Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “La classe” di Paola Dalla Valle

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Era una classe strana quella che si sarebbe diplomata quell’anno, come strano era l’anno scolastico: 1999/2000!
Si era arrivati alla data fatidica, quella che avrebbe definitivamente sollevato dalle responsabilità i sette tromboni che le creature angeliche avrebbero dovuto mirabilmente suonare soltanto 999 anni prima, intonando il Mille non più mille.
Le peggiori previsioni apocalittiche erano state ormai di gran lunga superate dalla generale preoccupazione per il Millennium bug, baco di una specie ancora sconosciuta che avrebbe mandato in palla i computer di un mondo già quasi dipendente da quella macchina troneggiante sopra tutte le scrivanie di chi se ne poteva permettere una.
Era l’anno dei cambiamenti, quello in cui lei si sarebbe sposata di nuovo e in cui avrebbe smesso di fumare, per dare finalmente una svolta alla sua vita scombinata di quei suoi ultimi vent’anni.
Insegnava ormai da un bel po’ e la sua gavetta l’aveva fatta in una scuola privata, addirittura due per un certo periodo: quello che le davano le bastava a malapena per pagarsi il monolocale dove abitava. Allora, più che un’insegnante, si sentiva spesso una parcheggiatrice alla quale erano state affidate le scintillanti auto di lusso di riccastri che neppure la vedevano, dato che lì i colloqui con i genitori non rientravano nella filosofia del pago quindi esigo.
Non è che tutti i ragazzi fossero dei decerebrati; con qualcuno era anche possibile imbastire un discorso serio, ma la maggior parte di loro non aveva particolare confidenza con la connessione di causa/effetto di alcune parole: lavoro impegno e guadagno. Se si fosse chiesto loro di comporre una frase, avrebbero forse scritto Se lavoro, che cosa ci guadagno più di quello che già mi danno senza impegno?, quindi sceglievano la contemplazione mistica dei banchi e il riscaldamento della sedia fino a quando non sarebbero andati tutti in trasferta a sostenere gli esami in qualche località di villeggiatura dove si respirasse un’aria di benevola comprensione e da dove sarebbero tornati con la loro bella indulgenza firmata a norma di legge. Qualcuno era anche una bella persona capitata lì per disperazione, ma i più … braccia rubate alla nobile antica attività primaria.

Quella era stata comunque per lei una scuola di vita oltre che di lavoro: trovarsi il primo giorno, non ancora laureata, a dover dimostrare a un gruppo di ragazzi più grandi di lei che non aveva affatto paura di loro e che si sarebbe fatta valere come insegnante, era stata un’emozione indescrivibile, di quelle che ti fanno venir voglia di correre a sederti sopra la tazza del water, anche non di casa tua, percepita come il luogo più rassicurante del mondo.
Ora, però, dopo anni di studio e lavoro, Claudia aveva finalmente vinto il concorso e si era guadagnata un bel posto alle Statali, e proprio nell’Istituto dove avrebbe sempre voluto insegnare perché serio e di alto livello.
Ormai erano già otto anni che aveva avuto il trasferimento lì ed era anche riuscita ad avere le classi dove avrebbe potuto spiegare la sua amata Letteratura.
Aveva dovuto fare i conti con il fatto che quella era una scuola scientifica e che la dannunziana Pioggia nel pineto produceva frequenti e immediate analogie con le piogge acide che cadevano dal cielo non proprio terso; spesso, poi, la sinestesia diventava un’anestesia e il climax una questione di cicloni e anticicloni, ma lei era abbastanza elastica e allenata dagli anni precedenti per riuscire a inventare sempre dei modo nuovi di fare lezione e, stranamente, pianificando strategie adatte a tutte le possibili battaglie, otteneva spesso il risultato di far piacere le sue materie agli studenti.
I ragazzi erano attenti diligenti rispettosi interessati; a Claudia non sembrava neanche vero essere capitata lì dopo anni di trincea e si sentiva finalmente appagata. Lei, però, preferiva le classi un po’ agitate, quelle in cui si respiravano inquietudine curiosità, anche scontento talvolta, perché erano quelle più creative. Insomma, per lei sentire esclamare: “Prof, che figo però Dante!” non era motivo di scandalo, ma orgoglio di una bellissima vittoria.
Quell’anno, però, la classe che avrebbe portato alla Maturità era proprio strana.
Come sempre, c’erano i secchioni e gli sgobboni che avevano come unico obiettivo il massimo dei voti; c’erano quelli che facevano tanta fatica e studiavano tanto per ottenere il minimo non capendo che quello era per loro il massimo; c’erano poi i soliti naturalmente dotati che, magari per i troppi interessi extrascolastici, facevano l’appena sufficiente per salvarsi tutti gli anni e, infine, quelli che proprio non capivano perché dovessero perdere tanto tempo a scuola ma alla scuola erano talmente affezionati che sceglievano di ripetere più volte lo stesso anno, per consolidare le proprie conoscenze, dicevano per scherzarci su.
Quello che avevano in comune quei ragazzi era la simpatia, una simpatia così contagiosa che Claudia, ogni volta che entrava nella loro aula, doveva indossare la sua espressione più professionale per non mettersi a ridere a priori.
Molti dei suoi colleghi di corso si lamentavano del gruppo dei maschi: sono rumorosi, hanno quei capelli così lunghi e spettinati, i pantaloni che puliscono il pavimento … e fanno cose assurde in classe …
Le cose assurde – Claudia lo avrebbe scoperto qualche tempo dopo la fine dell’anno scolastico – riguardavano  uno strano gioco dell’oca di loro invenzione che gli studenti praticavano durante alcune lezioni di colleghi che avevano un carisma pari a quello di un ansiolitico.
Chiedevano di uscire e poi dicevano no grazie, non mi serve più; si alzavano a buttare i rifiuti nel cestino camminando a passettini perché avevano i lacci della scarpa destra legati con quelli della sinistra; alzavano la mano per intervenire e, avuto dall’insegnante il permesso di parlare, facevano un gesto di saluto o bofonchiavano parole inesistenti, inventate al momento: erano tutti pegni previsti dalla loro delirante attività ludica.
Spesso, nell’aula, uno strano odore di cantina si mischiava a quello di ascella trascurata: erano il salame e la sopressa di casa che quelli dell’ultima fila affettavano e divoravano a tutte le ore per offrire materia prima su cui lavorare al loro incontenibile metabolismo di adolescenti.
Con Claudia si trattenevano, riconoscendole lo sforzo di stimolare il loro interesse ma, non appena si accorsero che lei aveva smesso di fumare, iniziarono a farle regolarmente trovare una sigaretta dentro al registro di classe all’inizio delle lezioni e una sul parabrezza dell’R4 rossa alla fine della mattinata. Poi, ridendo, le chiedevano di restituirle, ma lei rispondeva che le tratteneva perché, non si sa mai, che non venissero tempi di magra o non si arrugginisse la sua ferrea volontà.
Dopo venti giorni di quegli scambi, Claudia aveva ripreso a fumare!

Tra quei ragazzi, ce n’erano alcuni su cui sarebbe stato interessante intraprendere uno studio antropologico: le ragazze erano tutte abbastanza normali, studiose carine tanto bionde e logorroiche tra di loro, ma un po’ defilate in classe; per i maschi il discorso si faceva più complesso. Erano solo otto, eppure la sensazione era che fossero un esercito a battaglia conclusa e vinta: provati ma ancora carichi, stanchi di combattere ma ansiosi di scatenare i loro istinti primordiali in una rituale danza liberatoria.
C’era Umberto che, quando non suonava il clarinetto, straparlava di filosofia senza mai averla studiata e intanto sorrideva con l’espressione stralunata di chi la notte fa altro piuttosto che dormire; c’era Antonio che passava dal sonno all’iperattività, riempiendo con la sua mole importante i due banchi vicino alla finestra in fondo a destra; vicino a lui, Vittorio era diventato lo spettro di se stesso dopo settimane di dieta liquida a causa della malattia del bacio che si erano passati quasi tutti quell’anno, baciando le stesse bottiglie d’acqua la mattina a scuola, e Marco, il pluriripetente, si faceva sempre più tronfio, avendo aggiunto alla quotidiana licenza di sparare battute a raffica tra un pisolino e l’altro, quella di uccidere gli uccelletti per il tradizionale spiedo.
Un po’ più avanti, c’erano gli altri quattro: uno pacifico e tranquillo che non si capiva per quale burla fosse finito lì, gli altri tre … beh, la natura, quando li aveva generati, doveva essere nella fase dello sperimentare in libertà l’assemblaggio dei cromosomi come fanno i bambini con i mattoncini del Lego: o ne esce un capolavoro o qualcosa a cui, dal momento che esiste, devi dare un nome.
I loro nomi, rigorosamente in ordine alfabetico, erano Alessandro Luca e Moreno.
Alessandro aveva una testa di capelli alla Shirley Temple e gli occhi azzurri come il cielo, ma sempre arrossati per l'”allergia”, la chiamava. Era altissimo magrissimo e infelicissimo, tanto che passava le ore nella stanzetta del CIC (una specie di sportello d’ascolto per studenti in crisi), lui a parlare dei suoi problemi, Claudia a dirgli che ce la poteva fare.
Luca era quadrato in tutti i sensi, fisicamente e dentro la testa, dove le parole si mescolavano a caso e a caso venivano espresse, e non perché non avesse niente da dire; in quel suo cuore grande, di cose ce n’erano in abbondanza, ma quel dono gli mancava e se ne scusava tutti i giorni.
Moreno non poteva certo considerarsi un Adone, ma aveva un fascino ancestrale che gli aveva fatto ottenere le attenzioni della più carina della classe. Era sempre pronto a dibattere sui grandi temi di giustizia sociale e aveva una passione inesausta per Novecento di Bertolucci che, dopo la proiezione in Aula Magna finita in un coro di applausi, aveva visto circa un centinaio di volte; in quell’occasione, aveva solennemente dichiarato che suo figlio si sarebbe chiamato Olmo.
Ecco, in questa classe che già allora aveva bisogni speciali, lei cercava di inventarsi tecniche che, di lì a poco, qualche educatore imprenditore di se stesso avrebbe chiamato con nomi oscuri per travestire di complicatezza la semplicità; quando spiegava, però, non riusciva a non farsi prendere dall’enfasi e volava alto tra il suoi autori.
Un giorno, stava veleggiando tra le onde che si frangevano sulle rive del Purgatorio dantesco; nelle facce dei ragazzi leggeva curiosità e stupore: erano attenti concentrati e accompagnavano con un silenzio delicato l’arrivo delle anime sulla spiaggia. Claudia aveva già letto il canto e stava commentando il punto in cui gli spiriti arrivavano salmodiando all’unisono In exitu Israel de Aegypto
“E le anime, solidali come dev’essere nel purgatorio, intonavano tutte insieme …”
Fin che la barca va, lasciala andare …” si sentì canticchiare dalle retrovie.
Il cacciatore si era risvegliato dal torpore e il momento di grazia si era ormai trasformato in una risata colossale alla quale Claudia non riuscì a sottrarsi.
Quando la bidella entrò attirata dal rumore, la trovò che piangeva dal ridere seduta sopra la cattedra con, in mano, l’opera del divin poeta annientato da una canzonetta.

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70 commenti »

  1. Paola che gioia immensa poter commentare un altro tuo magnifico racconto.
    Hai scritto tu un capolavoro, Paola cara, colmo della passione per una delle professioni che considero missioni. C’è “quel mondo” in queste pagine, c’è tanto, c’è tutto: le tipiche dinamiche, gli equilibri e squilibri, ci sono loro, preziosi e fragili come diamanti, puri e duri, simpatici e tira schiaffi e poi ci sei tu, la persona che sei, colta, riflessiva e ironica, sicuramente esigente e giustamente severa, amabile e disponibile.
    Ho sentito che parlavi anche per me ma lo hai fatto molto meglio. Non solo per il tuo stile catalizzatore, fluido, corretto… e come potrebbe non esserlo?
    È che mi sono proprio emozionata. Ad ogni riga i sentimenti cambiavano, ho sorriso, annuito e soprattutto ho capito. Ti capisco Paola.
    Stupendo racconto, l’ho già detto?
    Brava bravissima.
    Ti auguro molto più di quello che tu possa desiderare.

  2. La magia della scuola. Grazie per questo bellissimo racconto Paola, condivido parola per parola

  3. Paola,

    per dirla con gli alunni di Claudia, leggere di una Prof. talmente al passo coi tempi, dedita all’insegnamento ed affezionata ai propri studenti è veramente “figo”.

    Sicuramente più di Dante! 🙂

    Un “ritratto di classe” reso vivido e mostruosamente reale (ricordo ancora i miei compagni di scuola ed ho ritrovato nei personaggi del tuo scritto i loro perfetti cloni :-)) dalle “pennellate” della tua prosa così amabile ed al tempo stesso ricercata nella sua semplicità, che, non ti nascondo, mi ha fatto salire la malinconia dei banchi del liceo.

    Un grande omaggio ad un mestiere di una difficoltà unica.

    Ah, per inciso: Moreno ed il suo potenziale figlio Olmo sono i miei preferiti.

    Senza dubbio.

    Bravissima!

  4. Bello, l ‘ho letto tutto d’un fiato, piacevolissimo spaccato di quotidianità scolastica, reso in modo efficace dalla tua maestria letteraria. Riconosco in questo racconto,evidentemente autobiografico, il tuo impegno sociale e la tua grinta, gli stessi di quarant’anni fa, la capacità di rendere i caratteri dei personaggi come in una fotografia.bella la tua sensibilità,nel ritratto di Luca, e quell’immagine così frequente in tutte le nostre esperienze di ” educatore imprenditore di se stesso…… Travestire di complicatezza la semplicità.”brava Claudia, insegnante che avrei voluto avere anch’io , perché sai ridere e piangere insieme ai tuoi ragazzi.grazie di questa lettura, Paola.

  5. Marcella, i tuoi commenti sono sempre delle chicche e questa mi è particolarmente cara non solo per quello che dici di me, esagerando ti assicuro, ma perché hai tratteggiato con poche parole ma assolutamente perfette lo strano variegato impegnativo e incredibile mondo della scuola. Non posso che ringraziarti e dirti nuovamente che mi piacerebbe tanto conoscerti… anche a un corso di aggiornamento magari! 🙂

  6. Ciao Paola,
    il tuo racconto tratteggia con dolcezza, ironia e partecipazione una classe alla quale il lettore finisce per affezionarsi, proprio come fa la tua prof. Delinei figure che hanno la capacità di riavvolgere il tempo, di risvegliare ricordi scolastici, di suscitare perfino una certa malinconia. E la tua Claudia è straordinaria, l’insegnante che tutti vorrebbero. Complimenti.

  7. Grazie Carola, volendo ce ne sarebbe da scrivere perché ogni classe è un mondo da esplorare.

  8. Grazie Nina, sapevo che avresti capito!

  9. Lorenzo, i tuoi commenti sono degni di una raccolta; detto questo, i tre personaggi su cui mi sono soffermata, infestano ancora casa mia, e non nello spirito. Allora, prima di spedire il racconto l’ho fatto leggere a loro tre che avevano però il nome modificato come tutti gli altri; bene, tutti e tre mi hanno detto: Io voglio il mio nome, e li ho accontentati. Aggiungo che Moreno sta aspettando forse un Olmo, ma la sua compagna non è molto convinta per cui dovrà lottare ancora.
    Grazie ancora per le tue parole e per la tua capacità di entrare dentro alle parole.

  10. Cara Giusi, mia compagna di banco preferita, sono contenta che ti sia piaciuto il racconto. Tu sai che, per fare il mio lavoro con certe modalità, mi sono ispirata alla nostra realtà scolastica di allora, ovviamente per contrasto! I ragazzi vanno respirati e capiti, ma soprattutto vanno trattati come persone perché questo devono diventare e tu hai una responsabilità enorme, anche quella di ridere con loro. Ti abbraccio da lontano, ma so che sei con me.

  11. Paola, qui lo dico e qui lo nego … al gioco dell’oca modificato ci ho giocato anch’io (chiedo venia dopo tanti anni) e mi sono ritrovata catapultata nella tua classe come se ci fossi veramente… non so, hai ricreato un ambiente, una situazione, visi, persone, … tutto “vivo”. Brava davvero, un’istantanea fatta con la penna.

  12. Hai una grande proprietà di linguaggio e le descrizioni sono visive e funzionali. Bellissimo.

  13. Questo,piacevolissimo racconto mi ha fatto nell’ordine: tornare indietro nel tempo, sorridere, confermarmi che nella scuola i professori fanno molto, ma le famiglie di più . Una piccola cronaca che rappresenta perfettamente uno spaccato di vita scolastica che trasuda umanità e passione per un lavoro duro ma di formidabile importanza. Grazie.

  14. Grazie Laura e Emanuele per aver letto e apprezzato.
    Lidia, mi pare di capire che le strategie di sopravvivenza siano simili un po’ ovunque nelle classi. Poveri noi! Chissà quante ‘attività’ ci sono sfuggite!

  15. Un racconto polifonico, leggero e profondo con una prof. che fa sognare. Mi ha messo di buon umore. Sabato tornerò a scuola con più grinta. Grazie

  16. Paola, hai la capacità di riportarci sui banchi di scuola, di immergere il lettore nell’atmosfera di una classe, di un’età, di un lavoro che è semina di futuro. I ragazzi visti con gli occhi dell’insegnante, ma anche l’insegnante vista con gli occhi dei ragazzi, in un rispecchiamento complice che non è né scontato né facile a darsi, sulla pagina scritta o nella vita. Complimenti!

  17. Mi è piaciuta tantissimo la descrizione del gioco che i ragazzi hanno organizzato per divertirsi alle spalle di alcuni professori. Mi ha ricordato gli anni del liceo in cui S inventavano cose analoghe. Scrivi molto bene e se sei un insegnante devi essere molto amata dagli studenti.

  18. Paolo, questo tuo commento mi fa particolarmente piacere, anche se penso che sabato ci stava bene il ponte! 😉

  19. Grazie Vincenza, sì hai ragione, ma c’è chi ci nasce credo; anche quello è un dono e, se lo riconosci e lo sfrutti, significa che hai scelto bene.

  20. Maria Cristina, ebbene sì, sono un’insegnante e posso onestamente dire che i ragazzi sono la cosa più bella della Scuola, forse l’unica. Aggiungo che i tre mesi di vacanza sono un falso mito, che invece il sabato e la domenica si correggono compiti quasi sempre, che ci tocca studiare e preparare lezioni a casa, ma il lavoro più duro è la costruzione di un rapporto di fiducia e rispetto. Dovresti essere distaccata, ma come si fa a non farsi coinvolgere da certe situazioni? te le porti a casa e continui a pensare a come agire, perché nessuno ti dà gli strumenti per risolvere i problemi; o hai immaginazione e volontà, altrimenti ti scontri con dei muri e soccombi anche tu.

  21. Sono lieto di vedere che la tua vena giocosa produce ottimi risultati. Certo, i ragazzi sono l’unica cosa buona della scuola, la quale si dimentica troppo spesso che dovrebbe esistere per loro e non per i burocrati e i comodi di certi prof. Il rapporto positivo con gli studenti dà grandi soddisfazioni e lo hai fatto notare con grande efficacia con il tuo racconto; se non c’è, tutto il resto e vano. Continua a scrivere e a deliziarci con le tue creazioni, alternando sapientemente sorrisi e malinconie.

  22. Mi hai fatto ridere tanto!
    Mitici i prof dal carisma “pari a quello di un ansiolitico”… In qualità di ex studente ( 😀 ), posso confermare che esistono!

  23. Grazie Riccardo, mi fa piacere averti rallegrato. D’altra parte, con una classe così bastava che raccontassi senza inventare.

  24. Come non amare questo racconto, “La classe” mi ricorda la giovinezza sui banchi della scuola, i compagni, le molte insegnanti come Claudia che mi hanno insegnato la curiosità per la vita e per i libri. La Classe in fondo parla più di lei, Claudia, attraverso il suo sguardo, il suo amore per le classi un po’ agitate, quelle in cui si respira inquietudine curiosità, anche scontento….” è il suo sguardo a far la differenza.

  25. Anna Rosa, devo dire che l’amore è ricambiato e Claudia è molto fortunata sotto questo aspetto! 😉

  26. Che bello questo racconto che forse si ispira ai ricordi e all’ entusiasmo di una professoressa per vocazione. Brava, Paola!

  27. Che bello leggere una cosa tanto leggera e divertente, tanto ironica e tanto vera! Ma perché quando abbiamo fatto il liceo non mi è capitata una prof. del genere? Ma che bella sarabanda! Complimenti Paola per il variegato racconto corale.

  28. Grazie Daniela! anche se l’entusiasmo è spesso messo a dura prova, l’insegnamento ha qualcosa di patologico e crea dipendenza. Non ho ancora capito se sia una vocazione, certo è che ti fa sentire importante e allora, se ci credi, ti impegni per essere all’altezza. Se sei un bluff, i ragazzi sono i primi ad accorgersene.

  29. Simona, ti spiego il perché. Nell’ormai lontano neozoico, io ho frequentato il Liceo Classico della mia città, la scuola più esclusiva che c’era, quella dei nobili ricchi e figli di tunonsaichisonoio… (non c’entravo niente con quella realtà e, mamma mia, quanto ho sofferto!).
    Ho ricordi bellissimi della mia insegnante di Italiano e Latino; per il resto, ho fato voto in ordine di priorità:
    1. avrei fatto sempre il contrario di quello che avevano fatto i miei docenti;
    2. non avrei mai insegnato in un Liceo;
    3. avrei scelto un Istituto Tecnico di buon livello per lavorare con ragazzi un po’ grezzi, ma pratici a cui far scoprire l’utilità e la bellezza della parola.
    Ora ho ex studenti laureati in Giurisprudenza, Medicina, Biotecnologie, Farmacia, Professioni Sanitarie… e pure qualcuno in Lettere! e queste sono soddisfazioni!!!

  30. Ah! Ecco, ho sbagliato scuola ????

  31. No Simona, non hai sbagliato; erano i tempi in cui i genitori ti obbligavano a frequentare la scuola che volevano e in cui non si poteva quasi parlare con gli insegnanti. Ora le cose sono cambiate… spero 😉

  32. Bello! Mi ha divertito e commosso, veramente bello.

  33. Ciao Paola,ho letto con interesse e curiosità questo tuo racconto rapportandolo ai miei ricordi personali sui banchi di scuola e devo dire che sono sempre più convinta che insegnare non sia adatto a tutti ma solo a chi è veramente appassionato e dedito a ciò che considero una MISSIONE IMPORTANTISSIMA perchè lascia il segno nella vita di ogni studente.
    Se questo segno è positivo allora si è fatto un buon lavoro ma spesso non si trovano insegnanti così appassionati come te o si sono scoraggiati nel percorso visto le grandi difficoltà che aumentano con il “progresso” e la libertà nel “non rispetto” che aumenta….Bravo l’insegnante che riesce a lavorare bene educando in tutti i sensi senza farsi scoraggiare ….
    Sicuramente avrei desiderato un insegnante entusiasta della sua materia come la protagonista di questo racconto!!!!
    Mi ricorda il film: L’ATTIMO FUGGENTE
    ” CAPITANO MIO CAPITANO” Insegnante appassionato ,educatore,maestro di vita anche contro le regole per il bene dei ragazzi perchè li aveva veramente a cuore ….
    BRAVA PAOLA.

  34. Grazie Maurizio, commuovere e divertire insieme… bello!

  35. Grazie Donata! 🙂

  36. Si tratta di un racconto che esprime davvero benissimo cos’è lavorare a scuola oggi. Ci dev’essere tanto di autobiografico! Quella battuta finale è una scena talmente vivida che la immagino davvero sulla bocca di uno studente. Segno che seguiva!! Complimenti!

  37. Grazie Alberto, sì stava seguendo… un’altra rotta però! 🙂

  38. Bravissima Paola, sei stata capace di introdurre il lettore in una classe autentica, scrivendo con leggerezza e spirito. A me hai ricordato non solo le mie esperienze di studentessa, ma soprattutto quelle di insegnante. Condivido pienamente il metodo di Claudia, che nasce dalla passione per i ragazzi e per un mestiere che molti purtroppo, ieri come oggi, scelgono come ripiego.

  39. Ciao Annalisa, grazie del commento. Ne avrei da raccontare di storie scolastiche! Molte sarebbero forse tristi, altrettante divertenti; quello che è certo è che sarebbero autentiche, come dici tu, perché fatte di persone, ognuna delle quali lascia il segno, piccolo o grande che sia.

  40. Paola!
    “Sei una bomba!” diceva la mia nonna per congratularsi.
    Sono felicissima per te!
    Io te l’avevo scritto che è un capolavoro questo racconto, e non solo.
    Un abbraccio, e ribadisco gli auguri.

    Complimenti anche a tutti gli altri vincitori: bravissimi!

  41. Un ringraziamento sincero a tutti quelli che hanno letto i miei racconti e che li hanno apprezzati con convinzione competenza e generosità.
    Mi avevate quasi convinta che, se ne fosse stato scelto uno, sarebbe stato Quando fioriscono le peonie, ma sono felicissima lo stesso; in realtà, la vittoria de La classe è un po’ la vittoria anche dei miei ragazzi, di quell’anno scolastico, ma non solo.
    Congratulazione a tutti gli altri prescelti e un sincero ‘mi dispiace’ per chi, secondo me, meritava di far parte dei venticinque.
    Un ringraziamento speciale a Marcella, anzi, alla formidabile Marcella <3

  42. Grandissima Paola!

    Complimenti!!!

    Per come la vedo io tutti i tuoi racconti erano degni di pubblicazione.

    Giusto per continuare con il “toto vittoria”, se proprio avessi dovuto sceglierne uno avrei votato per “nella mia vita sono rimasta orfana per ben tre volte”.

    Ma si tratta di puro gusto personale, nulla di più.

    A presto!!!!!

  43. Complimenti Paola! Sono contenta che abbia vinto un tuo racconto, anche se devo dire io preferivo gli altri due a pari merito. Gusto personale, ovviamente ma sappi che sono due piccoli capolavori!

  44. Ciao Paola, non lo avevo ancora letto e l’ ho fatto adesso! Bello, bellissimo.Lascia trapelare tutta la passione per ciò che fai, trasuda entusiasmo e, a tratti, commuove.Complimenti e a presto!!

  45. Grazie Gloria, alla fine ho restituito il nome vero a tutti i ragazzi citati! Ci si vede a Lucca, spero! … sono molto contenta per te 🙂

  46. Grazie Lorenzo,
    io avrei scelto “Quando fioriscono le peonie”; era meno impegnativo del primo pubblicato che però io amo particolarmente per la storia che racconta. Capisco che in un’antologia di racconti sarebbe stato forse eccessivo, ma le peonie secondo me ci stavano. Comunque i miei ragazzi sono stati contentissimi!
    A presto!!!!!!!!!

  47. Cara Ivana,
    grazie ancora, anche pubblicamente.
    Anch’io ne avrei scelto un altro, ma va bene così. Questo è più leggero e magari risolleverà un po’ la fama della categoria!
    Un abbraccio

  48. Marcella,
    come già sai per me ci dovevi stare tra i 25; vorrà dire che ti leggerò nella prossima edizione e magari in qualche messaggio privato. Complimenti per i tuoi lavori e per i tuoi “stalkeraggi” graditissimi da tutti!!!

  49. Congratulazioni carissima Paola!!! Tantissimi complimenti per quello che prediligo tra i tuoi racconti di quest’anno. E’ tanto bello Paola, molto ironico e intelligente. Un racconto corale e, come dici tu, pone la giusta attenzione a una categoria bistrattata. E quanto ingiustamente.
    Sono tanto contenta. A presto. Simona.

  50. Cara Simona,
    mi associo a Marcella: anche a me era piaciuto tanto il tuo racconto, come ti avevo già detto più volte.Ti leggerò volentieri di nuovo e commenterò ancora in questo giardino fiorito che ho scoperto nella Rete. Un abbraccio.

  51. A presto.

  52. Bravissima Paola, sono felice di vederti fra i vincitori. Avevo già letto questo racconto, ma mi ero dimenticata di lasciare un commento. Gli altri, però, sono intervenuti prontamente come si addice a un talento come il tuo!
    Posso dire che avrei voluto avere una professoressa come te? 🙂
    Congratulazioni.

  53. …finalmente una Prof simpatica 🙂
    Congratulazioni!

  54. Ciao Giada, aspettavo l’approvazione del tuo commento per risponderti ufficialmente. Anch’io ero abbastanza certa che avrei letto il tuo nome tra i venticinque; così non è stato, ma tu continua a scrivere perché credo che il dono tu ce l’abbia e anche con una bella confezione elegante! Io , per me, son contenta, anche perché i miei ragazzi si sono letti riconosciuti e fatti una buona dose di risate! Alla prossima 😉

  55. Grazie Ombretta, ma qui ci sono tanti altri prof. simpatici 🙂

  56. Complimenti Paola! Sono in ritardo ritardissimo con le congratulazioni ma va bene lo stesso, no? 🙂 Mi era entrato nel cuore “Nella mia vita…” ma sarà un’affinità di vissuto personale e l’importante è che almeno uno dei tuoi bellissimi racconti sia tra quelli vincitori! Congratulazioni!!!

  57. Ci credo che si vinca con racconti come questo !!
    Perfetto mix di poesia e allegria, nostalgia ( non canaglia o forse sì 🙂 ) ed empatia. Sei bravissima Paola, complimenti !

  58. Cara Lidia, non sei in ritardo, fai solo durare di più il momento di gloria! grazie per l’apprezzamento e per le parole che usi quando parli del primo racconto pubblicato. In effetti, è un racconto che io amo particolarmente, ma era abbastanza improbabile che venisse scelto perché troppo denso impegnativo e, forse, personale. Per un’antologia, forse era più adatto questo che hanno scelto; io, come ho più volte sostenuto, avrei scelto le peonie, leggero ma anche no. Comunque, sono contenta lo stesso e, mi ripeto, chissà che la prospettiva della prof. Claudia non dia un po’ di credito alla categoria. Prometto di rileggerti nella prossima edizione, certa che ci riproverai. Un abbraccio.

  59. Caro Ugo, mi viene da risponderti con una frase di quelle delle pubblicità, che odio profondamente: mi piace vincere facile! in realtà, dei tre io pensavo alle peonie (l’ho già detto tantissime volte) anche per i vostri commenti molto lusinghieri. Sono comunque contenta, ma la cosa più bella è stata la reazione dei ragazzi di quella classe (esiste veramente come ho spiegato a Ombretta che me l’aveva chiesto). Tutti, oltre d essersi fatti una bella risata, hanno preteso il loro vero nome e mi hanno ringraziato per averli fatti diventare ‘famosetti’. E’ stato divertente sia scrivere il racconto sia sentire i commenti loro e di quelli che li hanno conosciuti. Noi ci vedremo a Lucca, magari con Sem; va bene anche in ritratto!

  60. Complimenti Paola per la tua classe erudita! Dei tre racconti avevo commentato quello sulla fioritura delle peonie per una mia preferenza personale….ma l’importante é che tu abbia vinto! Comunque ci vediamo a Lucca. A presto Lucia

  61. Grazie Lucia, le peonie anch’io, ma va bene così. Ci si vede a Lucca! A presto ????

  62. Cara Paola,
    leggendo il tuo racconto ho riso tantissimo! Complimenti anche per la descrizione dei personaggi: li vedo vividi davanti a me! Complimenti ancora e a prestissimo!

  63. Grazie Giulia! Pensa che risate mi facevo io dal vivo!!! Ci si vede a Lucca, buona estate intanto ????

  64. Ciao Paola,
    bellissimo questo affresco di vita. Si riconoscono tutti i ragazzi, la classe si forma proprio davanti agli occhi del lettore. Inoltre hai una ironia intelligente che mi ha fatto sorridere dall’inizio alla fine del brano. Emerge un amore spassionato per questi ragazzi e per l’insegnamento… davvero, un racconto che affascina.

    Sono felicissima di ritrovarti a Lucca!

    A presto!

  65. Grazie Eleonora, ormai manca poco… non vedo l’ora!

  66. Ciao Paola molto molto bello questo racconto! Vero e sincero senza essere banale, leggero ma non superficiale… Scherzosamente serio… Mi è piaciuto un sacco.
    Ho per caso… Se il caso esiste…letto il tuo commento riguardo il racconto per bambini di Eleonora Scassaroli “Mattia e il mare” in cui le consigliavi di rivolgerlo a lettori un po’ più grandi. Vorrei chiederti se posso un consiglio su un racconto che ho scritto io ed è stato pubblicato stasera. Il titolo è “La mancanza”. È nato come racconto per bambini per parlare loro di cose anche difficili come la morte, la disabilità ed il karma se vogliamo. Invitandolo non l’ho specificato. Mi chiedo se è stato meglio così oppure no. Secondo te è un racconto che è meglio rivolgere ai bambini o è più adatto a ragazzi più grandi. Il tuo parere sarebbe prezioso per me. Ti ringrazio

  67. M hai strappato un sorriso finale. Sembra di starci, in quella classe. E mi ricordi che domani tocca a me entrarci. I miei alunni sono della primaria e mi tramortiranno il primo giorno. Ma come la protagonista del tuo racconto, anch’Io li adoro e insieme formiamo una bella banda. Complimenti vivissimi!

  68. In questo giorno di tristezza, mi sembra giusto ricordare Paola con questo bellissimo racconto che racconta molto di lei.

  69. Anche io Anna Rosa, appresa la notizia, sono tornata qui, per sentirla vicina tramite i suoi scritti.

  70. Carissima Paola, buon viaggio. Rileggo con piacere i tuoi bellissimi racconti.

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