Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Da Tiburtina non partono treni per Latina” di Patrizia Fortunati

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Dovevo prendere il treno delle 7.30.
Invece mi sveglio molto prima della sveglia e prendo quello delle 6.50.
Arrivo a Tiburtina e ho ben un’ora e venti per fare colazione e gingillarmi: fare le cose con calma è un piccolo lusso che mi concedo più che posso.
Decido di concedermi anche una colazione vera (vedi ipercalorica) ed entro in un bar dove non sono mai entrata. Mi siedo a un tavolino appartato vicino a una presa, ché tanto per cambiare ho il cellulare scarico.
Cappuccino non scremato, cornetto con marmellata scura e “Appunti di meccanica celeste” di Domenico Dara (a proposito: è bellissimo).
Dopo due morsi, due sorsi e dieci righe vedo un uomo grande e grosso piantato davanti a me. Ha un cellulare in mano e un caricabatterie: mi indica la presa. Gli mostro la seconda presa e torno a leggere, ma lui mi dice:
– Latina.
Alzo gli occhi dal libro, lo guardo e lui:
– Latina.
Gli dico che siamo a Roma e che per i treni deve salire di un piano. Ripete:
– Latina.
La ragazza che sta sparecchiando il tavolo vicino ci dice che da Tiburtina non partono treni per Latina e che deve andare a Termini.
Lui, come un mantra, ripete la sua parola magica: Latina.
Sfodero il mio migliore inglese e gli spiego il tutto.
Lui mi guarda, sempre più rosso in viso, per la fatica di farsi capire e la disperazione temo, gli occhi mi sembrano velati:
– Latina… – e poi, con un filo di voce – Turkish.
Sospiro.
Penso a mia nonna che mi avrebbe detto “Fai del bene e scordatelo”, a mio marito che mi direbbe “Eh ma tu te le cerchi” e a mio padre “Beh ma non ce lo portiamo almeno a Termini?”.
Mando giù l’ultimo sorso, chiudo Domenico Dara, stacco il caricabatterie (sono solo al 10%) e lo accompagno alla biglietteria.
Entriamo. L’uomo dietro al bancone, appena lo vede, fa:
– Ah riecco ‘sto disperato.
Siccome lo guardo con aria interrogativa, aggiunge:
– Da mo che gira.
– Gira perché deve andare a Latina, non parla italiano né inglese e non sa come fare.
– Ebbe’?
Sospiro.
– Lei lo dica a me, che poi ci penso io.
Accendo il cellulare, confidando in quel misero 10%. Col santo traduttore google spiego al mio assistito che deve prendere la metro fino a Termini e da lì sto benedetto treno per Latina. Lui mi racconta che è un camionista, che un suo collega ha avuto un brutto incidente e lui deve raggiungerlo.
Compra il biglietto. Finalmente accenna un sorriso.
Scendiamo, lo porto all’entrata della metro. Prima di lasciarlo, gli scrivo un biglietto con gli orari e i numeri dei treni per la famosa Latina e due righe per farsi aiutare quando arriva a Termini. Gli traduco il tutto, quel 10% regge ancora.
Ora mi sorride, un sorriso aperto. Di sollievo. Mi stringe forte la mano per salutarmi, poi mi dice:
– Grazie – alza l’indice destro, lo muove a formare un piccolo cerchio per intendere, credo, “tutti”, poi indica me e aggiunge – grazie, famiglia.

Penso che sia proprio bello aver trovato un turco le cui uniche due parole conosciute in italiano siano “grazie” e “famiglia”.
Oltre, ovviamente, a Latina.

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3 commenti »

  1. Patrizia,

    un racconto diretto, breve ed intenso come l’incontro della protagonista e scritto con una prosa leggera, moderna ed estremamente curata.

    Nello scritto intravedo un invito ad abbandonare la diffidenza ed a muoversi verso il prossimo, uscendo dal guscio in cui spesso, oggi, ciascuno di noi si rinchiude per paura dell’ignoto.

    Complimenti.

  2. Lottando contro la tentazione del “non vedere”,del’indifferenza che caratterizza la nostra quotidianità , la protagonista del racconto compie un gesto di pura umanità . Narrazione scorrevole e di gradevole lettura. Brava Patrizia!

  3. Lorenzo, Anna Maria, grazie dei vostri commenti.
    Questo racconto non è di fantasia: io mi sono limitata a descrivere quello che è realmente successo. Perché la realtà, come diceva sempre la mia professoressa di lettere del liceo, supera la fantasia.
    Grazie ancora!

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