punto di vista drammaturgico. Con continui richiami del testo a sé stesso (il “15 di maggio” e il “tutto iniziava e tutto finiva”) che scandiscono un ritmo inesorabile che conduce a un finale sospeso e irrisolto.
    Geniale l’idea della seconda lettera che, come la prima, non verrà mai consegnata. Il lettore è dentro la storia e arriva alla fine del racconto senza quasi rendersi conto che ha girato 6 pagine. Sei stata bravissima davvero. Mi sono molto emozionato a leggerti.
    … ora che ho inserito 3 miei racconti … mi sento così inadeguato….
    In bocca al lupo! Farò il tifo per te,
    Alex

  8. Alessandro grazie infinite per tutte le belle parole che hai scritto, non me l’aspettavo, grazie davvero!
    Hai colto molto bene il senso del racconto, i particolari e la struttura. Mi riempie di gioia essere stata compresa così profondamente, grazie ancora.

  9. Salve Anita, mi piace il tuo racconto per la scrittura fluida e per i sentimenti che contiene.
    Anche se facilmente intuibile il significato della scatola blu, la storia coinvolge ed emoziona. Brava.

  10. Grazie Pasqualina, hai ragione. Forse dovrei mantenere più mistero attorno al contenuto della scatola. Grazie del commento e del consiglio.

  11. Un racconto tutto al femminile, ma determinato dalla pochezza delle sue figure maschili.
    Un mondo dove non c’è spazio per la categoria “varie”, non è un mondo perfetto.
    Lo può solo apparire, almeno finché Rosaria non troverà il coraggio di spedire quella lettera e aprire la scatola dove il suo tempo di donna ha finito per restare imprigionato.
    Rosaria per essere figlia e moglie ha rinunciato ad essere donna e madre, come tante (troppe) altre Rosarie.
    Mi è piaciuto tantissimo, come racconto, ma ancor di più come poesia.
    Una magnifica poesia sul dolore nascosto di tutte quelle donne che non hanno deciso niente della loro vita, ma che tengono in “perfetto” ordine i contenitori (colorati) delle vite degli altri.
    Complimenti sinceri e vivissimi.

  12. Grazie Luca, davvero, mi piace molto la tua analisi di questo mio racconto e te ne sono grata.

  13. Pelle d’oca! E malinconia! Penso anch’io che sia un racconto intriso di poesia e per come vedo io il bel gesto di scrivere regalare a qualcuno questa sensazione è già un bel risultato. Di poesia non ce n’è mai abbastanza e se qualcuno riesce a trovarla in una vita tutto sommato anonima vuol dire che è proprio bravo. Brava!

  14. Grazie mille per il commento, Ugo, sono contenta che le emozioni che ho cercato di trasferire nel racconto ti siano arrivate…

  15. Il tuo racconto Anita arriva dritto al cuore… mi sono ritrovata a fare il tifo per Rosalia, a sperare che prendesse finalmente ” quella” decisione, lei che non ” ha mai deciso niente”…
    Bellissimo.
    Tiferò per te.

  16. Grazie mille, Mariangela!
    Hai ragione, è tutta in quella frase la storia che ho raccontato…

  17. Una storia che ti sa prendere il cuore, delicata, intensa e scritta molto bene. Complimenti

  18. Grazie, Laura. Davvero.

  19. Anita, un racconto doloroso e alla fine amaro. Potrebbe esserci un filo sottile di speranza, ma alla fine si spezza a causa della vulnerabilità e dell’immobilità della madre (o della vita stessa). Le scatole non sono come una matrioska (una dentro all’altra avvinghiate e tenute insieme), ma separate da colori e diciture diverse (impossibilitate a stare unite e ad avere uno scambio tra di loro). Molto brava.

  20. Grazie davvero, Elena. Hai inteso perfettamente lo spirito del racconto

  21. Grazie mille, Mariangela. Hai ragione, quella frase condensa tutto il succo della storia…

  22. Un racconto bello e struggente.
    La scatola blu racchiude un evento di cui Rosalia vorrebbe conoscere il volto e la storia. Rosalia in fondo “non dice” ma non nasconde nulla, la scatola blu è a disposizione di tutti se solo ci fosse interesse. Al di fuori degli schemi e dei ruoli incasellati dentro scatole della normalità ne esiste una indefinita (Varie) che potrebbe offrire una opportunità di valori e amore alla sua famiglia se solo la protagonista avesse il coraggio di decidere almeno una volta nella vita non preoccupandosi delle convenzioni.

  23. Anna Rosa, grazie. Mi piace la tua analisi: la scatola è lì, a vista e tutti potrebbero sapere se provassero a leggere negli occhi di Rosalia…

  24. Molto delicato, fa riflettere e commuove assieme.
    Molto brava!

  25. Grazie per le belle parole, Anna.
    Gentilissima

  26. Un racconto scritto molto bene, complimenti.

  27. Grazie Ilaria, il tuo commento mi rende molto felice!

  28. Complimenti, Anita, un racconto di grande sensibilità che può essere letto come illustrazione di una delle più potenti forze della natura – l’amore materno – come pure dei pregiudizi che hanno afflitto la nostra società fino ad anni non troppo remoti. La tua protagonista si pone al confine fra antichità e modernità. Brava!

  29. Grazie mille per il tuo generoso commento, Giada.

  30. Mi è piaciuto molto Anita il tuo racconto che parte dall’elencazione delle scatole colorate e arriva a sollevare un lembo su uno squarcio vero di vita. Che dolore immaginare questa donna stretta tra il dolore infinito di una perdita imposta con la violenza e l’incapacità di rompere l’omertà e l’insensibilità che la circonda per provare a riparare quella perdita.
    Che brava! Complimenti per la tua anti-eroina moderna.

  31. Simona, grazie per questo bel commento. Hai riassunto in una parola l’essenza di Rosalia. Lei è un’anti-eroina, come tante ce ne sono oggi, ma che speriamo si salvi prima che sia troppo tardi!

  32. Un segreto terribile chiuso in quella scatola. Il dramma di Rosalia descritto con delicatezza. Il racconto mi è piaciuto molto. Brava.

  33. Grazie mille Luca, per il tuo graditissimo commento.

  34. Bello!

  35. Grazie Barbara, gentilissima!

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