Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Risotto al vino bianco” di Giuliano Gemo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

“Non ti preparo nulla di speciale, eh? Qualcosa di molto semplice”.

“Ma certo!” ribatté Daniele. “Sarà sicuramente più buono di quello che mi preparo io di solito”.

“Perché, cosa ti fai di solito?”

Daniele le rispose che gl’importava soprttutto che fossero cose sane. Quindi mai niente di elaborato. Per lo più cibi che non occorre cucinare (verdure crude; pane con frutta o con yogurt magro…) o che che richiedono cotture elementari, come la pasta (condita semplicemente versandoci sopra della passata di pomodoro), oppure riso asciutto, unito poi  a dei piselli o a delle lenticchie in scatola…

“Risotti, mai?” chiese lei.

“No. Non so farli. Troppo difficili”.

“Ma ce ne sono di semplicissimi! Hai mai provato il risotto al vino bianco? Sta’ a vedere. Se questo poi non riesci a farlo da solo…”

“Ne dubito”.

“Scommettiamo, invece? Provalo, poi, a casa. E… guarda: se non ti viene bene… t’invito di nuovo a cena qui!”

“Okay” disse Daniele. “Vorrà dire che, se invece mi riesce, la prossima volta sarò io ad invitare te”.

Anna cominciò la preparazione. Daniele la seguiva, in piedi dietro di lei, osservando tutte le operazioni e ponendo ogni tanto qualche domanda.

“Che ingredienti ci vogliono? Sai, con le ricette troppo complicate, io…”

“Macché complicate! ribatté lei. “Guarda: un dado da brodo. Questo, ce l’avrai…”

Lui sorrise: “Non li prendo mai”. Si giustificò: “Ci mettono certe robe, dentro…”

“No, ma questo è vegetale. Neanch’io prendo mai gli altri”.

Intanto Anna faceva bollire poca acqua per il riso, scioglieva in un pentolino a parte il dado… “E poi… ecco: un bicchiere di vino bianco. Da aggiungere verso fine cottura… Ti pare complicato?”

“Effettivamente,… questo forse riesco a farlo persino io. Non immaginavo esistesse un risotto così facile da preparare. Non l’avevo mai memmeno sentito nominare: risotto al vino bianco…”

Più tardi, gustandolo, Daniele manifestò sorpresa per quanto fosse buono. Fece i complimenti ad Anna. Si ripromise di provarlo davvero a casa sua, da solo.  “Dopo di che” aggiunse “se il tentativo andrà bene, e quindi avrai vinto la scommessa tu, ti aspetto da me, la prossima volta”.

Lei, levando il bicchiere: “Allora… alla prima di una lunga serie di nuove ricette … chez Daniel!

 

Una settimana dopo, a Daniele venne voglia di provare questo risotto al vino bianco.

Misurò la quantità d’acqua, come Anna gli aveva spiegato, e la mise a bollire. Poi scartò un dado e lo pose a sciogliere con poca acqua in un pentolino sul fuoco. Riponendo la scatola dei dadi in frigorifero, gli cadde l’occhio sulla scritta: “Brodo di carne“. Si stupì. Non aveva preso quello vegetale?… Era stato a lungo a cercarlo, sulle mensole del supermercato, tra tutti gli altri, scatole tutte uguali: aveva dovuto leggerne le scritte una per una ma alla fine l’aveva trovato… Eppure, non era questo!… Evidentemente, prendendo in mano e riponendo più volte quella miriade di scatole tutte somiglianti, doveva aver messo infine nel carrello quella sbagliata.

Vabbè, pensò, sempre dado sarà, no?… Lesse gli ingredienti: si bloccò su “esaltatori di sapidità: glutammato monosodico, inosinato monosodico, guanilato disodico; grasso idrogenato; curcuma; colorante E 150″… Non bastò a rassicurarlo la “curcuma” — che non sapeva assolutamente cosa fosse, ma gli suonava come qualcosa di casereccio (siccome lui leggeva “curcùma”, gli ricordava la “cuccùma” del caffè). Tornò al fornello e spense il fuoco sotto al pentolino col dado. Poi lo prese e versò tutto giù per il laveello. Farò a meno del dado, si disse; non sarà essenziale: in fondo, si chiama ‘risotto al vino bianco’, mica ‘risotto al dado’.

Stava andando a prendere la bottiglia di vino bianco ma sentì che l’acqua per il riso bolliva. Tornò alla credenza e prese la scatola del riso. Gli parve leggera. Guardò dentro: ce ne sarà stato poco più d’un cucchiaio. “Per la miseria! Pensavo di averne di più”. Iniziava a sentire fame: non gli andava di accontentarsi d’una cucchiaiata di risotto, per quanto prelibato. Così si diede a cercare cos’altro aveva che potesse sostituire il riso. Avessi almeno quella pastina per minestre, che gli somiglia tanto!, pensava. Ma minestre non se ne preparava mai, sempre per la questione del ‘complicato’. Passò in rassegna tutte le scatole che teneva nella credenza, i vari formati di pasta. Infine… sì, in fondo questo era il tipo più piccolo che aveva: ditalini (li usava per farsi la pastasciutta quando aveva fretta, per il loro breve tempo di cottura).

Ne pesò il solito etto e mezzo e li buttò in pentola.

Bene. Ora mancava solo il vino. Andò nell’angolo più fresco e ombroso della casa, dove custodiva le bottiglie di vino. Questo no, è rosso… questo anche… questo pure… Le esaminò tutte: aveva solo vino rosso.

“Ma gurda che sfortuna” esclamò “per una volta che mi serve del vino bianco!”

Che fare? I ditalini stavano cuocendo. Ne assaggiò uno: era quasi pronto. Il vino, aveva detto Anna, va versato pochi minuti prima di spegnere, quando l’acqua è quasi del tutto evaporata…

Infine, si decise: aprì una bottiglia di vino rosso e ne versò un bicchiere nella pentola.

Rimestò per due minuti, quindi spense e versò il riso… cioè, i ditalini sul piatto.

Erano violacei. Non aveva mai visto una pasta di quel colore. Si sedette, aggiunse ‘un filo d’olio’ (come gli aveva detto e mostrato Anna); mischiò… Assaggiò una cucchiaiata. Gli sembrò buonissima… Un sapore che non aveva mai provato… Abbastanza diverso anche da quello che aveva gustato da Anna.

Vuotò velocemente tutto il piatto, bevendoci sopra un buon bicchiere del vino appena stappato. Guardò l’etichetta: merlot. Devo ricordarmene, pensò, per rifare questa ricetta. E per dirlo ad Anna, quando le telefonerò per raccontarle che ho provato il risotto al vino bianco. Ora posso invitarla qui. Aveva ragione, è proprio semplice da fare.

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2 commenti »

  1. Hahaha! Credo di assomigliare molto al tuo protagonista. Grazie, mi sono divertita!

  2. Giuliano,

    da ex studente che condivide camere con altri giovanotti, non sai quanto capisca la maledizione da “credenza vuota”!

    Appropriatissima l’ambivalenza del personaggio, che, nonostante tendenze iper salutiste quasi paranoidi, sfodera una capacità di sopravvivenza (culinaria) che gli consente di sperimentare la “nuova frontiera del risotto al vino bianco”.

    Divertentissimo, inoltre, cosa che non guasta mai!

    Bravissimo.

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