Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Il folletto della foresta” di Giuseppe Porraro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

In questa nostra povera Italia, tanto maltrattata, esistono ancora per fortuna delle zone in cui la ferocia dell’uomo non ha ancora avuto ragione della Natura. Una di queste è la valle in cui scorre il fiume Brembo, un tempo regno incontrastato del temolo e della trota iridea, e che ancora scorre impetuoso quando le piogge lo gonfiano e rendono limaccioso.

La valle che prende il nome dal Brembo -la valle Brembana, appunto- è antropizzata solo nelle sue zone più basse, mentre in alto solo qualche raro alpeggio sfida la foresta.

Già, la foresta. Dalla valle parte l’ultimo residuo della grande foresta primigenia che una volta si estendeva per tutta l’Europa, fino al Reno e al Mare del Nord. Dalla Val Brembana ancor oggi si può arrivare, per boschi e foresta, praticamente senza incontrare alcun centro abitato, fino a quel punto della foresta vicino a Teutoburgo, là dove Publio Quintilio Varo fu decimato insieme alle sue legioni dai Germani di Arminio.

Ancor oggi, se vi fermate ad ascoltare il vento che scende dalle aspre montagne, sentirete la voce implorante dell’imperatore Augusto che va chiamando a gran voce Varo perché gli renda le sue legioni…ma gli risponde solo il silenzio e il triste verso dei corvi.

Là, dove la foresta è fitta e la luce del sole è rara, c’è una capanna. Oh, non aspettatevi molto…sono solo pochi rami intrecciati coi giunchi e coperti di terra muscosa…un focolare di pietra e un giaciglio d’erba seccata al sole.

Questo è tutto ciò che possiede un Folletto…l’ultimo Folletto che ancora abita la foresta. Egli ha resistito alle lusinghe e alle comodità della civiltà, non ha desiderio di incontrare altri esseri che non siano gli abitanti del bosco, selvatici come lui, e come lui circospetti e sospettosi dell’usta dell’uomo civile. Il bosco lo nutre di bacche e d’uva selvatica, gli dà il conforto del fuocherello di rami secchi caduti dai grandi castagni il cui frutto gli dà sostentamento nell’inverno; le amare ghiande gli danno vigore e salute, e le contende gioiosamente, all’avvicinarsi della primavera, ai primi ghiri e scoiattoli che si vanno risvegliando. L’acqua del ruscello gli è nettare e frescura, e non conosce altro sapore di bevanda altrettanto inebriante.

Ma -voi vi chiederete- che cosa ci fa ancora un Folletto nella foresta? Qual è la sua funzione?

Ebbene, sappiate che l’ultimo Folletto della Val Brembana è il custode della magia che un tempo scorreva, forte e tumultuosa come il torrente, per tutta la foresta. Questa è la magia della vita, che quando scorre più forte fa rizzare il muso ai caprioli e li chiama al rito ancestrale dell’accoppiamento, la magia che fa superare d’un balzo le rapide del fiume perché le trote possano trovare il posto adatto a deporre le uova…è la magia che spinge le libellule ad incontrarsi in volo ed intrecciare i loro corpi sinuosi. E’ la magia che cura amorevolmente gli avannotti e i girini dei tritoni nelle piccole pozze sorgive, e li guida nella muta, e dirige il coro dei rospi nelle notti estive…

Sì, il Folletto è il custode della magia più importante: quella dell’amore. Quel sentimento così intenso da smuovere le cime quando il temporale rotola i suoi fulmini sulla terra, quella forza che fa finire l’inverno e apre le porte alla Primavera, che suggerisce alle api il nettare più dolce e la goccia di rugiada più dissetante.

E per il Folletto? C’è amore anche per lui? O sarà costretto, quando con il passare dei secoli le sue membra si saranno irrigidite e la sua barba sarà diventata candida come la neve degli inverni trascorsi, a svanire, pian piano, portando con sé l’ultima goccia dell’amore che prima donava generosamente? E che ne sarà, allora, della foresta senza più l’amore che la faceva vivere?

A questa domanda, nessuno ha mai saputo dare risposta. Ma se voi vi addentrate nella foresta, e vi spingete fino nel più profondo, tendendo l’orecchio sentire, portata dal vento, una dolcissima canzone. E’ il Folletto che la canta: lo fa perché sa che da qualche parte del mondo -quanto lontano lo ignora- c’è una bellissima Principessa che aspetta che il vento le porti la canzone che la guiderà fino al centro della foresta, dove il Folletto l’attende. Passano gli anni, ma il Folletto è paziente, e fiducioso aspetta. Qualcosa -un fremito di foglia, il guizzare di una trotella nel torrente- gli hanno detto che la Principessa ha sentito, e che si è già messa in viaggio dalle terre lontane, per lui.

Il Folletto attende la sua Principessa, l’attende circondato dai rami degli alberi di una Primavera creata apposta per lei.

L’attende, e canta la canzone che la porterà da lui, ad incontrare e far rivivere l’amore.

E la foresta vivrà, ancora, per molti, molti moltissimi anni, nell’Amore perfetto della Principessa e del Folletto.

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3 commenti »

  1. Caro Giuseppe,

    un racconto fiabesco eppure magicamente reale, uno scrigno di parole che vuole racchiudere la speranze della promesse che seppur difficili da mantenere hanno sempre voglia del loro per sempre.
    Fortunata quella principessa che troverà un folletto incantato, incastonato nella splendida cornice di una montagna verde e rigogliosa, una metafora di vita tanto nota quanto essenziale.

  2. Giuseppe,

    il tuo racconto risuona del vento che accarezza le foglie degli alberi e si colora delle albe che baciano il luogo magico che descrivi.

    Un invito, forte ma scritto con la classica, disinteressata gentilezza della fiaba, a non disperdere le proprie origini ed il loro fascino, lasciandosi guidare per le vie dell’avvenire senza distogliere l’attenzione dai luoghi natii; luoghi in cui, normalmente, dimora e risiederà in eterno il più profondo della nostra anima.

    Solo così il il folletto assopito in ognuno di noi, con pazienza e rettitudine, potrà infine godere dell’amore per la vita.

    Bravissimo.

  3. Un’ispirazione particolare, adulta e non adulta allo stesso tempo. Questo racconto è un’elegia per qualche cosa che si vorrebbe esistere ancora, e che almeno dentro d noi difendiamo con tutto quello che abbiamo e sappiamo e possiamo. Il Folletto della foresta merita di essere letto perché pende le parti di un patrimonio che non è solo culturale o ambientale, è profondamente umano e senza età. Io sto dalla parte del Folletto 🙂

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