Premio Racconti nella Rete 2017 “Il ricordo che ho di te” di Aurora Paglialonga
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Camilla l’amore l’ha sofferto tanto. L’ha vissuto come un battito di ciglia, un attimo fuggente che ha esplorato le oscurità della sua anima e si è perso in un angolo remoto del cuore. E non se n’è più andato. Vive ancora lì, non riaffiora mai e con lui si è nascosto anche il ricordo dell’amore più travolgente della vita di un adolescente. È un mistero da studiare, analizzare in ogni minimo dettaglio all’apparenza insignificante. Abbandonare il pensiero razionale e aprirsi alle ignote profondità della mente, cambiare punto di vista, essere pronti ad un’amara verità: è questo il segreto per ritrovare il ricordo. Abbandonarsi al colore del tramonto, alle sfumature del mare, al marrone della sabbia. Lasciarsi trasportare dalla brezza di una sera d’estate e smettere di pensare. La via per la verità. Camilla ogni sera resta seduta sul muretto che divide la strada dalla spiaggia, con le gambe penzolanti e le mani appoggiate alle ginocchia, i capelli castani raccolti in una coda quasi completamente disfatta e intorno silenzio. Solo l’infrangersi delle onde sulla sabbia bagnata e poi asciutta, bagnata e poi asciutta. I suoi occhi verso il tramonto e la mente verso il ricordo. Camilla si stringe la testa tra le mani e si chiede «perché non riesco a ricordare?» Si sforza, ma il ricordo non riemerge. Resta lì. Lascia un sapore amaro e una malinconia quasi impercettibile. Lei non si arrende. Ogni sera ritenta. Si abbandona al mondo sempre nello stesso luogo fino all’immergersi del sole nel mare. Eppure ogni momento trascorso con lui sembra essere svanito. Non esistono più il colore dei suoi occhi, la luminosità della sua pelle, la grandezza del suo sorriso. Scomparsi in un buio che sembra eterno. Dimenticati come i bambini dimenticano di aver pianto dopo aver mangiato una caramella. Sembrano essere stati elementi troppo banali, eppure Camilla sente qualcosa. Non sa cosa, è quasi un dolore lieve, così lieve da essere piacevole. Un piacere che le fa vibrare la punta delle dita e palpitare il cuore. Le fa sentire un fruscio nello stomaco e un brivido lungo la schiena.
Questa sera l’aria è diversa, più limpida, più fresca. Camilla non sente nessun senso di malinconia. È come se la vita si fosse improvvisamente voltata dalla parte giusta, l’avesse vista e avesse sussurrato «ti aiuto io». Tutto è iniziato mentre camminava verso il mare, quel piccolo angolo di immensità. Attraversando i vicoli stretti del paese ha sentito un odore che le ha fatto tremare le ginocchia, poi un battere d’ali nello stomaco e un giramento di testa lieve, ma gradevole. Qualcosa che le ha fatto affiorare alla mente il nulla, ma un nulla carico di emozioni indecifrabili. Ha continuato a camminare verso il mare e si è seduta sul solito muretto. È ancora lì e sente ancora uno strano profumo nelle narici che cerca di collegare a qualcosa, chissà a cosa? Inspira profondamente mentre l’odore se ne va adagio. Inspira ancora, questa volta con gli occhi chiusi e sente quel profumo enigmatico mischiarsi alla brezza marina e svanire all’orizzonte. I capelli castani vengono accarezzati dal vento e con lui danzano come se seguissero una melodia. Apre gli occhi e guarda il tramonto. I colori si mischiano nella sua mente sfinita e sempre più vicina alla rinuncia. Rosso, arancione, giallo, rosa diventano la stessa cosa, un’unica armonia incantevole. E mentre il sole si immerge negli abissi sconosciuti, ogni speranza di ricordare scompare. Dopo pochi minuti Camilla si alza e torna verso casa. Percorre gli stessi vicoli stretti e bui e cerca l’odore più strano e più buono che abbia mai sentito. Aumenta il passo sempre più convinta che si trovi nascosto in qualche strada del paese, ma non lo trova. È sul punto di aprire il portone di casa e tornare nel silenzio della sua cameretta, eppure c’è qualcosa, qualcuno che la invita a restare. Degli applausi alle sue spalle, un uomo che ringrazia, poi un suono. Camilla si volta e vede delle dita lunghe accarezzare un pianoforte, creando una sinfonia dolce e intensa allo stesso tempo. La ragazza si mischia al pubblico e osserva l’artista di strada mentre esegue una sinfonia di Mozart. Non appena stacca le mani dai tasti un insieme di applausi e complimenti si innalzano verso il cielo stellato e Camilla si avvicina all’uomo vestito in modo elegante.
Allunga il dito verso il pianoforte e sussurra.
«Posso?»
L’uomo sorride come se fosse un amico, la guarda come se la conoscesse e lascia che Camilla si sieda sullo sgabello. La guarda mentre inspira a fondo. Camilla riconosce l’odore del legno. Il pianoforte è la chiave del ricordo. Accarezza ogni tasto, ogni angolo. Sposta la mano velocemente e senza volerlo tocca un tasto che emette un suono straordinario. Improvvisamente tutto intorno a lei gira, il musicista non smette di guardarla e il cielo si avvicina al suo corpo per inglobarla a sé. Camilla porta le mani al viso, chiude gli occhi ed ecco che il ricordo affiora.
Sono seduti sullo sgabello di fronte al pianoforte, la testa di lei appoggiata alla spalla di lui e il braccio delicatamente avvolto al suo bacino. Lui accenna qualche nota. E la prima nota che suona è la stessa che Camilla ha toccato per sbaglio. Mentre sposta le dita da un tasto all’altro Camilla si lascia trasportare dall’armonia più bella che abbia mai sentito. Un suono che la travolge e le ricorda l’amore, la felicità, la bellezza di una vita imperfetta. Perché la vita è fatta di errori e senza errori non esisterebbe bellezza. Asciuga ogni tanto qualche lacrima che le riga la guancia e spera che l’eternità travolga quel momento di pura magia. Accenna una melodia con la voce quasi strozzata e immagina di trovarsi nello stesso posto, con la stessa persona anni dopo, suonando e cantando per i figli, per i nipoti. Quanti progetti nasconde l’adolescenza, quanti sogni infrange, quanti cuori mortifica. Fuori è notte, dentro è giorno. Una piccola luce sul tavolo illumina solo il pianoforte e lascia in ombra il volto degli amanti come a dire “l’amore va nascosto, è più bello”. Camilla stringe sempre più forte il corpo del ragazzo che mai smette di suonare. Lo guarda, gli carezza la pelle pallida, gli bacia la guancia, la fronte, ancora la guancia. Lui si volta e la luce si fa subito più forte. Camilla rimane ammaliata dai suoi occhi. Sono azzurri, azzurri come il mare più cristallino, come il cielo più limpido, come un petalo di Nemophila con tutte le sue venature più bianche. Sono due piccoli cerchi che sprigionano un leggero luccichio se colpiti dal più lieve raggio di sole. I suoi occhi rischiarano il volto di chi li guarda e sono talmente brillanti da illuminare anche il buio più profondo. Camilla non riesce a parlare, lui abbassa lo sguardo e le solleva il viso. La melodia del pianoforte è muta, ma continua a rimbombare nelle loro teste facendo da sottofondo al loro amore. Il ragazzo solletica il collo di Camilla con un dito e si stringe a lei scaldandole il petto e facendole respirare il suo profumo. Un profumo così intenso da inglobarsi ai vestiti e alla pelle. La guarda e lei vede nel suo sguardo l’immensità, la strada per un lungo viaggio, una purezza tale da far tremare le ginocchia. Immobile nel silenzio della stanza sente le labbra rosse del ragazzo appoggiarsi alle sue. Un attimo che sembra eterno. Lui sorride e abbassa lo sguardo verso le labbra di Camilla. Le guarda come se fossero di un rosso caldo quanto il fuoco. Le osserva gli occhi, le carezza il braccio. Camilla si rende conto di quanto sia bello e impossibile. Gli carezza il viso mentre lui ancora la guarda. E finalmente la vede. Si accorge di lei e di una bellezza che non pensava esistesse. Vede il marrone dei suoi occhi, il rosa della sua pelle. Sente il suo respiro sul collo e un brivido ogni volta che lei sfiora la sua mano. Le carezza le labbra, ma non vuole baciarla. Il bacio è solo una parentesi inutile tra uno sguardo e l’altro. E il suo è così bello… Il suo sguardo racchiude ciò che il più bravo poeta non riesce ad esprimere e ciò che il pittore si limita ad immaginare, perché un’opera d’arte sarebbe un nulla in confronto ai suoi occhi.
Travolta da un insopportabile dolore Camilla apre gli occhi e torna alla realtà. Una realtà senza di lui. Se n’è andato lasciando un vuoto incolmabile. Camilla va verso le scale di casa lasciandosi alle spalle il musicista che sorride ancora e il pianoforte che ora maledice. Abbandona il ricordo che aveva dimenticato – ora ricorda il perché – per non soffrire. Odia provare dolore. Le si stringe lo stomaco e le sudano le mani. Ha l’impressione che il mondo la odi, ma non è così. Le stelle la capiscono e piangono con lei. Il mare la compatisce e si infrange sugli scogli per coprire i suoi singhiozzi. Il vento la sente e ulula più forte. Però Camilla non trova pace. Il ricordo che si era nascosto nel suo cuore ha trovato uno spiraglio luminoso e affiora picchiandola forte. Lo sente mentre colpisce ogni angolo di anima. Le sembra di percepire il suo grande amore: le carezze, gli sguardi, i baci. Vede ogni colore. L’azzurro, il marrone, il rosso, il giallo. Sente la musica. È come se lui fosse tornato. Lui è lì e fa male.
Le dice che è innamorato, ma è uno sbaglio. È giovane, non conosce l’amore. Lo vive, ma non lo conosce.
«E cosa vorrebbe dire?» domanda lei.
«Vuol dire che non siamo pronti. Io non lo sono. Vuol dire che devi andare avanti senza di me.»
Dolore. Lui se ne va e la lascia sola. Lei vuole urlare, vuole seguirlo, ma non le esce la voce e le gambe non si muovono. Lo guarda allontanarsi e con lui svanisce anche il ricordo.
Il giorno seguente Camilla si sveglia come sempre con la stessa strana malinconia. Aspetta la sera, poi si siede sul muretto di fronte al mare con la testa tra le mani e si chiede «perché non riesco a ricordare?»
Aurora,
sono molto contento di essere il primo a commentare questo bel racconto.
La sensazione che ho avuto nel leggere la prima parte è stata fisica: mi è sembrato di essere rinchiuso in una bolla, al di fuori della quale i ricordi di Camilla galleggiavano inconsistenti, senza che io potessi vederli o toccarli, ma solo percepirne il peso.
Poi, liberato dalle note del pianoforte, mi sono trovato nell’universo passato di Camilla, contornato dal candore del sentimento dell’amore giovanile ed al contempo pugnalato dalle fitte che solo quell’amore riesce a rendere tanto penetranti e dolorose.
E poi di nuovo il silenzio della memoria, spesso, denso, quasi visibile.
Bravissima.
Ciao Lorenzo, ti ringrazio per aver letto il mio racconto e per aver lasciato uno splendido commento. Sono felice di essere riuscita a suscitare in te delle emozioni, era proprio il mio intento. Grazie ancora.
Aurora, per essere così giovane hai avuto molta inventiva a immaginare un’amnesia selettiva per Camilla, perché possa proteggersi dal dolore che non riuscirebbe a sopportare. E poi la musica di Mozart che riporta in superficie la vicenda.
Escamotages narrativi che funzionano bene e rendono l’atmosfera di cupa sofferenza di questa adolescente.
Bravissima Aurora.
In bocca al lupo anche a te, per tutto.
Aurora, oggi è il secondo tuo racconto che leggo.
No non ti dirò che sei brava per la tua giovane età. Ti dirò solo brava, mi vengo in mente tanti riferimenti, autoipnosi, mind wondering, e altre cose un po’ difficili, ma il succo è semplice, sei riuscita a disegnare la “Mappa” del tesoro e la protagonista ne ha seguito gli indizi, scovando sensazioni sentimenti aspirazioni e sogni.
Complimenti Aurora sai danzare leggera con le tue storie!
Un racconto sull’amnesia ambientato sul mare… impossibile per me resistere. Mi è piaciuta la tua scrittura fatta di frasi brevi, adatte all’impaziente ricerca della protagonista e ricche di elementi sensoriali: colori, odori, suoni. Lo sdoppiamento fra volontà e inconscio e l’uso delle tracce sensoriali per ritrovare il ricordo sono la chiave della bellezza di questo racconto, che ha nelle descrizioni tutta l’esplosività delle emozioni dell’adolescenza. Complimenti Aurora e in bocca al lupo!
Ciao Aurora, voglio farti anch’io i complimenti per i tuoi racconti. Mi sono piaciuti entrambi. Credo tu abbia una particolare qualità di scrittura, molto bella e molto tua.
-Marcella, grazie mille per le belle parole e per aver letto il mio racconto. Sono molto felice che il racconto ti sia piaciuto. Viva il lupo!
-Gianluca ti ringrazio per aver giudicato il mio racconto in base al contenuto e non in base alla mia età. Grazie anche per le bellissime parole e i complimenti. Magnifica la frase “sai danzare leggera con le tue storie”, è proprio il mio scopo.
-Marco, grazie per aver letto e apprezzato il mio racconto. Ti ringrazio anche per i complimenti e per il bellissimo commento. Viva il lupo!
-Ivana, grazie mille per i complimenti, per aver apprezzato entrambi i miei racconti e il mio stile.
Cara Aurora, ho letto entrambi i tuoi racconti e anch’io vorrei unirmi ai complimenti di coloro che mi hanno preceduta. In entrambi, dimostri di viaggiare senza paura fra la dimensione della sensazione e quella del sentimento, scavando nel profondo dell’una e dell’altra.
In questo, in particolare, trovo ben riuscita l’idea dell’insistenza su un ricordo che non si riesce ad afferrare pienamente, e che viene suscitato attraverso quella che pare un’evocazione magico-suggestiva. Mi ha ricordato certa letteratura tedesca di fine Ottocento.
Nell’altro racconto, confesso che nemmeno io avevo colto il valore metaforico che attribuisci ai personaggi. Ci avevo visto “solo” la rappresentazione della diversità, e del persistere della bontà anche a fronte delle peggiori ingiustizie. Ma anche limitandosi a questo livello di significato, la sostanza in gioco è densissima, e l’hai trasmessa con efficacia. Mi piace l’idea che il senso ultimo sia aperto, perché può essere letto sia come desolatamente pessimista, sia viceversa invitare alla speranza.
non vado oltre per non sembrare cattedratica ( a maggior ragione, considerando che ho solo pochi anni più di te). Ti dico solo: brava!
Ciao Giada, ti ringrazio infinitamente per il bellissimo commento e per i complimenti, sei davvero gentile. Sono felicissima di essere riuscita a trasmettere a pieno le emozioni che anche io provavo mentre scrivevo il racconto. Ti mando un bacio e ti ringrazio di nuovo
Aurora, quel déjà vu che prende corpo grazie al pianoforte diventa un piccolo racconto all’interno di un altro più grande, quello della rimozione salvifica di un dolore che si percepisce tutto nel tuo testo.
Paola, grazie mille per aver letto e commentato il mio racconto. Sono felice di aver trasmesso delle sensazioni così importanti. Ti saluto