Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2017 “Il tempo di un caffè” di Luca Di Bartolomeo

Categoria: Premio Racconti per Corti 2017

“Un secondo… un secondo è essenziale”
Pensava Marco che saltava sui gradini del sottopasso, mentre il treno si fermava proprio sulla sua testa. “Bruuuuuf”
“Un ultimo sforzo, e ce la faccio”
Aveva il fiato corto, e immaginava di essere rosso in viso mentre si guardava la mano quasi ischemica che reggeva la valigia. Il sangue doveva pur andare da qualche parte.

“Guardi il sangue viene pescato da qui e immesso nell’ aorta addominale, a questo livello. Così potremo operare in campo esangue.” gli spiegava un uomo giovane con i capelli ancora tutti del colore originario e il camice bianco sopra la scritta AC/DC . Punzecchiava accuratamente con la matita le varie parti di un lungo tubo. Il signor Marco odiò il momento in cui aveva chiesto maggiori spiegazioni al dottore di fronte a lui.
“Le faremo l’anestesia generale e quando si sveglierà le sembrerà che sia passato solo un secondo”
“Solo un secondo” ripetè tra sè e sè il signor Marco.
Un secondo poteva essere lunghissimo. Nel suo caso sarebbe durato 7 ore. All’incirca. Non si dispiaceva che durasse tanto, se il lavoro veniva fatto bene. Ripensò a quanto fosse stato lungo quel secondo in cui aveva bevuto il caffè alla stazione, 40 anni prima. Il barista glielo aveva servito non zuccherato. Nel frattempo lui aveva sbattuto la bustina di zucchero di canna contro il bancone più volte nel necessario, come faceva sempre. Non vedeva l’ora che il disco di granelli beige affogasse nella nuvola dorata; in quel momento si sentiva un sadico proprietario del destino. Non poteva succedere nulla in quel bar, solo che lo zucchero si sciogliesse nel caffè, spinto dal cucchiaino delicatamente. Antichi sciamani delle tribù Maya avrebbero usato pelle di rospo, occhi di salamandra e radici di zenzero in un brodo di acqua di fiume filtrata attraverso le budella di un agnello per propiziarsi gli dei della buona sorte. Al signor Marco bastava bere il suo caffè.
“Allora ha capito signor Marco? L’intervento è fissato per giovedì a mezzogiorno. Ovviamente dovrà essere in completo digiuno da dodici ore, mi raccomando”. Il signor Marco annuì. Voleva collaborare il più possibile perché tutto andasse per il meglio. Guardò un’ultima volta la sua aorta dilatata, sorrise un po’: aveva assunto una forma buffa. Strinse la mano al medico e lasciò la stanza.

La sera successiva il signor Marco era sul suo letto numero 157. Guardava alla finestra. Il fumo proveniente da una fabbrica poco distante dalla clinica privata lo riportò all’episodio fatale. Ripensò alle scale della stazione fatte in fretta con la valigia in mano.

Aveva contato i secondi necessari per raggiungere il treno e aveva sperato che il capotreno gli concedesse un secondo in più. Magari quel secondo che aveva perduto cedendo al peccato di un caffè. Invece il treno era partito con crudele puntualità, chiudendo le porte proprio nel momento in cui aveva messo il piede oltre l’ultimo gradino. “Un secondo,” aveva pensato “sarebbe bastato un secondo in più”.Stava ancora con la valigia in mano a guardare verso il treno che si era avviato.

E poi successe.

Fumo.

Una nuvola di fumo aveva avvolto il treno, che ci cascava dentro.

“Signor Marco, vuole che le porti qualcos’altro?”. Era venuta l’infermiera per il suo ultimo pasto. Sul comodino, in un vassoio, c’era del riso in bianco e una mela. “Si ricordi che fino a domani mattina non può magiare nient’altro”. Il signor Marco guardò la ragazza e poi guardò l’ora. Erano le otto.

“Mi può portare un caffè?”

 

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