Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “La casa delle parole stanche” di Carlo Matteucci

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

 -Dai non mollare proprio adesso…

Il destinatario di questo incitamento non lo raccolse ed esalò l’ultimo respiro.

Lui sapeva che quel momento sarebbe prima o dopo arrivato, ma non doveva succedere proprio ora.

In quell’istante lo odiava con tutte le sue forze, se avesse potuto, l’avrebbe distrutto con le sue mani. Il vecchio Maggiolino aveva deciso di morire lì, in aperta campagna, in una notte buia e fresca di fine settembre.

Che cosa poteva accadergli di peggio? Poteva piovere.

La prima goccia gli bagnò il viso dopo esattamente due secondi, poi un’altra, e una terza compagna di altre migliaia di centinaia. Perseguitato dal suo umido destino, decise di incamminarsi nell’unico viottolo che scorgeva e che, in quell’atmosfera surreale, gli sembrava l’unico appiglio.

Chiuse l’auto a chiave (segno che era proprio fuori di testa) e si avviò nel buio e nella pioggia nella sua avventura fuori programma.

Man mano che procedeva, il viottolo si faceva sempre più stretto e la striscia di erba al centro più larga, lasciando solo due stretti spazi di terra ai lati.

Gli alberi intorno, con i loro rami folti, quasi non facevano  cadere la pioggia, come fossero un ombrello naturale. La luce di un fulmine lo colse alle spalle all’improvviso, illuminandogli il cammino e un cartello malandato su cui a malapena si leggevano alcune lettere sbiadite “C.sa d.lle parl..e st..che” e una freccia che indicava una strada in leggera discesa e dritta con una curva a sinistra dopo una qualche decina di metri.

Il tuono che seguì non lo sorprese, mentre i suoi occhi si riabituavano al buio e cominciavano a scorgere il profilo di una casa poco distante.

La luce della luna lo aiutava a intravedere un edificio basso e rettangolare, di legno, con una piccola porta situata sul lato più corto.

Avvicinandosi ancora di più, vide che, da una finestrella, la luce di alcune candele illuminava un ambiente semplice ma accogliente, con scaffali di legno antico che correvano lungo le pareti dell’ambiente, come a circondare il visitatore, e con sopra, ordinati in modo impeccabile, fogli, lettere, libri di tutti i tipi e dimensioni.

Spinse la porta delicatamente, ed entrò.

Si aspettava un ambiente polveroso e maleodorante, invece tutto era pulito e il profumo di aromi ed erbe aromatiche lo sorprese piacevolmente. Sembrava, quell’unico ambiente, di altri tempi, anzi di un’altra epoca.

Non c’era odore di chiuso, anzi il profumo che lo accolse lo incoraggiò ad avanzare.

Alcuni vasi di fiori ben tenuti, posti agli angoli della stanza, erano la causa dell’odore.

Un paio di sedie vecchio stampo, che avevano sicuramente accolto centinaia di avventori, ma comunque in discrete condizioni, si trovavano accanto ad un tavolo di legno che una volta doveva essere stato chiaro, ma che il tempo aveva colorato di scuro.

Una brocca bianca con dei fiori colorati e un bicchiere sopra al tavolo completavano quel sobrio arredamento, insieme con alcune vecchie foto appese a una parete.

Incuriosito dagli scaffali e dai libri, si avvicinò loro, prese il primo che capitò, vide che era senza titolo e lo aprì…

 

-Benvenuto a chiunque abbia avuto il desiderio di entrare a visitare la Casa delle Parole Stanche. Ti ringraziamo di essere venuto in questo posto. Noi non ci conosciamo, ma questo non è l’importante. Lo è il sapere che il caso, o il destino, ti abbia guidato fino a qui chissà da dove. Mettiti comodo e a tuo agio, perché speriamo che tu ti trattenga il tempo necessario a diventare nostro amico e se alla tua ripartenza ti sentirai meglio di quando sei arrivato, ne saremo lieti. –

 

-Vedi i libri e i fogli che sono qui? Sono nostri, anzi no, sono di chi li ha scritti e noi li abbiamo solo raccolti nel corso del tempo. Alcuni li hanno portati gli stessi autori, gli altri i destinatari di quelle pagine. Tutto quello che vedi, è il risultato di anni di ricerche e di lavoro. –

 

-Sono generalmente lettere scritte a mano, tempo fa si usavano molto di più, corrispondenze tra le persone più diverse, ma tutte con in comune di essere vere, intense.

Hanno il pregio di aver prodotto soddisfazione sia in chi scriveva sia in chi le leggeva.

Questo è successo perché in quelle parole, in quelle righe c’è la vita di ognuno di loro che scorre senza poterla fermare, se non nello spazio di una lettera.

Se avrai la voglia di leggerne qualcuna, ti chiediamo solo il rispetto che è doveroso verso il mondo degli altri. Se qualche volta, ti verrà da sorridere, ricordati di farlo con riguardo per le persone e i loro sentimenti, spesso ingenui e naturali.

Non troverai falsità o meschinità, non avrebbe senso conservarle.

Noi siamo le Parole stanche. Lo siamo perché per troppo tempo siamo state male usate. Ci hanno preso, piegate, stravolte, reinventate e mai per quello che veramente significhiamo.

Siamo quelle che iniziamo con la minuscola, le sorelle minori dei paroloni usati con retorica dalla Storia e dai suoi Scrittori. Non ci troverai nei libri famosi, nei discorsi pomposi, nelle lapidi degli Uomini celebri e anche quando ci fossimo, non saremmo noi.

No, non siamo quel genere di Parole.

Ci troverai nei quaderni di scuola elementare, nelle lettere della gente comune, umile, nei fogli con i pensieri di umanità normale.

Siamo quelle scritte con grafia tremolante, magari con molte correzioni, con errori, con qualche “z” in più e alcune “m” in meno.

Ma siamo qui, su questi fogli ingialliti dall’età, una dietro l’altra a formare file di pensieri, di emozioni, alcune anonime, ma patrimonio di tutti quelli che ci si riconoscono. Troverai la lettera a Babbo Natale di chissà quale bambino, la cartolina spedita da chissà dove a chissà chi, o solo ingenue riflessioni della mente umana sull’‘amore, la vita e la morte. Sorriderai, ti commuoverai, forse ti ritroverai in alcuni fogli, alcuni vorresti farli tuoi, altri non li apprezzerai, ma non importa.

Grazie e buona lettura. –

 

Ne prese una e iniziò a leggere:

-Caro amore mio…-

Si fermò, come sulla soglia di una porta, esitando a entrare. Non voleva irrompere dentro quel micromondo, fatto d’inchiostro e di vita umana, di segreti e di passioni.

La sua curiosità lo portò, però, a leggere alcune righe più giù, dove scopri che l’amore che scriveva era una ragazza di paese e che il destinatario era una sua coetanea, vicina di casa.

Le righe lette diventarono sempre più numerose e illustravano bene come la fine di quella storia non potesse che essere malinconica, in una realtà di molti anni prima e in un ambiente chiuso e conservatore.

Ripose con cura la lettera nella busta ingiallita, la guardò per un attimo ancora con malinconia e la rimise a posto.

Alcune altre lettere che lesse appartenevano ad amici lontani tra loro, che si scambiavano pensieri e riflessioni sulle loro vite, sul futuro che li attendeva.

E quel futuro, come poi sarebbe stato? Quanti rimpianti, rimorsi si sarebbero insinuati in quegli animi e avrebbero fatto riempire altri fogli e altre pagine?

Man mano che leggeva le lettere, gli sembrava che le parole diventassero sempre più chiare, meglio visibili sulla carta ingiallita. Come se l’inchiostro traesse energia dall’essere letto, come se lo sguardo del lettore rinvigorisse quegli scritti, esausti dal tempo passato e dalla polvere accumulata.

Parole stanche, sfinite che rivivevano nei suoi occhi e nella sua mente di casuale ospite in quella casa sperduta di campagna.

Per quale strano destino era poi capitato là? Solo uno scherzo del caso gli aveva fatto varcare quella porta, o c’era altro?

La sua mente razionale scartava subito spiegazioni misteriose e magiche, ma in un angolo della sua mente un po’ di magia si faceva posto e lo emozionava senza che lo volesse ammettere. Non sapeva se uscito da là, sarebbe stato una persona migliore, ma di sicuro sarebbe stato diverso. Quelle righe lette e rilette lo avevano turbato dentro.

Con pudore, ammise con se stesso di essersi commosso di fronte a quelle parole così semplici e toccanti. Si vergognò di non avere mai, prima di allora, saputo scrivere niente di così sincero. Non aveva mai avuto nessuno cui scriverlo, e ora questo era un peso insostenibile.

Un amico vero o un amore al quale rivelare tutto di sé, cui abbandonare l’anima, del quale gli pesasse la mancanza e con cui stabile un contatto, magari anche solo di carta. Troppo vuote erano state le sue giornate, troppo nulla lo aveva circondato, e lo aveva capito in quella casa, dentro quelle lettere.

Un senso di pace ora lo pervadeva, quella serenità della quale non ricordava più il gusto, la gioia di aver toccato momenti di tranquillità interiore sconosciuti, e ora aveva timore di perdere tutto ciò.

Di uscire da quella porta e tornare a essere quello di prima, smarrendo tutto ciò che aveva assaporato.

Ma doveva correre il rischio, allora ripiegò accuratamente tutte le lettere, rimettendole al loro posto e sul libro dedicato ai visitatori, scrisse la data, lo firmò con la dedica ”Grazie a tutti gli autori di questi scritti, per avere con le loro parole cambiatomi la vita senza neanche conoscermi”.

La notte ormai era quasi arrivata, ma questo per lui non era importante. Doveva andare via, come se avesse ormai eseguito una missione. Si sentiva meglio di quando arrivato, e ne era contento.

Si assicurò di aver rimesso tutto in ordine, le lettere come i suoi pensieri, aprì la piccola porta, si girò a guardare la stanza per qualche secondo e poi se ne andò.

Uscì che la pioggia continuava leggera, rifece il sentiero voltandosi spesso a riguardare la casetta, sorridendo.

La luce della luna si era fatta più intensa e lo aiutava molto nel suo cammino a ritroso. Arrivato alla fine della salita, guardò il cartello che ora indicava chiaramente “Casa delle Parole Stanche”.

A quel punto se il suo Maggiolino si fosse rimesso tranquillamente in moto, non se ne sarebbe poi sorpreso molto.

 

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3 commenti »

  1. il racconto di Carlo è come qualcosa che non ti aspetti e che ti salva la giornata. La sua casa delle parole stanche è un piccolo dono alla monotonia di molte esistenze. Grazie.

  2. Questo delicato racconto, è un invito a fermarsi, a sentire, a lasciarsi andare e a provare a fare amicizia con le proprie emozioni, Bello

  3. Bella idea ed originale per un racconto che scorre veloce in una atmosfera magica. Bravo

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