Premio Racconti nella Rete 2017 “Mattia e il mare” di Eleonora Scassaioli (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Mattia aveva 9 anni, i capelli ricci e lo sguardo che si perdeva spesso in un punto fisso della parete bianca della classe IV B. In quei momenti la maestra Valeria faceva un verso come per schiarirsi la voce una, due, tre volte e alla quarta esclamava: “Mattia, quanto è interessante la crepa sulla parete?” e tutti gli altri 22 bambini e bambine della classe ridevano. Così, Mattia spostava il suo sguardo negli occhi della maestra Valeria, uno sguardo così fermo e serio che la maestra tornava subito alla lezione, lasciando scivolare via il pensiero che nella mente di Mattia ci potessero essere domande più serie delle risposte che lei poteva dargli.
A volte lo sguardo di Mattia si perdeva anche dietro il vetro della finestra della cucina, dalla parte in cui i palazzi grigi solleticano il cielo e le macchine suonano il clacson, spaventando i gabbiani. Erano queste le volte in cui la mamma Luciana lo fissava con lo sguardo accigliato e la sua fronte formava quella ruga, che voleva dire: “Perché non giochi alla Playstation come tutti gli altri?”. A Mattia non piaceva giocare ai videogiochi; quando vedeva i suoi due fratelli più grandi, Massimo e Domenico detto Nico, dimenarsi di fronte la tv con il joystick in mano, urlando e sbattendo i piedi per terra, immaginava che i personaggi di Zelda fossero dei burattinai e Massimo e Nico i loro burattini. Gli veniva in mente Mangiafuoco, la sua barba e il suo vocione, così decise di non volerci giocare, per non ritrovarsi tramutato in asino sul divano di casa.
Mattia parlava poco. Quando papà Michele gli domandava qualcosa e lui non rispondeva, se non con lo stesso sguardo con cui fissava gli occhi della maestra Valeria, il padre iniziava ad innervosirsi e a diventare rosso, con quella vena gonfia sul collo, ma ritornava in sé con la mano poggiata sulla spalla di mamma Luciana. Ciò che faceva ribollire papà Michele non era l’impertinenza di suo figlio, ma il fatto che quel silenzio lui non sapeva proprio come gestirlo.
L’unico che sembrava non avere paura dei silenzi di Mattia era il nonno Tommaso. Quando il papà diventava rosso di rabbia, il nonno si avvicinava all’orecchio del bambino dicendogli: “Non preoccuparti di quel minc…”, interrotto ogni volta dal “Papà!” di mamma Luciana. Il nonno Tommaso era simpatico a Mattia. Quando una domenica al mese andava a pranzo da loro, il pomeriggio lo portava al mare, che per arrivarci c’è bisogno della metro e mai a nessuno va di andarci dopo le lasagne bomba della domenica, solo al nonno Tommaso. Così il nonno e Mattia uscivano di casa, prendevano la metro mano nella mano e arrivavano al mare. Qualche volta il nonno portava con sé una piccola canna da pesca sbilenca, con cui raramente riusciva a pescare qualche spigola striminzita. A casa tutti lo criticavano per quella penuria di bottino, ma il nonno non se ne curava; per lui il segreto del mare non era nei pesci che poteva ricavarne. “Voi non capite niente di poesia! E il mare a voi non può proprio raccontare nulla”, gli rispondeva seccato non tanto per il loro giudizio, quanto per la loro ignoranza. In quei pomeriggi passati al mare, Mattia riusciva a cogliere quello che voleva dire il nonno. Per lui la bellezza del mare si svelava nel silenzio del cielo sospeso a metà sopra l’acqua, dove le onde potevano giocare ad infrangersi e tornare, sempre tornare, con nuova forza contro gli scogli nudi. Lì, dove i pescherecci erano inseguiti dai gabbiani e verso sera si accendevano le lampare delle piccole barche, nessuno si stupiva o si chiedeva perché il bambino restasse a guardare un punto fisso all’orizzonte, senza dire nulla. In quel luogo, che assomigliava alle ambientazioni dei miti dei suoi libri illustrati, Mattia si sentiva un eroe in tutte le sue fragilità: le sue poche parole, i suoi piedi lunghi, le gambe secche e i tanti capelli biondi arruffati, senza un verso. Spesso, il nonno Tommaso e Mattia si sedevano sugli scogli a picco sul mare, con dietro il faro, e lì Mattia puntualmente gli chiedeva: “Mi racconti la storia del topo Zip?” Il nonno, come ogni volta, aspettava in silenzio quella domanda ed iniziava a raccontare dopo aver tolto il cappello, mentre anche il mare ascoltava. Alla prima frase “C’era una volta…”, disegnava con la mano un arco davanti a sé, e quel gesto a Mattia faceva venire in mente una porta da attraversare per entrare nella tana del topolino.
Un giorno, finita la storia, Mattia esclamò entusiasta: “Sai nonno, ho pensato a un altro finale!”
“Ah, sì?”, il nonno abbozzò un sorriso, ad occhi chiusi per assaporare il vento e le parole del nipote.
“Però te lo dirò la prossima volta che verremo al mare”, Mattia rise abbracciandosi le ginocchia. Il nonno gli mise un braccio intorno alle spalle, dicendogli: “Mi piace che sai darti il tempo di aspettare.” E rimasero lì, entrambi ad occhi chiusi, con i cuori l’uno vicino all’altro, ad ascoltare il racconto del mare.
Qualcosa si stava muovendo in Mattia, un movimento a cui lui non era ancora riuscito a dare un nome. Era simile ad una forza che lo spingeva in avanti ed immediatamente dopo lo risucchiava indietro, come un’onda del mare, e la schiuma salata rimaneva come sensazione nella mente e nello stomaco. In realtà non succedeva sempre, ma molto più spesso quando incrociava lo sguardo di Maria, sua compagna di classe. Quell’andirivieni di sensazioni iniziò proprio nel giorno in cui la penna rossa cancellabile cadde giù dal suo banco e quando si allungò a raccoglierla, distratto, il tocco tiepido e delicato di una mano si insinuò come una luce nel tunnel buio dei suoi pensieri. Alzò la testa con la bocca aperta e lo sguardo non troppo vispo e si trovò davanti la figura piccola e spaventata di Maria. Ecco che le onde cominciarono a muoversi e il sapore di salsedine iniziò ad arrampicarsi sul muro dello stomaco.
Maria. Una piccola bambina dai capelli color della pece, corti, con una frangia che le mascherava le espressioni. Nascosti, due occhi di pietra lucida, sfuggenti come quelli di un piccolo animale selvatico. Mattia non le aveva mai rivolto una parola, ma sentiva che lei era diversa dagli altri bambini della classe e forse, si diceva, dell’intera scuola. Diciamo che un giorno, vedendola sola poggiata ad una finestra della classe, un’onda nel cuore di Mattia si spinse più in là infrangendosi contro qualcosa di indefinibile, arrivando così impetuosa da romperlo. “Ciao…” le parole uscirono piano dalla gola del bambino, ma arrivarono comunque a toccare le barriere di Maria. Lei abbassò lo sguardo e poi lo proiettò verso di lui. Qualcosa si sciolse, come zucchero ed acqua sul fuoco.
“Ciao”, rispose flebile lei, con gli occhi fissi come uno scoiattolo davanti una ghianda: “Scommetto che vuoi insultarmi perché io ieri anziché festeggiare con i miei genitori, sono andata con le suore a dire messa.” Mattia percepì un nodo nella sua voce e uno più stretto in fondo al cuore. “In realtà volevo chiederti se ti va di dividere la mia fetta di torta. Sai, ne era rimasto un grande pezzo a Pasqua e ho pensato che potevamo mangiarla insieme”. Diffidente, Maria lo guardò di nuovo: “Mmm, va bene. Ma c’è il cioccolato?” I loro sguardi si accesero all’unisono e anche le labbra divennero sorrisi. Mattia capì da quella conversazione che il ghiaccio ha bisogno di calore per sciogliersi, perché altro gelo lo indurisce ancora di più, e che la cioccolata può rimediare a qualche ferita, se mangiata insieme ridendo. Mattia sentì il bisogno di raccontare quell’incontro a suo nonno, avrebbe aspettato la domenica al mare per farlo. Ma quella fu una storia che non poté raccontargli.
La porta di casa era aperta quando Mattia tornò e un mormorio sommesso di voci gelava l’intero appartamento. Mattia percepì anche qualche singhiozzo, ma quando suo padre si accorse di lui e gli andò incontro chiuse la porta della stanza, limitandogli la vista.
“Cosa è successo?”, chiese intimorito Mattia.
“Sai…”, suo padre che aveva sempre avuto le parole per tutto, questa volta non riuscì proprio a trovarle. “Il nonno…” e la bocca si fermò, nel disagio di non saper continuare.
Un tuffo al cuore e le lacrime arrivarono agli occhi prima della consapevolezza: “Cosa? Cosa?”, tuonò Mattia con una voce così forte che scoprì solo in quel momento. Lo zaino gli cadde dalle spalle e iniziò a correre, mentre i “Fermati, Mattia! Fermati!” di papà Michele rimbombavano nell’androne del palazzo. Mattia corse, scappò, voleva andare più veloce di quella sensazione che lo stava riempiendo e svuotando allo stesso tempo. Le lacrime calde gelavano a contatto col vento, che gli sferzava il viso. Si fermò appena arrivò nel parco grande della città: non era il mare, ma il verde si perdeva a dismisura quasi quanto l’acqua. Lì, Mattia si accucciò stretto e piccolo vicino ad un albero.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, quando una mano gli accarezzò la schiena e una presenza si fece spazio vicino a lui. “Sai, anche io adoravo i racconti del nonno”, rivelò la voce di mamma Luciana: “Da bambina camminavamo per ore, io e tuo nonno; passeggiavamo insieme per la campagna dove abitavamo, seguendo il percorso del fiume. Gli chiedevo di raccontarmi sempre la stessa storia, tanto sapevo che non sarebbe mai stata uguale, ogni volta aggiungeva qualche particolare”. Mattia alzò la testa e guardò gli occhi rossi della madre, persi nel ricordo. “Quelle storie mi parlavano, sapevano aprire delle porte dentro di me. Ma io le ho chiuse non appena sono diventata grande”, mamma Luciana abbassò lo sguardo e si morse il labbro. “Non avrei dovuto” e nascose le lacrime dentro le mani. Mattia l’abbracciò forte e nuove lacrime uscirono dagli occhi, non infuocate stavolta, ma più tiepide nell’abbraccio che sua madre ricambiò.
Passarono dei giorni prima che Mattia tornasse a scuola: dopo la morte di nonno Tommaso la sua famiglia si strinse come un piccolo riccio intorno al dolore. Questo permise a Mattia di sentirsi un po’ meno solo quando salutò il nonno, prima che il suo corpo sparisse nel cimitero.
“Credevo che non tornassi più, che quella cioccolata ti avesse fatto male”, Maria si avvicinò a lui con una vocina che sembrava quasi scusarsi. A quella frase Mattia sorrise e anche un po’ del suo ghiaccio iniziò a sciogliersi: “Ti va di andare insieme in un posto, domenica?”. Gli occhi di Maria gioirono: “Certo!”
Dopo le raccomandazioni col dito indice puntato verso l’alto di mamma Luciana, i bambini si incamminarono verso il porto, poco distante dal centro della cittadina di mare in cui quella domenica tutta la famiglia di Mattia aveva deciso di trascorrere del tempo.
“Sediamoci lì, vicino al faro!” consigliò Mattia, prendendo per mano Maria che sembrava intimorita dagli scogli. “Non ti preoccupare, è un luogo sicuro” e alcune paure di Maria si dispersero al sorriso sincero del bambino. Si sedettero e si strinsero la mano naturalmente, come se conoscessero quella stretta da sempre. Restarono in silenzio a guardare il mare placido e dondolante. Quel silenzio era leggero, a parlare erano i cuori che battevano forte e la testa di Maria poggiata sulla spalla del bambino. Dolcemente Mattia intonò un: “C’era una volta…” e nel momento in cui iniziò a raccontare la sua storia, con Maria stretta a lui, il bambino sentì un riso nel vento. Gli sembrò anche di scorgere, con la coda dell’occhio, un’ombra colorata allontanarsi. Così le sue parole si mischiarono al grande racconto del mare.
Un racconto molto bello, intenso, commovente…..complimenti!
Ti ringrazio, Cinzia!
Un racconto davvero denso di sentimento e poeticità. Complimenti!
Un racconto di crescita efficace.
Complimenti.
Si percepisce l’amore del nonno, che scalda durante il racconto come un grande abbraccio. Mi è piaciuto molto e mi ha fatto venire anche gli occhi lucidi, quando la madre, dinanzi alla perdita, rievoca i suoi sentimenti di bambina, col rimpianto di averli perduti crescendo, cosa che succede un po’a tutti noi… Se un racconto tocca il cuore direi che funziona! Complimenti!
Eleonora,
per bocca dell’amorevole nonno Tommaso, mandi un invito a prestare attenzione alle parole del silenzio ed a comprendere che, spesso, la virtù della pazienza è la sola chiave per aprire i cancelli del mondo di un bambino taciturno.
Ho adorato come hai descritto il viaggio che conduce Mattia a conoscere l’amore e la morte, senza banalità, stereotipi o archetipi, semplicemente schiudendo piano piano lo scrigno delle sue emozioni.
E chissà, da qualche parte, “nel silenzio del cielo sospeso a metà sopra l’acqua”, magari nonno Tommaso starà ascoltando il finale della storia del Topo Zip.
Complimenti.
Lorenzo, grazie veramente del tuo commento, così sentito che mi ha emozionata!
Molto bello questo racconto, ma soprattutto commovente, scritto per i bambini ma diretto anche agli adulti, i quali, spesso, dimenticano di essere stati bambini e si inaridiscono. A volte fanno eccezione i nonni, poiché si sa, gli anziani sono come i bambini e riacquistano spontaneità, semplicità e quindi maggiore comunicativita’ nei confronti dei bambini.
E poi mi hai fatto venire un gran desiderio di mare con le tue descrizioni poeticamente veritiere.
Insomma, brava!
Lucia, ti ringrazio. Ho avuto la possibilità di vivere per un periodo in un posto di mare e da allora è parte di me.
Molto bello e delicato; e ti lascia con un gran sorriso . In ogni fine c’è un nuovo inizio.
Complimenti Eleonora
Ti ringrazio, Corrado.
Eleonora, condivido tutto quello che è stato detto sul tuo racconto, quindi mi aggiungo (scusa il ritardo) ai complimenti già fatti. Hai scritto una storia commovente, che arriva dritto al cuore. hai tratteggiato un personaggio meraviglioso (il nonno), in un mondo che profuma di salsedine, nel quale l’arte del racconto e la fascinazione di una storia passano di generazione in generazione. nei hai fatto la più preziosa delle eredità. Un tema meraviglioso. Brava!!!
Grazie mille delle tue parole, Carola!
Eleonora, ho iniziato a leggere i racconti per i bambini e devo dire che il tuo è molto bello, ma secondo me hai sbagliato destinatario. I genitori, anzi, tutti gli adulti dovrebbero leggerlo con grande attenzione e farne tesoro. Io, confesso, mi sono commossa. Non volermene, ma credo che sia troppo impegnativo per un bambino, a meno che non si tratti di un preadolescente. In ogni caso, brava, molto bello toccante e scritto bene.
Paola ti ringrazio.
Mi sono chiesta anche io e ho chiesto anche allo staff di Racconti nella Rete che fascia d’età intendessero con bambini; se si considerano bambini, come è giusto che sia, anche coloro dai 6 anni in poi, credo che possa andare bene. I bambini capiscono (e sentono con la “pancia”) molte più cose di quelle che siamo disposti a credere.
Sono d’accordo con te che dovrebbero leggerlo i genitori, ma si sa, molte voci di letture fatte ai bambini sono proprio appartenenti ai genitori.
Grazie!
Ciao Eleonora
E’ un bel rapporto quello che lega il nonno Tommaso a Mattia, che ha bisogno di tempi, quelli del racconto del nonno, e di spazi ampi e aperti, quelli del mare, per potersi espandere e crescere.
E’ un rapporto speciale quello che si costruisce tra Mattia e Maria, che inizia con una fetta di torta al cioccolato e prosegue al mare, vicino al faro e agli scogli.
Bello e delicato il racconto di Mattia, che per crescere non ha bisogno di joystick come i suoi fratelli, ma di relazioni vere.
Anche per me è adatto per ragazzi e per adulti.
Brava, è un racconto scritto bene!
Grazie del tuo commento, Marisa!
Grazie anche a chi non ha commentato precedentemente e a cui non ho avuto modo di rispondere singolarmente.
Sono parole che scaldano il cuore!
*a chi ha
Cara Eleonora, grazie al tuo delicatissimo racconto ho fatto un tuffo nella mia infanzia, rivedendomi nei pensieri e nelle sensazioni di Mattia, e mi è venuta una fitta di nostalgia per quell’età in cui tutto è nuovo e grande, e in cui si avverte ancora il potere magico della natura nonché della parola raccontata.
Per questa ragione anch’io, come Paola, sarei del parere che il destinatario ideale dovrebbe essere un adulto, che ha già vissuto ciò di cui scrivi e che perciò può apprezzarne tutta la poesia. Penso però che potrebbe essere graditissimo anche ai bambini, o quantomeno ai ragazzini, soprattutto per il tema del mare e per il fascino che sai infondergli col tuo talento.
Non aggiungerò atro, se non un sincero “brava”!
Giada ti ringrazio! È una cosa che mi hanno rimandato in molti, la commozione, e mi fa veramente piacere aver suscitato belle emozioni legate all’infanzia.
Farò tesoro di questi vostri bei commenti.
Eleonora, desidero semplicemente unirmi a tutti i meritati complimenti.
Inoltre condivido il tuo pensiero che, soprattutto riguardo la vita e i sentimenti, i bambini capiscano molto più di quello che supponiamo (e infatti: “Mattia riusciva a cogliere quello che voleva dire il nonno”) e, anzi, sono loro i veri maestri (“la maestra tornava subito alla lezione, lasciando scivolare via il pensiero che nella mente di Mattia ci potessero essere domande più serie delle risposte che lei poteva dargli”).
È una convinzione che ho già espresso altrove, per cui non voglio essere ripetitiva, mentre lo sarò dicendoti ancora: brava e complimenti!
Grazie mille, Marcella!
brava
Ciao Eleonora, fra molti sono stata attirata come una calamita dal tuo racconto… Quando l’ho letto ho capito perché. Ha molto in comune con “La mancanza” che avevo inviato in questi giorni. Mi piace molto il modo in cui hai descritto Mattia, la sua diversità, il legame col nonno… E la sua perdita. Ho letto molto attentamente anche il commento di Paola Dalla Valle che apprezzo ed ho pensato che in certi casi è davvero difficile definire se siano più adatti a bambini, ragazzi o adulti quando potrebbero essere utili a tutti. Io come mamma ho spesso bisogno di libri, di storie e personaggi in cui identificarsi per iniziare a parlare di certe cose con mio figlio. Quando non le trovo le invento … Poi continuo a cercare… E trovo racconti come il tuo. Grazie!
Ciao Anna. Grazie del tuo commento. È bello, a distanza di tempo, ricevere commenti come il tuo. Sono felice che come amante della scrittura e come mamma ti sia ritrovata in questo mio racconto.
Sarebbe bello avere modo di leggere il tuo “La mancanza”.
Grazie a te. “La mancanza” è sto pubblicato ieri sera quindi se vuoi puoi leggerlo e dirmi cosa ne pensi… Con eventuali critiche o suggerimenti. Io per esempio fra le altre cose non sapevo se rivolgerlo a bambini o meno. Credo che la tua opinione ed i tuoi consigli possano essermi molto utili.
Splendido, difficile commentare. Credo che difficilmente un bambino possa comprendere tutte le sfaccettature, si fermerebbe probabilmente ad una lettura più superficiale. Da leggere insieme, genitori e figli, riflettendoci sopra.
Aurora, condivido il tuo parere e ti ringrazio per il tuo commento.