Premio Racconti nella Rete 2017 “Storie in transito” di Margherita Lomangino
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Sono le 13.25 e sono seduta da circa dieci minuti. Carrozza 4, posto 5A.
Il treno partirà tra un quarto d’ora ma arrivo sempre con un deciso anticipo, la sola idea di vederlo sparire all’orizzonte per un soffio mi dà un senso di vertigine.
Ho scelto come sempre il posto lato finestrino, mi piace avere la vista libera, perdermi nei paesaggi. Ho scelto come sempre la carrozza centrale perché mi sono fatta l’idea che, in caso di incidente, le carrozze centrali sarebbero le più sicure.
Ho con me un libro, come sempre.
I posti attorno al mio sono ancora liberi e la cosa non mi stupisce affatto visto l’anticipo.
Il finestrino mi regala sequenze che si ripetono sempre uguali, di gente che corre trascinandosi dietro pesanti bagagli, donne con bambini in braccio che raggiungono trafelate l’entrata, qualche sporadico gentiluomo che si offre di alleviare dalla fatica esili braccia femminili e brandelli di sciagurata umanità distesi sulle panchine o in cerca di elemosina.
Apro il libro ed entro nella vita di Addie e Louis, due settantenni che decidono di affrontare le reciproche solitudini facendosi compagnia durante la notte, raccontandosi la loro vita, la quotidianità, le paure e le speranze di quel che resta.
Osservo i primi passeggeri passare davanti al mio posto. Mi chiedo quali volti si fisseranno nella mia memoria durante il viaggio, quali storie ascolterò, in quali vite mi infilerò furtivamente per poche ore.
A sedersi, dall’altro lato del corridoio, è un giovane sui venticinque anni. Indossa jeans strappati, una t-shirt grigia, occhiali da sole specchiati. Parla al cellulare con un tono di voce piuttosto alto e con un deciso accento meridionale. Rassicura la persona dall’altra parte, dicendole – capisco dalla conversazione che si tratta di una donna – di non preoccuparsi, che si metterà tutto a posto, che la raggiungerà a Cuba, che aprirà un locale e che sistemerà tutto con quelli lì. E se dovessero creare problemi, saprà lui come risolverli. Una telefonata piuttosto sospetta. Cerco di distogliere l’attenzione e, soprattutto, di non far intendere che ascoltavo.
Louis accoglie inizialmente con scetticismo e incredulità la proposta di Addie. Si conoscono appena, cosa penserà la gente. Ma alla loro età il giudizio della gente non conta. Iniziano così a inanellarsi una dopo l’altra notti di mani nelle mani, delicati abbracci, confidenze sincere.
Due donne, una sulla settantina e l’altra più giovane, forse prossima ai quaranta si avvicinano. La più anziana ha un passo malfermo, affaticato. La donna più giovane ha un fisico robusto, capelli color rame e carnagione chiara. La fa accomodare tenendole il braccio, le chiede se vuole dell’acqua, si premura di sistemarla come si farebbe con una bambola di porcellana sul divano.
Sono sedute di fronte a me. I nostri sguardi si incrociano per pochi istanti, quasi ad annusarsi per farsi un’idea di chi condividerà spazi così ristretti.
Nelle notti di Addie e Louis si riaprono antiche ferite in cerca di assoluzione attraverso parole confessate che squarciano silenzi sepolti. Per Addie la morte violenta e improvvisa della figlia Connie, per Louis l’ombra del tradimento, di una passione intensa e bruciata troppo in fretta per lasciare feriti.
Si sentono due fischi decisi e pochi istanti dopo il treno inizia la sua corsa.
La donna anziana guarda fuori dal finestrino, oltre il finestrino.
Ti ho mai raccontato di come ci siamo conosciuti?
No, non credo, risponde la sua compagna di viaggio.
Vorrei non ascoltare ma c’è troppa umanità sui treni per leggere un solo racconto.
Ero sola sul treno che mi avrebbe portato a Roma incontro al futuro. Avevo i sogni negli occhi e una sola valigia. Leggevo il copione che avrei recitato. Alberto si sedette di fronte a me e mi rivolse subito la parola. Indossava una vistosa e ridicola camicia scozzese rossa e verde. Fu un lungo e fastidioso interrogatorio e fui sul punto di cambiare posto, ma la sua sfacciataggine da un lato mi irritava dall’altro mi attraeva. La ragazza di provincia, sempre scostante, educata a non dare confidenza, fin dove avrebbe tollerato? Fino a che punto lo avrei lasciato intromettersi nella mia vita con i suoi “perché”, “come mai”, “secondo me”, “se fossi in te”?
Improvvisamente le loro notti non sono più segrete. Occhi indiscreti scorgono le misteriose migrazioni notturne. Si vocifera di una relazione, quasi scandalosa, a quella età. Qualcuno si espone raccomandando comportamenti più convenienti, i figli dell’uno e dell’altra non nascondono una ostinata disapprovazione.
Il treno si ferma, è un regionale, sputa e raccoglie quasi ogni dieci minuti.
È ora di pranzo, studenti salgono e scendono in paesini di provincia di cui faticherò a ricordare i nomi. Dal finestrino del treno fermo vedo una ragazza sui sedici anni con grandi occhiali da sole e una sigaretta tra le labbra. Ad attirare il mio stupore sono i suoi capelli rossi avvolti in enormi bigodini celesti. Mi chiedo come si possa stare così conciati a fumare una sigaretta sulla banchina di una stazione con tanta indifferenza.
E mentre ancora rimugino su cosa possa averla spinta ad uscire in quel modo, la vedo salire sul mio treno ed accomodarsi accanto a me.
Sono quasi imbarazzata, il finestrino aveva svelato solo un ritaglio di quella meravigliosa opera adolescenziale.
I bigodini celesti solo la vetta di un’espressione creativa fuori da ogni mia logica. Dall’alto in basso, bigodini celesti, un parka verde indossato su una lunga vestaglia da casa grigia in pile, sneakers bianche, pigiama bianco e zaino in spalla.
Tutto bene, mi sono detta, gli adolescenti sono così, spontanei, provocatori, indifferenti al “non si fa, non sta bene” ma, nel frattempo, il mio cervello inquadrato in logiche opposte ha disegnato infiniti scenari, rocambolesche fughe, porte sbattute in faccia, dolorosi addii…
E tuttavia la sua tranquillità quasi mi rasserena. Quell’espressione da “Che c’è? Qualcosa di strano?”, allenta le tensioni e lascia in me e in chi la osserva solo innocui punti interrogativi di passaggio.
Quell’audizione non la superai. Ma Alberto entrò nella mia vita per non uscirne più. Nacque Luca appena un anno dopo e la cosa suscitò non poco scandalo. Non sposati, con lavori di fortuna.
Amelia, è l’ora della pillola, le dice la donna più giovane.
Solo adesso mi accorgo del suo leggero accento straniero, forse dell’est Europa. E il fatto che la chiami per nome mi fa subito intendere che si tratta molto probabilmente della sua badante.
La donna prende la pillola, reclina la testa all’indietro e chiude gli occhi. Per qualche minuto non c’è più nulla, le voci sembrano essersi tutte spente, inghiottite dalla galleria che stiamo attraversando.
Il ragazzo ha chiuso la sua lunga telefonata, la donna anziana ha interrotto il suo racconto, la ragazza è ormai da una buona mezz’ora con la testa china sul suo cellulare e digita con entrambe le mani con una rapidità impressionante.
L’intimo rituale notturno viene improvvisamente interrotto dall’arrivo di Jamie, nipotino di Addie. Gene, suo figlio, ha bisogno di lasciarlo da lei per qualche tempo, per risolvere le sue difficoltà economiche e matrimoniali. Quello che inizialmente sembra presentarsi come un ostacolo, diventa presto fonte di nuova e inaspettata ricchezza. I bambini non fanno domande, gli adulti sottovalutano il loro spirito di osservazione e comprensione.
Tutto proseguì felicemente – riprende – pochi soldi ma tanto amore. Luca cresceva. Alberto continuava a riempirmi di parole, di progetti, di proposte, di domande. Avevamo in mente di tornare da dove eravamo partiti, di rilevare qualche vecchia masseria e di aprire un agriturismo, di vivere nella natura, di dare a Luca una vita sana, di aprire quel recinto cittadino in cui era costretto a vivere e di lasciarlo correre libero, a piedi nudi.
La vita a tre con Jamie si trasforma in uno spasso, il piccolo ritrova il sorriso, gli regalano anche un cane, Bonny. E non nasconde la sua simpatia per Louis.
Finché Gene non scopre quello che accade e il mondo crolla.
Finché Alberto non si ammalò e il mondo crollò.
Addie è costretta a cedere al ricatto. O Louis o Jamie. Sangue del suo sangue, Addie compie la sua scelta disperata.
Alberto peggiorò nel giro di pochi mesi, strane vertigini, dolori allo stomaco e la diagnosi che, come una mannaia, spezzò sogni, progetti, sorrisi.
Addie cade e si rompe un’anca, bloccata in un letto, senza più mani tra le mani, senza abbracci, senza la carezza di parole morbide e leggere. Solo il peso di un’assenza e il tempo della solitudine.
Alberto si spense in estate. Ero andata a trovarlo come ogni giorno in ospedale. Quella mattina indossavo un vestito giallo. Lui amava i colori vivaci ed io volevo portargli la luce, quella che si stava affievolendo ora dopo ora. Mi guardò e mi sorrise. Secondo me il giallo è il colore che ti dona di più, disse, non smettere di portarlo.
Si gira verso il finestrino, sollevo per un attimo lo sguardo e mi pare di vederle gli occhi lucidi. La donna accanto a lei non sembra particolarmente colpita dal racconto, forse non è la prima volta che lo ascolta, forse ne ha già sentiti troppi, forse è solo il suo mestiere ed è pagata per fingere interesse.
Siamo arrivati, le dice. Andiamo.
Vanno via e mi lasciano malinconici brandelli di vita.
La ragazza digita ancora sul cellulare. Di lei saprò solo quello che avrò immaginato dal suo aspetto.
Il ragazzo muove la gamba nervosamente, starà facendo congetture su come sistemare quelle fastidiose faccende.
Addie e Louis mi resteranno dentro come la promessa consolatoria di speranze senza scadenze.
E intanto penso, se i treni potessero parlare quante storie avrebbero da raccontare, quanti frammenti di esistenza intrappolati in queste fredde lamiere, quante vite frettolose in transito.
Il mio lungo viaggio prosegue, aspetto i prossimi passeggeri, sono tutta orecchi.
“C’è troppa umanità sui treni per leggere un solo racconto”. Bellissimo racconto, Margherita. Vado pazza per i viaggi sui treni da sempre. Sono affascinata da “Treno di notte per Lisbona” di Pascal Mercier, da “La ragazza del treno” di Paula Hawkins. I viaggi sui treni hanno arricchito tantissimo la mia adolescenza.
Grazie di cuore Dominique! Anche nei miei viaggi (e nel mio cuore) il treno ha un posto privilegiato. Lì accadono incontri casuali o a lungo cercati (come quello tra Milena e Kafka), si raccolgono frammenti di discorsi, si studiano volti, si ricostruiscono esistenze sospese tra realtà e immaginazione. Ha un fascino a cui è difficile restare indifferenti. Grazie ancora per averlo letto e apprezzato.
Margherita, delizioso questo tuo racconto, un intreccio continuo di frammenti di vita, di supposizioni sull esistenza di anime in transito.
Brava!
Ti ringrazio Gianluca per averlo letto e apprezzato. Mi affascina raccogliere fotogrammi di vita e ricostruire esistenze. E il treno è un palcoscenico speciale, una fonte preziosa di ispirazioni.
Anche a me è piaciuto questo spaccato sul microcosmo del treno. Anch’io sono un’assidua frequentatrice di questo bellissimo mezzo di trasporto, il più bello per me, e mi sono trovata spesso come la tua voce narrante in bilico tra un libro e i frammenti di discorsi e i volti degli altri passeggeri. Molto ben riuscito l’intersecarsi della storia del libro e delle vite in transito. Bella la scelta narrativa che rispecchia il susseguirsi di storie e sensazioni.
Grazie davvero Ivana, per aver colto e condiviso le sensazioni che attraversano i frequentatori di questo poetico mezzo di trasporto, risucchiati da storie di passaggio, tra realtà e finzione narrativa. Grazie per aver apprezzato l’intreccio del racconto e il suo continuo alternarsi dei piani narrativi.
Certo che i racconti di viaggio sui treni non perdono proprio mai il loro fascino! Ho amato questo treno ” che sputa e raccoglie ” non appena ci ho messo piede sopra. Il viaggio è stato emozionante e tu Margherita sei stata bravissima a guidarlo! Complimenti
Grazie di cuore Gloria…per aver viaggiato con me e per aver amato questo treno. Emozionante per me sapere di aver trasmesso emozioni…
Margherita, una lettura che richiede concentrazione per quell’intersecarsi di vite, reali o immaginate, coincidenti con la vita del treno che le trasporta. Bello, intenso e lieve nello stesso tempo.
Grazie Paola, per averlo letto con la giusta concentrazione e apprezzato. “Intenso e lieve” sono due aggettivi che mi piacciono molto e che definiscono perfettamente quelle solide ma effimere esistenze che ci attraversano nel breve tempo di un viaggio in treno. Ti ringrazio ancora di cuore.
Frammenti di vita che si incrociano nel vagone di un treno, un racconto delicato nel quale la protagonista, che molto mi assomiglia nell’atteggiamento, non dimentica che anche la vita è letteratura. Brava
Grazie Anna Rosa, mi fa davvero piacere che in qualche modo sia riuscita a farti immedesimare nella protagonista.
“Anche la vita è letteratura”. È proprio così, meravigliosa verità.
Ti ringrazio di cuore per aver letto il mio racconto e per aver colto questo messaggio.
Un viaggio fra scorci di paesaggi umani reali o letterari ma pur sempre umani: è lì il bello. Anch’io ho un affetto speciale per i treni che mi riportavano casa dall’università e per quelle ore viaggiate fra libri di carta e libri in carne e ossa. Un racconto davvero bello!
Grazie davvero Ugo! È proprio così…
Per chi sa e vuole leggere la vita, il treno è un libro infinito che raccoglie pagine di bellissima umanità
Margherita,
un seducente esempio di narrativa de viaggio, che miscela la magia della letteratura (e dell’arte in genere) con la sfuggente leggiadria della vita.
Una prosa colta ma mai pesante, ricercata e fine, adatta al messaggio che fai filtrare.
Bravissima.
Grazie di cuore Lorenzo…per aver letto il mio racconto e per averlo apprezzato con queste bellissime parole. Grata e lusingata
Ciao Margherita, anche io sono tremendamente affascinata dai treni, e i viaggi (miei, o immaginati) sono spesso al centro dei miei racconti. Questo soltanto per farti capire l’impressione che ho provato leggendo il tuo. Bella l’idea di intersecare, sfumandone le attribuzioni, i passi del libro con le storie colte dalla protagonista. Complimenti!
Ti ringrazio davvero Giada. I treni sono una fonte inesauribile di ispirazione. Penso anche ai treni d’un tempo, lenti…dove le vite, oltre che a sfiorarsi, finivano per intersecarsi. Grazie per averlo letto. Se ci sarà modo, mi farà piacere leggere i tuoi.
Margherita, sono d’accordo con tutto quanto già così ben commentato perché mi è piaciuto davvero tanto come hai raccontato una routine che non può essere mai davvero la stessa ma anzi essere motivo di osservazione, riflessione, introspezione, e quindi di crescita.
Alla fine ho sorriso perché uno dei miei racconti è nato da un pensiero: chissà se le automobili potessero parlare… figuriamoci i treni!
Grazie infinite Marcella, per aver letto e apprezzato il mio racconto. Certo, anche le automobili ne avrebbero da raccontare, meriterebbero un posto in ogni album di famiglia…