Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Il Mostro della Musica” di Alberto Ciampi (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Giuditta, Rebecca e Maddalena erano tre ragazzine che frequentavano un corso di chitarra in una scuola di musica di Livorno. Anche se erano amiche, la competizione tra loro era molto accanita e ognuna sperava di essere la più apprezzata al saggio di fine anno.

L’evento tanto atteso si avvicinava e una settimana prima fu organizzata una prova generale. Ognuna delle tre era convinta di essere preparata ed eseguì il proprio brano di fronte alla piccola platea degli insegnanti: il risultato fu un vero e proprio strazio. I custodi della scuola e gli altri allievi che si trovavano nei pressi della sala scappavano per non dover ascoltare quell’accozzaglia zoppicante di note stentate e accordi sbagliati. Al termine di quella penosa esibizione, le tre ragazzine si misero a discutere su chi avesse suonato meglio, ma furono interrotte dai loro rispettivi maestri: ognuno aveva da dire la sua per cercare di salvare il salvabile e sperare che nei pochi giorni a disposizione le loro allieve si prepararassero in modo da evitare una figuraccia al saggio vero e proprio.

Il maestro di Giuditta era il più pignolo della scuola. “Suoni in modo troppo teso e sgraziato!” le disse. Continuò poi con una lunga serie di spiegazioni e raccomandazioni sulla respirazione da controllare, la tensione muscolare da eliminare e sull’interpretazione musicale da curare.

Il maestro di Rebecca era noto per la sua tremenda severità. “Il tuo suono è troppo debole, non ha volume! Già in seconda fila non si sentiva niente!” sentenziò. Seguì un lungo sermone sulla postura, sulla corretta posizione della mano sinistra e della destra, sull’inclinazione delle dita rispetto alle corde.

Il maestro di Maddalena, il professor Pandolfi, era considerato da tutti un po’ svitato. A lui toccavano gli allievi senza tante pretese, ma alla fine anche loro ai saggi finali se la cavavano, tanto quanto gli altri e a volte anche meglio, e quindi in un modo o nell’altro la scuola di musica continuava a tenerlo in servizio.

Il professor Pandolfi parlò con grande serietà a Maddalena ed alle sue amiche: “Sì, forse il problema è anche quello che vi hanno detto loro. Ma non solo … C’è qualcosa di più importante: si tratta del Mostro della Musica! Vi perseguita, evidentemente!”

Giuditta e Rebecca chiusero lì il discorso e se ne andarono via sghignazzando, Maddalena invece rimase e chiese spiegazioni: “Che cos’è il Mostro della Musica?” Dopotutto si era affezionata al maestro Pandolfi e cercava sempre di essere educata con lui, anche quando se ne usciva con una delle sue stramberìe.

Pandolfi rispose a bassa foce, quasi sussurrando: “È il mostro che si annida nel buio della buca delle chitarre, tra i martelletti dei pianoforti, ed anche nelle valvole degli amplificatori! È lui che fa saltare le accordature, che rompe l’ancia del clarinetto, che fa perdere il plettro proprio quando serve! È lui che spaventa i musicisti rock a tal punto da spingerli a sfasciare le loro chitarre sui palcoscenici! È quello che rattrappisce le dita dei musicisti, che ghiaccia le gole dei cantanti, che annebbia la creatività dei compositori, perché odia la musica. E non per questo ama il silenzio, no! Perché anche il silenzio è piacevole. Ama piuttosto i rumori, ma non tutti: lo scorrere dell’acqua, il frusciare del vento tra i rami di un albero, non possono essere musica meravigliosa? Anche un frullatore, se usato a modo, può fare musica! Il Mostro ama solo tutto ciò che è rumore fastidioso, inopportuno, sbagliato. Se ti piace, non viene da lui. Se ti fa venire il mal di testa, è lui! E se ti perseguita, è un grosso problema: Maddalena, devi sconfiggerlo se vuoi riuscire a suonare davvero bene … ma non sarà facile!”

Maddalena ascoltava il suo maestro convincendosi sempre di più che era davvero svitato, ma chiese comunque, cercando di mascherare tutto il suo scetticismo, come doveva fare a sconfiggere il Mostro della Musica.

“Devi trovarlo e interrogarlo: poi devi fare tutto il contrario di quello che ti dice. Attenta! Cercherà di ingannarti in ogni modo!” concluse Pandolfi. Maddalena se ne andò a casa sconsolata.

Ognuna delle tre amiche decise di prepararsi per il saggio a modo suo.

Giuditta era sempre stata molto sicura di sé: pensava di essere la più brava e nessuno avrebbe potuto convincerla del contrario. Il suo maestro e tutti gli altri evidentemente la criticavano per partito preso, o per invidia. Davvero pensavano che suonasse la chitarra con troppa tensione? Davvero giudicavano non aggraziati i suoi dolcissimi arpeggi? Giuditta non ebbe dubbi: pensò bene di rilassarsi e per una settimana non toccò la chitarra. Passò tutti i pomeriggi al mare con i suoi amici, convinta che staccare un po’ era tutto quello che le serviva per trionfare.

Rebecca era la più logorata dall’ambizione: non le interessava un gran ché la musica, desiderava solo fare meglio delle amiche. Doveva imparare a suonare più forte e aveva poco tempo: come poteva fare? Pensò di mandare al diavolo tutti i complicati consigli del suo maestro: lei aveva bisogno di risultati subito. Andò sugli scogli in riva al mare, con la sua chitarra, e si mise a suonare, ogni giorno per ore, mentre il mare era mosso ed i cavalloni si abbattevano sulle rocce con grande frastuono. Suonava con foga, cercando di superare il rumore delle onde. Era sicura che allenandosi in quel modo l’avrebbero sentita in tutta Livorno!

Maddalena, anche se credeva poco alle parole del professor Pandolfi, volle togliersi ogni scrupolo: tolse le corde alla sua chitarra e infilò una mano nella buca della cassa, tastando con cautela in cerca del Mostro. Ad un certo punto sentì un morso sul dito mignolo e ritrasse la mano con un grido: “Ahi! Allora è vero!”

Nel buio della buca intravide due occhietti cattivi. Fu tentata anche lei di sfasciare la chitarra come i musicisti rock, ma si trattenne e provò a parlare col Mostro: “Chi sei?”

Dalla chitarra venne una voce sibilante: “Mi chiamano il Mostro della Musica, ma è solo invidia! Io conosco la musica, la conosco bene! Se vuoi fare bene il tuo saggio devi fare come ti dico! La prima regola è questa: devi esercitarti di più, fannullona che non sei altro! Fino allo sfinimento! Fino a farti sanguinare le dita! Solo così si raggiunge la perfezione!”

Il Mostro tacque e sparì. Maddalena, sconcertata, ripensò alle parole del maestro Pandolfi: doveva fare il contrario di quello che le era stato detto. Eppure sembravano parole sagge! Come poteva prepararsi per il saggio senza esercitarsi? Rifletté a lungo sulle parole del Mostro. Aveva detto di esercitarsi di più: forse, per fare il contrario, bastava che lei si esercitasse di meno. Normalmente ogni giorno Maddalena suonava la sua chitarra per un’ora: ridusse il tempo a mezz’ora ed in quella mezz’ora si esercitò con una passione rinnovata, perché suonare la chitarra le piaceva davvero e avendo così poco tempo a disposizione cercava di gustarsi ogni momento. Dopotutto, pensò, non ci si prepara mai abbastanza, ma solo quanto il tempo consente.

Dopo un paio di giorni, proprio mentre Maddalena si esercitava, il Mostro si riaffacciò alla buca della sua chitarra e parlò con la sua voce sibilante: “Non stai seguendo il mio consiglio, sciagurata! Per tua fortuna sono generoso, quindi ti darò un altro suggerimento: rileggi quel benedetto spartito! Ci sono un’infinità di particolari che non hai notato. Le legature, i ‘piano’, i ‘forte’: stai sbagliando tutto!” Detto questo, il mostro sparì di nuovo. Maddalena sapeva che non doveva ascoltare il Mostro, anzi doveva comportarsi in modo opposto, ma come poteva suonare senza spartito? Ebbe un’idea: cercò allora una registrazione del brano che doveva suonare e la ascoltò molte volte. Che bello! Fino ad allora quel pezzo non le era piaciuto un gran ché: lo suonava più che altro perché il maestro Pandolfi lo aveva scelto per lei. Invece ascoltandolo imparò per la prima volta ad apprezzarlo. Si sorprese a canticchiarne la melodia sempre più spesso, soprattutto le parti che le piacevano di più, e ben presto lo seppe tutto a memoria. Lo spartito non le servì quasi più a niente, dato che suonava con molta più naturalezza adesso.

Arrivò infine il giorno del saggio. La prima ad esibirsi fu Giuditta, che dopo un paio di note ebbe un vuoto di memoria e si bloccò. Diventò rossa, entrò in confusione e non riuscì a ripartire. Dovette andarsene con un diavolo per capello per la brutta figura. Dalla buca della sua chitarra proveniva, quasi impercettibile, una risata.

Fu quindi la volta di Rebecca, e al suo primo accordo il pubblico balzò sulle sedie: il suono era forte, ma così grossolano e sguaiato che all’insegnante si drizzarono i capelli. Per fortuna l’esibizione fu breve: a causa dell’eccessiva pressione, una corda della chitarra di Rebecca si ruppe. Fu frettolosamente cambiata, in modo che lei potesse riprendere l’esibizione. Poco dopo se ne ruppe un’altra. Fu trovata un’altra chitarra: anche a quella saltò una corda dopo un paio di accordi. A Rebecca non restò che abbandonare il palcoscenico in preda alla rabbia. Nella cassa della sua chitarra il Mostro era al settimo cielo!

Toccò infine a Maddalena, e lei ebbe una fitta al cuore: era terrorizzata! Se le cose erano andate male alle sue amiche, per lei sarebbe stato un completo disastro! Proprio in quel momento, come se non bastasse, il Mostro della Musica si manifestò un’altra volta. La guardò con i suoi occhietti cattivi e le sussurrò: “Non suonare! Non sei pronta: commetterai sicuramente qualche errore! Non suonare e risparmiati questa brutta figura davanti a tutti. L’anno prossimo andrà meglio, fidati!”

Pensando al maestro Pandolfi seduto in prima fila, Maddalena si fece coraggio: fece un bel respiro, si aggiustò il vestito, prese la chitarra e salì sul palco. Come per magia, quando fu seduta con la sua chitarra, nervosismo e terrore si trasformarono in euforia. Si sentì al proprio posto: non era lì per superare le sue amiche, ma solo per suonare. Lo fece con gioia: incappò in qualche piccolo errore, ma lo superò con naturalezza, suonando con grande espressività.

Dopo l’ultima nota, appoggiò delicatamente la mano destra sulle corde: nella buca della chitarra, illuminata dai riflettori, non si vedeva altro che le venature del fondo di legno.

Maddalena si alzò in piedi, sorrise e fu sommersa da una valanga di applausi!

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7 commenti »

  1. Questa è musica per i miei occhi!
    Sinfonia pura!
    Ma quanto mi piacciono questo racconto e il maestro Pandolfi, considerato un po’ picchiatello mentre è un insegnante di vita, ancor prima che di chitarra. Se evidenziassi i passaggi che vorrei far leggere agli allievi di qualsiasi disciplina, lo schermo diverrebbe giallo fosforescente.
    Scrivi benissimo Alberto, narri una bella storia ricca di significati e che induce riflessioni. Tipo… esiste anche un mostro dello sport, della scuola, della vita… ecc ecc…

  2. Alberto, bello questo racconto con lo strampalato maestro Pandolfi! scritto bene, equilibrato nello spazio che dedichi ai vari personaggi, lieve ma profondo; insomma, Marcella ha già detto tutto!

  3. Ciao Alberto, sei stato bravissimo a trasportare nel contesto di una moderna fiaba per bambini un complesso di temi “densi” come l’invidia, l’impegno e la dedizione. Potrà essere sicuramente istruttivo per molti piccoli e chiarire le idee anche a parecchi adulti 🙂 inoltre, riuscita e divertente l’ambientazione!

  4. Marcella, Paola, Giada, vi ringrazio moltissimo per i vostri generosi commenti!

  5. Alberto,

    il maestro Pandolfi è veramente un idolo, magari potessi farmi insegnare chitarra da lui!

    Tra i tanti pregi di questo bellissimo racconto, ho apprezzato particolarmente la morale di fondo, che si svela poco prima dell’inizio del saggio di Maddalena: non suonare per ambizione, successo o competizione, fallo solamente perché la musica può renderti felice.

    Già, perché in fondo si tratta proprio di questo: completarsi con la bellezza e la forza dell’arte.

    Bravissimo.

  6. Grazie Lorenzo del tuo commento: mi fa piacere anche perché hai scritto anche tu un affascinante racconto a sfondo “chitarristico”!

  7. Questo racconto, Alberto, mi ha divertito molto: il personaggio del mostro-diavoletto è davvero azzeccato… come ben sa chiunque strimpelli uno strumento!

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