Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2010 “Le nozze in volo” di Francesca Giulia Marone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

      E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete realmente.                                                     

           Sulla morte di Kahlil Gibran

 Leopoldo Lentino era un ragazzo  semplice, tanto semplice che spesso i suoi genitori si domandavano se avesse tutte le rotelle a posto, ma poi non erano in grado di darsi la risposta perché erano più semplici di lui.

 La famiglia Lentino viveva in un casolare in campagna lontano da Perugia con un orto, una stalla e un trattore che fungeva anche da automobile per i rari spostamenti. Fu quello il mezzo che usarono per arrivare il giorno delle nozze. Leopoldo era sempre stato un tipo poco avvezzo alla comunicazione, spesso si ritirava nella stalla dove aveva una certa confidenza con gli animali, in particolare le mucche, che si ostinava a mungere personalmente con le sue dita lunghe ed ossute.   

  La sua preferita era tale mucca Teresa, quella pezzata venuta dal Trentino, come quella della pubblicità della tavoletta di cioccolata  vista sui cartelloni delle città vicine, quando si andava a vendere il latte.

 Per Leopoldo quelle foto erano state un po’ come una folgorazione, come se avesse visto una bella donna , un’attrice o una cantante famosa, da quel momento lui non pensava più che alla mucca pezzata, perciò diede fondo ai risparmi per farsene arrivare una tale e quale dalle montagne del Trentino.

  “Sei pazzo figlio mio” scuoteva la testa bianca sua madre, mentre pensava che sarebbe stato meglio far arrivare una moglie, ma non immaginava se avesse potuto sceglierne una somigliante alla mucca Teresa.

 Con Teresa, Leopoldo si intratteneva fino al tramonto a parlare delle cose della vita che per lui rappresentavano le meraviglie e le disgrazie dei campi e del clima. Leopoldo le sussurrava all’orecchio cose strane, lui diceva che inducevano la mucca a dare latte più buono.

 La gente del paese vociferava su quegli incontri nella stalla.  Perciò fu per tutti ancora più strano accogliere la notizia delle nozze dello strampalato Leopoldo con una signora benestante, un pomeriggio di ottobre dopo che si erano conosciuti alla sagra del cinghiale.

 La marchesa Colomba Furia, con la decisione delle nozze imminenti, aveva suscitato grande scalpore in paese, non perché fosse bella o particolarmente interessante ma perché aveva già avuto tre mariti  morti tutti e tre di morte misteriosa.

 Colomba aveva una posizione economica invidiabile: un capitale accumulato mettendo insieme le fortune dei precedenti mariti e con una sana amministrazione delle ricchezze oggi possedeva ville, casali, terreni, quadri pregiati e mobili antichi, gioielli e cassapanche stracolme di merletti e tulle francese.

  Si addobbava come un albero di Natale a festa, trini e merletti decoravano i suoi fianchi larghi oramai arrivati alla taglia giusta per farsi realizzare gli abiti a mano dalle sartine della città. Metri e metri di indicibile morbidezza la avvolgevano.  Colomba Furia pesava più della mucca Teresa.

  Forse fu la stazza, o forse i seni prominenti come un davanzale imbottito che ricordarono a Leopoldo l’odore di Teresa, le mancavano solo le macchie latte e caffè. Quando la vide alla sagra del cinghiale Leopoldo fu certo a prima vista che con lei sarebbe stato più felice che con la mucca  Teresa.

 Colomba Furia lo scelse come si compra un cavallo da corsa, gli guardò dentro la bocca infilando le dita grassocce e rosee, gli strinse forte la mano magra quando gli comprò un panino con la salsiccia di cinghiale.

  Le cadde un pezzetto di cinghiale nella scollatura dell’abito di merletto venuto da Parigi  e in quell’abisso di carni affondò lo sguardo di Leopoldo Lentino, poi sentì una fitta al cuore, pensando a Teresa sola nella stalla.

  Al matrimonio i Lentino arrivarono con il trattore che puzzava di fieno e sterco, Leopoldo indossava un abito grigio che era stato di suo padre e sembrava più uno spaventapasseri che uno sposo, gli occhi vuoti fino a quel momento ora pieni di stupore per le cose che via via apparivano ai lati della strada mentre il trattore marciava verso la chiesa di San Gaudenzio.

  Colomba si era fatta ricoprire i larghi fianchi da metri di tulle e doppio strato di organza, che la facevano assomigliare a una meringa gigante. Le guance erano di un rosa sfacciato e la bocca  incorniciata da una peluria tenera ricordava la pelle dei conigli appena nati. Il lungo strascico come un torrente di acqua fresca scorreva per il corridoio della chiesa di San Gaudenzio e le donne al suo passaggio intonavano un lungo “oooh”.

 Colomba non badò a spese, si disse in paese che nessuno dei suoi precedenti matrimoni fosse  stato così fastoso.

 Nella sala dal chiostro maiolicato sotto lo sguardo benevolo della statua di san Gaudenzio, si allungava uno smilzo ed infinito tavolo fratino tappezzato da vassoi di conigli e polli, piccole zuppiere con cacciagione e larghi piatti da portata con melanzane imbottite, peperoni impertinenti, patate al rosmarino, carote al burro, intagliate come fiori di campo fra goccioline di rucola e cicoria selvatica. Damigiane dai colli inclinati versavano vino rosso come l’amore nei calici degli invitati, i quali spiavano il tavolino degli sposi cercando di intravedere il volto di Leopoldo completamente coperto dalla figura di Colomba.  Quell’unione così insolita avrebbe dato argomenti per almeno tre inverni a venire alle donnine del paese.

 Si ballò e si cantò fino a tarda notte. La marchesa fece un giro dei tavoli barcollando per il peso del tulle e del cibo ingerito, a tutti dava un sorriso e un fiore di confetti di cioccolato bianco e morbido come il suo strascico.

  Leopoldo la seguiva muto, guardava come punto di riferimento le mammelle giganti che fuoriuscivano ad ogni piegamento in avanti di Colomba.

 Era sicuro che avrebbero fatto più latte di Teresa. Finalmente li accolse la camera privata con il grande letto nuziale a baldacchino fatto fare a misura dal maestro Totonno, abile artigiano del paese, omaggio per le nozze da parte della famiglia Lentino. La struttura era stata rinforzata da assi in  ciliegio  a doppio strato per sostenere il peso di Colomba.

 Quella notte avrebbe sostenuto il doppio peso degli sposi insieme. Fu un viaggio di nozze indimenticabile per tutti.

 Li trovarono l’indomani dopo le ripetute chiamate della governante con la colazione fredda nei vassoi. Colomba era riversa a pancia in giù ancora avvolta nei metri di tulle e merletti scomposti sulle cosce grasse e lisce, la crocchia scura sciolta sulla nuca leggermente sudata e fredda e le mani aperte a ventaglio sulla fronte di Leopoldo.

 Lui era sommerso nel mare bianco dell’abito di lei e aveva il volto sorridente fra i seni gonfi. Pensarono ad un infarto della marchesa e al conseguente soffocamento di Leopoldo, poi il dubbio fu in quanti avrebbero dovuto tirarla su da lì.

 Fu una vera sorpresa, quando li sollevarono dal letto, scoprire che  non solo Colomba non era mai stata così leggera in vita sua, pareva librare come un uccello nel cielo, sotto il vestito da meringa portava uno strano completino intimo, color latte e caffè, come le mucche del Trentino. Ancora se ne parla a San Gaudenzio i pomeriggi ai tavolini del bar in paese, mentre dai monti occhieggiano le mandrie latte e caffè. Sospese come fra le nuvole del cielo.

 

 

 

 

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12 commenti »

  1. Che bel modo leggero di raccontare una bizzarra storia d’amore. Un racconto soffice e delicato. Grazie,

  2. Ti ringrazio molto del tuo apprezzamento.Certe volte si possono raccontare sentimenti e sensazioni profonde mantendosi leggeri,era ciò che mi auguravo di fare.Grazie a te.

  3. Molto ben gocato tra levità e pesantezza. Complimenti

  4. Grazie mille Andrea,sono felice che ti sia piaciuto.

  5. Un’“insolita unione” che presenta aspetti sui quali si ironizza con una delicatezza che non può non divertire, strappare un sorriso che rende belle e sdrammatizza le brutture e la fine dei due amanti. Scrittura sobria e chiara. Bello!

  6. Ti ringrazio del commento Manuela,sono entusiasta della lettura che hai dato al mio scritto,è proprio così:l’intenzione era di strappare un sorriso,uno sguardo ironico su alcuni aspetti della vita che diversamente dalle situazioni da me descritte potrebbero essere nella vita di tutti i giorni.Sappiamo bene che,benchè sia difficile e non a portata di tutti, un uso sapiente dell’ironia può giovare molto non solo nella scrittura ma nella vita stessa!Ti leggerò con piacere e lascerò il mio pensiero.
    grazie di cuore per il tuo apprrezzamento.

  7. Il racconto è originale e divertente. Il finale mi aveva lasciato qualche perplessità, ma rileggendolo l’ho apprezzato, riesce a rendere “leggera” e un po’ irreale anche la morte. Complimenti

  8. Bello, ironico e poetico.

  9. Racconto ironico e poetico. A tratti commovente . Questa storia non ha bisogno di essere vivacizzata dai dialoghi che sono superflui. E’ deliziosa così com’è. Brava, ti auguro di vincere.
    Paola Cavallari (grazie per il tuo commento al mio corto)

  10. Ringrazio di cuore Annamaria,Silvia e Paola per i commenti sulla mia storia.Sono veramente felice che vi sia piaciuta al di là di ogni raggiungimento finale di vittoria o meno, mi sono divertita a scriverla!

  11. Molto gradevole e leggero.
    Ciao Francesca

  12. Mi ha ricordato un pò il sonaglio di camilleri…mi è piaciuta la tua ironia nella scelta dei nomi dei protagoniti, Leopoldo lentino e Colomba Furia, la scrittura fluida e curata.
    Si ride e si riflette nel contempo. Complimenti
    Carmina Trillino

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