Premio Racconti nella Rete 2010 “A un Dio sconosciuto” di Filippo di Girolamo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010.. in certe Anime c’è un’aquila di Catskill che può egualmente precipitarsi nei burroni più oscuri e tornare a librarsi in alto e scomparire negli spazi solari.E anche ove essa voli per sempre nel burrone, questo burrone è dei monti, così, nella sua più bassa discesa, l’aquila montana è sempre più in alto degli uccelli della pianura, anche quando questi salgono….
(Herman Melville)
3
Jimi Hendrix che suona la chitarra alla radio meriterebbe intorno a sé solo il silenzio, ma non in questo momento, non per me. “Tre giorni, ti dico, sono tre giorni che ci segue. Da quando l’abbiamo incrociata su nella Sierra Norte, non ci ha mai abbandonato”. Rita mi guarda, sembra sorridere alle mie parole, poi, puntando il suo indice alla tempia e facendolo roteare velocemente, mi risponde “Tu sei pazzo, completamente pazzo, questo io ti dico!”. Intanto però l’aquila è lì, un puntino e due ali nel cielo più incredibile che io abbia mai visto, e mentre la seguo con la coda dell’occhio, lei disegna quasi un sorriso in volo. Guardo Davide alla guida, e gli propongo una siesta alla prossima posada che incontreremo. In fondo, sono quasi otto ore che ci stiamo sballottando in questo furgone, sebbene, a tratti, siano ore interrotte dal vento. Impegnativo guidare in Messico, qui nel cuore di questo pezzo di terra che non appartiene più allo stato di Oaxaca, e non è ancora dato chiamarla Chiapas. In questo momento, è solo terra che appartiene ai magnifici cactus, signori del deserto e del silenzio, e noi nell’esatto mezzo. Sorpassiamo massi caduti giù, carreggiate senza asfalto, venditori ambulanti che spuntano come funghi magici non appena ci sono lavori e lavoratori in corso, e tutto questo rallenta la marcia. E poi ci si mettono anche le nuvole, nuvole che non dimenticherò più. Sono lassù, e assomigliano a qualsiasi cosa tu voglia, si fermano,a volte si allungano poi veloci vanno via chissà dove. Beh queste nuvole sono così vicine che ti verrebbe voglia di parlarci, ti distraggono, e la nostra velocità di azione e pensiero si adegua alla loro. Sento la macchina frenare, e una sottile spirale di polvere si alza dietro di noi per dissolversi poi in tre secondi. Davide tira il freno a mano bruscamente, quindi si rivolge a me “Turco, fermiamoci qui”. Non so perché mi chiami turco, chissà chi diavolo gli ricordo. Mi è simpatico Davide, è una buona guida, e in fondo una buona persona, Incomincio a capirlo, nella sua scelta di abbandonare l’Italia e trasferirsi qui. Ha anche sposato una chica di Salina Cruz, posto dimenticato anche dalle cartine, hanno avuto una figlia e costruito una capanna, e a loro sta bene così. Il Messico è per chi ama vivere e lavorare con lentezza, anche se con molte difficoltà. Ho visto molti bambini e uomini poveri, qui nell’interno, ma solo apparentemente, perché il sorriso e Dio sono con loro. Questo penso, mentre entriamo nella locanda. Un ventilatore gigantesco è appeso in aria con le sue pale, e le mosche sembra abbiano pace solo volando sotto di loro. Ci sediamo pazienti, sappiamo già che anche qui per servirci fagioli e uova ci vorrà mezz’ora abbondante, e per fortuna che tre corone ghiacciate sono ancora nel frigo. Siamo sospesi senza parlare, in questo umido momento d’eternità, finchè un grasso e svogliato cameriere dalla camicia bianca e unta non ci porta i piatti; ma non fa in tempo ad appoggiarli sul tavolino, che già ci siamo sopra, noi e le mosche. “Passami il guacamole” mi supplica Rita, ormai dipendente dalla sostanza, ed io per dispetto impiego tre minuti per l’operazione, ci stiamo adeguando al dilatarsi del tempo. Davide invece scruta una mappa logora e ingiallita; non fosse per lui , che vuole arrivare alla meta per un’ora ragionevole, io e Rita saremmo ancora qui a giocare in questa giostra. Beh rimontiamo in macchina allora, meglio riprendere la marcia.
..quando però questi momenti arrivano e quasi da unasottile feritoia il pensiero con una suprema rincorsa passa di là, nell’universo a noi proibito, e ciò che era prima formula inerte, nata e cresciuta al di fuori di noi, diventa la nostra stessa vita, oh allora di colpo si sciolgono i nostri tridimensionali affanni e ci si sente – potenza dell’uomo! – immersi e sospesi in qualcosa di molto simile
all’eterno….
(Dino Buzzati)
1
Il sole non c’è più. Forse arrabbiatosi con la luna, ha lasciato il suo posto a una fitta coltre di nebbia. Sfido io, siamo quasi a duemilacinquecento chilometri in altezza. Sotto di noi, sulla destra,intravedo un abisso di rocce e gole frastagliate, e sicuramente se ne sta lì dalla notte dei tempi. Intanto Davide, che lascia andare la mano destra sulla sua coscia e regge il volante con l’altra, quasi per non farsi sentire chissà da chi, ci sussurra “Tra poco vedrete i tetti di San Cristobal la magnifica, preparatevi perché città più belle di lei, nel Chiapas, non ve ne sono”. Rita, sembra destarsi dal suo sonno leggero con queste parole , io invece apro un bottone della camicia vecchia di ieri, e gli rispondo “sai, non penso a niente in questo momento, ma tu, Turco, accelera, che voglio scendere”. Anche io lo chiamo turco, e non so perché. Dallo specchietto, mentre la nebbia incomincia a dissolversi, vedo gli occhi di Rita rivolti all’esterno, e in essi, come riflessi, profili di vecchie montagne, ed è un incanto. La strada comincia a declinare, e nuovi profumi nascono dalla terra. Finalmente, eccola qui , davanti a noi, san Cristobal. Sento agitarmi dentro, e non posso far altro che dire a Davide “ Turco, parcheggia questa macchina, appena puoi, noi adesso vogliamo andare a piedi”, perché in fondo non esiste modo migliore per presentarsi. ”Va bene “ mi fa lui”allora io vado a trovarmi una stanza, ci sentiamo dopo per qualsiasi evenienza”. Ma io,sognatore, già non lo ascolto più, perché quattro colori coloniali di San Cristobal in un minuto sono entrati in me. Il blù cobalto del pavone, il rosso che si accompagna al giallo, infine il nero degli occhi indigeni che a miriadi brulicano in questa strada appena scoperta. Non facciamo in tempo a caricarci lo zaino in spalla, che ci assalgono subito, bambini e donne e vecchie, e credo cerchino di venderci subito i loro manufatti, a noi cosiddetti civilizzati. Ma all’improvviso, dal loro cuore, sembra arrivarmi qualcosa,e ha il sentore della dignità, la dignità di un essere superiore.È come se il respiro di un intero popolo, indotto in schiavitù per secoli, in un momento si librasse in aria e vibrasse all’unisono. Guardo Rita, non mi escono parole, ma so già che sarà notte d’amore in questa verde terra di Dio. Ci teniamo improvvisamente per mano, io la sinistra lei la destra, e iniziamo a vagare per vicoli immobili dal viso pastello. Una musica di mariachi esce da una cantina, e noi per riflesso condizionato entriamo. Intanto l’aquila è li, un puntino e due ali nel cielo più incredibile che io abbia mai visto, e mentre la seguo con la coda dell’occhio, lei disegna quasi un nuovo sorriso in volo.
..Dio mio se avessi un pezzo di vita, non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che le amo.Direi ad ogni uomo e ad ogni donna che sono i mie prediletti e vivrei innamorato dell’amore. mostrerei agli uomini quanto sbagliano quando pensano di smettere di innamorarsi man mano che invecchiano, non sapendo che invecchiano quando smettono di innamorarsi!
(Gabriel Garcia Marquez)
Da O a infinito
Un nuovo sole è nato oggi, e sembra abbia fatto pace con la luna. Siamo di nuovo in macchina e ci stiamo dirigendo a San juan de Chamula, un paesino a quindici chilometri da San Cristobal. In questo posto andiamo per vedere una sola cosa: una chiesa, madre degli adepti di San Giovanni Battista. Davide, che nel frattempo si è sbarbato, mentre entriamo in paese, ci avverte nuovamente “Mi raccomando, è proibito fare foto nella chiesa. Per loro, la foto ruba l’anima. Anni fa, un paio di coglioni, le hanno scattate,e sono stati massacrati di botte, e messi al fresco.” “ Claro que si” gli rispondo io, e Rita con gli occhi, per precauzione, mi si raccomanda. Mica sono così pazzo. Parcheggiamo nella piazza centrale del paese, e la chiesa, bianca e azzurra nelle sue sembianze, è davanti a noi. In un attimo, siamo davanti al portone d’ingresso, che si apre a noi, e timorosi entriamo. Subito, un odore di aghi di pino arriva alle nostre narici e ci stordisce. Sono milioni, gli aghi di pino, distesi li per terra, e cospargono l’intero pavimento. Cerco di guardarmi intorno, per un attimo smarrito, e vedo adesso cento specchi, si dice tengano intrappolati gli spiriti del male, quando vi si fermano troppo davanti a rimirarsi.
Poi ancora candele e candele, tutte accese, vicine ad umani inginocchiati che pregano quasi in lamento, strane nenie che si innalzano . Mi è difficile descrivere la scena, soprattutto quando mi accorgo di una donna, che in un cerchio magico disegnato col gesso, sta sgozzando una gallina, rito propiziatorio per un Dio a me sconosciuto. Cerco sollievo nello sguardo di Rita, e capisco che dobbiamo uscire. Cosa diavolo stiamo facendo noi qui, noi turisti? Osserviamo curiosi persone che pregano? Pensate se capitasse a noi, mentre preghiamo nella nostra chiesa d’Occidente. Prendo Rita per un braccio, e cerco di trascinarla fuori, lei quasi ipnotizzata. A fatica riesco ad aprire la porta, quasi non ce faccio, infine riesco, e tutto succede. Una luce accecante, fatta di pezzi di cristallo, mi inonda, come in una visione. In un minuto che è tutto mio, avviene qualcosa di cui nessun altro si accorge. Vedo scorrere in sequenza davanti a me città distrutte dai bombardamenti, bambini senza braccia, gente in chiesa che prende l’ostia ma pensa al pranzo, guerre in Terrasanta, mucche nel Gange, gatti neri d’Egitto, Odino e tutto il suo Walhalla. Ancora, davanti a me tribunali spagnoli d’Inquisizione, indiani a cavallo nelle praterie , un uomo che confessa metà dei peccati, Martin Lutero seduto nel Taj Mahal, e Gandhi, si, proprio Gandhi. È un rapido susseguirsi di immagini, ci sono pietre scagliate, una puttana redenta, Madre Teresa di Calcutta, Buddha seduto in un angolo, la pietra nera, e gli stretti vicoli della Medina. Ed essi non sono soli, ci sono altri vicoli, ancora più stretti, quelli di Damasco, e c’è Marx con il suo oppio per i popoli , quindi un sepolcro vuoto, Dante e l’inferno, poi la resurrezione. Mi sembra di sentire anche delle parole, come se provenissero da un muro, si un muro del pianto. Jahve, Gesu, JAh, l’innominabile, colui che è luce, e altri settantadue nomi presenti nella Bibbia. Vedo il Cristo sulla croce, che si sacrifica per tutti, e il mandarino Confucio, vedo collettività isteriche, sette sataniche , il denaro, la televisione, la droga, una squadra di calcio, Elvis Presley e John Lennon, Marylin Monroe, e anche Bob Marley, confuso tra la folla. Poi, improvvisamente, il pensiero si sposta, e vedo rapidamente gli alberi insieme ai fiumi , un cervo di notte che si abbevera alla fonte, e allora il pensiero si placa, davanti al lato oscuro della luna, e tutto, davvero tutto, diventa confuso, e supremo. Ogni uomo ha creato Dio, nella sua vita. Per paura della morte?Perché il senso della vita è ignoto o come medicina quando si sta male? Oppure è l’esatto contrario,e Dio è veramente uno, comunque si chiami, e dall’inizio, veramente. A me piace pensare che Dio sia uno di noi, e che abbia vestiti poveri e umili. Dio è tutto quello che abbiamo, l’amore per gli altri, per la terra, per un figlio, e per il Sole.Ma sarà poi così? E se non esistesse niente? Il pensiero mi atterrisce. Sono davanti al mio dio Sconosciuto, io re nudo, adesso come sempre, e vorrei che qualcuno mi aiutasse. Poi, mentre questa visione scompare, bacio violentemente Rita, per un attimo, per non crollare davanti all’infinito. Lei c’è ancora, e questo mi basta.
In ultimo, alzo gli occhi al cielo. L’aquila è sempre lì, un puntino e due ali nel cielo più incredibile che io abbia mai visto, e mentre la seguo con la coda dell’occhio, lei completa infine un cerchio in volo.
Come fosse preghiera
A Dino Buzzati, Gabriel Garcia Marquez ed Hermann Melville, ovunque voi siate, per il prezioso aiuto,ora e sempre, e perché, in fondo, ne sono certo, siete come me.
Al Messico, alle nuvole, a Rita, ai cactus e alla Luna, perché siete.
Al mio Dio sconosciuto, perché mi mantieni vivo.
Bel racconto. Mi piace. Complimenti a Filippo.
Bello…grazie! Allo stesso tempo intimo e universale. Ancora grazie.
Convulso, istintivo, vero. Senza trucchi.
Un viaggio che pone come in una dimensione sospesa a contatto con Dio, un Dio che passa attraveso tutti i luoghi e i tempi, che prende le sembianze di tutti i popoli e le cose e che si insiua tra le righe e nelle parole dei testi degli scrittori di cui ci si nutre: uomini come noi. Un Dio a modo nostro, a noi noto perchè insito nella nostra capacità unica d’amare, eppure sconosciuto perchè di tutti, perchè ci sfugge, ci sovrasta…bello!