Premio Racconti nella Rete 2017 “Semolino” di Nunzia Picariello (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017C’era una volta, in un reame lontano, un bambino di nome Semolino. Era il più piccolo dei figli del famoso Tortello, cuoco di corte di Sua magnificenza la Regina Margherita.
Tortello aveva altri quattro figli e tutta la famiglia prestava servizio nella cucina della Regina. Il cuoco era rinomato in tutto il reame per gli straordinari manicaretti che preparava per la corte.
Tutti i figli sembravano avere ereditato bravura e inventiva. Tranne Semolino, che in cucina si era rivelato un vero disastro. Dimenticava di rimestare e scordava gli arrosti in forno. Aggiungeva sale dove non era necessario. Faceva cadere stoviglie e mestoli, urtava tavoli e sedie, facendosi male o facendo male ad altri. Addirittura, una volta, rischiò di incendiare il palazzo perché aveva dimenticato la pentola del ragù sul fornello.
A dire il vero, Semolino era proprio un tipo goffo e distratto: era nato così lui, con la testa tra le nuvole e il corpo che andava per i fatti suoi. E pure che provava a fare bene, c’era sempre qualcosa che andava storto. In cortile, con i bambini, finiva sempre per fare la conta e non c’era verso di acchiapparli. Quelli poi, si burlavano di lui: sei una schiappa, gli dicevano ridendo di gusto. Anche a scuola le cose non andavano bene: a Semolino sembrava che le lettere e i numeri si unissero in un unico girotondo. E lui si confondeva. La maestra lo obbligava a mettersi dietro alla lavagna. Lui allora s’intristiva, ma ubbidiva silenzioso. Restava nell’angolino, senza mai protestare.
Tortello si dannava per il figliolo che pareva scansare la fatica e aveva così provato a mandarlo a bottega: dal calzolaio, dal farmacista e infine dal fruttivendolo. Per due giorni, sembrò che Semolino avesse trovato il suo mondo: metteva in ordine la frutta, serviva le donne, a sera rimetteva le cassette in ordine nel retrobottega. Pensò che, seppur un po’ noioso, aveva trovato lavoro e suo padre sarebbe stato orgoglioso di lui. Il terzo giorno, però, mentre era solo a spazzare la bottega, uscì da un angolino un topo. Questo s’infilò dritto dritto tra le sottane della signora Maria che stava comprando le mele. Semolino, nel tentativo di scacciarlo via, ruppe con il manico della scopa un coccio d’olio che si sparse a terra. E nel mentre cercava di rimediare al danno, la Maria scivolò sull’olio. Il padrone, tornato in bottega, si mise le mani nei capelli e scacciò in malo modo il povero Semolino. “Mio padre si arrabbierà moltissimo”, penso sconsolato mentre tornava a casa. “Di certo mi caccerà di casa, dicendo che sono un buon a nulla”. Nel mentre camminava con accanto i suoi pensieri tristi, incontrò una mandria di mucche. Le scortava un vecchio pastore.
“Dove sta andando, signore?” chiese Semolino al mandriano.
“Sono diretto sul monte Potente. Lì c’è tanta erbetta fresca e tenera. Così le mucche fanno buon latte e io faccio il formaggio più saporito del reame.”.
Semolino pensò che lì, sul Monte Potente, non avrebbe potuto fare molti danni. Così, si affrettò a chiedere al pastore se avesse bisogno di un aiutante. Il vecchio, a cui la fatica gli aveva incurvato le spalle, acconsentì volentieri.
Ben presto, Semolino imparò il lavoro di pastore. Il vecchio era paziente e spiegava con garbo il suo mestiere. L’aria aperta gli piaceva: disteso, guardava le nuvole scorrere sulla sua testa e metteva ordine nel suo cuore così tumultuoso. Imparava guardando le mucche: i loro sguardi languidi e il loro andare calmo davano ai suoi gesti un ritmo nuovo.
Il vecchio da lì a poco lasciò l’alpeggio e affidò a Semolino la cura delle sue bestie. Il ragazzo si preoccupò: e se avesse fatto ancora pasticci? Ora era solo ad affrontare la vita.
Semolino si alzava presto, portava le mucche al pascolo, suonava fili d’erba, mungeva, raccoglieva bacche e verdure selvatiche per le minestre, faceva il formaggio. Pensava a suo padre: chissà se sarebbe stato fiero di lui? Il coraggio di tornare però non l’aveva.
Una notte si svegliò di soprassalto a causa di rumori sulla sua testa: in soffitta, qualcuno stava passeggiando. Fu colto dalla paura e il cuore cominciò a battere all’impazzata. Si fece un po’ di forza e salì la stretta scaletta che portava al sottotetto. Aprì la botolina e, quale stupore! Pareva che tutto il cielo di fuori si fosse trasferito nella piccola soffitta! Tutte le luminose stelle del cielo brillavano ora lì dentro. Richiuse la botola e si sfregò gli occhi: “Sto sognando” penso tra sé, “Di certo è un sogno”. Si pizzicò e riaprì per verificare: le stelle, meraviglia, erano sempre lì e accendevano il buio. Si decise finalmente a entrare, incuriosito da quel fenomeno così strano. L’incanto si trasformò in terrore quando vide le lucine muoversi verso di lui. “Aiuto, aiuto!” gridò. Ma chi mai poteva sentire? Nessuno! Stava quasi per svenire di paura quando la fioca luce della luna, filtrata da un piccolo lucernario, si depositò su un paio di stelle che, guarda guarda…non erano altro che i grandi occhi di un gufo reale! A poco a poco, altre stelle si avvicinarono e Semolino poté vedere che una piccola colonia di gufi aveva scelto come casa la sua soffitta. Sollevato dalla scoperta, si avvicinò agli animali. Stranamente, non sembravano impauriti. Tutt’altro, gli uccelli avevano un’aria simpatica e lui fu contento di avere nuovi amici.
Così, si addormentò lassù, in loro compagnia. Quella notte fece sogni straordinari: sogni così vivi e belli da svegliarsi col cuor pago. Si rabbuiò però subito, nel momento in cui si accorse che i gufi non c’erano più. Sarebbero tornati? O aveva sognato tutto? Allora, magari, potevano tornare quei sogni belli?
Quell’interrogativo lo accompagnò per tutto il giorno. Non avrebbe saputo spiegare perché, ma i gufi gli avevano lasciato un senso di pace e serenità infinita.
A sera fece fatica a prendere sonno. Si girava e rigirava, con l’orecchio teso ad ascoltare gli scricchiolii della soffitta. Finalmente, udì rumore di passi e prese a correre sulla scala. In soffitta splendeva un cielo di stelle. Al centro della stanza il grande gufo si fece accarezzare e abbracciare dal ragazzino che grondava felicità.
Dormì lì quella sera, e la sera dopo e quella dopo ancora. Si accoccolava accanto al gufo reale e questo lo copriva distendendo la sua morbida ala piumata. Così protetto, Semolino faceva sogni straordinari: aveva sognato le carezze della sua mamma! Non l’aveva mai sognata prima, forse perché era morta quando lui era piccolo e quasi non se ne ricordava più. Ora lei era tornata nei sogni per abbracciarlo e così si sentiva sicuro e sereno. Nulla poteva più andare storto.
Invece una notte, sentì nel sonno una voce che lo chiamava per nome: “Semolino, Semolino, svegliati! Coraggio, bambino mio, svegliati”. A fatica si destò: quale stupore lo prese quando si accorse che le ali del gufo si erano trasformate in braccia sottili e bianche. Due braccia di donna che lo stringevano al petto. Era la mamma! Era vera, non era un sogno! La donna sorrise e lui, all’improvviso, si ricordò di quegli occhi belli in cui si era specchiato da bambino.
“Piccolo mio, mi mancavi tanto e così mi è stato concesso di tornare da te sotto queste vesti. Purtroppo, il mio tempo è finito e questa è l’ultima notte che trascorreremo insieme.”. A queste parole, Semolino scoppiò in un pianto dirotto.
“Mamma non andare proprio ora che ti ho ritrovato!”
“Ahimè tesoro, non sono io a decidere.”, disse la mamma carezzandolo.
“Ma cosa ne sarà di me in questo posto lontano. Solo con le mucche e gli animali del bosco? Rimani, ti prego!” implorò.
“Non puoi restare qui per sempre. Ritorna a casa, piccolo mio.”
“Non posso tornare, mamma. Lì non c’è posto per me, che sono goffo e pasticcione. Io non combino nulla di buono e nessuno ha bisogno di me.”, rispose allora Semolino, che versava lacrime e lacrime come mai aveva fatto nella sua vita.
“Troverai il tuo posto. Tutte le vite hanno un senso, compresa la tua. Torna e vedrai che la strada si rivelerà.” disse la donna. E il suo sorriso inondò di luce la soffitta.
Intanto, ai piedi di Semolino si era formato un mucchietto di granelli. Ciascuna lacrima, infatti, nel toccare terra si era trasformata in un granello di semola.
“Raccogli questo semolino, figlio mio, e torna da tuo padre. Appena potrai, mettilo a cuocere con il latte, lo zucchero e un po’ di vaniglia. Poi prepara una frolla e versaci dentro la crema. Cuoci tutto e dopo, non dimenticare di metterci sopra del cioccolato fuso. Prepara questa torta per la figlia della Regina Margherita.”.
“Mamma – replicò Semolino – io non sono capace. Farò un disastro!”
“Prendi la semola, figlio mio. Questo zucchero ha poteri magici. Usalo e vedrai che la principessa ti dirà di non aver mai mangiato nulla di più buono in vita sua.”.
Così dicendo, la mamma lo strinse forte a sé, lo baciò e riprese le sembianze del gufo. Prima di spiccare il volo, si girò e disse: “Semolino, ogni volta che guarderai le stelle saremo insieme.”. Poi distese le ali e sparì nella notte scura.
Semolino pianse e pianse ancora; il mucchietto di semolino cresceva e cresceva. Finché non si fece giorno. Allora il ragazzo si fece coraggio: asciugò gli occhi, si tolse i granelli dalle palpebre, si strofinò il naso e raccolse da terra tutti i chicchi di semola. Prese le sue poche cose, il sacchetto con lo zucchero magico e si avviò verso casa con un gran peso sul cuore.
Suo padre e i fratelli, appena lo videro, lo abbracciarono felici e poi lo sgridarono tanto per essere andato via. In cucina, il padre iniziò a preparare ogni prelibatezza per festeggiare l’avvenimento. Nel frattempo, i fratelli allestivano un grande pranzo per la corte: l’indomani, infatti, la principessa avrebbe festeggiato il suo compleanno. Semolino allora, chiese timidamente di poter preparare la torta. I suoi fratelli si opposero, ma il padre disse: “Figlio, io sono molto contento: te la sei cavata da solo e io sono convinto delle tue capacità. Domani la principessa mangerà la tua torta.”.
Semolino emozionato si mise subito all’opera. Impastò prima la frolla, mise il semolino a cuocere così come gli aveva raccomandato la mamma. Infine, fuse il cioccolato, lo mischiò con la panna e ricoprì il dolce.
Il padre e i fratelli erano meravigliati dalle capacità di Semolino: era proprio un altro. Il risultato fu degno del pasticcere più bravo di tutti i tempi.
La conferma, però, venne quando la principessa assaggiò la prima fetta della torta di semolino e disse che, in vita sua, non aveva mai mangiato una torta più buona. Semolino allora fu nominato pasticcere ufficiale della corte.
Il ragazzo aveva trovato la sua strada come aveva predetto la mamma. Una strada fatta di dolcezza e condita di pazienza. Una strada con un tetto di stelle a ricordare che non bisogna arrendersi mai, ma sempre dare il meglio di sé.
Oh Nunzia, è bellissimo! Lo trovo delizioso il tuo racconto per bambini.