Premio Racconti nella Rete 2010 “Appuntamento in sauna” di Daniele Poto
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Eh si, effettivamente la Finlandia era servita a qualcosa. Gran paese in tutti i sensi. Coscienza civile e democratica, la vecchina che raccatta il biglietto da 10.000 perso nella piazza principale di Tampere e ti insegue e te lo riporta. Ma non solo quello. Per fortuna. Paolo sogghignò con una smorfia incontrollata sbagliando la facile volèe d’attacco su un’incredibile palla corta del ragioniere Ravetta, paziente partner delle sue scorribande tennistiche.
<Ma dove ce l’hai la testa?> Si, l’appunto era più che meritato. Ci avrebbe messo più attenzione. <Te la do io la Finlandia>- snocciolava il suo monologo interiore. Palla al centro e pedalare. La grinta era efficace solo se ben indirizzata, come in tutte le cose. Alzò di due metri sopra la testa la pallina ormai tutta arruffata- simile alla sua buffa capigliatura quando si levava al mattino- La marchiò con il sacro fuoco della rabbia e ne venne fuori un ace imprendibile. <Prendi questo Ravetta, 30-15>. La prossima l’avrebbe giocata diversamente. Finse di caricare il servizio ed invece improvvisò una palla corta giocata all’altezza della rete. Ravetta partì con ritardo, con lo slancio di una marmotta assonnata che esca dal letargo. Rischiò di travolgere la rete per la furia di quel disordinato gesto agonistico, poi si avviticchiò su se stesso come il manuale non prevedeva e riuscì a rispondere con una palla naif ma più che una palla uno straccio bagnato, lento e prevedibile proprio al centro del campo. Paolo ebbe tutto il tempo di preparare un passante che, per il livello dei colpi esibiti in quella partita, sicuramente si poteva definire micidiale. <Non è un passante, è una bomba>- commentò divertito mentre Ravetta sembrava uscito da un film comico mentre si girava alle spalle e guardava il <tonf> della piccola maledetta sfera. 40-15 l’ora di finirla. Terza variazione sul tema ovvero come ti sistemo il maldestro del Circolo Tennis Brunetti. Il servizio numero tre di questa storia ormai da concludere era una bizzarra sintesi dialettica dei primi due. Più veloce del secondo, più lento del primo. Però liftato. Qualcosa che Ravetta non aveva ancora assimilato. Il goffo recupero provocò un pallonetto ad altezza-cielo. La palla ricadde lenta e morbida dove Paolo l’aspettava ma dieci centimetri fuori dalla riga.
Tutto funzionava bene, un giorno fortunato. <Gioco, partita ed incontro- sibilò il vincitore con la solita malignità- Ravetta, ti ho schiantato 6-3 6-1. Ora cosa gli racconterai ai tuoi figli? Che papà non è più il numero uno, tutto qui…>.
Un’occhiata all’orologio: 10.02. Tutto il tempo per rimettersi un po’ in arnese ed incontrare il caro Annibaldi. Scivolò al tabellone per ritrovare le classifiche sociali del circolo: Cipriani numero quattro. Poteva starci, tra 200 iscritti. Annibaldi appena sopra, n. 3. Ma in posizione non tanto stabile- pensò. Snocciolava il tennis di chi è fresco di lezioni. Tanta accademia che è fumo ma l’arrosto lo metto io. Io corro, recupero, m’incazzo anche. Perché mi piace vincere ed il barone De Coubertin sapete dove possiamo mandarlo? Grande merito però all’Annibaldi. Lo aveva portato lui lì per la prima volta ed era stato il più paziente compagno di singolo delle prime armi. Due anni prima Paolo era sceso per la prima volta in campo.
Per sei mesi erano state continue umiliazioni. Perdeva nettamente contro Annibaldi e se riusciva a guadagnare due games in due set persi era già grasso che colava. Poi aveva supplito con una specie di straordinari. La mattina dosi di cinque o dieci chilometri di footing. Un doping in piena regola e che faceva bene alla salute e che aveva riequilibrato i rapporti di forza. Ora Paolo si ritraeva spesso davanti al bicchierone di whisky delle sue serate romane o ad ore troppo piccole.
La sindrome dello sportivo gli era entrata dentro, come un interesse esclusivo di mezz’età. Però ora con Annibaldi e gli altri erano battaglia al terzo set e conclusione al 7-5 per l’uno o per l’altro. Insomma, tanto amore era stato ricompensato. Ed eccotelo lì davanti l’Annibaldi con l’aria di chi al telefono parla con Cristo, un modellino, ben pettinato, non un pelo di barba, un pollo di allevamento, l’aria del socio fondatore del circolo.
<Annibaldi, oggi ti farò provare un’emozione nuova- lo affrontò Paolo- E’ la grazia di Dio, guarda! Io l’ho scoperta in Finlandia ed è diventata una droga. Se riusciamo a resistere là dentro tutte le mattine una mezz’oretta torniamo al nostro peso forma ed in campo balliamo meglio di Hewitt>.
<Guarda, ho letto che è un errore pensare che lì dentro si possa dimagrire- obiettò linearmente Annibaldi- Però è vero che ti risucchia tutte le tossine, tutto quello di negativo che hai nel corpo. Io dovevo andarci piano, non sono proprio tutto in ordine…>.
<Ecco, l’unica cosa che ha di meno questa sauna rispetto alla Finlandia sono le donne- replicò Paolo- Lì è tutto giustamente promiscuo. E’ rilassante, tanto poi non succede niente perché quando sei dentro poi ti giuro che pensi a tutto meno che a quello. Uomini e donne sono tutti eguali, almeno lì. In Giappone ci fanno gli appuntamenti d’affari. E secondo me conviene a qualcuno. Perché chi è più grosso lì è talmente imbastito che difficilmente combina qualcosa di buono>.
Superarono il bar, la mensa, gli uffici del segretario, entrarono nella palestra deserta e si bagnarono appena i piedi nella piccola piscina di otto metri alla cui estremità, svenuto come un morto, stava Bellotti, sedia a sdraio, aspetto, appunto, cadaverico, una brutta immagine di salute, una cattiva pubblicità per la sauna. <Se ci si riduce così, io neanche entro là dentro- commentava Annibaldi- Il medico mi ha detto di non esagerare>.
<Eh, lo so- lo controllava Paolo con l’aria di chi la sa lunga e fa il pioniere di un nuovo esperimento- Ma ci stiamo dieci minuti tutti e due non sbagliamo. So anch’io quello che si deve e non si deve fare>. Bellotti neanche li salutò. Grugniva e si lamentava, quel maiale. Almeno avesse fatto presto a togliersi dai piedi.
<Ingegnere, dopo di lei>- scherzava Paolo.
Annibaldi entrò con il passo di Lord Brummel, si levò l’accappatoio e rimase nudo come mamma lo aveva fatto circa 35 anni prima. Paolo richiuse la porta della sauna su un oceano di calore. Dietro la grata, da carcerati, scorgevano il Bellotti che stava riflettendo sulla tristezza della vita, davvero una pessima pubblicità per la sauna.
<Annibaldi, sai che mi sento maturo per batterti in due set- provocò Paolo per passare il tempo- Due anni fa ero una tua facile preda. L’anno scorso abbiamo incominciato ad arrivare ai tre set. Quest’’anno ho vinto più di te ed ora vorrei che non ci fosse più partita…>.
Goccioline, goccioline. I pori si aprivano, la pelle respirava. E le frasi erano sempre più brevi nella sauna per non sprecare invano fiato. Paolo sr era accorto di avere un’ottima resistenza al calore. La schiena ancora non versava centilitri di restituzione acquosa . Si guardò allo specchio, perfettamente lucido. E Annibaldi: <Non l’avevo mai voluto provare prima. Sai, ho paura che mi possa debilitare. E nella mia giornata non ci sono troppe ore ed energie da sprecare>.. Paolo si alzò, di fronte ad Annibaldi ed andò al caminetto, la fonte calorica della sauna. Smosse con l’attizzatoio le pietre roventi. Il termometro indicava 90°. <Un altro po’ e ci siamo- annunciò con tono falso- Possiamo buttare la pasta e farci due spaghetti al dente. Erano entrati alla 10.30 ed Annibaldi, impaziente,già scrutava l’orologio, cercava una via di fuga, materiale e spirituale. Le goccioline dalla sua schiena facevano a gara nello scendere giù a precipizio, quasi che ci fosse un premio per quella che arrivava prima.
<Ne hai di grasso da smaltire- disse Paolo- Raschiandogli la schiena, come risvegliandolo da un brutto sogno- Forse hai bisogno di restarci tutta la vita qua dentro. Non ti senti già meglio? Basta con i grassi inutili>. Annibaldi lì dentro non sembrava quel mostro di sicurezza a cui si atteggiava nella vita di tutti i giorni. Apriva la bocca ad ondate regolare, come a cercare un ossigeno che non trovava.
<Tra un po’ ti portiamo la bombola>- osservò impietosamente Paolo.
<Mi puoi dire che ore sono e quanti gradi abbiamo toccato- gli chiese Annibaldi con una voce all’Alberto Lupo prima dell’incidente.
<10.42 per servirla e temperatura quasi 100°- annunciò il virtuale cuoco di bordo- Ora si che incominciamo a divertirci>.
<Mi sa che tra un po’ ti lascio solo- si scusò anticipatamente Annibaldi- Io sono già cotto>.
<Se sudi così vuol dire che hai ancora molto da smaltire- fu la replica- Direi che ti porti addosso quattro-cinque chili in più e qui puoi lasciarne almeno un paio>. Paolo adesso era nervoso e nonostante che una fiacca incombente stesse prendendo il sopravvento sulle sue energie, si spostava dalle pietre roventi all’oblò per constatare se, bene o male, Bellotti avesse abbandonato la posizione di relax, riguadagnando zone più nobili del circolo.
In Finlandia Paolo si era abbonato a dosi di almeno 45 minuti di sauna quotidiana. Andava e veniva per rate di un quarto d’ora. Si stendeva sul lettino, abbreviava progressivamente i tempi di recupero. Dopo il bagno ghiacciato ed un po’ di cyclette, riprendeva la strada della sauna ed, incredibilmente, trovava all’interno del distinti professionistici nordici che erano entrati con lui e non erano mai usciti. Poi c’era un timo di meditazione che rendeva più lento il passare del tempo.
<Se riesci a pensare profondamente ai fatti tuoi, resisterai molto di più>- ricordò Paolo ad Annibaldi. Goccioloni, goccioloni.
<Ed io invece sto pensando al mio medico curante, al dottor Sarti, lo conosci?>.
<E come no!- si divertì Paolo
<Sai che è lui che tiene sotto controllo la mia tachicardia. E’ una malattia strana, quasi comoda rispetto ad altre perché non si manifesta quasi mai. Però ho dei limiti sul tennis e sulla sauna. Sarti mi ha dato le dosi, non posso permettermi di esagerare>.
<Magari ti avrà raccomandato di non starci più di un quarto d’ora dentro la sauna>- aggiunse Paolo non lasciandogli neanche finire la frase.
<Si, proprio così ma tu come fai a saperlo?>. Qualcosa rise dentro la cassa toracica di Paolo. <Già, come faccio a saperlo?>. Ma se proprio di lì era partito tutto. Annibaldi a volte era ingenuo, si fidava troppo. Gli era costata tre inutile ore a tennis quell’informazione ed il suo perfezionamento. Già, Sarti, gran medico, pessimo giocatore. Poi per non insistere si era rivolto ai manuali ed al consigli di altri medici, come se la tachicardia fosse la sua malattia, lui che scoppiava di salute -e si vedeva- dentro la sauna.
Annibaldi ora sembrava un bambino preoccupato. Non aveva la forza di reagire, di porsi degli interrogativi maliziosi. Ora più che sudare era un’autentica doccia umana, il capello scarmigliato, lo sguardo da pesce fradicio. Ma a Paolo non faceva pietà.
Annibaldi ad un certo punto si alzò con orgoglio, maestoso e solenne, un monumento. Cercò di giustificare l’uscita guardando l’orologio di Paolo. Due passi ed abbrancò la maniglia. Senza salutare, che maleducato! Ma da dietro mani forte che non potevano che essere quelle di Paolo lo abbrancarono e lo rimisero a sedere.
<Un altro po’ di sauna non ti farà male. Guarda, hai visto male, sono le 10.35- gli mostrò Paolo rimettendo indietro l’orologio con indifferenza. Grazie al suo sapiente armeggiare l’ago indicatore della temperatura viaggiava tranquillo verso i 110°, senza limiti di velocità. Annibaldi protestò come un allievo capriccioso e e Paolo questa volta fu costretto alla brutalità a cui non avrebbe voluto ricorrere. <Numero tre, non ti fidi del tuo amico?> Lo prese di peso e lo girò anche se rischiava di perderlo perché era tutto unto di sudore, una spugna umana. Lo distese per terra, passivo.
<E che ti venga una bella crisi, adesso>- gli augurò ridendo, malevolo. Malattia cardio-circolatoria, brutta roba. Era esperto ormai, il cuore ti arriva in gola e poi ti prende la paura di un blocco, cominci ad annaspare ed è l’inizio della fine, come affogare. E la sauna poi aggiusta tutto. Bisognava finire il lavoro però. Ci voleva un indennizzo a parziale riparazione delle scorrettezze tennistiche ed umane di due anni quasi in comune. Paolo si affacciò all’oblò. Annibaldi era patetico mentre cercava di aprire la porta, bastava neanche metà della sua forza per vincere la sua resistenza residua. Più dello sguardo servì uno sguardo beffardo, da sfida. Dopo un paio di minuti di questa lotta impari il tenero avversario fu battuto.
Annibaldi emise un rantolo che era atteso da Paolo, abbandonò la stretta ed era conciato peggio del Bellotti di qualche minuto prima. Paolo, prudente, con passo felpato, raggiunse lo spogliatoio attiguo. Nessuno e niente, un deserto. Certo che la sauna in Italia non era ancora così popolare. Annibaldi era proprio pazzo: 25 minuti in quella fornace. Ma se gliel’aveva detto il dottor Sarti che non doveva esagerare…
E’ proprio vero che più sono malati di cuore, più se la vanno a cercare. Spogliatoi, chiavi in mano. Paolo frugò velocemente che non c’era tempo da perdere e trovò presto il libretto degli assegni. A parziale indennizzo e compenso dei danni morali e materiali subiti…Avesse avuto più tranquillità si sarebbe fatto rilasciare anche la ricevuta. Vatti a fidare di certa gente. Si riaffacciò all’oblò e bussò. Annibaldi non salutava neanche con la manina. Però aveva ancora bisogno di lui.
<Sveglia, bello! Te la fa resti un’ora a tennis. Sei tutto sudato: 110°. Ma non ti pare di esagerare?>.
<Aria!!>- fu tutto quello che gli rispose.
<Ho capito, vuoi uscire>. Gli prese il faccione sudato tra le mani e gli disse secco: <Ascolta buffone, ora mi firmi quest’assegno, così andiamo pari e poi ti porto fuori. Ti lascio solo con te stesso, così avrai tutto il tempo per pensarci>. Gli mollò avanti agli occhi l’assegno e la penna, tutto già riempito. 40.000 Euro pagabili pronta cassa al tuo amico Paolo. Si rimise davanti all’oblò mentre la vittima finalmente aveva capito che bisognava far presto. Paolo lo invitava con le mani: <Dai, dai, muoviti>. Lo vide appena firmare che subito scappò via, più leggero al pensiero dei soldi. I tempi erano stretti. Volò allo spogliatoio congratulandosi con se stesso per la data sull’assegno al di fuori di ogni sospetto, C’era ora la messinscena. Doveva rivestirsi, recuperare l’assegno ed avvertire della tragedia, partecipando all’esecrazione. Prendersela con l’amico incauto, sempre troppo sicuro di se stesso, al punto di suicidarsi in una sauna per avere un fisico ancora più perfetto, per batterlo forse più nettamente a tennis.
<Caro Annibaldi, l’ultima partita l’ho vinta per rinuncia>. Pantaloncini corti, maglietta con il famoso coccodrillino e poi ancora lì all’oblò. Tutto tranquillo, il signor Annibaldi dorme tranquillamente. Vestito, quel posto gli sembrò un piccolo loculo dell’inferno. 120° e 35 minuti di calore ininterrotto. Si chinò su Annibaldi. Non respirava più. Il panico doveva avergli spezzato il cuore. Importante più di tutto che avesse firmato l’assegno. Ma dov’era? Lo girò, alla ricerca del prezioso foglietto e, guardando quel pezzetto di carta informe, sotto l’omero di Annibaldi, capì di aver commesso un errore. In Finlandia non si portavano mai da leggere in sauna e gli fu subito chiaro il perché. L’inchiostro era evaporato, l’assegno era qualcosa di indistinguibile dalla carta straccia e la sua sauna, il suo incredibile calore, se lo stava ingoiando. L’assegno era ora un piccolo foglietto inutile, nebulizzato come la sua vendetta. Paolo vinto e sconfortato si fermò e fu un altro errore. Mai concedersi pause. Quell’Annibaldi che sembrava morto lo prese per i piedi e lo tirò giù quasi che , per affetto, lo avesse voluto accanto a lui nel momento dell’estrema unzione. Fu un colpo fatale. Anche per chi non soffre di cuore 130° sono davvero un po’ troppi. Li trovarono insieme tre ore dopo che pesavano ormai non più di un quintale in due, quasi un corpo solo, come si dice, ed una sola anima. La commozione passa presto. La sauna era un’abitudine troppo finlandese, venne estirpata dalle infrastrutture del Circolo Tennis Brunetti. Il ragionier Ravetta divenne presto il numero tre del tabellone al posto di Annibaldi e l’inchiesta arrivò alla conclusione di un doppio suicidio a sfondo omosessuale.
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