Premio Racconti nella Rete 2017 “L’oblò” di Mara Marandella
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Una stanza soltanto adoravo, in quella casa sulla terrazza…sì, la casa “terrazza” dove tutto pendeva: un dislivello di quaranta centimetri almeno da un punto all’altro, se qualcosa cadeva lo recuperavi solo in fondo. Ecco perché la mia esistenza è così in bilico e squilibrata…comunque: cucina, salotto, due camere….ma il bagno la faceva da RE…sì, proprio lui era il mio mondo.
Mi ricordo che per arrivare ad aprire quella finestra ad oblò mi dovevo arrampicare sul bidè e in punta di piedi riuscivo a malapena a sbloccarla. Lì respiravo tutto ciò che stava fuori: vociare di donne, schiamazzi e grida di bambini…
Ed io? Me ne stavo lì, con le orecchie tese, gli occhi sgranati nel nulla, e cullavo la mia paura della vita.
Poi, la notte, tornavo ancora lì, in piedi sul bidè, e ammiravo il blu della notte, le stelle e la meravigliosa luna…wow! Quanto era bello il mondo, lassù sul bidè!
Sul davanzale dell’oblò nascondevo un piccolo specchietto, e osservavo il mio viso come se qualcosa di magico dovesse accadere…il mio stomaco si accartocciava…Poi, toc toc, qualcuno bussava alla porta, era il momento di lasciare il mio appostamento, il mio piccolo mondo, il mio viaggiare, il mio angolo segreto.
Di giorno, da lassù, affacciata, il sole mi scaldava la faccia…di notte la illuminava la luna.
Quella notte mi svegliai di soprassalto. Dei rumori attiravano la mia attenzione: svolazzamenti e cinguettìi, che riempivano le mie orecchie, sempre più forti e insistenti. Corsi al mio angolo segreto così com’ero vestita, e in maglietta e a piedi nudi mi arrampicai sul bidè, mi allungai per aprire l’oblò, ma una forza esterna decisa e irruente lo spalancò di colpo. Una nuvola nera entrò a volo nella stanza, una miriade di ali minacciose si avventò sui miei lunghi capelli e sul mio volto indifeso. Il mio cuore diventò di colpo pietra, la gola gonfia e serrata, occhi di ghiaccio, e le mie mani vane non riuscivano a strapparmi quelle furie di dosso.
Volevo solo morire.
Appeso alla porta -ricordo- c’era un accappatoio bianco. Mi ci avvolsi più strettamente che potevo, per non sentire più muovere l’osceno zampettìo e il dibattersi di quei corpi che mi avevano assalita. Come una cieca, mendicai intorno a me un aiuto.
Più in là, in fondo al corridoio, c’era lui. Quel padre fino allora così poco presente, così segretamente invocato dal mio io bambina, che si mise a staccare ad una ad una quelle orrende bestiacce, mormorandomi di stare tranquilla, che non era niente, che era tutto finito. Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, potei credergli.
Immobile, non più tremante, tornai a respirare. Finito l’incubo. Finito, forse per sempre, il mondo che da quell’oblò mi arrivava.
Una specie di Horror in un racconto breve. Molto particolare
Originale e intrigante. Ma in fondo un buon racconto dovrebbe avere almeno una di queste due qualità, no? 🙂
Mara,
molto bello questo breve ma intenso viaggio tra i luoghi dell’anima, soprattutto sotto il profilo allegorico: la casa “squilibrata” mi ha fatto pensare all’indole barcollante della protagonista, l’oblò allo spiraglio da cui si affaccia timorosa ad adocchiare il mondo e lo stormo di rapaci alle paure recondite che invadono il suo universo.
Ed infine il padre, che riesce a far filtrare un filo di speranza in un emisfero di ombre.
Complimenti.
Un racconto originale. Un momento intimo del passato che ritorna sotto forma di incubo. Molto bello l’accenno al conflitto irrisolto con la figura paterna nell’agnizione finale. Nel complesso un ottimo racconto sia come impianto che come presentazione.
Letto questo racconto, la mia mente è subito corsa alla costa di un grosso tomo che ho in libreria a firma di Luigi Cancrini, s’intitola: “Ascoltate i bambini”. Un saggio che nelle sue 336 pagine raccoglie l’inquietudine dei bambini di fronte all’ardua fatica del crescere e del confrontarsi col mondo di padri e madri spesso ancora più confusi e smarriti. Mara Marandella è riuscita a dipingere con poche misurate parole e un unico luogo, il bagno, richiamo al reale là dove sembrano abitare solo sogni e incubi, il senso di smarrimento di una bambina davanti alle incognite della vita, dimostrando talento nell’arte del racconto breve. Si “ascolta” con attenzione questa bambina, “non sai in che pasticcio ti stai mettendo”, avvertirebbe la Allende, ma ci lasciamo volentieri conquistare da quest’oblò aperto sul “piano infinito”.
Sorprendente e poliedrica, leggendo il suo breve ma intenso racconto, si immagina il suo occhio curioso e attento improvvisamente incupito e spaventato dall’inaspettato evento trasmettendo a tutti noi un attimo di inquietudine, prima del rassicurante finale. Brava Mara in poco sei riuscita a trasmettere molto.
Bellissimo racconto che lascia in noi il dolce ricordo della fantasia che con il passare degli anni non finisce ma cambia colore e ci accompagna per sempre.
La presenza del padre in uno dei momenti più richiesti e’ importante e rivela un amore mai sopito.
Il racconto ci lascia un pensiero stupendo e cioè che è bello vivere la realtà con la fantasia.
Oggi in un mondo pervaso da tanta incertezza diventa necessario farlo per dare un significato alla nostra esistenza.
Grazie Mara per averlo scritto e sei un esempio per tutti noi perché non bisogna mai smettere di sognare.
Questo lo fanno solo le anime pulite e piene di sentimento con te.
Un ottimo ed affascinante racconto, ben scritto e pieno di simbologie significative. La casa “rifiutata”, con il terrazzo inclinato verso l’esterno sul quale “se qualcosa cadeva lo recuperavi solo in fondo” come metafora della tensione verso l’altro da sè, ma protetto al suo estremo in modo da impedirne l’uscita, il rotolare fuori che viene manifestatamente indicato come simbolo della propria esistenza “in bilico e squilibrata”. Il bagno che è il mondo dell’autrice, un ambiente protetto, circoscritto, quasi una propria fortezza in cui sentirsi difesa, che comunica con il mondo esterno solo attraverso l’oblò di disagevole accesso. Questo oblò, protagonista del racconto breve, è lo iato attraverso il quale spiare, respirare soltanto il mondo esterno, sentendosi difesa in quanto non vista e percepita. E’ molto bella l’immagine del “cullare la paura della vita” difendendosene attraverso lo specchio che riflette il proprio volto, quasi un’introspezione che permette attraverso il fantastico di proiettarsi verso il mondo esterno restandone protetta, e quindi escludendo il dialogo con il piano infinito. La notte come momento privilegiato di osservazione, il blu della notte, le stelle e la luna come elementi che simboleggiano un ignoto silenzioso e calmo.
In questo universo rassicurante poi irrompe il dramma. Gli uccelli, solitamente associati a valori come la bellezza, la libertà, la musica si trasformano qui in una minaccia, prima avvertita solo come sbattere d’ali e cinguettii e subito dopo come irrompere violento nel rifugio segreto, circoscritto e protetto, delle minacce del mondo esterno. Mi ha richiamato “The birds” di Daphne du Maurier nel quale i gabbiani, che attacccano gli umani in ambienti aperti vengono letti come metafora degli attacchi aerei sulla Cornovaglia durante la seconda guerra mondiale ma qui il tutto è vissuto in un’atmosfera più intima, un dialogo con il proprio sè. Mara Marandella quindi trasforma queste creature un tempo innocenti in assassini spietati che improvvisamente sono disposti ad ucciderla, una minaccia vissuta come un incubo onirico. L’angoscia delineata come il cuore che diventa di colpo di pietra, la gola serrata, gli occhi di ghiaccio, le mani incapaci di difenderla e l’accappatoio bianco in cui avvolgersi per difendersi…è notevole sia la scrittura assai efficace come anche la simbologia ( il bianco dell’accappatoio come luce, solarità, per difendersi dall’ignoto che però è insufficiente, ed allora arriva la figura salvifica e rassicurante del padre). Conclude con questo padre ritrovato, al quale finalmente si può credere dopo tanto tempo, una efficace e significativa immagine. E’ finito l’incubo ma il finale resta aperto: il mondo che da quell’oblò entrava è finito, forse per sempre, e si resta in sospeso chiedendosi se poi l’irrompere dell’ignoto esterno minaccioso sia davvero terminato per sempre, se il rapporto rassicurante e protettivo con il padre sia stato solo un episodio o un rapporto ritrovato…e questa ambiguità, questo irrisolto happy end, la trovo l’immagine più affascinante del racconto, ciò che dà il colpo d’ala e che alza tutto il racconto al di sopra del banale, che ne crea il fascino.
Un breve Bildungsroman, un romanzo di formazione, che racconta, insieme, un momento dell’evoluzione dell’autrice verso la maturazione e l’età adulta ma anche il racconto delle emozioni, dei sentimenti e delle azioni viste nel loro nascere dall’interno.
In sintesi un ottimo racconto breve che mi fa sperare di leggere ancora l’autrice in lavori anche più estesi e strutturati.
Un incoraggiamento ed i miei complimenti all’autrice per l’ottimo lavoro.
Lettura perfetta la sua. Credo che ben pochi sarebbero stati in grado di analizzare nel dettaglio questo breve ma intensissimo racconto, come ha fatto Lei.
Un intimo bellissimo racconto, concordo con il puntuale e articolato commento di Lorenzo Mignani.
Mr. Magnani ha dato una lettura a dir poco perfetta su questo breve ma bellissimo e intensissimo racconto. Aggiungo solo ciò che noi tutti sappiamo; il passaggio dall’età infantile a quella adulta non é questione puramente dovuta a cambiamenti fisici; sono i nostri piccoli (o grandi) traumi a far si che questo cambiamento avvenga. Ci lasciamo alle spalle (forse) quel mondo per sempre. E lo facciamo non senza nostalgia, perché lo sappiamo e lo diciamo chiaramente: “..quant’era bello il mondo lassù sul bidè..”. Ma questi cambiamenti riservano talvolta risvolti indubbiamente positivi; diventando adulto riesci a capire, forse a comprendere per la prima volta i tuoi genitori; instauri con loro un rapporto che prima in virtù dell’età, non potevi avere… Tuttavia i passaggi.. i cambiamenti.. l’evoluzione del rapporto con gli altri, comportano sempre un sorta di sordo dolore; ma poi quell’incubo finisce. Si smette di tremare, si ritorna a respirare. Si ritorna alla vita.
Cara Mara,
la tua brevità viene condensata e assaporata da tutte le emozioni che metti e scaturisci nella tua prosa.
C’è molto intimità in questa finestra che apri verso il lettore, grazie di averlo fatto con così tanta grazia.
Un breve racconto sicuramente simbolico, che rappresenta, forse, il faticoso passaggio da bambina a donna che hai descritto con molta originalità. Molto divertente il particolare del bagno e del bidè grazie al quale, raggiungi la finestra ad oblo e riesci a spiare il tuo mondo fantastico che perde, all’improvviso del suo fascino. Una breve storia descritta con i colori di un quadro naif. Complimenti Mara e in bocca al lupo.