Premio Racconti nella Rete 2017 “Breve incontro” di Giuliano Gemo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Sento il dlin dlin del cellulare, proveniente dal cappotto avvoltolato sul sedile a fianco. Qualcun altro che mi manda un sms di Buon Natale? Strano, così tardi (l’orologio del cruscotto segna le sei). Quelli a cui ho inviato gli auguri stamattina m’hanno già risposto tutti… Continuando a guidare, allungo una mano a frugare nella massa informe del cappotto. Trovo una tasca, ma, dentro, il cellulare non c’è. Mi volgo a guardare il cappotto, lo rivolto per trovare l’altra tasca… Un clacson assordante mi fa riportare di scatto gli occhi sulla strada e la mano sul volante, per dare una violenta sterzata: evito così il frontale con un’auto che sopraggiungeva sulla corsia opposta, dov’ero andato a finire.
Poco più avanti, vedo scorrermi sulla destra il vasto parcheggio del grande ipermercato. Imbocco l’entrata e mi arresto qui in un angolo, dove spengo il motore. Ora posso cercare con calma il cellulare.
Mi sarebbe mancato solo l’incidente stradale, il giorno di Natale… Il guidatore di quell’auto avrà pensato ch’ero ubriaco. Del resto, a quest’ora, con tutti che tornano dai mega-pranzi coi parenti, nulla di più probabile…
Trovo finalmente il telefonino. Leggo il messaggio: “Auguri eccetera eccetera… da Angela”. Effettivamente, di lei non mi sono ricordato, stamattina.
Comincio a pensare alle parole per risponderle, che non siano le solite formule di circostanza… Mentre cerco d’inventarmi la frase giusta, il mio sguardo vaga sul’immensa spianata del parcheggio. E’ completamente deserta. Tranne una macchina soltanto, posizionata laggiù in fondo, dalla parte opposta, vicino all’altra entrata.
Dall’alto, dalle decine di fari alla sommità dei lampioni, piove questa luce gialla, che illumina a giorno il preciso reticolo di linee bianche sull’asfalto. Com’è strano vederle, stasera, contrassegnare del tutto inutilmente questa miriade di rettangoli in fila, tutti desolatamente vuoti. Quant’era diverso, qui, solo24 ore fa: una bolgia d’automobili parcheggiate ovunque, dentro e fuori dalle strisce. Alcune col motore acceso, in snervante attesa del primo posto che si liberasse . E tutt’intorno, sgusciante tra i veicoli, un formicolio di persone d’ogni età, sgambettanti frettolose tra macchine in sosta o in manovra, le braccia tese a reggere rigonfie borse della spesa, o a sostenere pesanti scatole stipate di mercanzia. Mentre nell’aria, a coprire il rumore dei motori, dagli altoparlanti montati sulle aste dei lampioni risuonavano senza posa, fino negli angoli più riposti del parcheggio, fin sulla strada qui di fronte, le note inesauste delle solite sei o sette — sempre quelle, ripetute all’infinito — canzoni natalizie…
Ora, invece, questo silenzio… Sposto lo sguardo al di là della lunga ringhiera che delimita il parcheggio, e osservo la strada che conduce fuori città. Rare macchine la percorrono, piano. Il loro brontolio mi giunge appena, attutito dai finestrini chiusi, e sfuma tranquillo fino al suo spegnersi. Come si spegne tranquilla, sotto i lampioni accesi nella notte precoce, la sera del gran giorno di festa.
Torno a concentrarmi sul display del cellulare, e sulle parole da scrivere per la risposta… Ma ne vengo subito distratto dall’arrivo, dal cancello alle mie spalle, di un’auto che entra veloce nel parcheggio. Quando mi passa accanto, scorgo alla guida una giovane donna, dai capelli scuri. La macchina percorre l’intera spianata e va a fermarsi proprio laggiù in fondo, due posti a lato dell’unica altra automobile presente. Spegne i fari e il motore.
Vedo scendere la donna, in cappotto nero e pantaloni. Allora anche dall’altra macchina esce il guidatore: un uomo (pare giovane anch’egli), in giaccone scuro e jeans.
Romantico, penso: un appuntamento d’amore. Forse, chissà, clandestino. In questo parcheggio deserto, alle soglie della periferia, alle sei di sera del giorno di Natale… Orario e luogo ideali per un incontro segreto — facile da infilare, in un giorno come questo, in mezzo agli andirivieni incrociati tra familiarie parenti: magari sullavia del ritorno, annoiato e torpido, dal prolungato pranzo di rito; oppure in direzione opposta, anticipando con una banale scusa la partenza serale verso altri ritrovi ‘obbligati’, presso altri parenti, congiunti o suoceri… In questo parcheggio deserto, dove ora nessuna delle auto che scorrono sulla strada là fuori ha più alcun motivo d’entrare (come invece fino a ieri, intasato d’automobili impazienti e gente affannata). Di certo, tra coloro che sfilano stasera là sulla strada, a nessuno verrà in mente neppure di gettare un semplice sguardo qui dentro… sicchè nessuno noterà, in quell’angolo defilato, quelle due uniche auto… il loro appuntamento segreto…
Aspetto che l’uomo e la donna, ora scesi, si vadano incontro e s’abbraccino… quando dalla macchina dell’uomo, dal posto del passeggero, vedo smontare una bambina: cappottino bianco, berretto bianco con fiocco, zainetto sulle spalle. Si dirige verso l’auto della donna, ne fa il giro, apre la portierea di destra e vi deposita dentro lo zainetto. L’uomo intanto fa un solo passo verso la donna e si arresta, a due matri da lei. Entrambi tengono le mani nelle tasche del proprio cappotto o giaccone. Adesso sembra si dicano qualcosa. Abbasso il vetro del finestrino: ma sono troppo lontani: non sento le loro voci.
La bambina torna alla macchina dell’uomo, apre una delle portiere posteriori e ne estre un borsone grande, che s’infila a tracolla. Poi va di nuovo all’auto della donna e ve lo depone sul sedile dietro. Richiude la portiera.
L’uomo e la donna rimangono fermi dove sono, in piedi l’uno di fronte all’altra, a due metri di distanza, le mani sprofondate nelle tasche. Pare si stiano ancora dicendo qualcosa.
La bambina bianca adesso s’avvicina alla donna e le si stringe contro, cingendola all’altezza delle gambe e affondandole il capo in grembo. La donna le posa una mano sul fiocco del berretto. La bambina sta per un poco lì a dondolarsi, abbracciata ale gambe della madre. Poi si stacca, e prende a saltellare in cerchio intorno ai due adulti. Di lei sì mi giunge, attenuata, la voce: canticchia, mentre gira loro intorno.
I due non si muovono. Stanno ancora parlando?
La bambina allarga il suo girotondo alle due auto, sempre saltellando e cantando. Si ferma solo un momento ad abbracciare nuovamente le gambe della mamma. Poi riprende il suo giro.
I due adulti non tolgono le mani dalle tasche, nè fanno un passo: immobili, nei due posti vuoti che separano le loro due auto, ciascuino con alle spalle la propria. Forse non parlano più. Rivolgono lo sguardo alla bambina, impegnata nel girotondo.
Ora questa si ferma, e va dal papà. Lui si accuccia e l’abbraccia. Lei allunga le braccine e gliele mette intorno al collo, nascondendo il suo piccolo viso dietro a quello grande di lui. Rimangono così per qualche secondo.
Quindi si staccano. La bambina s’accosta nuovamente all madre. L’uomo fa il giro della sua auto e risale. La donna ha tolto la mano dalla tasca e l’ha posata su una guancia della bambina, chinandosi un attimo verso dilei. Poi la lascia andare verso la portiera della sua macchina, mentre lei vi sale dall’altra parte.
L’auto dell’uomo riparte rapida, dirigendosi verso il cancello che c’è laggiù. Anche la donna ha acceso la sua: fa inversione, quindi viene veloce verso di me e mi passa a poca distanza, come quand’è arrivata, senza vedermi. Ed esce da questo cancello.
Il parcheggi è tornato deserto, sotto la luce gialla dei fari.
Adesso, qui dentro, è rimasta solo la mia macchina.
Struggente, non trovo altra parola. Simbolicamente intenso l’incontro nel parcheggio a Natale, un non luogo per uno dei grandi momenti dello spirito. Un freddo deserto versus il calore della famiglia. Bella la danza della bambina fra una macchina e l’altra e intorno agli adulti. Il rischio della retorica era serio ma il racconto è asciutto, rigoroso. E necessariamente e inevitabilmente amaro. Bravo!
“L’uomo e la donna rimangono fermi dove sono, in piedi l’uno di fronte all’altra, a due metri di distanza, le mani sprofondate nelle tasche” perché nulla o quasi hanno da dirsi . Commovente il “girotondo” della bambina intorno ai due genitori nel tentativo di vederli riaprire un dialogo, di vedere quelle mani nuovamente strette in un abbraccio. Il racconto mi è piaciuto nella sua struggente semplicità.
Hai scritto un racconto fatto solo di gesti, di attitudini del corpo, di movimenti, molto evocativo. Mi è piaciuta molto questa assenza di parole.