Premio Racconti nella Rete 2010 “Prendo ferie” di Silvia Tamarri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Quella mattina Massimo aveva deciso di concedersi un giorno intero di ferie. Si era svegliato presto pensando che avrebbe mandato un sms al collega di ufficio “oggi non posso venire al lavoro, prendo ferie”. E così aveva fatto, subito dopo che Angelica era uscita per andare a scuola dai suoi adorati bambini. L’sms di risposta aveva rilancianto un “ok, non ti preoccupare”. E il lavoro era proprio l’ultima delle sue preoccupazioni. La sua prima e unica preoccupazione era se stesso e la sua mediocrità. Mediocre uomo, mediocre vita. Ma oggi doveva arrivare una svolta e siccome questa svolta tardava ad arrivare in autonomia, aveva deciso di darle una mano, senza attendere il caso, senza aiuti esterni.
Aprì la valigia, quella che aveva acquistato 10 anni fa per il viaggio di nozze, e iniziò a raccogliere alcune paia di pantaloni, qualche camicia, biancheria intima. Si muoveva come un automa, senza organizzare correttamente il guardaroba che stava scegliendo. Non pensava infatti. Erano anni che pensava e oggi era il giorno che, non pensando, agiva. L’unica cosa razionale fu prenotare una stanza in una pensione nel centro storico della città, sufficientemente lontano da casa sua. Prenotò per una settimana, il tempo di trovare una sistemazione più economica.
Si soffermò un minuto davanti alla sua libreria Ikea, l’unica cosa veramente sua, contenuto compreso, romanzi e saggi letti e riletti. Ipotizzò addirittura di smontarla e portarla via, ma era troppo ingombrante. Per il momento avrebbe testimoniato ancora la sua presenza in quella casa.
La casa che aveva terminato di imbiancare da poche settimane. Si era improvvisato muratore, imbianchino ed anche idraulico, grazie alle sue capacità manuali. E tutta questa manualità gli aveva fatto bene, lo aveva allontanato per un po’ dalla realtà. Non aveva fatto tutto questo per realizzare il loro sogno, come Angelica amava dire a cena a casa di amici, lo aveva fatto per tenersi impegnato e non pensare. Ma adesso l’impegno era terminato: cucina gialla, camera azzurra, ingresso bianco, sala rosa arancio. Qualche azzardo decorativo in collaborazione con un amico artista e imbianchino: si era pure divertito e aveva scoperto anche nuove possibilità per le sue doti di artigiano della domenica. Magari mi iscrivo ad un corso di disegno, aveva persino pensato.
Chiuse la valigia.
Se ne sarebbe andato, in silenzio, senza spiegazioni. D’altra parte aveva già tentato di spiegare, ma era stato uno sforzo vano. Un dialogo tra persone di lingue diverse. Si comprendevano solo per le comunicazioni di servizio: bollette da pagare, conti elettricista e idraulico, la spesa settimanale – cosa vuoi da cena – torno più tardi dal lavoro.
Ma tutto questo non poteva funzionare. Almeno per lui.
Aveva amato moltissimo Angelica, la sua testa piena di idee, intelligente, arguta, divertente, colta. L’aveva conosciuta ad un gruppo di lavoro presso l’oratorio, dove l’amico sacerdote l’aveva coinvolto – vedrai, lavorare con i ragazzi, accompagnarli ai campi scuola, organizzarli nelle attività ricreative, farà bene anche a te.
E magari gli aveva fatto anche bene. Sicuramente gli aveva fatto trovare Angelica.
Che coppia meravigliosa! La madre di Massimo raggiante al loro matrimonio, i genitori di Angelica orgogliosi di tanta virtù.
E poi qualcosa aveva iniziato a non funzionare.
Aveva amato moltissimo Angelica, la sua testa, ma anche il suo meraviglioso corpo, i suoi stupendi occhi azzurri, i suoi morbidi capelli castani. Un desiderio intenso, conservato per tutto il periodo di fidanzamento, come avevano deciso, secondo una logica ormai desueta, ma che avevano concordato in armonia, convinti che tutto sarebbe stato più bello.
Come pesava quella valigia. In compenso Massimo iniziava a sentirsi più leggero.
“il viaggio di nozze avrebbe dovuto suggerirmi già qualcosa” – spesso aveva pensato questo. Angelica, la sera delle nozze, si sentiva molto stanca, i preparativi e la giornata di festa avevano messo a dura prova la sua resistenza fisica. E Massimo, in uno slancio di tenerezza, l’aveva accolta tra le sue braccia, permettendole di addormentarsi così, accontentandosi di contemplare il suo volto. E si era anche sentito felice di questo.
Gli uomini non sono tutti uguali, questo era un modo per dimostrare, soprattutto a sua madre, che non tutti gli uomini pensano al sesso. Tutti gli uomini sono uguali! La frase che sua madre, lasciata dal marito quando Massimo aveva circa 13 anni, non mancava di ripetere ogni volta che riceveva l’assegno previsto dalla sentenza di tribunale per il mantenimento dei figli – sempre troppo poco. Ma io, mamma sono diverso, io non sono tutti gli uomini.
E invece, forse era uguale a tutti gli uomini.
Angelica non amava il suo corpo, ma non amava nemmeno nessuna sensazione del suo corpo. La sensualità era una emozione che voleva negarsi e voleva negare anche a Massimo. Aveva la capacità di capire e leggere nel cuore di un bambino, ma non riusciva ad arrivare in fondo al suo cuore e soprattutto alla sua mente per ammettere che stava sbagliando e che avrebbe dovuto chiedere un aiuto.
Si concedeva raramente, ma con la difficoltà di un corpo che non è guidato dalla passione, dalla voglia di dare e di ricevere. Massimo inizialmente aveva compreso, aveva atteso, aveva accolto nelle sue braccia, aveva comunque amato e continuato a desiderare. Poi aveva cercato di inserire l’argomento nei loro dialoghi, ma il muro di difesa si trasformava in una roccaforte inespugnabile e, Massimo, ritornava indietro, scusandosi per aver provato a capire, per aver tentato di farsi capire, sentendosi quasi colpevole di aver cercato di rompere un equilibrio. Ma la stabilità di tale equilibrio, nonostante Massimo spendesse energie per convincersi che tutto poteva funzionare comunque, risultava ogni giorno sempre più compromessa.
Andrea, l’amico sacerdote e confidente, lo aveva consigliato, il dialogo nella coppia sarebbe stata la chiave giusta. Ma ‘sto dialogo non prendeva quota. E nemmeno suggerire il colloquio con uno specialista era stata una buona idea: 2 giorni di mutismo.
E cominciava ad essere comico lo sguardo di Massimo davanti alle risposte che Angelica inventava con i suoi genitori alla domanda classica “quando ci meriteremo un nipotino?”. Volentieri, ironizzava Massimo, chiedetelo ad Angelica.
E invece, forse, mamma, sono uguale a tutti gli uomini.
Ma anche alle altre donne. Ne aveva avuta la prova qualche mese fa. Un classico: arriva in ufficio una nuova impiegata donna, giovane, esuberante, un piercing all’ombellico che impunemente si affaccia sotto la tshirt. E Massimo ha 40 anni e bisogno di quella leggerezza che da anni non prova, di poco autocontrollo, di passione senza pensieri. E Laura è tutto questo. E tutto avviene senza alcuno sforzo da parte di Massimo, lei ha adocchiato la preda, ha individuato come aggirarla e Massimo non può che arrendersi piacevolmente. Un divertimento, questo sei stato per me, vorrei che fosse chiaro.
Chiarissimo e per Massimo era stata una terapia, breve, ma con una certa efficacia. Il dubbio che non poteva continuare a sopravvivere in una relazione malata e senza senso, si era insinuato nella sua mente, o meglio, finalmente aveva preso forma, aveva iniziato a pulsare insistentemente fino a determinare una scelta. Una scelta inevitabile, di cui non c’era da compiacersi, di cui essere soddisfatto, in fondo si trattava di una fuga e esattamente così sarebbe stata percepita dagli altri. Alcuni amici più intimi probabilmente lo avrebbero capito, forse anche sua sorella, ma non aveva bisogno di essere compreso. Semmai aveva bisogno di capire perché non era riuscito a crescere e soprattutto a crescere insieme ad Angelica. Un fallimento, questa era la sensazione che lo pervadeva. Fuggiva perché gli sembrava che fosse l’unica soluzione possibile per se stesso, ma anche per Angelica – lo sperava per lei.
Portò la valigia nell’ingresso e ritornò in camera per riordinare il letto disfatto. Passò dal bagno per recuperare anche il proprio beauty con il necessario per la barba.
Prese un post-it dalla scrivania nello studio. Vi scrisse “ME NE VADO – NON CERCARMI” e lo appiccicò al frigo, di fianco ad un altro messaggio appena lasciato da Angelica “Puoi ordinare le pizze per questa sera? Le recupero quando esco dalla palestra. Ciao amore”.
Scritto bene. Complimenti a Silvia.
Rende bene la situazione,brava.
L’insostenibile leggerezza dell’essere crea distorsioni, nevrosi e patologie e il più delle volte è il corpo che paga le scorrettezze del cervello. Complimenti.
E` vita quotidiana; il racconto scorre, e` piacevole.
La vita è una corda che scorre tra le mani. Se riusciamo a stringerla ed a farsi trasportare…..possiamo “prendere ferie”.
E fuggire con Lei.
Brava.
Bella finestra sul mondo di oggi e sul potere della incomunicabilità. Da cui fortunatamente si può uscire e guarire. Basta solo volerlo. Bel racconto!
Lettura rapida, scorrevole, scandita da un ritmo incalzante…storia che cattura, perchè ti porta ad arrivare velocemente alla fine per sapere cosa succede, per capire dove si vuole arrivare!
Meriterebbe indubbiamente un approfondimento, una storia che segue…come se fosse il prologo di una narrazione più lunga! E sento che potresti farlo, ne hai sicuramente la capacità! Sarei curiosa di sapere come si evolve la vita dei due protagonisti, in quale realtà le loro vite si vanno ad incastonare.
E’ uno spaccato della vita che colpisce, che fa riflettere, e il fatto stesso che permetta questo è sintomo di aver toccato un argomento di indubbia sensibilità e profondità, che può riguardare ognuno di noi; affonti infatti tante tematiche, seppur appena sfiorate, di notevole importanza e interesse, per cui tanti lettori sarebbero attratti da uno sviluppo ulteriore. Il rapporto di coppia, l’incomunicabilità, la ricerca di ciò che l’individuo vuole dalla propria vita, il desiderio di conoscersi dentro ancora di più, il rapporto con noi stessi e il nostro corpo, il fuggire dalla quotidianeità che frequentemente attanaglia, il sottile legame sesso e amore, lo scappare dalla realtà e fare finta di niente…coprendo il tutto con inutili alibi!
Nel finale lascia tristezza, soprattutto per la diversità di quei due post-it, paurosamente lontani l’uno dall’altro, ma anche una speranza…che qualcuno, leggendoli, si svegli da un sonno profondo…
Brava davvero!
Grazie Alessia! Ti ringrazio per il tuo bellissimo commento. Ricevere questi complimenti da te è davvero di grande incoraggiamento. Scrivere per me è un divertimento, una sorta di pausa dalla frenesia quotidiana, un mezzo per ristabilire un equilibrio mentale. Pubblicare i racconti qua è stato interessante (sono tantissimi i racconti belli) e soprattutto sorprendente ricevere tanti commenti positivi.
Concordo con i commenti precedenti nella sostanza della rappresentazione con qualche nota personale al limite del positivo. L’insieme sembra ‘il treno ha fischiato di Pirandello’, ma l’uomo si muove, pago quasi esclusivamente del fatto di poterlo fare, come sonnambulo o sotto effetto ipnotico. Non accetta la realtà a lui destinata, ma pretende di viverne un’altra usando lo stesso metodo mentale di sempre. C’è più angoscia che redenzione.