Premio Racconti nella Rete 2017 “Violino Stregato” di Melania Fuligni
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017C’era una volta una piccola streghetta, dal nome altisonante Circe, era una ragazzetta di quindici anni, rimasta orfana e fuggiasca da uno di quegli istituti di accoglienza, o di recupero come li chiamano, che somigliano di più a dei lager nazisti, che non a luoghi dove poter rieducare e crescere una di queste creature rimaste sole al mondo.
Circe non aveva nulla a che vedere con la maga, ma a suo modo concupiva e stregava chi la ascoltava suonare il violino.
Aveva trovato questo piccolo violino abbandonato in un cassonetto dei rifiuti, aveva un’ammaccatura di lato e un’usura legata al tempo. D’altra parte era solita frugare fra la spazzatura alla ricerca di oggetti rari o semplicemente per raccattare qualcosa da mangiare, quando non era riuscita a racimolare due soldi dall’elemosina.
Sicché quando trovo’ il violino, se lo prese furtivamente come se stesse rubando qualcosa, si guardò intorno per essere certa di non essere vista e andò via di corsa con lo strumento sotto braccio . Quando arrivò stremata alla baracca sul fiume, non aveva più un briciolo di energia e di fiato. Li aveva consumati tutti in questa corsa disperata, sembrava pazza. Si fermò sulla branda ad osservare lo strumento appena raccolto; aveva bisogno di essere ridipinto e accordato e forse qualche altro lavoro di restauro, ma che ne sapeva lei, non avendo mai suonato nulla in vita sua. Quel violino fra le mani le sembrava come un gioiello prezioso con brillanti di rara bellezza e taglio.
Non sapeva da che parte iniziare, ebbe un’illuminazione, si ricordò che all’angolo dell’incrocio della piazza centrale del mercato c’era Terence, l’uomo dai mille volti, che mascherato suonava una viola ottocentesca.
Lui era un suonatore serio, istruito, aveva studiato alla scuola d’arte per un periodo,aveva fatto parte dell’orchestra della città, ma con la separazione era entrato in depressione e in una forte instabilità emotiva, che gli aveva rubato l’anima e la voglia di esibirsi e suonare.
Chiuso in se stesso, senza nemmeno un soldo, che gli avevo succhiato la moglie fino all’ultimo spicciolo, era finito sul lastrico e nel dormitorio comune della cittadina rinascimentale, lì aveva ritrovato un suo spazio e la pace sufficiente per riprendere a suonare.Da quando era rifiorito non si staccava mai dalla sua viola, ci dormiva abbracciato come se fosse una compagna dalle forme sinuose, con un vitino d’ape e fianchi e seni larghi.
Così aveva ripreso a suonare, con il piattino che la gente che passava riempiva felice. Rapiva chiunque, non fosse altro per la curiosità di sentire suonare un pazzo furioso, che si travestiva a fase alterne da super eroe e lottatore di sumo; spiazzava tutti con i suoi travestimenti, ma poi quando le note partivano da quelle corde pizzicate con l’archetto, non vi erano dubbi era magia pura. Così aveva vinto la depressione, così si era ripreso la sua vita, vivendo alla giornata con la sua musica.
Circe arrivò all’angolo della piazza del mercato e lui si stava esibendo, lei si mise timidamente ad attendere la fine della sua esibizione. La gente lo applaudiva, gli sorrideva e lei pensava che, forse un domani anche lei avrebbe potuto prendersi quegli applausi. Era necessario ripristinare lo strumento e imparare a suonarlo. Terence l’aveva già notata nell’attesa, nonostante rimanesse concentrato sulle proprie esibizioni, quando si trattava di donne veniva rapito dagli sguardi, dai profumi, dalla visione delle caviglie e gambe scoperte, che lasciavano intravedere la bellezza sotto le gonne.
Lei era bella sì, di una bellezza conturbante con quegli occhi dal taglio orientale e quel neo vicino alla bocca, che richiamava il forte desiderio di baciare quelle labbra carnose, ma quando la vide più da vicino si rese conto della sua giovane età, avrebbe potuto essere suo padre. Questo fu sufficiente per ghiacciare i bollenti spiriti e riportarlo con i piedi per terra. Circe si avvicinò timidamente e si presentò; fu molto più semplice di quanto pensasse, lei fu fluida nel racconto, lineare, gli chiese aiuto per ripristinare lo strumento e semplicemente gli chiese di insegnargli la sua arte.
Iniziarono così a vedersi tutti i giorni in tarda mattinata, lui nell’ultimo periodo aveva confuso la notte per il giorno, i suoi bioritmi erano totalmente invertiti, ma l’impegno che si era preso con Circe, lo motivava a trovare un briciolo di energia e lo stimolava. Nessuno mai gli aveva chiesto una cosa simile, forse un tempo quando era stimato, ma ora derelitto di questa società, che schiaccia i depressi e gli oppressi no. E poi Circe lo aveva stregato e come in un perfetto incantesimo lui non aveva saputo dire di no.
Le mattine con lei fluivano alla velocità della luce, la prima volta che si erano visti e lei abbracciato il violino, lui rimase fortemente sorpreso dalla sua naturale abilità e grazia nel tenere lo strumento musicale.
Quando le chiese di pizzicare le corde con dolcezza e delicatezza, il suono che ne uscì non fu stridente, tutt’altro e lasciò presagire che sarebbe stato molto più facile del previsto. Terence pensò che oltre ad insegnamenti pratici, fosse necessario insegnare a leggere gli spartiti e rispolvero’ tutti i vecchi libri di musica e iniziò con grande pazienza e professionalità questo indottrinamento. Circe dal canto suo ascoltava, eseguiva, silenziosa e abbracciava tutto ciò che lui le trasmetteva e imparava avida di sapere, mai sazia dalla musica. I giorni trascorrevano veloci, come i miglioramenti che erano spaventosi, Circe era come se indossasse gli stivali dell’orco di Pollicino, viaggiava alla velocità della luce. Arrivo’ poi il giorno in cui Terence, prendendole la mano, le aveva proposto di esibirsi assieme a lui, fu presa dal panico, gelata, impietrita. Così un sabato mattina al solito punto della piazza del mercato si posizionarono con i loro strumenti, e iniziarono il loro concerto. Non vi era alcun dubbio insieme creavano un’alchimia perfetta, era evidente la complicità assurda, e le dolci note che ne uscivano erano un richiamo per i passanti, che rimanevano incantanti da cotanta armonia e dolcezza nelle melodie che suonavano. Oramai erano conosciuti nel quartiere e rispettati. Finché un giorno successe qualcosa che aveva dell’incredibile, passava di lì il vecchio direttore dell’orchestra del teatro reale, era di fretta come sempre, loro stavano iniziando ad esibirsi, lui di corsa passò davanti senza fermarsi, ma quando iniziarono il loro concertino, lui rimase bloccato, fermo sulle gambe chiuse gli occhi e mamma mia pervaso dall’emozione tornò indietro, si fermò vicino ai due musicisti. Rimase sorpreso quando dopo lunga e attenta osservazione, riconobbe Terence, ci aveva messo un po’ prima di riconoscerlo, erano passati diversi anni da quando aveva lasciato l’orchestra,da quando era sparito senza nessuna spiegazione, lasciando nei casini tutti mancando un elemento importante nella compagnia.
Certo era cambiato, invecchiato, con la barba lunga e viso segnato ci aveva messo un po’ a riconoscerlo. Aspettò che l’esibizione fosse conclusa e si avvicinò. Terence lo vide e non riuscì a sostenere quello sguardo compassionevole. La commozione fu forte, in un attimo gli passò tutta la sua vita davanti. Si parlarono, si raccontarono come se nulla fosse successo, furono franchi, sinceri poi si salutarono.
I giorni successivi il direttore d’orchestra era fortemente impegnato con le prove per il concerto che si sarebbe tenuto a breve. Ma nella testa aveva il pensiero ricorrente e martellante per l’incontro. I giorni passavano e lui più tentava di scacciare il pensiero di Terence e della sua nuova amica,più invece veniva catturato dal desiderio di fare qualcosa per loro. Non potevano certamente continuare a stare per strada, la loro bravura andava ripagata.
Il giorno dopo si recò all’angolo solito, attese la fine dell’esibizione e gli chiese loro di venire con lui all’auditorium.
Era fatta, la svolta, il riscatto, entrambi dopo anni di solitudine, di stenti, di sofferenza era arrivato il loro momento, presero gli spartiti, richiusero gli strumenti nella loro rispettive custodie e si avviarono con la testa ebbra dall’emozione del cambiamento e della nuova vita che stava arrivando.
Si lo so un lieto fine per questa storia di fantasia, forse il finale è scontato,
Il riscatto, il successo ritrovato ma la fantasia e il sogno vanno appagati e nutriti. E almeno nel sogno e nel nostro immaginario è meraviglioso rendere le cose possibili, realizzare i desideri più nascosti, perché in fondo la forza di volontà è già metà lavoro fatto per la realizzazione dei sogni ……i sogni non fanno altro che motivare le nostre giornate spingendoci ad andare avanti perché alla fine in ognuno di noi c’è qualcosa di Terence e Circe …….
Melania, hai completamente ragione; hai fatto bene a scegliere un finale da favola perché di realtà ne abbiamo abbastanza… e poi lei si chiama Circe!