Premio Racconti nella Rete 2017 “Il mondo visto da sotto” di Marco De Angelis
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Accadeva spesso a Paolo di trovarsi sotto il tavolo, non sentiva il freddo del pavimento perché poteva starci in piedi, bastava che chinasse un po’ la testa e di colpo era sotto. Pochi ci stavano come lui, per questo lo considerava il suo posto, tutto intorno invece c’erano gli altri, avvolte tutti, altre nessuno, solo una persona c’era sempre, sua nonna; quella era la sua casa.
Appena si entrava nella cucina, di fronte c’era il tavolo, colpiva per la sua lunghezza e il piano di marmo grigio con venature nere, freddo d’inverno e fresco d’estate.
Sulla destra c’era una stufa per cucinare, nera con i bordi argentati, il piano di cottura in ghisa e sotto una serie di sportelli da cui uscivano polli arrosti, capponi lessi, o cotolette di agnello. Solo la nonna ci cucinava, perché era l’unica che non si scottava mai; si proprio cosi e lo faceva vedere anche a Paolo, ogni tanto poneva la mano sul piano di ghisa e … non succedeva niente:
“ Guarda non m’ha fatto niente vedi ?” diceva.
Paolo guardava e non c’erano scottature, però sentiva il calore della piastra.
Sempre a destra del tavolo nell’angolo c’era il camino, enorme, come una bocca spalancata due metri per uno, con un ceppo che bruciava nel mezzo (d’inverno ovviamente) e Paolo entrava anche lì, come sotto il tavolo, peccato che alla nonna non le andasse giù; anzi gli raccontava storie di pentole d’acqua calda che si rovesciavano e scottature, ma non erano le storie che lo facevano star lontano, quanto gli scappellotti.
Tutti i giorni alle sei del pomeriggio la nonna si sedeva di fronte al fuoco e recitava il rosario, solo che lui ripeteva pochi versi, infatti, appena la nonna diceva:
“Mater intemerata”
Paolo diceva: “Ora pro nobis”,
“Mater amabilis”
“Ora pro nobis”.
Oppure la nonna continuava:
“ Agnus Dei, qui Peccata Mundi”,
Paolo rispondeva:“misere nobis”.
Gli piaceva dire il rosario con lei, solo che non sapeva il significato; anzi come neo chierichetto il rosario lo aveva recitato in chiesa, sotto la statua della Madonna, ma si annoiava, invece con la nonna era diverso, in una lingua sconosciuta, con il fuoco di fronte e nessun santo a cui raccomandarsi.
La domenica tutta la famiglia si riuniva lì attorno al tavolo a mangiare, solo che Paolo, in questi momenti, preferiva starci sotto ma gli altri non volevano, per questo la zia diceva:
“Ma dov’è Paolo ?”; e la mamma rispondeva:
“Non lo so mo’ lo cerco”:
Giravano per casa chiamandolo, Paolo sapeva che sapevano, anzi dirò di più Paolo sapeva che sapevano che Paolo sapeva, morale s’infastidiva e per questo non usciva. Solo una volta il trucco aveva funzionato ed era stata la nonna a farlo, infatti, appena sentì che lo chiamava, uscì e andò da lei, e vedendola in volto, capì, ma non si meravigliò, in realtà la nonna sapeva tutto.
Infatti, aveva per tutti qualcosa da dire, una raccomandazione, un consiglio, alcune volte anche un richiamo, ma per Paolo e suo fratello sempre una storia da raccontare, anche se non usciva mai, ma proprio mai; infatti, aveva le gambe tanto gonfie che faticava a muoversi e non la ricordava fuori di casa, ma che dico, fuori dalla cucina. C’era un parente che, quando litigava con la moglie, veniva dalla nonna per un consiglio, ma Paolo ne aveva paura e appena lo sentiva salire le scale e la nonna dire:
“Dume’ scì tu ?”.
Zac! si fiondava sotto il tavolo e non usciva fino a che non fosse andato via, anzi una volta si fece pure la pipì addosso.
Comunque come detto, le domeniche Paolo non usciva, per questo dai trucchetti si passava alle maniere forti, il primo a mettere il braccio sotto il tavolo era lo zio Tarcì ( Tarcisio di nome, sembra strano ma una consuetudine delle zone ove abitava Paolo erano i nomi bisillabi , o meglio un nome poteva avere anche più di due sillabe , ma solo due se ne pronunciavano), mentre con l’altra si appoggiava al piano, e ogni volta Paolo si incuriosiva per la mano, perché lo zio aveva perso il pollice da giovane, Paolo vedeva le altre dite allungarsi e dove c’era il pollice… niente, ma lo zio gli diceva che ogni tanto gli prudeva l’unghia , si proprio cosi l’unghia, quindi Paolo pensava che il dito ci fosse se c’era un unghia da grattare , solamente che era nascosto e per questo cercava di scorgerlo.
Per prendere Paolo però lo zio non bastava, il tavolo era troppo grande e ci si muoveva con troppa facilità, per questo a dargli manforte c’era suo fratello Nicola, aveva solo quattro anni in più ma c’entrava bene sotto il tavolo, anzi una volta tutta questa commedia la facevano insieme, ma ora non più, l’aveva chiesto alla nonna perché e lei gli disse che stava diventando grande, ma non di statura.
Lo schema per farlo uscire era sempre lo stesso, lo zio tirava Nicola, lui stringeva Paolo che a sua volta resisteva afferrando delle doghe sotto il piano, nel frattempo la nonna diceva:
“Eh su’, smettetela, pure tu Tarcì lascilu stà, vedrai che esce”.
Quando a Paolo la presa veniva meno, c’era solo una cosa da fare, due calci secchi al fratello affinché lo mollasse e via verso la nonna, l’unica che l’avrebbe difeso, oddio non sempre…ogni tanto pure lei gli dava due ceffoni.
All’una in punto si mangiava e allora tutti intorno al tavolo, ma mica a casaccio, ognuno al suo posto, ed era sempre quello, il padre e lo zio erano a capotavola uno da una parte ed uno dall’altra, da un lato Paolo, suo fratello e sua madre, e dall’altra sua zia con i suoi cugini, solo la nonna non c’era, lei era su un piccolo tavolino alle spalle di tutti.
Durante il pranzo tutti parlavano, ma alla fine solo due persone continuavano a discutere, suo padre e lo zio; allora Paolo si ficcava di nuovo sotto il tavolo e vedeva le loro gambe muoversi animatamente, alcune volte anche in piedi per rafforzare la loro disquisizione, mentre la mamma e la zia andavano su e giù per la cucina sparecchiando o lavando i piatti; solo la nonna ascoltava, senza intervenire.
Una volta, quando gli animi erano più caldi del solito, si chinò e lo chiamò a se, Paolo corse e chiese:
“Ma di cosa parlano?”.
“Oh vedi Paolo”, disse la nonna:
“Mi ricordo quando pranzavamo intorno a questo tavolo con tuo nonno Nicola da una parte e il fratello Cesare dall’altra e alla radio ci dicevano che ‘le navi italiane condotte dal Duce hanno affondato navi americane da centomila tonnellate’, solo che succedeva tutti i giorni e tuo nonno diceva che era una cavolata, come era possibile che gli americani avessero tutte stè tonnellate di ferro, ma lo zio Cesare rispondeva che non capiva niente, e che la marina militare italiana, condotta dal Duce, era la prima al mondo, e ne parlavano tutti i giorni calcolando le tonnellate affondate, mentre io e zia Iole ( moglie di zio Cesare ) chiudevamo le finestre di casa; sai era meglio che non ci sentisse nessuno allora; oppure quando volevano acquistare una bicicletta , allora era una bella spesa, prima ne volevano una, poi due , una per ognuno, dopo tre, una anche per noi donne di casa, e più parlavano e più il numero aumentava; alla fine sai quante ne acquistammo? mezza, in comprorpità con i Merlì, la famiglia che abitava sotto di noi”.
La nonna si passò il fazzoletto sulla fronte e continuò:
“Vedi Paolo, non importa di cosa si parla, quando ti siedi a questo tavolo, pensa a stare di fianco a tuo fratello”.