Premio Racconti nella Rete 2017 “Colori” di Massimiliano Ferraris di Celle
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Entri in sala pranzo e ti guardi intorno. Ci sono una ventina di tavoli apparecchiati per dodici nella sala, altri ne vedi sulla terrazza. Sei a un congresso internazionale, e ti sei offerto di fare il volontario, per non pagare la salatissima quota di partecipazione. Ti eri immaginato qualcosa di differente, hai scoperto che ti tocca indossare una maglietta arancio fluo, con scritto “VOLUNTEER”, e fare servizio come steward: sostanzialmente devi spingere i partecipanti nelle sale alla fine degli intervalli, mentre ancora si stanno rimpinzando di cibo. Mangiano come locuste, hai pensato ogni volta, e ogni volta è un assalto all’arma bianca. Una volta spinti tutti dentro, puoi entrare anche tu e ascoltare l’intervento.
Sei solo, non hai problemi con l’inglese ma vuoi mangiare con calma, non hai voglia di parlare con nessuno, ti piacerebbe tanto sederti a un tavolo deserto, ma nell’ultima sessione prima di pranzo lo speaker che stavi assistendo si è dilungato, e il pranzo è iniziato da una ventina di minuti. Quasi tutti i tavoli sono già occupati, verso il fondo ne vedi uno dove c’è un posto disponibile.
Ti avvicini al tavolo, chiedi se il posto è libero, ti dicono di accomodarti. Ringrazi con un cenno, lasci la tua cartellina sulla sedia e ti dirigi al buffet. Non hai molta fame, sei solo stanco, ti sei svegliato molto presto e hai dormito davvero poco.
Non badi granché a cosa metti nel piatto, un po’ di pasta, un po’ di verdura. Ti siedi al tuo posto, ti guardi intorno e scambi dei saluti di circostanza con i compagni di tavolo. Alla tua sinistra ci sono tre nigeriani, due donne e un uomo, a destra due francesi, poi quattro americani, e infine un uomo e una donna di nazionalità non identificabile.
Fortunatamente i compagni di tavolo non sembrano ansiosi di rivolgerti la parola. Inizi a spizzicare, ma mentre stai portando alla bocca un pacchero con sopra un gamberetto, le tue orecchie sono trafitte da una specie di gracidio fortissimo, acuto come non ne hai mai sentiti. È la donna di nazionalità sconosciuta, sta parlando col suo vicino. Rifletti sul fatto che “parlando” non è per nulla appropriato, molto meglio “urlando”. Neanche questo ti soddisfa, improvvisamente il termine giusto ti appare in mente come un’insegna al neon lampeggiante: “STARNAZZANDO”, tutto maiuscolo. Sei rimasto con la forchetta a mezz’aria, la porti alla bocca e mentre mastichi, notando che la pasta è leggermente scotta e che i gamberetti sono probabilmente surgelati, guardi la donna. Ha una cinquantina d’anni, come testimoniato dalle sottili ragnatele attorno agli occhi. Indossa un orrendo vestito, non riesci a pensare a una tonalità che lo rappresenti, è a metà tra il verde veronese e il verde menta, ma alla fine opti per “verde fastidio”. Al polso un bracciale di perle, troppo grandi per essere vere, color bianco antico troppo antico. Le unghie sono rosso scarlatto, della stessa tonalità della collana di bigiotteria che porta al collo. In realtà non è proprio scarlatto deciso, ti sembra che viri leggermente sul carminio. Però una cosa è certa, unghie e collana fanno pendant, la tonalità è esattamente la stessa. Al collo ha il badge del congresso, il laccio è bianco ghiaccio con disegni in blu di persia, con il logo dell’organizzazione. Di nuovo starnazza rivolta al suo vicino, stanno parlando del viaggio di ritorno, non capisci dove debba andare, quel tono di voce rende impossibile riconoscere l’accento e molto difficile capire cosa stia dicendo. Fissi lo sguardo sulla donna e cerchi di incrociare i suoi occhi assumendo un’espressione di disapprovazione, una di quelle espressioni anglosassoni che hai ben imparato, quelle piene di disprezzo e che dicono chiaramente “stai disturbando molto”. Lei non ti guarda, è troppo occupata a) a mangiare, b) a guardare il telefonino e c) a STARNAZZARE. Ride. La risata è sguaiata, penetrante, con quel tono fastidioso, sembra un camion che scarica laterizi.
Il cibo è discreto, ma non riesci assolutamente a godertelo. Anche perché guardando la donna hai contezza esatta di quando comincerà di nuovo a starnazzare. E di nuovo, eccola, che ti perfora le orecchie.
Ti alzi, giri attorno al tavolo, ti fermi dietro di lei. Ti chini in avanti, e mentre con la mano destra prendi il coltello che si trova accanto al suo piatto, con la sinistra le sfili il badge dal collo. Lasci scivolare il badge a terra, l’abbracci con la sinistra e le sussurri in inglese in un orecchio di non muoversi. Lei non volta neanche la testa, così le appoggi la punta del coltello nella fossetta tra le due clavicole, proprio sotto il mento. Lei non capisce bene cosa sta succedendo, non si muove. Anche gli altri commensali sono immobili, ti guardano senza parlare. D’improvviso spingi, spingi forte, e il coltello affonda senza incontrare resistenza. Lei si volta e ti guarda, ha uno sguardo sorpreso. Gli altri commensali non si muovono, qualcuno ti guarda con gli occhi sbarrati, qualcuno urla, ma tu non ti accorgi di niente, sei concentrato soltanto su una cosa. E sì, è proprio come pensavi. Quella tonalità di rosso, della collana e delle unghie, è proprio la stessa del suo sangue.
Racconto dibertente, ti prende in un cresscendo rossiniano e alla fine non riesci a staccare gli occhi dallo schermo. Se la pasta del congresso è scotta, le parole di questo racconto sono al punto giusto, scelte minuziosamente e con precisione. Le immagini sono chiare come in una fotogtafia. Mi sembra di essre lì.
Un bel noir…pieno di colori! Fantastica la sequenza con cui il protagonista stringe progressivamente il suo campo di attenzione come una macchina da presa che chiude sempre più verso il particolare fino a che l’ossessione non viene soddisfatta. Complimenti Massimiliano, perfettamente scritto.
Molto molto divertente! Questa è la dimostrazione che con la penna , quando viene usata bene,si può dare spazio a qualsiasi fantasia !
Ti ho seguito per tutto il racconto, ero con te davanti alla tipa starnazzante…finalmente la blocchi, lei si volta e ti guarda…ero col fiato sospeso…pensavo venisse fuori del sangue verde, verde metallo come la sua voce, verde come il ferro allo stato di ossidazione+2…probabilmente per lei i due soli secondi vi vita vissuta coscientemente, che tu gli hai regalato: bravo Massimiliano
Ma che bravo, Massimiliano! Divertentissima la situazione, davvero esilaranti certi giri di parole…descrizioni realistiche e vivaci! Complimenti davvero 🙂
Max, esame della situazione con una fredda lucidità agghiacciante… la soluzione finale fantastica. In genere parlo a bassa voce, ma credo che ora starò attenta comunque a evitare l’accoppiata di colore tra smalto e collana… Non si sa mai! Bravo-bravo!
c’è tutta la follia dei giorni nostri. Bella la costruzione del racconto. Complimenti
Mi chiedevo dove saresti andato a parare e quando ho capito… beh, hai un innato senso del colore… Complimenti!
All’inizio ho pensato “la uccide”, poi invece “no, no, non la uccide”, dopo “la uccide?” e da ultimo “sì, sì la uccide” e poi l’hai uccisa.
Bravo Max!
Massimiliano,
mi hai tenuto incollato al tavolo con il tuo stile peculiare e la tua capacità di aumentare il ritmo narrativo via via che la storia si evolve.
Per come la vedo io, la scelta di narrare in seconda persona dà davvero una marcia in più al racconto.
Mi è piaciuto moltissimo.
Bravo.
Vorrei ringraziare tutti per le belle parole, avrei voluto essere più “puntuale” e rispondere a ciascun commento, ma tant’è. Le risposte sono in ordine inverso di apparizione, dal commento più recente a quello meno recente.
@Lorenzo: grazie mille, anche io la penso così sulla seconda persona. E’ più impersonale della prima ma meno della terza, e dà un punto di vista speciale.
@Letizia: Grazie! L’indeterminazione non era voluta, ma se tu l’hai trovata sono contento!
@Paola: non così innato… l’idea del titolo (e l’arricchimento dei particolari) mi è venuta solo quando una collega mi ha fatto notare che le unghie erano uguali alla collana… eh sì perché a parte il finale, il resto è quasi tutto vero… 🙂
@Michela: proprio così, lucida follia, dietro un’apparente meticolosità nel cogliere le sfumature di colori…
@Ester: sì, eviterei i pendant, da oggi in poi! 😀 😀 😀
@Giada: grazie, mi inchino con piacere, belle parole davvero…
@Anna: tu non ci crederai ma mi sono baloccato con l’idea di renderla come un extra terrestre, ma alla file la mia anima pulp ha prevalso su quella fantareale… 🙂
@LauraBi: esattamente, considerando anche che la situazione è quasi completamente reale (a parte la conclusione ovviamente) 😀
@Marco: grazie davvero, questa osservazione sul punto di vista mi fa particolarmente piacere.
@JJ; grazie, amico mio. Volevo fosse realistico, mi piace che tu lo abbia sentito.
Bel racconto, descrizione divertente che rispecchia una sensazione di fastidio che si prova a volte nella realtà,. Epilogo finale ben costruito.
Bravo Massimiliano.