Premio Racconti per Corti 2010 “Apologia di un amore” di Lisabetta Gordini
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Si era svegliata, tutta sudata, aveva la febbre alta.
Passò in cucina a piedi scalzi, aprì il frigorifero e succhiò un limone.
Sottovoce provò a ripetere quello che lui le aveva detto, il pomeriggio, mentre camminavano per la strada, sentiva il cuore pulsare nella testa come quelle parole così confuse.
Ogni cosa al posto giusto? Ogni cosa al suo posto? ripeteva,
ma in quale posto?!
Davvero c’è un posto giusto per ogni cosa?!
Cosa farei?
Torniamo là in quel posto così feroce.
Divertiamoci!
Divertiamoci amore.
Non è niente, davvero!
Niente.
Si tolse la vestaglia, lasciandola cadere sul pavimento della cucina.
Al buio, tornò nella sua stanza.
ALBERTO.
In mano la foto, in bianco e nero di Linda, Alberto pensò:
In fondo non rimane che congedarsi da tutti.
la prima, mia madre, dalle sue convinzione ostinate e lucide, ma sbagliate.
Estranea troppe volte da ciò che in realtà era bene per me, lontana, da sempre ed ancora, ed io simulavo sempre un invidiabile benessere.
Soffro nell’accorgermi che non è cambiato nulla.
Lei è sempre la stessa, incorreggibile, inflessibile!
Ha gli occhi aperti, vigili, sì, ma sono chiusi al senso!
Accettare ogni cosa è un po’ bendarsi gli occhi, procedere al buio, un pò morire, la vita nasce da una scelta , scegliere vuol dire rifiutare, avere il coraggio di cambiare, chi accetta tutto non sceglie, ingoia, digerisce, non trattiene niente, un tubo.
“Le persone non cambiano!
Sarà anche vero, però si può migliorare, sempre, almeno credo.
Io non spegnerei mai i flussi dei dubbi sulle cose.
Lei lo fa !”
“Sembra non avere mai un ‘incertezza, un tremore, uno stupore,
quella meraviglia, che nasce quando ciò che si pensava dovesse andare o accadere in un certo modo, accade in tutt’altra maniera; l’imprevisto.
No per lei è tutto organizzato, da organizzare, organizzabile!
A volte mi chiedo , ma nel silenzio di certi momenti , lei cosa pensa? Dove esplodono le pagine della sua vita ?
Su una linea retta?!?
Cosa sente?
Cosa piange?
Piange? Si dispera?
Oppure la sua mente è ibernata dal gelo dei sui principi rigorosi, dai suoi freddi calcoli?!”
“Fedele alla sua natura, mi ha sempre tutelato , nell’area grigia delle regole della logica comune, il compito è sempre stato eseguire, mai interpretare!
Fortunatamente ho ancora il buon senso, di mettermi in discussione!
E il difetto di prendermi poco sul serio!”
In quel tenue ricordo di Linda, cercava l’eroico coraggio di non farsi plasmare dall’aridità di sua madre, dalla miseria di quel burattinaio scaltro.
“Sono strani giorni , faccio strani sogni e tu madre mia sei sempre lì dentro ad aspettarmi.
Vieni per caso a biasimarmi, per quello che non ho ancora imparato?!
Sei venuta a difendermi da voci che inducono a tentazione?!
La strada della rinuncia ad essere diversi, questo vorresti!
che mi uniformassi alla media!”
Si dice che ad ogni rinuncia corrisponda una lauta ricompensa.
Privarsi dell’anima, come aveva fatto la madre, sarebbe stata una scelta foriera di una contropartita notevole, la regola prometteva questo.
Ma come posso dare l’anima.
È la mente a fallire, mai il cuore.
Meglio la lotta, meglio la sconfitta!
A costo di rimanere solo, senza amici, senza finzioni, pensò.
“È il momento di svegliarmi!
Ritorno alla vita!
Devo muovermi!
Congedandomi da tutti.”
Spense la luce.
LORO
II corpo immobilizzato dal torpore del sonno e seminudo.
Che scossa il campanello, elettrizzante…un tuffo al cuore.
Lui pensò volgendo lo sguardo alla finestra: “Il sole è già alto il postino non sarà”.
chi può essere quasi al meriggio?!
Ogni pensiero era indipendente dal suo corpo..forse la vicina di appartamento con la quale aveva litigato già dal primo giorno, per il parcheggio di fronte al condominio?
Oppure quella ragazza dalla smodata bellezza che aveva conosciuto la sera prima alla festa di laurea del suo amico Andrea, forse lei gli aveva chiesto qualcosa di più sul mio conto ed Andrea sapendo, che non mi sarebbe certo dispiaciuto , le ha dato l’indirizzo?
Macchè! pura follia, non può essere o forse sì, pensava.
Poi al secondo squillo insistente , trascinando il corpo sfatto, andò al citofono, la telecamera mostrò una donna in visibile affanno, spettinata.
Guardò meglio , un attimo prima di aprire, ERA LEI ! Linda!
La saliva gli si strozzava in gola, le mani tremavano, in testa un fischio.
E intanto il campanello squillò per la terza volta.
Aprì.
Scattò verso il divano rosso, cercando di guadagnare tempo, pochi minuti, prima che lei salisse fino alla porta, già aperta.
Ripeteva ad alta voce, per dominare l’emozione fortissima: “- Una settimana che non mi lavo, sono un barbone in casa mia, sono un coglione! sono ridotto uno schifo e sto per rincontrare quell’angelo!
“Cazzo cazzo!”
“Cosa succede!”
“Eccola già dentro casa!”
Muto, senza fiato, il cuore a tum ,tum,tumtum,tum.
Lei, lo stesso paralizzata , di fronte a lui, arruffata, lo stesso uno spettacolo!
Aveva sempre emanato una luce radiosa , lui lo sapeva , ne era rimasto folgorato, e fottuto, la stessa sera che la conobbe ad una cena fra amici sulla spiaggia.
Un silenzio brevissimo, poi la risata di Linda quella particolare risata, la stessa che le usciva ogni volta che,lui si staccava dal suo corpo dopo avere fatto l’amore, ed ogni volta lui, le ripeteva non ridere ! non ridere!
“Sono in mutande, scusa.”
Poi volse lo sguardo verso la stanza da letto, in visibile disordine, che disastro!
“Tutto qui dentro, sembra passato in una centrifuga!” Disse.
Lascia stare, non importa. Le parole di Linda
Per quello che vale, io non ho mai smesso di pensarti.
Le domande Alberto, sono sempre le stesse: perché?! non so?! è giusto o no ?!
Basta con i perché!
I perché separano dal mondo di centimetri di vuoto, sono gusci, armature, prigionia, coi perché si sprofonda
Nell’attesa ci si esalta o ci si annulla soli, Alberto.
Vivimi!
Vertigine.
Le parole di Linda, stavano chiedendo reciprocità, tutto quello che un amore vuole sapere vivo.
L’amore anela ad un’ espansione verso il proprio oggetto d’amore.
È il dominio attraverso una resa, per certi versi assomiglia ad una crocifissione, un sacrificio sottoforma di esaltazione.
Silenzio.
Alberto sentì riaffiorare tutto in un istante, quando ogni cosa sembrava aver trovato il giusto posto, il giusto peso.
Avrebbe voluto dare a quelle parole un altro senso.
Non era possibile.
Non una parola.
L’abbracciò e stringendola a sé, le disse sottovoce,
“Linda non ridere, non ridere.”
O forse sarebbe stato meglio farsi una risata.
Sì , fermarsi alla superficie, alle pelle, alle pieghe, all’ asciutto, luogo dove tutti riparano, ma è così difficile, così insostenibile.
All’asciutto a lungo andare ci si sgretola come argilla al sole.
Nel bagnato, a lungo andare, si marcisce.
A te la scelta, queste le parole della sua vigile coscienza.
Era tutto così illogico e sensato, intenso e profondo.
Un mese dall’ultima volta che erano stati insieme , lui l’aveva portata ad un mostra di un giovane pittore, suo conoscente, le aveva fatto conoscere la sua cerchia di amici, ragazzi diversi dalle solite frequentazioni di Linda.
Finalmente si parlava di argomenti nuovi ed interessanti, per il semplice piacere di avere con l’altro un scambio di idee, un confronto.
Che Dono grande il linguaggio!
Riscoprire con esso la più pericolosa e affascinante, delle nostre superiori capacità di esseri ragionevoli, ciò che più ci uccide e ci esalta allo stesso tempo.
Poi Linda era partita per la montagna, di fronte a lei situazioni che viveva come estranee al suo modo di essere.
Aveva scritto nel suo diario: Ci sono luoghi in cui la natura attraverso lo spettacolo delle sue forme e l’apparente dolcezza dei suoi colori, cela la sua ostilità all’uomo.
Questa frase le era uscita durante una passeggiata su un sentiero di montagna insieme alla figlia.
Non amava la montagna d’inverno.
La montagna d’inverno non vuole essere disturbata è addormentata, fredda, indifferente al mondo che le sta attorno, domina il bianco il colore dell’assenza; guardiani scelti dalle esili e silenziose zampe vigilano sul suo sonno, siamo ospiti inattesi e indesiderati.
Il bosco le ricordava le atmosfere dove la realtà si perde nel sogno.
Amava la sua città, d’inverno
Al ritorno, si era risvegliata in lei, la voglia di conoscere persone, perché senza lo scambio fra simili, si sentiva come su quel sentiero di montagna, circondata dall’ ostilità.
Un po’ come quando da bambina le serate con suo padre, la facevano sentire, tutelata, ma quel silenzio, quell’assenza, profondamente sola, non voluta.
Poi era partita per Milano, tre giorni.
Alberto era sempre nei suoi pensieri, quest’uomo le aveva stupito la mente e sbigottiti gli occhi..viveva la sua vita come un fuori legge con il sole faccia, per lui nessun posto, fuggitivo, fuggiva da niente , fuggiva solo da sè stesso.
Insegnante di giorno, amante di notte, chiuso nel cerchio di bocche di donne, sposate all’infedeltà.
Ogni sera si gettava in pasto a famelici sguardi.
Ogni sera il viso dolce, fra carezze mature , un servo , un vizio.
Ciò che aveva dentro andava a pezzi!
Alberto da mesi aveva perso l’interesse per sè stesso, aveva abbandonato l’interesse dell’istinto di sopravvivenza, come se l’amore di sé, si fosse ribellato al perpetuarsi della vita.
Il riflesso in lui, di una spinta all’ambizione al pericolo e alla ricerca della minaccia.
L’ assenza di quell’amore di sé nè sbocciato, né riconosciuto fra le braccia della madre, lo faceva sentire non degno di essere amato.
Per poter indulgere “nell’amour de soi” ci occorre essere amati.
Prima di iniziare ad amare noi stessi, altri prima, devono amarci.
Quelle donne non lo amavano quelle donne lo usavano come lui usava loro.
Tutti, in quegli amplessi veloci, cercavano di soddisfare una fame, di colmare una distanza, un vuoto.
“Non voglio più vederti, disse Alberto.
È da un po’ di tempo, che non sto bene, ciò che non va, è in me, so insegnare agli altri, ma non so più camminare, vivo sempre al limite, non trovo più la pace.”
Parole come sassi.
“Si, te ne devi andare, vattene!”
“Invece no!”
“Io sono qui e avrei da dire ancora, guardami maledizione!”
“Alberto, stai fuggendo da te stesso, non c’è nessun pericolo reale.”
“Non trovo la chiave di lettura per la realtà, resto indifferente!
Indifferente ad ogni cosa.”
“Ci sono infinite cose deliziose di fronte ai tuoi occhi e non le sai vedere.
L’errore sta nel non accorgersi di ciò che vale la pena far durare, ciò a cui è giusto dare spazio, non lo vedi!
Tu rielabori senza sosta, la tua apparenza privata e fuorviante, con occhi impossibili, guidato da un dolore e da un risentimento, gravi, tali, da oscurare tutto il resto.
Il chi , il cosa, ciò che è potente , vero.
Pensavo di avere superato una resistenza.”
“Ferma il delirio e chiediti che cosa accade? Guarda! apri gli occhi al senso.
Il cosa prima del perché.
Vedi solo la tua miseria, frutto della tua ostinazione!
La paura si dissolve godendo di quello che la vita, nelle sue mille sfumature ci offre ogni nuovo giorno.
Quando è di nuovo giorno, siamo di nuovo in tempo.
Di che cosa senti la mancanza in te stesso?
Lo dimostri, di un profondo interesse per te stesso.
Ti estranei troppo spesso e dài ragione con troppa facilità a ciò che ti circonda, ti stanchi presto e non hai mai riflettuto a fondo su te stesso.”
“Sbagli! io penso solo a me.”
Sei uno snob, sì, ti atteggi a povero sfortunato, troppo infelice e frustrato per interessarti realmente al prossimo!
Fuori è troppo grande da gestire, il sacrificio, le rinunce, l’attesa che prepara i giorni di un’infinita gioia, paura!
È la paura che ci fa vigliacchi.
Questo ti spaventa, è così.”
“Cosa stai dicendo?!”
Dico che così fai vomitare! Una povera anima mutata, che sta per deragliare!
il genio delle anime mutate sta nel non deragliare, diamine!
Mai deragliare!
Le montagne russe sono uno spasso, elettrizzanti! Finchè non ti viene la nausea!
Abbiamo fatto l’amore e la tua faccia si posava sulla mia pancia, dove cambiano i pensieri e si riposano le nostre parole, senza pesantezza.
Come puoi tenere nascosto un amore!?
Tu riesci a fingere, sempre.
Io, ho bisogno di libertà di gesti per poterti amare.”
“Tu te ne sei andata, non mi hai cercato!”
“Sbagli, ho fatto di più.
So di te tutto e non tremo, ma non posso seguirti all’inferno,
Alberto l’inferno è buio!
Ti ho fatto mio, amandoti!
Amando le visioni che hai provocato in me.
Poi le ho tradite, era necessario, per amplificarle, per dotarle di un altro sguardo.
Nella tua testa un passato che non lascia spazio a nient’altro, ti sta divorando.
Quello che provo, posso solo dirti è grande.
Stanotte non riuscivo a dormire, ho fermato un pensiero sulla carta.”
“Tieni.”
Alberto velocemente, prese dalle sue mani, il foglietto stropicciato.
“Leggilo quando sarò fuori di qui.
Lo abbracciò e uscì.”
Su quel biglietto era scritto:
MILANO, 3 Marzo 2009
“La luce velata dei tuoi occhi tornerà a splendere, quando le lotte, le tragedie, il caos del passato, perderanno il loro fascino.
Ecco allora, inizierà il cambiamento… una resa, che per certi versi è simile ad una crocifissione, non è pace, ma trafitti dalle sue lame è sanguinare gioiosi.”
Linda
Un anno intenso, Linda mai l’avrebbe dimenticato.
Si dice che, Il tempo della nostra mente sia simultaneità, altrimenti è dolore, il tempo dell’attesa è dolore, in esso, si sopporta e non si impara niente, per questo imprigioniamo tutto nella logica, per sentirci più forti, per dare un senso a ciò che non riusciamo altrimenti a spiegare.
Linda e Alberto un’ intesa fuori dalla logica comune, illogica e sensata.
Come tutto ciò che dà valore alla vita: passioni, arte, religione, esprime il suo senso e la sua verità nell’illogico, cosi il loro amore, aveva avuto in sé qualcosa di buono, di vero, di grande.
Sono Lisabetta, ho 35 anni
VIvo, lavoro e studio a Ravenna, una città che amo.
Nel 2000 ho conseguito a Bologna una laurea in Filosofia.
Ora sono laureanda in scienze della formazione primaria.
Ho insegnato cinque anni nelle scuole private superiori materie umanistiche.
Poi altri cinque nelle scuole pubbliche primarie.
Lo scrivere è un modo per esprimermi.
Mi piace dare forma a quello che sento dentro, attraverso la scrittura.
C’ è chi dipinge , chi suona, chi canta , io scrivo.
Con il linguaggio, racconto, creo mondi,
do voce ai miei pensieri, al mio cuore.
Lisa,
io mi abbevero dalle tue splendide parole.
non sono un tubo.
assimilo.
manythanks
Bello, intenso, affascinante, da leggere lentamente e rileggere. Unico mio dubbio: come riproporre un così bel testo su di un cortometraggio? Complimenti!