Premio Racconti nella Rete 2017 “Tutto in una notte” di Anna Rosa Perrone
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017A passo svelto Ada camminava sul ciglio della strada.
La sua automobile si era fermata, non sapeva se per un guasto meccanico o altro.
Un rumore senza ritmo, stonato, aveva anticipato di qualche attimo la fine della corsa e sebbene avesse tentato di farla ripartire, tutto era risultato inutile.
Ada aveva atteso, appoggiata alla macchina, il passaggio di altri automobilisti, ma, dopo un’ora, aveva iniziato a pensare che fosse meglio muoversi.
Forse avrebbe trovato lungo la strada una casa abitata e qualcuno in grado di prestarle soccorso anche solo mettendole a disposizione un telefono.
Malediva cento volte la sua distrazione: il suo cellulare, come spesso le capitava era completamente scarico!
La sicurezza con cui aveva deciso di andarsene portandosi come bagaglio gli abiti che aveva addosso, ora la abbandonava.
Aveva chiuso, quella notte, la porta della sua casa, ma non come accadeva di solito.
Prima, in modo maniacale aveva pulito e rassettato le stanze, togliendo ogni cosa che avesse traccia di sé, eppure non aveva ancora deciso cosa fare, dove andare, dopo.
Aveva svuotato, freneticamente, armadi e cassetti, aveva raccolto le sue cose dentro grandi sacchi di plastica nera che ora rigonfi, giacevano vicino un cassonetto della spazzatura, di fronte la sua casa, secondo un disegno che sembrava preordinato chissà da quanto tempo.
Si era trovata fra le mani, mentre la plastica nera ingoiava la sua vita, due fotografie di lei bambina che quasi senza volerlo erano scivolate meccanicamente nella tasca della giacca, quelle le avrebbero fatto compagnia, appartenevano ad un tempo così lontano quasi ad una vita non sua, un dolce ricordo.
Prima di andarsene, per un momento, si era fermata ad osservarla la sua casa e mentre si allontanava aveva pensato a quale vita quelle pareti avrebbero avuto senza di lei.
Camminava lungo la strada scarsamente illuminata, sperando di incrociare il bagliore dei fari di un’auto, nello stesso tempo ne aveva timore.
Temeva quella situazione, aveva paura della paura che da un momento all’altro avrebbe trovato un valico dentro di lei, eppure provava una strana ebbrezza…
Se qualche balordo, vedendola sola, si fosse fermato cosa avrebbe fatto?
A chi avrebbe potuto chiedere aiuto con il cellulare spento?
A casa, Carlo si sarebbe accorto della sua assenza solo al rientro dal suo viaggio e sarebbe passato qualche giorno.
Come sempre aveva aspettato l’ ultima telefonata della giornata di Carlo, questa volta, però non era andata a dormire, aveva deciso di uscire dal suo guscio, per “una vacanza” fuori di ogni ragionevole ragionamento.
Mentre chiudeva la porta, si sentiva stranamente bene: aveva deciso di portare scompiglio al gioco del “mazziere” per romperne il flusso tranquillo, voleva non si giocasse la solita partita bonaria dove l’importante è far trascorrere il tempo…
Nel buio, seguiva il filo dei suoi pensieri a ritroso, pensando al perché della sua decisione, in fondo non era successo niente di particolare, quel giorno.
Si era svegliata in ritardo e come tutte le mattine con la stessa fretta: caffè, doccia, ricerca di un abito “purchessia” e via verso le solite cose di ufficio.
Dopo il lavoro, a casa, proprio quel giorno, non aveva voglia di fare niente.
Si era buttata, sul divano ed aveva assecondato con piacere il suo corpo, mentre sprofondava fra i cuscini. Ne aveva avvertito il calore, la materialità e proprio in quel attimo aveva pensato alle cose che avrebbe desiderato fare solo se…, solo se ne avesse trovato il tempo.
Già il tempo, quello che lei non riusciva mai a dominare, lei sempre quella dell’ultimo istante, giusto per non far emergere, dal profondo, il cruccio delle sue aspirazioni mortificate, perché ancora, nei momenti di calma si rendeva conto che qualcosa resisteva di quella giovinetta, fiduciosa del futuro, che sobbalzava dentro la sua tasca.
– Hai bisogno di aiuto?
Una voce, all’improvviso, la fece sussultare interrompendo quei pensieri:
Di fianco a lei si era fermata una macchina, alla guida una donna che sembrava della sua stessa età.
-Ho visto un’automobile, ferma a qualche chilometro da qui, è la tua?
– si, …si è fermata all’improvviso e non sono più riuscita a farla ripartire…al guaio poi si è aggiunto il telefono scarico…così ho cercato di raggiungere a piedi il centro abitato…sulla strada, mi sono resa conto che non era tanto vicino…
– Dove sei diretta?
In quel momento Ada rispose di getto la prima località che le veniva in mente.
La donna a quel punto aggiunse: mi dispiace, mi fermo prima, se vuoi puoi telefonare dal mio cellulare e farti venire a prendere da qualcuno, a quest’ora ovviamente nessuna officina è aperta.
– non ho nessuno che possa venirmi a prendere, disse Ada, preoccupata delle sue risposte che coglieva lei stessa come note stonate.
– ti posso dare un passaggio sino alla fermata della corriera…ti toccherà aspettare, però le prime ore del mattino, davanti la fermata c’è un bar che rimane aperto tutta la notte…non ti darà fastidio nessuno se è quello che ti preoccupa.
-mi va benissimo, è già una fortuna, avevo un po’ di timore…non perché … ma …
-beh, proseguì la donna, sorridendo, sali o dobbiamo fare le presentazioni prima?
– Ada allora si affrettò ad aprire la portiera sedendosi accanto.
Mi chiamo Pina , disse la donna, riavviando la macchina, dopo aver acceso una sigaretta, ho appena finito il mio turno di lavoro in un Ristorante, ma niente Master CHEF, semplicemente lavapiatti, Oh…avrei potuto trovare di meglio … ma come succede, all’inizio si affronta la vita con grande entusiasmo, soprattutto per l’amore e la famiglia, dopo, con meno entusiasmo ti può anche capitare che il tuo compagno rientri a casa un giorno con una grande novità….Ha incontrato un’altra donna, ma mica perché l’ha incontrata per strada …no…l’ha incontrata dentro un “elettrodomestico” chattando e sempre chattando ha capito di voler vivere con lei . In finale eccomi a quest’ora, con pochi spiccioli, nessuna assicurazione sul lavoro e sul futuro con il grande dubbio su cosa noi donne veramente vogliamo!
Ma lasciamo perdere questa è solo filosofia…ed io ho deciso di farne poca perchè alle volte siamo così matte da giustificare ogni cosa…
Ci imponiamo di assecondare i desideri degli altri pensando sempre di poter cambiare le cose e non è quasi mai così.
Beh, anche questa è la vita, ma tu non mi dici nemmeno il tuo nome? disse con una punta di ironia.
Ada, mentre ascoltava si soffermò ad osservare la donna, si accorse allora che non doveva avere più di 30 anni, aveva un viso scarno, lineamenti marcati da un trucco sbavato da troppe ore di lavoro, capelli lunghi e di colore indefinito, raccolti con un fermaglio, due occhi vagamente a mandorla che ogni tanto si distoglievano dalla guida per guardare lei.
– mi chiamo Ada, ho poco da raccontare, sono una impiegata quasi in pensione… ho una vita molto tranquilla, sono sposata e…
– ma allora, mi interruppe, tuo marito può venire a prenderti!
-oh non è possibile, è via per motivi di lavoro ed io non ho nessuno altro cui poter chiedere aiuto, rispose Ada.
-e come mai sei in giro stanotte e con una macchina che a definirla vecchia gli fai un complimento?
-perché questa domanda?
-ma …non capita spesso di incontrare di notte una donna come te, oh… fatti tuoi, se non ti va di parlare, anche se… (e in quel momento ad Ada le parve cogliere quasi un motto di derisione) la tua reticenza potrebbe indurmi a pensare che hai qualcosa da nascondere, magari un marito stecchito da qualche coltellata dentro casa! Le donne tranquille, le peggiori ed ora tu sei con me dentro la mia macchina… devo avere paura?
-Ada, pensava in quel momento alla sua stupidità…aveva cercato di mettere una barriera fra lei e la donna, per difendersi da chi cercava solo un po’ di conversazione per allontanare il sonno ed abbozzò un sorriso.
-Hai ragione, ma la mia vita è proprio così, anche se in questo momento non so neanche io… sono uscita dalla mia casa con l’intenzione di fuggire da tutto, dal colore insopportabile del quotidiano…
Mentre diceva quelle parole sentiva i suoi polmoni bruscamente comprimersi.
Il dolore depositato in un angolo oscuro del suo animo, tornava a riemergere…
Pensava al flusso …tranquillo della sua vita, sempre uguale …si muoveva nelle ore della giornata e faceva anche molta fatica …ma le sue azioni, percepiva improvvisamente, mascheravano solo una grande inerzia…e lei aveva bisogno di sentirsi nuovamente viva e vitale.
Ada, vedendo lo sguardo perplesso della donna disse:
Pensi che io sia fuori di testa?
-Veramente…, Ma almeno sai dove rifugiarti questa notte? Hai i soldi per pagarti un albergo? Se uno chiude la porta di casa per cercare “aria” deve già sapere cosa fare o avere i soldi per decidere con calma …
Ada guardava la donna, sapeva di non avere una risposta se non quella di avere giusto qualche soldo, ma non un’idea per il suo futuro…
Io vedi, non penso alle cose che pensi tu, quando mangio se sento il dolce so che assaggerò altri bocconi ma se è amaro so che non fa per me!
Vuoi sapere cosa penso …. penso che tu ancora non sappia cosa sia il dolce e cosa l’amaro.
Sei sicura di voler “scappare”?
Pina guardava lo sguardo di Ada vagare, cercando rifugio, stranamente, provò per la sconosciuta un sentimento di tenerezza, ebbe di lei l’immagine degli istanti che avevano preceduto il loro incontro e rivolgendosi alla compagna di viaggio:
-Ammettilo la tua fuga è solo lo stratagemma per scatenare i sensi di colpa di qualcuno.
Devi aver lasciato tracce dappertutto, … vuoi che si accorgano che stai male, ma non vuoi essere tu a gridarlo, lo facevi anche da piccola non e vero?
Ti nascondevi, negli armadi o sotto i letti … e là trovavi pace pensando alla disperazione di chi in quel momento amavi più, magari tua madre… non è così?
Ada in quel momento stringeva fra le mani una foto nella quale una bambina, guardando l’obiettivo della macchina fotografica, sorrideva pensando a come sarebbe stata da “grande” e a quale relazione, se avesse potuto per magia incontrarla, ci sarebbe stata con quella “signora”.
La macchina procedeva veloce sull’asfalto, ma aveva cambiato la sua direzione di marcia:
Pina, nonostante la stanchezza, avrebbe riportato quella “bambina” a casa.
La lettera era proprio indirizzata a lei, anche se la grafia, con cui era impresso il suo nome, sconosciuta ….
Ada, accovacciata sul divano, leggendo il biglietto si ricordò improvvisamente della donna con gli occhi vagamente a mandorla, conosciuta una notte, alcuni anni prima, quella donna le scriveva che molte volte, lungo il consueto percorso, aveva pensato a lei …e molte volte si era domandata se fosse stato giusto riportarla a casa.
Le chiedeva se fosse dolce o amaro il suo vivere.
Anna Rosa Perrone
Mi è piaciuto questo voler sparire. Una sensazione di libertà totale mai provata prima. Nessuno al mondo che sappia dove ti trovi. Mi ricorda i personaggi di Douglas Kennedy. Ma poi alla fine la protagonista ha cambiato idea. Avrà fatto bene? Avrà fatto male?
Un racconto sulla fuga dalla realtà, dal quotidiano. Credo che in molti abbiano vissuto sentimenti di insofferenza e si siano immedesimati con Ada.Brava!
Complimenti, Anna Rosa! Fantastica la definizione dei due personaggi femminili, intenso il loro dialogo, dà materia di molte riflessioni. Scrivi veramente bene.
“Devi aver lasciato tracce dappertutto, … vuoi che si accorgano che stai male, ma non vuoi essere tu a gridarlo, lo facevi anche da piccola non e vero?”: cara Anna Rosa, questa frase mi ha colpita, così come tutto il tuo racconto. Chissà, forse perché questo modo di comportarsi non mi è del tutto estraneo. Mi piacerebbe chiederti se, secondo te, Ada ha fatto davvero bene a tornare a casa o se non è stata abbastanza coraggiosa da inseguire la sua felicità (sempre che quest’ultima non fosse esattamente nel luogo dal quale voleva fuggire). Complimenti davvero!
Davvero grazie per i vostri commenti e per rispondere ad alcuni quesiti, non so se Pina abbia fatto bene a riaccompagnare a casa Ada, avrei sperato che fosse CARLO a ricevere ed aprire la lettera perchè Ada ha nuovamente, questa volta con consapevolezza, ripreso il suo percorso. Ho preferito invece lasciare la storia sospesa per invitare il lettore allo stesso quesito.
Bello il tuo racconto Anna Rosa,una fuga “fuori di ogni ragionevole ragionamento”
La ricerca di un attenzione, ma anche della vera ricchezza di questi anni ,il tempo è lo spazio.
Una bolla temporale persa nella notte,in un luogo non luogo sul ciglio di una strada senza una meta precisa.
…e poi la conversazione con Pina, quasi un alter ego, un riflesso ragionevole che ti riporta alla realtà
Delicato e introspettivo, dialoghi serrati e sogni agitati. Veramente tanti complimenti!!
Anna Rosa,
mi è piaciuto davvero tanto questo profondo confronto di vite al femminile, che libra tra l’amaro di occasioni mancate e la disillusione di aspettative non avverate.
La delicatezza del tuo linguaggio, scorrevole e comunque pieno di significati reconditi, illumina la notte di Ada e di Pina, che, ciascuna dal proprio universo parallelo, sembrano per un attimo rappresentare (come giustamente precisato da Gianluca) il subconscio dell’altra.
Perfetto il finale aperto: racconti simili sono un’occasione ottima per interrogarsi sulle scelte di vita. Soprattutto sulle più difficili.
Bravissima.
Nel tuo racconto trovo molte belle immagini e una profonda, dettagliata analisi psicologica dei personaggi, soprattutto di Ada. È stato, di sicuro, un lavoro a cui hai dedicato molto tempo. E il lavoro duro merita sempre di essere apprezzato. Complimenti.
Grazie Lorenzo e Costantino, mi confortano i vostri commenti, soprattutto perché è la prima volta che “pubblicamente” un mio racconto esce “dal cassetto”.
Ottima la prima “uscita”, un dilemma che molti vivono giorno dopo giorno senza soluzione.. Aspetto che anche gli altri tuoi racconti decidano di uscire dal cassetto per poterli leggere.
Complimenti Anna Rosa! La tenerezza, le paure e l’incerto tentativo di fuga di Ada coinvolgono pienamente il lettore. Pina poi, con la sua ironia e la sua perspicacia, non può non suscitare simpatia in chi legge! Il finale aperto permette di fantasticare sul seguito. Brava!
“…qualcosa resisteva di quella giovinetta, fiduciosa del futuro, che sobbalzava dentro la sua tasca.”
Anna Rosa, questa è un’immagine stupenda, e insieme ad altre altrettanto vivide dona vera vita ad Ada. Che forse si confronta con la figura materna, la donna sconosciuta che la riporta a casa. Bello il finale aperto, e a me resta il dubbio se abbia fatto bene o male. Brava.
“…con l’intenzione di fuggire da tutto, dal colore insopportabile del quotidiano.”
Bello questo contrasto, quando si pensa alla quotidianità del sempre uguale, si pensa al “grigiore”.
E poi questo rapporto immediato che solo due donne possono avere e la foto. Si, mi è piaciuto. Solamente un po’ di difficoltà nella lettura perché, a mio avviso, mancano le virgolette a delimitare i dialoghi.
Bello questo incontro tra due solitudini al femminile! E quante volte ciascuno di noi ha desiderato che “la plastica nera” potesse ingoiare le nostre vite di sempre…. complimenti
Anna Rosa, un dialogo quasi cinematografico con una sceneggiatura facile da immaginare. “Vuoi che si accorgano che stai male, ma non vuoi essere tu a gridarlo”, quante pretese si nascondono nella vita quotidiana, quanta paura di chiedere aiuto. Questa frase mi fa riflettere: perché chiedere aiuto è così difficile? Impariamo a guardare ciò che ci circonda: non siamo soli e in qualche angolo di mondo esiste qualcuno pronto ad aiutarci. Abbandoniamo la timidezza e gridiamo se stiamo male, se stiamo bene.
Bel racconto Anna Rosa, complimenti e in bocca al lupo.
I racconti ” clinici “, per i miei gusti, hanno sempre un grande fascino e tu sei stata brava. Approvo anche il finale che, non offrendo risposte immediate e certe, costringe il lettore ad una riflessione. Complimenti
Leggendo il racconto di Anna Rosa e altri di donne presenti in questo accogliente spazio virtuale, ho carpito una freschezza e un disagio del tutto femminili. E’ come se in questi anni di crisi economica e sociale, le donne si trovino in una situazione di disincanto verso il mondo ed esprimino questo sentimento quasi con più forza e coraggio di noi maschietti abituati a vivacchiare senza farci troppe domande, nonostante siamo ancora più smarriti e a disagio delle persone di sesso opposto. Forse un giorno la parola “coraggio” diventerà sostantivo femminile o forse già lo è…
Complimenti Anna Rosa
Belle queste due donne, il loro incontro sulla strada della vita, in sintonia eppur così diverse, e la domanda eterna “se fosse dolce o amaro il suo vivere”.
Anna Rosa, ho molto apprezzato la tua profondità nel calarti nella psicologia delle due protagoniste. Avverto in questo racconto una sensibilità pienamente femminile, con la sua introspezione, le sue intuizioni e le sue domande.
Mi piacciono i puzzle. Ho letto molti dei racconti in rete. Ho constatato che molti dei nostri lavori in fondo parlano con sfaccettature diverse delle stesse riflessioni, sentimenti , angoscia…E se provassimo a farne un quadro più grande, non un semplice tassello isolato? se provassimo per gioco a porre in un territorio più ampio “un romanzo” i protagonisti delle nostre storie ?
Auguri a tutti i “venticinque”!
Mi è piaciuto molto questo incontro tra due donne diverse: una desiderosa di stravolgere la propria vita, ma in realtà incapace di farlo, l’altra più esperta, suo malgrado, e capace di trasformarsi da vittima del destino in soccorritrice della prima. il finale aperto, poi, induce il lettore a porsi la stessa domanda che, come Pina, tutti ci poniamo: è giusto trascorrere una vita diversa da quella sognata da bambini?
Anna Rosa, il finale mi ha colpito particolarmente. In genere non amo i finali troppo aperti, ma questo era perfetto così: il tornare a casa, il riprendere la propria vita. Anche la signora Pina ha fatto una scelta, riportando Ada a casa sua, e non sa più nulla di lei, non sa se quella scelta sia stata giusta o sbagliata. In realtà mi sembra tutto incentrato più sulle possibilità, sulla decisione in sé di scappare che non sulle difficoltà della vita, tanto che queste difficoltà non vengono neanche esplorate nello specifico: si parla di aspirazioni infrante e di mancanza di tempo, ma non c’è bisogno di dire altro. Il dramma vitale e psicologico non sta lì, ma sta nella scelta: andare o restare? Lei resta e nessuno di noi saprà mai se ha fatto bene.
Sei stata molto brava nel portare avanti questo quesito e nel tratteggiare le due donne. Complimenti!