Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2017 “Tu quale stile vuoi stasera?” di Francesco Gallo

Categoria: Premio Racconti per Corti 2017

Pioveva, già dal mattino. Senza fine. Il freddo, quando si apriva la porta d’ingresso,  accompagnava zelante quelli che entravano. Il sole annegato in un cielo di piombo: di qua l’uno di là l’altro, chissà dove. E l’acqua con  le sue musiche; quante musiche ha l’acqua: assordante nelle cascate, quieta nei giardini, silenziosa nei ghiacciai, inaudibile mentre vela i vetri alle finestre. E quella sera in città vi era davvero la coesistenza di una pluralità di musiche. Dal cielo, dai palazzi, dalle gronde, dagli alberi, dall’asfalto, dalle pozzanghere. Con l’accento dell’avverso, del gentile, del compassionevole, del presto, del tardo, del benigno, del malvagio; così come un poeta accusò un cantore antico: “porta via musica da dovunque: dalle puttanelle, dalle canzoni a vino di Meleto, dalle melodie carie per flauti, dai pianti funebri, dalle arie di danza”. C’è proprio tutto stasera sotto questa coltre: mottetto, cantus firmus, madrigale, minuetto, rondò, jazz, baciata tango. Sonata senza forme, né tempi, né variazioni stabiliti. Imprevedibile, che sembra infinita. Una sinfonia irripetibile, un’unità senza schemi, pure una eccezionale unità di toni. Cosi assoluta che è impossibile non ascoltarla. In attesa che smetta.

-Devi dirmi la verità- aveva detto lei all’improvviso -a proposito delle nostre vite- scuotendo la testa. Mica stavamo parlando di quelle, parlavamo di libri, le nostre vite non c’entravano per niente. Per quelle eravamo entrati  in quel locale. Attraverso i vetri molati delle finestre, giungeva, rilucente nel grigio della strada, un nitore verde. Dentro, i lampadari a gocce risplendevano. Mi sorpresi a pensare che non volevo che lei guardasse fuori. Già la verità. Per lei è qualcosa di immutabile e assoluto: il vero e il falso, di qua l’uno di là l’altro. Chissadove. Come il cielo e il sole in questo giorno di pioggia. Sono sempre lì, amica mia, come sempre. La verità è nelle musiche dell’acqua. Tu, quale stile vuoi stasera? da Chiesa, da Camera, da Teatro, da Discoteca? Quello che avevamo da dirci, era stato detto: forse un discorso chiuso da tempo. Se avesse avuto un senso avremmo dovuto chiederci da quando: non ce n’era affatto bisogno. E così non l’ascoltavo, o meglio (o peggio) trascuravo le sue parole. Attento però a scrutarla, con premura; speravo ancora che non guardasse fuori. No, non era proprio il caso. E poi, non volevo che piangesse. Certo, avremmo dovuto alzarci, e finirla. Mancava il coraggio. Pedine in angolo, al gioco finale. Il cameriere si manteneva a una giusta distanza; era la signora, di fronte, la più interessata alla soluzione. Tilde continuava a dirmi parole. Poi ci fu uno scroscio più forte di pioggia, e lei guardò fuori. Accostò il viso, con attenzione, e il vetro si velò in un piccolo cerchio. Infine si volse. Entrambi sorridevamo: l’asfalto lucido di pioggia rifletteva l’insegna verde smeraldo del bar ROMA, come uno specchio.

Sì, proprio come fa uno specchio.

 

 

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