Premio Racconti nella Rete 2017 “Ali di cimice” di Nina Quarenghi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017L’infanzia alla Crispi di Monteverde Vecchio era serena, ma in quarta elementare il nostro orizzonte si oscurò, quando arrivò la maestra Schifiardi: alta e smilza, pareva una di quelle vespe nere dalle zampe sottili, davanti alle quali è meglio fingersi morti.
-Odio la Vespa – disse il mio amico Giuseppe. Eravamo in cortile a ricreazione, seduti in punizione.
-Io pure.
-Facciamo un piano?
-Un piano contro di lei? – l’idea mi terrorizzava ed elettrizzava allo stesso tempo.
-Sì, qualcosa di brutto. Ehi, attento!
Dall’emozione ero saltato in piedi e quasi pestavo una cimice.
Giuseppe mi tirò per la manica:
-Gliela mettiamo addosso?
-Che cosa?
-Quella cimice.
-Bleah, sììì.
Catturammo la cimice e la mettemmo nella tasca del mio grumbiule, ma la ricreazione finì prima di esserci accordati su come fare e rientrammo.
Ora di matematica. Io seduto con la cimice in tasca. Mi saliva l’ansia che uscisse, continuavo a controllare che stesse dentro, carezzando il grembiule, ma piano per non schiacciarla.
-Lucchi, che hai in tasca?- la voce fredda della Vespa mi fece saltare sulla sedia; i suoi occhi mi trapassavano come spilli.
-Niente, cercavo il fazzoletto-. Non mi guardò per un po’; poi all’improvviso:
-Lucchi, alla lavagna!
Mi alzai come per andare al patibolo, la testa curva, le mani lungo i fianchi.
La Vespa ronzò l’operazione: “348 : 79”, io scrissi con la mano che tremava. Di solito ero bravo, ma con una cimice nel grembiule e la Vespa dietro, mi si annebbiava il cervello. La Schifiardi picchiettava sul palmo la bacchetta e fremeva sentendo la mia voce incerta:
-Il 9 nel 34 ci sta 6 volte con il resto di…
La prima frustata mi colpì sulla coscia sinistra, la seconda mi prese a destra, sotto la tasca del grembiule.
-Lucchi, ma che fai?- sbraitò la Schifiardi.
La cimice, risvegliata dal colpo di bacchetta, uscì incerta dalla tasca e, aperte le sue piccole ali, prese il volo e si infilò nella bocca spalancata della maestra.
Lei si immobilizzò con gli occhi sbarrati. Si portò le mani al collo: la cimice le si era incastrata in gola. Prese ad aggirarsi per la classe, sbattendo contro i banchi. Tutti i bambini si alzarono spaventati. Io ero impietrito. Nel suo vagare pazzo giunse davanti a me e cadde in ginocchio, la sua faccia si avvicinò alla mia, i suoi occhi fuori dalle orbite cercavano nei miei una via di salvezza.
Le girai intorno e con tutte le forze le diedi dei colpi sulla schiena, come faceva mia madre quando mi andava di traverso qualcosa. Gli altri compagni fecero lo stesso, con le mani aperte o con i pugni – qualcuno le mollò anche un calcio – finché d’un tratto la maestra non sputò la cimice. Si accasciò per terra nel cerchio silenzioso di noi bambini. Rimanemmo così per un po’, mentre lei riprendeva a respirare, lo vedevamo dalla sua schiena che andava su e giù.
A un certo punto la schiena della maestra si gonfiò, il suo grembiule nero si squarciò sotto la spinta di una enorme gobba verdastra. Quando girò gli occhi verso di noi erano due palle nere, tutta pupilla.
-Che avete da guardare, imbecilli?
La voce non era più la sua, era quella di un orco. Noi facemmo un passo indietro. Dal naso le spuntarono due lunghe antenne, le braccia e le gambe diventarono secche come rami e dai fianchi uscirono altre due zampe. Cominciò a sentirsi un ronzio sordo che subito diventò un rombo assordante. I vetri delle finestre vibrarono, noi scappammo urlando con le mani sulle orecchie. Io mi nascosi sotto la cattedra. Ero terrorizzato ma volevo vedere. La Schifiardi-cimice aprì le ali e prese il volo lentamente, come un elicottero da guerra. Andò a sbattere fortissimo contro la finestra, la sfondò e si allontanò tra schegge di vetro, lasciando dietro di sé un odore asfissiante.
Non si sa dove andò a finire, nessun telegiornale ne parlò. Ma io so che quando c’è qualche manifestazione a Roma e da Monteverde si sentono ronzare gli elicotteri sulla città, lei ne approfitta per farsi un volo al di sopra delle nuvole.
A scuola non tornò mai più. E fu tutto merito mio.
Ho scritto anch’io un racconto simile! Ahaha, ma non in concorso! KAFKIANO, MA DA RIDERE! ti auguro il Premio Buduar! (Fliiiizzz…)
Nina, che ridere! secondo me hai intervistato i bambini: Cosa vorreste che succedesse ai vostri insegnanti? come vorreste vederli?
Tra l’altro, quando ho visto il tuo nuovo racconto, mi sono resa conto di aver scritto (25 anni fa), e risistemato recentemente, un racconto lungo dal titolo ‘L’anima puzzolente della cimice’. A proposito di affinità!
Brava Nina! Bello anche questo racconto una metamorfosi kafkiana ma leggera e divertente con il tuo stile inconfondibile!
Grazie Laura! E Paola, ci sei andata vicina: per questo racconto i finali erano due, nel primo la maestra diventava buona, il secondo era questo e ho fatto scegliere ai miei figli (10 e 13 anni) che mi hanno detto “mamma, non c’è storia, maestra-cimice tutta la vita”.
Geniale, diabolicamente geniale e molto divertente! Grazie Nina!
Delizioso questo tuo racconto di Kafkiana memoria! Complimenti e…magari ci fossero tante cimici per quante vespe girano nel mondo della scuola e non!
Mi sono divertita, Nina. Mi è piaciuto molto anche il soprannome Vespa della maestra. Lo vedrei bene nella Sezione Racconti per bambini?
Ti leggo mentre passeggio nei pressi della scuola. Rido. Mi dovrai raccontare il finale a voce perché mentre lo leggevo , una cimice volante infastidita dal mio gran ridere mi è saltata sul naso e non lo molla????
Nina,
sono onesto, contro i miei – oggi amatissimi, anni orsono odiatissimi – prof. ne ho pensate di tutti i colori, ma una metamorfosi in insetto mai e poi mai mi sarebbe passata per la mente! 🙂
Hai coniugato il dono della sintesi ed il “candido rancore” (prego Paola, Marcella, Raffaele ed ogni altro professore che zampetta in rete di perdonarmi per il termine infelice :-)) degli alunni verso i maestri “bacchettoni” con una sagace ironia ed una prospettiva originalissima, che confluisce nel meraviglioso finale ad effetto, scritto talmente bene che sembra quasi trattare un’ipotesi plausibile.
Per me si tratta di un racconto fantastico. Davvero.
Dimenticavo, i tuoi figli hanno avuto ragione: “maestra-cimice tutta la vita”!
Bravissima.
Nina, ti porgo la mia zampetta per congratularmi. Sei una bomba: esplosiva!
E ben gli sta!
Divertente questo racconto Kafkiano! Anche io ho avuto una maestra che pareva una vespa e in effetti l’idea della sua trasformazione in cimice mi sarebbe piaciuta, allora come oggi! Brava!
Molto bello, divertente, allegro e stupendamente vendicativo ! Ho già letto un tuo racconto qui e mi era piaciuto… ma questo forse di più!
Giocoso e divertente. Ma che bello poter sconfiggere i mostri esorcizzandoli con l’ infinito potere della fantasia! Bravissima
Surreale, divertente! Brava!
Grazie a tutti, di cuore. E occhio quando sentite un elicottero, perché in realtà è lei (sconfina dai cieli di Roma, è tremenda, le piogge acide che hanno devastato le foreste in Germania sono opera sua, il buco dell’ozono – o come dicono i suoi alunni “dello zono” – è colpa sua eccetera eccetera). Buona scrittura e lettura a tutti!
Nina, vado contro corrente… non volermene!
Naturalmente lo stile, la scioltezza, la fantasia non sono in discussione; però ti preferisco sul genere più ironico/realista e meno incubo… sarà perché ho dei bei ricordi di (quasi) tutti i miei insegnanti?
Un abbraccio!
Paola
Ciao Paola, non te ne voglio, figurati, però mi hai fatto pensare all’origine di questo racconto: avevo una collega uguale a questa maestra, pensa che si chiamava proprio così, il nome non l’ho inventato! Ero alle prime armi, con una classe che mi faceva morire. Con lei i ragazzi erano angeli terrorizzati, con me erano diavoli terrorizzanti. Diciamo che non mi stava simpatica e forse, dopo 15 anni, mi sono vendicata con questo raccontino. 😀
Molto carino 🙂
Grazie Eleonora!
Nina! Mi dispiace averti’gufato’ la vittoria con questo tuo ‘ stupendisssssss’ raccontino, che avrei voluto tanto scrivere io! ma son tanto felice per la tua vittoria con la tua ‘FILARELLA’. Io tifavo per la vespaccia della Schifiardi, ma si vede che L’ insetto stava ronzando lontano, lontano, forse Troppo.Bravissssssssssss fiiizzzz!