Premio Racconti nella Rete 2017 “Il signor Ciabatta” di Lia Sellitto (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Oh! Il signor Ciabatta? È un tipo singolare, guardingo e solitario, ma tanto curiosone. Abita una casa turchina con due finestre e un balconcino che si affaccia tutto sbilenco sul Vicolo dei Quattro Molini.
È mattiniero Ciabatta.
All’alba lo tira giù dal letto Ubaldo il gallo del cortile. A sera va a dormire appena Sofia (la gatta) si acciambella sfinita nella cesta dopo una giornata vagabonda sui tetti dei vicini. Da vero curiosone – non lo confesserebbe nemmeno a nostro Signore- il pomeriggio Ciabatta lo passa alla finestra ora che è in pensione. Guarda in su, in giù, a destra a sinistra. Non c’è foglia nel vicolo che Ciabatta non sappia dove va a finire.
Ma da quando la gatta si è infilata nell’appartamento approfittando della sua distrazione, piegato com’era a raccogliere il giornale, non sa più cosa fare per mandarla via. Ne fa una sola: la ignora.
Cala la sera nella casa.
Nessuno sa come sia fatta dentro. Sì, perché Ciabatta, di nome Pomilio, (Mimì per la buonanima di sua madre) non fa entrare nessuno, perciò nessuno suona alla sua porta. E siccome la signora Elmina ora è volata in cielo, Mimì è da solo a sbrigare le sue cose.
Lo sorregge una passione. Legge e studia tutto il giorno, tre pagine di greco, due di latino, sfoglia tomi e calepini e mai il petalo di una margherita.
Esce a orari sempre uguali e non cambia mai l’itinerario, Quando a sera nello studio il pendolo suona le otto, Pomilio scatta di botto: <È ora! >, dice spedito. Allora si veste e se ne va fino alla chiesa del Sacro Cuore, svolta per via Sette dolori, lesto ritorna nel Vicolo dei Quattro Molini.
Tutto vestito a nuovo scivola sui gradoni del portone e il collo gli si allunga, e la testa gli sporge un pezzo più dei piedi. Porta lo sguardo sopra i capelli della gente e al saluto risponde inarcando un sopracciglio al pari di un accento circonflesso sulla î. Mormorano i vicini dei Quattro Molini: <Ciabatta cammina sotto i muri> <dalla sua cucina non esce nemmeno un fil di fumo> <chissà se mangia per davvero>.
Alla porta accanto abita Gillo, tre anni sorridente e rumoroso. Ha i capelli ricciuti di un angelo paffuto e una sciarpa celeste annodata intorno al collo. Pare un serafino infreddolito uscito dal pennello del pittore Raffaello. Sta seduto a ogni ora sul gradino del portone e se Ciabatta passa, due volte dice:<Batta, Batta>.
Ciabatta non risponde. Sospira e fa il distratto
Il giorno che il postino Agostino ha portato un libriccino dove su c’era scritto: Ciabatta Prof. Pomilio, nella casa di Pomilio succede una cosa veramente matta.
C’era vento quel giorno, insidioso e dispettoso. E mentre il professore scruta la missiva, Gillo s’infila nella casa di Pomilio, lesto più di un malandrino.
<Chissà chi ha scritto>, pensa Ciabatta trepidante, mentre Gillo sfila la chiave dal buco della serratura. <Sarà quell’editore di Pavia> sospira Pomilio e intanto la chiave scappa di mano a quell’angelo paffuto e finisce sotto un armadio pesante e scuro. Agostino fa un inchino, scende le scale e veloce se ne va col motorino. Ciabatta, sognante, chiude la porta pesante e non s’accorge della chiave mancante.
la visione!
Gli si para davanti quell’angelo impiccione che lo guarda e gli sorride. Ha la faccia sporca, gli occhi azzurri brillano come due stelle nelle notti d’agosto; non sa Gillo di averla combinata bella! Ciabatta è a bocca aperta e per poco una mosca non s’infila nella gola
< Aiuto >grida Pomilio su tutte le furie, mentre le orecchie diventano più rosse di un pezzo fiammante di carbone
<Che ci fa qui questo bambino?> Ciabatta corre alla porta per mandarlo via, ahimè, non c’è verso di aprire il pesante portone.
<Dov’è la chiave>, <dov’è finita?> urla adesso Pomilio.
<Oddio!> aggiunge, bianco come un lenzuolo appena uscito dalla lavatrice.
<Sono perduto>,
< sono finito>,
<sono prigioniero con questo bambino>.
Passa la prima mezzora: Ciabatta è muto. Alla seconda: Ciabatta è fermo come un baccalà, alla terza Ciabatta è stecchito.
Nel frattempo, Gillo tocca i libri e le carte, si tira addosso un dizionario, fa volare i fogli in mezzo alla via, mette il naso in ogni cassetto della scrivania.
Se Ciabatta fa un giro, Gillo ne fa due, se si siede, lo fa anche lui, non sa proprio come liberarsi del bambino.
Gillo ha fame: apre una madia, apre un’anta, un cassetto, un rubinetto. Si avvicina a Pomilio e aspetta uno sguardo o una carezza.
<Ho fame Batta, ho fame>ripete, invano. Allora lancia la palla, fa il verso agli animali, insegue la gatta e le passa due giri di sciarpa intorno al collo. Sofia che non gradisce con un balzo se ne va sul balconcino.
Nella casa accanto intanto non c’è pace, la ricerca è cominciata. Tutta Vicolo dei quattro Molini è a caccia del bambino. Nel cortile c’è un grande tramestio, le urla della mamma, le voci dei vicini, il pianto dei bambini.
<Quando è venuto il postino Agostino, Gillo giocava sulla soglia della casa di Pomilio> dice adesso Benedetto il ragazzo del secondo piano con gli occhi più neri del fondo del carbone.
In quella baraonda, Sofia sfila impettita sotto gli occhi del postino ritornato con il motorino.
< Ha la sciarpa di Gillo intorno al collo!> grida adesso il portalettere richiamato in fretta, <allora è là, nella casa di Pomilio!> aggiunge trasalito Agostino.
<No, è in cantina!> ribatte la signora Pagnotta miope come una talpa fischiando come una marmotta.
<Andiamo giù, andiamo su!>gridano divertiti i bambini.
Ecco che a un tratto che una banda di vicini, con a capo il postino, suona furiosa alla porta di Pomilio: <Professore, dove ha messo bambino?>.
La voce di Ciabatta è un filo, è stremato e consumato. <È qui, dove se no!> risponde Pomilio assai stupito, < in ogni caso la porta non si apre >! <Gillo ha preso la chiave e non la trovo più!>
Sicché un poco rabboniti, esclamano i vicini: <Non abbiate paura, vi liberiamo noi> – grida adesso il fornaio Panella bianco di farina fino ai capelli.
<Non abbiate timore, ci siamo noi> -urla il signor Filone appena uscito da dietro il bancone
<Non perdete le speranze> avanza fumante la signora Focaccia, sta arrivando il fabbro Salvatore.
Passano i minuti, passano le ore, il campanile del Sacro Cuore suona le otto, è ora per Gillo di fare dodò.
Intanto Pomilio aspettando l’arrivo dei vicini si lascia intenerire dalla voce del bambino che se ne sta nascosto dietro alla scrivania e chiama:
«Batta, vieni, vieni»
Lo fa una volta, due, e non si ferma più.
Allora Ciabatta un poco infastidito, e sbuffando, solo per finta, lascia il divano per vedere dove è finito il piccolo Gillo
<Ecco dov’eri, briccone, furfante> gli dice quando lo trova nascosto sotto la scrivania.
Intanto Gillo per non farsi acchiappare, si alza di botto e come una saetta prende una gran capocciata sul bordo di legno della libreria.
Adesso piange e si dispera e alza tutte e due le braccia al cielo e con un balzo felino si attacca al collo di Pomilio. Ora Gillo è in braccio al professore, oddio, chi l’avrebbe mai detto, orso come è Pomilio.
Un po’ lo consola, un po’ cammina nervoso da un punto all’altro dell’appartamento, ma poi sfinito per la gran fatica si accascia in poltrona con tutto il bambino
C’é silenzio nella casa, nemmeno un suono, nemmeno un rumore, nemmeno un fil di voce. Intorno alla porta sfilano i falegnami, sfilano i fornai, sfilano i gatti, a un tratto si fa largo Rosetta la lavorante della panetteria che con un ferro, preso in prestito dal magazzino, gira la serratura e spinge di scatto la porta nel muro.
La porta ha ceduto, un vetro è crollato. Entrano i vicini, i fornai, i falegnami, entra Sofia con la sciarpa di Gillo ridotta in cento nastrini. Pomilio è sudato, spossato, sta seduto sul divano nella posa di una madonna col bambino. Con candore e stupore lo culla e lo riculla e lui dorme pacioso come un angiolo radioso. <Oh, oh, oh …!>, fanno in coro Filone, Focaccia, Panella e Rosetta
<Oh oh oh > ripetono a ripetizione
Fu così che gli abitanti del vicolo dei Quattro Molini scoprirono che il signor Ciabatta era proprio buono, come un pezzo di pane caldo appena sfornato.
Che nostalgia il mondo che si racchiude nel Vicolo dei Quattro Molini, piccolo come Rio Bo, con le case dai tetti aguzzi e i balconi sbilenchi, dove gli abitanti si arrangiano a sbrigare ogni tipo di mestiere attinente alla farina. Tranne Pomilio Ciabatta, professore in pensione, che passa la vita con la testa nei libri e la conosce solo attraverso di essi, che osserva da lontano il brulichio del Vicolo dal balcone della sua casa turchina, nei pomeriggi dopo pranzo, quando sfoglia il giornale in compagnia dell’“abusiva” gatta Sofia…«Chissà se mangia per davvero», «dalla sua cucina non esce nemmeno un fil di fumo», osservano sospettosi gli abitanti del Vicolo, perché, guardingo e solitario, «Ciabatta cammina sotto i muri e non parla con nessuno».
Che bel racconto di un mondo di bambini che da adulti abbiamo un po’ perso.