Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “La misteriosa avventura di Botto e Betta” di Orietta Corradi (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Osvaldo, uno scarafaggio nero nero lucido e grosso, abitava sotto il caminetto di casa Martini, con sua moglie Clara e due figlioletti Botto e Betta.

L’estate quell’anno era riuscita ad  arrivare in anticipo,rubando giorni alla mite primavera. Il caldo era insopportabile, l’afa entrava nelle case e toglieva il respiro. Osvaldo e Clara stavano tutto il giorno con il ventilatore acceso, aspettando impazienti che i signori Martini decidessero la partenza per le vacanze in montagna,dove possedevano una bellissima baita immersa nella natura e nel silenzio. Anche Osvaldo e Clara con tanto lavoro e sacrificio, anno dopo anno, erano riusciti a ricavare due stanzette e un cucinino nella legnaia di quella baita e ne andavano molto fieri. Finalmente arrivò il giorno della partenza!

Clara preparò in fretta le valigette,Botto e Betta riempirono i loro zainetti ed Osvaldo si assicurò che tute le finestre fossero ben chiuse poi, come ogni anno, tutti e quattro in silenzio salirono nel bagagliaio della macchina del signor Martini, nascondendosi in un angoletto.

Il viaggio durò alcune ore e fu difficile tenere a bada Botto e Betta che erano impazienti di correre nei prati, all’ombra degli splendidi abeti. Arrivarono molto tardi: il cielo aveva già indossato il suo splendido mantello stellato come per dare il benvenuto.

Quella notte riuscirono a dormire tutti profondamente ed il mattino arrivò in un baleno,accompagnato da un sole smagliante. Botto e Betta furono i primi a svegliarsi, scesero dai loro lettini ed aprirono la finestra: il paesaggio era talmente bello ed emozionante che sentirono i loro cuoricini battere più forte. Avevano tanto atteso quel giorno e, dopo un’abbondante colazione e tante raccomandazioni, ebbero il permesso di andare nel bosco a raccogliere mirtilli. Uscirono di casa correndo e in pochi minuti si trovarono immersi nella vegetazione. Camminarono tutto il giorno spensierati, senza rendersi conto del tempo che passava. Improvvisamente arrivò la sera e la gioia si tramutò in paura. Con il buio il  bosco era cambiato e non riuscivano più a trovare il sentiero per tornare a casa: si erano persi!Infreddoliti e terrorizzati,tenendosi stretti stretti per mano, continuarono a camminare finchè non giunsero nei pressi di un vecchio castello. Davanti a quell’imponete costruzione si sentirono ancora più piccini e indifesi, ma si fecero coraggio ed entrarono. Si trovarono in un immenso salone e si misero alla ricerca di un posto sicuro dove trascorrere la notte. Si fermarono sotto una vecchia cassapanca e, nell’angoletto più nascosto si addormentarono. Non fu un sonno tranquillo:a mezzanotte in punto un vecchio pendolo iniziò a battere le ore e,al dodicesimo rintocco,Botto e Betta si svegliarono di soprassalto,non capendo a dove provenisse quel suono. Terrorizzati si presero per mano e , a piccoli passetti,uscirono dal nascondiglio. Il salone era buio e silenzioso, le lancette dell’orologio erano ferme sul numero dodici; i due ebbero uno strano presentimento: qualcosa di straordinario stava per accadere! Di colpo tutte le candele si accesero e l’enorme portone si spalancò. Le antiche corazze del salone  si animarono e, marciando ordinate,uscirono sul  grande piazzale dove si schierarono a semicerchio e, alzando e lance verso il cielo, gridarono: “Onore ai prodi cavalieri! Che il duello abbia inizio!” A quelle parole si alzò un forte vento e dl nulla comparvero  due magnifici destrieri, uno bianco e uno nero, cavalcati da due splendidi e giovani scarafaggi: erano i fantasmi del conte Ildebrando “il coraggioso”,  della nobile casata dei Coleotteri francesi, e del duca Guglielmo”l’intrepido”, della nobile casata dei coleotteri inglesi. Botto e Betta tremanti salirono sul davanzale di una finestra e in silenzio stettero a guardare. I due cavalieri rimasero schierati l’uno di fronte all’altro  finchè, allungando le lance e galoppando veloci, si scontarono. Ognuno sferrò al’altro violenti colpi che, però, risultarono vani per l’ennesima volta: nessuno dei due possedeva più un corpo, quindi nessuno cadde, nessuno morì, nessuno vinse.

Fu in quell’attimo che una luce illuminò la finestra della torre più alta del castello e una bellissima dama, dalle lunghe antenne rosse, si affacciò. Ildebrando e Guglielmo alzarono lo sguardo, si tolsero l’elmo e, abbassando i capo, resero omaggio alla principessa Ermelinda, figlia di Goffredo re di tutti gli scarafaggi della quale erano entrambi innamorati. La dolce dama, dall’alto della sua stanza, fece un cenno con la mano, spense la candela e, piangendo, si ritirò. Anche Botto e Betta, commossi e spaventati, iniziarono a piangere e lo fecero così forte che Ildebrando e Guglielmo li sentirono. Con grandi passi veloci, scanditi dal rumore delle scintillanti armature, si diressero verso di loro.

Botto e Betta tremavano: le zampette e le antenne dondolavano a destra e a  sinistra.

Avvicinandosi, i due prodi cavalieri si tolsero l’elmo, li  scrutarono attentamente e, rendendosi conto della loro giovane età, li consolarono accarezzandoli e dicendo loro: “Non temete! Siamo valorosi cavalieri. Abbiamo combattuto fianco a fianco in tante epiche battaglie con onore e senza temere la morte. Ci rispettiamo l’un l’altro per coraggio e lealtà ma abbiamo avuto la sventurata sorte di innamorarci della stessa fanciulla. Il nostro amore è talmente grande che abbiamo deciso di sfidarci in duello; i vincitore avrebbe avuto, per tutta la vita, l’amore di Ermelinda, il vinto, invece, l’onore di essere morto per amore! Ma il destino si è preso gioco di noi: siamo morti entrambi in duello, nello stesso istante!

La dolce Ermelinda si è rinchiusa nella torre dove è morta di dolore. Da allora, e per l’eternità, siamo condannati a rivivere, ogni notte alla stessa ora, lo stesso duello e ogni notte Ermelinda attende invano il vincitore”

A quelle ultime parole, mentre una lacrima solcava i loro nobili visi, l’orologio riprese a battere le ore, avvisandoli che il tempo a loro concesso stava per scadere: dovevano andare.

Le corazze, tutte in fila, tornarono al loro posto nel salone, le candele si spensero, il portone si chiuse.Ildebrando e Guglielmo risalirono sui loro magnifici destrieri e, avvolti da una fitta nebbia,scomparvero nel nulla. Botto e Betta rimasero per lungo tempo in silenzio a contemplare quel luogo, dove per una notte il tempo li aveva trasportati lontano dalla realtà. All’improvviso, nel buio, i udirono le voci di Osvaldo e Clara che, per tutta la notte, disperati li avevano cercati. Botto e Betta corsero incontro ai loro genitori e tutti e quattro, piangendo per la gioia, si strinsero in un lungo abbraccio.

Botto e Betta non raccontarono mai a nessuno la loro incredibile avventura, che rimase nei loro cuori perché avevano ricevuto da Ildebrando e Gugliemo un grande insegnamento: avevano imparato il vero significato delle parole Amore, Onore, Rispetto e Coraggio.

 

 

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